Riportiamo di seguito in modo integrale una tesi gentilmente inviataci da uno dei nostri utenti, Mifune, dedicata all'evoluzione del genere mecha nelle serie animate giapponesi.

Robots


INTRODUZIONE

Quando si parla di anime gli studiosi occidentali di solito si ricordano due date in particolare. La prima è il 1978 e si riferisce alla messa in onda del primo anime nel palinsesto televisivo italiano, ovvero la prima apparizione televisiva in occidente di una serie animata giapponese. Il 4 aprile il Giappone invade l'Italia con Ufo robot Grendizer (Atlas ufo robot , 1975), edizione animata del famoso manga di Go Nagai, trasmesso su Rai due. Al tempo l'Italia, abituata com'era alla sdolcinatezza Disneyana, non era ancora pronta a confrontarsi con dei disegni animati di tale spessore ( ricordo che cartoni animati è solo la deformazione italiana di cartoon ma la traduzione esatta è disegni animati); intrisi da troppa violenza, troppo dolore e troppo sangue. La tradizione europea e americana è abituata a pensare che i disegni animati siano un medium dedicato esclusivamente ai bambini o alle famiglie; invece in Giappone il target principale dei prodotti è quello dei ragazzi dai quindici anni in su, una fascia adolescenziale ben pronta a recepire determinati stimoli. Purtroppo questa peculiarità in Italia non venne recepita subito e molti genitori, giornalisti e scrittori iniziarono a criticare l'animazione giapponese e i suoi messaggi diseducativi:

Goldrake deve sempre affrontare qualche nemico spaziale estremamente malvagio[...]. Si celebra dai teleschermi, con molta efficacia spettacolare, l'orgia della violenza annientatrice, il culto della delega al grande combattente, la religione delle macchine elettroniche, il rifiuto viscerale del “diverso” [...]. In quale modo un genitore può fronteggiare con i poveri mezzi delle sue parole la furia di Goldrake? [Cfr. S. Corvisieri, «Corriere della Sera», 7 gennaio 1979]

Oltre alle critiche il nostro sistema conservatore, pronto a preservare la propria verginità morale, fece di tutto per screditare l'animazione giapponese. Già negli anni '70 numerosi articoli accusavano le produzioni giapponesi di utilizzare super computer per l'animazione (quando i primi ad utilizzare tecniche miste furono gli americani con Hot Wheels e i cartoon di Hanna & Barbera), altri articoli riportavano assurdi paragoni tra serie animate giapponesi e film animati americani ("Biancaneve è fatto molto meglio di Atlas ufo robot" ) per dimostrare la superiorità del prodotto dell'uomo bianco, senza pensare che normalmente si dovrebbero paragonare due serie televisive oppure due film per dare un vero termine di paragone.
Per decenni, i disegni animati giapponesi, hanno suscitato ondate di indignazione e di protesta, lettere delle associazioni dei genitori, feroci critiche sui giornali, persino interrogazioni parlamentari. Eppure un certo Umberto Eco scriveva queste parole:

La questione se i mass media possano indurre alla violenza è vecchissima; i primi studi risalgono agli anni Sessanta e sembra che la conclusione più ragionevole raggiunta all'epoca fosse la seguente: lo spettacolo della violenza induce alla violenza solo in contesti socio-famigliari particolarmente difficili, mentre non ha effetti ansiogeni in soggetti che vivono in famiglie equilibrate.[...] Secondo me, i film piu pericolosi per i giovani sono quelli della serie Tom e Jerry, quelli in cui qualcuno cade dal trentesimo paino di un grattacielo, si frantuma in diecimila pezzi e subito dopo si ricompone...[...]. In ogni caso, penso che romanzi, film, fumetti, cartoni e videogiochi di contenuto violento siamo liberatori, perchè fanno vedere il mostro ammazzato senza che questo sia vero...[...]. Ciò che rende virtuale l'orrore non sono i film o i fumetti, ma i programmi televisivi come Carramba che sorpresa!, Stranamore e tutte le altre trasmissioni di questo genere... I ragazzi che hanno ucciso gettando i sassi dal cavalcavia non si ispiravano a Dylan Dog o a Ken il guerriero, ma a programmi di questo tipo! Io credo che quei ragazzi pensassero a diventare ospiti d'onore di una trasmissione televisiva e che la vittima poi li avrebbe raggiunti in studio per un abbraccio finale...[Cfr. U. Eco – T. Sclavi, Umberto Eco e Tiziano Sclavi. Un dialogo, in Dylan Dog. Indocile sentimenti, arcane paure, p.28]

La seconda data dell'invasione viene di solito stimata verso la fine degli anni '90 e viene chiamata dagli esperti del settore second impact.
Con l'avvento del videogioco casalingo (console) e internet, il mercato dell'animazione si è trovato in crisi, rischiando di finire schiacciato dai poligoni tridimensionali degli schermi. Per fortuna il mercato giapponese ha saputo, quasi inconsciamente, riscrivere le leggi dell'animazione ricreando un nuovo linguaggio più adulto e autoriale, riuscendo a preservare l'animazione tradizionale. In America questo non è avvenuto e l'animazione tradizionale ha lasciato campo libero alla grafica in 3D cosicchè anche una multinazionale come Disney ha interrotto praticamente ogni rapporto con il disegno tradizionale. Questa seconda tappa è scandita da Shin seiki Evangelion( Neon genesis Evangelion , 1995), altra serie televisiva creata e diretta da Hideaki Anno, piccolo capolavoro che dettò le nuove regole dall'animazione. Neon genesis Evangelion (letteralmente “il vangelo della nuova era”) fece nascere discussioni ovunque che, tutt'ora a distanza d' anni, non sono ancora terminate diventando il serial televisivo cult della nuova generazione. Gli studiosi la considerano la rivoluzione del medium anime e non è un caso che il termine second impact, dedicato alla rinnovata forza espressiva dell'animazione giapponese, sia stato preso in prestito proprio da Neon genesis Evangelion.
Questa rivoluzione ha indotto gli studiosi occidentali a riconoscere le capacità semiotiche e artistiche dell'animazione giapponese spianando la strada per i vari successi internazionali culminati con l'Orso d'Oro al Festival di Berlino per Sen to Chihiro no kamikakushi(La città incantata , 2002) di Hayao Miyazaki.
A questo punto viene spontaneo notare come, nel tempo, l'animazione giapponese abbia assunto importanza nel panorama cinematografico e culturale mondiale: se la prima ondata è stata un fenomeno solamente occidentale e sopratutto italiano, la seconda, il second impact, è un fenomeno globale . Analizzando le tappe fondamentali dell'emancipazione degli anime, vediamo che i cardini di questa maturazione sono due serie fantascientifiche più in specifico di genere mecha. Il termine mecha è un termine che viene utilizzato per indicare i robot giganti dell'immaginario fantascientifico giapponese e deriva dalla parola americana mechanical. In poche parole il cammino degli anime è delineato dai famosi robottoni giapponesi che sono in assoluto l'immagine più indicativa della cultura dell'animazione giapponese. Tutti conoscono in un modo o in un altro i robottoni: Mazinga, Goldrake, Gundam, Voltron e Daltanius; ma in Giappone questi robot rappresentano una risorsa culturale autonoma con i suoi sviluppi interni. Per questo motivo la mia analisi vuole indagare il mondo dei robottoni e analizzare le peculiarità di questo genere tipicamente nipponico.
Inizialmente analizzerò le motivazioni storiche che hanno portato la ribalta, nella cultura giapponese, delle tematiche fantascientifiche. Successivamente passerò ad una analisi piu interna del fenomeno mecha con le prime serie animate , la scuola ortodossa , la scuola realistica e la rivoluzione avvenuta con Neon genesis Evangelion, infine darò uno sguardo sulle serie robotiche contemporanee per dimostrare come la mutazione avvenuta alla fine del secolo ha poi inevitabilmente influenzato tutto il genere che comunque continua inesorabilmente ad evolversi. In poche parole la mia ricerca ricalcherà tutta la storia del genere mecha e la sua peculiare interazione con la storia dell'animazione nipponica.


[ 1 ] SPIRITO SHINTOISTA E CORPO TECNOLOGICO
Il Giappone e la fantascienza

Il rapporto tra il Giappone e la tecnologia si configura come un particolare legame di amore e odio. Se si pensa al Giappone in modo superficiale, non si può non riferirsi alla tecnologia. Nel paese del sol levante hanno origine le maggiori aziende che si occupano di tecnologia hi-tech: se l'America è il regno dei software il Giappone è l'impero dell'hardware. Nel 1986 la famosa azienda di automobili Honda decise di creare una nuova area di sviluppo interna incentrata sullo studio delle applicazioni antropomorfiche della robotica. In effetti per il Giappone la tecnologia è qualcosa di molto invasivo; se in occidente la tecnologia viene sviluppata come un elemento distante dall'essere umano, in oriente è intrinseca all’ essere umano come a cercare di cablare il corpo stesso. Questo concetto si è poi sviluppato in diversi modi ed è diventato un vero ideale esportato in tutto il mondo. Il corpo cablato è una delle caratteristiche fondamentali dell'immaginario fantascientifico giapponese. Registi come Shinya Tsukamoto con Tetsuo: the iron man( Tetsuo, 1988) oppure Fukui Shojin con 964 Pinocchio( id. ,1991) rappresentano queste pulsioni nel cinema contemporaneo e, artisti come Sorayama Hajime e Yanobe Kenji, sono la controparte pittorica/grafica di questa cultura tecnofoba. Possiamo trovare maggiori esempi se ci inoltriamo nel mondo degli anime e dei manga dove queste tematiche rimangono forse il punto focale della maggior parte delle opere. Questa premessa introduce la passione per la fantascienza e il particolare aspetto di feticismo tecnologico che, nel tempo, si è sviluppato in Giappone a partire dal primo contatto tra la nazione a l'esterno; si parla del lontano 1853 quando le navi del Commodoro Perry sbarcarono per la prima volta sul suolo giapponese, ma andiamo con ordine.


[ 1.1 ] Primi contatti

Nel 1853 il Giappone viveva ancora il periodo storico dell'era Edo (1603 – 1868), dominato da una violenta regressione industriale, un sistema feudale a stampo medioevale e una grandissima chiusura geopolitica che aveva fatto si che il paese del sol levante rimanesse sempre isolato e lontano dalle logiche capitalistiche del mondo occidentale. Per la prima volta, con l'arrivo delle “navi nere” il popolo giapponese si dovette scontrare con un'altra cultura e scoprì oltre i propri confini un mondo ostile. La politica imperialista degli stati occidentali, che aveva coinvolto gia l'India e la Cina, era arrivata a bussare alle porte del Giappone che ormai non poteva più ignorare questi input esterni. In questa situazione i leader del paese dovettero prendere delle decisioni drastiche per non finire vittima dell'espansione coloniale, sia le forze conservatrici che quelle progressiste si trovarono a dover arginare questo fenomeno e scelsero la via della tecnologizzazione forzata. L'unico modo per non cadere vittima delle forze occidentali era l'adozione degli strumenti tecnologici e razionali del nemico. Questa decisone estrema portò alla ribalta lo slogan wakon-yosai, letteralmente spirito giapponese e corpo occidentale. Per preservare la propria cultura, il Giappone doveva essere rivoluzionato e riformato per acquistare il corpo tecnologico dei paesi sviluppati. Il corpo del cittadino doveva essere potenziato e fortificato attraverso una nuova politica. Con l'avvento dell'era Meiji si intensificò il concetto che Foucault chiama “bio-potere” in cui si pensa alla società come ad un singolo organismo che deve essere potenziato, regolamentato e ottimizzato. Questa politica toccò inizialmente l'esercito, successivamente gli ospedali, le fabbriche, le scuole ed infine il singolo cittadino. Per fare un esempio di questa rivoluzione ideologica/tecnologica che investì il paese, si pensi al Primo Ministro dell'era Meiji il quale esortava i giovani a sposarsi con gli occidentali per migliorare il patrimonio genetico della nazione. Cambiò l'aspetto prettamente fisico degli orientali, si introdussero sapone, medicine e vestiario occidentale mutando realmente il volto alla popolazione. Oltre alla tecnologizzazzione interna al popolo giapponese, se ne creò una più esterna accompagnata da una rivoluzione industriale che portò la società nipponica a rincorrere le capacità tecniche occidentali riuscendo con il tempo a imitarle ed infine a superarle. Il passaggio così immediato da una situazione a stampo agrario ad una a stampo industriale, creò, naturalmente, non pochi scompensi ad un paese come quello giapponese così fiero del proprio spirito patriottico. Il processo fu contraddittorio e generò una serie di opposizioni che, anche nel Giappone attuale, non sono ancora risolte.


[ 1.2 ] La tecnologia conquista lo spirito

Copiato il “corpo tecnologico” occidentale bisognava perfezionarlo e dimostrare la superiorità acquisita dal Giappone grazie alle conquiste scientifiche. Il Giappone iniziò un periodo di guerre espansionistiche per dimostrare la superiorità della sua popolazione. Sotto il potere della tecnologia nipponica cadde la Corea , la Mongolia e una parte della Siberia: siamo nel 1918 e l'impero giapponese raggiunge l'apice dei suoi domini territoriali. Il governo fece una forte propaganda bellica e sulle vittorie ricamò un concetto fondamentale, il seishin(nota:spirito e forza di volontà ), spirito detenuto dal popolo giapponese che poteva dominare sia i popoli stranieri, sia la tecnologia presa in prestito dagli imperi occidentali. Inizia a delinearsi un contrasto interno tra spirito e corpo, tra tecnologia e ideologia che caratterizzerà la storia contemporanea giapponese. Nel 1937 il Giappone si alleò con la Germania nazista per continuare la guerra con la Cina, iniziata anni prima. Il passo successivo fu l'attacco di Pearl Harbor nel 1941 e l'inizio della catastrofica guerra con l'America che culminò, come sappiamo, con le esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki. La popolazione assistette inerme alle due detonazioni più distruttive di tutta la storia umana. Per il Giappone fu un vero dramma non solo l'occupazione Americana, che per la prima volta violava il sacro terreno nipponico, ma anche la dimostrazione che il seishin era stato completamente inutile contro le armi tecnologiche del nemico. All' incredibile devastazione atomica seguì una ricostruzione immediata del paese. Questa volta, la nuova tecnologizzazione a cui si dovette far fronte fu ancora più forte e pregnante tanto da trovare dei risvolti feticisti nell'assunzione di certi canoni tecnici.


[ 1.3 ] Tecnologia e cultura si fondono

Dopo la ricostruzione, in Giappone nasce un vero e proprio feticismo per la tecnologia che si sviluppa su due strade diverse ma parallele. La prima è quella dell'immaginario collettivo dove la fantascienza prende un posto pregnante nella mente dei giapponesi. In bilico tra un odio smisurato e un amore intenso, nascono le prime opere fantascientifiche: per il cinema Gozzila, Gamera e Rodar, per la tv i primi super eroi tecnologici tipo Ultraman e numerose serie sugli alieni. In questo periodo anche i manga (fumetti giapponesi) rivolgono la loro attenzione alla fantascienza e nelle loro trasposizioni su celluloide nascono gli anime robotici. Di conseguenza, l' immaginario popolare si legherà indissolubilmente a queste tematiche. La seconda strada invece presenta un salto di qualità della tecnologia giapponese puntando ad un maniacale senso di arte all'interno della tecnologizzazzione. Si dà inizio alla ricerca di una tecnologia microscopica, sempre più piccola e pregnante, una tecnologia che ricopre il corpo e lo cabla con il resto del mondo. Nel 1979 la Sony lancia il walkman che in pochi anni diventa un fenomeno di moda in tutto il mondo. Si crea il concetto di Koden cioè “individuo elettrificato” che prenderà sempre più piede con l'avvento dei cellulari, delle console tascabili, delle fotocamere digitali, del tamagotchi e di tutte quelle tecnologie portatili. Nasce così quel rapporto dominante tra Giappone e tecnologia/fantascienza come lo conosciamo oggi.


[ 1.4 ] Tecnologia attuale

Il Giappone è oggi la culla della tecnologia sia sul piano economico che sul piano culturale. In questo paese sono sviluppati la maggior parte dei prodotti high tech commerciali e sperimentali. Le società giapponesi si contendono il primato (insieme ad altre aziende internazionali) di prodotti tecnologici commerciali come televisioni, cellulari, videogiochi, computer, macchine e moto. Nel campo robotico lo sviluppo nipponico arriva a lambire la fantascienza con prototipi meccanici antropomorfi eccezionali: dalle prime gambe robotiche del 1983, che simulavano la camminata umana, ai primi robot del 1993. Nel 2000 la società Honda partorisce ASIMO, un automa antropomorfo che ricrea ,con perfezione maniacale, i movimenti umani. La reazione delle altre società nipponiche fu di coniare altri modelli robotici sull'esempio di ASIMO, la Sony nel 2004 lancia QRIO e la Mitsubishi crea Wakamaru. Secondo gli esperti entro il 2040 numerose famiglie avranno un automa in casa per aiutarle nel lavoro domestico. Il muro che separa l'immaginario collettivo fantascientifico giapponese dalla realtà si fa sempre più sottile.



[ 2 ] NASCITA DEL GENERE MECHA
Ascesa e declino della scuola ortodossa

Quando si fa riferimento agli anime bisogna gettare uno sguardo anche sui manga, che nella maggior parte dei casi sono il punto di partenza. Soprattutto nei primi vent’anni di crescita gli anime erano le trasposizioni in celluloide di fumetti che riscuotevano un certo successo tra il pubblico. Il primo robot che incontriamo risale alle vignette di Gajo Sakamoto che nel 1934 pubblicò Tanku Takuro. Il robot protagonista è un androide samurai, il cui corpo è una grossa circonferenza dove spuntano gambe, braccia e miriadi di armi. Si può trasformare, in maniera molto maldestra, per volare, andare sull'acqua oppure per strada come una macchina. Oltre a non aver riscosso molto successo tra il pubblico la visione del robot è ancora una forma embrionale di quello che sarà il mecha nell'immaginario collettivo nipponico. Oltre a questo raro predecessore il ruolo di primo robot nella storia dei manga è attribuito a Tetsuwan Atom (Astroboy). Atom è un cyborg (metà umano-metà macchina) creato per difendere il paese dagli attacchi nemici. E' peculiare pensare come il primo personaggio che riscosse grosso successo tra la popolazione dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale fu proprio un cyborg che funziona con energia atomica. Naturalmente non poteva essere un adulto, colpevole di aver combattuto la folle guerra, ma un bambino che difende dai nemici il Giappone. Si ritorna sempre al senso di feticismo che i giapponesi riservano alla tecnologia e, il ragazzino dal corpo metallico ma dal cuore umano, incarna alla perfezione quel contrasto interno che caratterizza il popolo giapponese. Il fumetto è stato disegnato sulla rivista Shonen nel 1952 da Osamu Tetzuka che, in Giappone, è conosciuto come il dio dei manga, . Sempre sotto la direzione di Tetzuka, il manga divenne il primo anime trasmesso sulle TV giapponesi nel 1963. Il successo che riscosse fu così grande che alla fine dello stesso anno venne convertito sul piccolo schermo anche un altro manga di enorme successo, parliamo di Tetsujin 28 go( id. ) che inaugura l'idea del robot gigante. Testujin 28 non può pensare o agire autonomamente, viene radiocomandato da un ragazzino che lo utilizza come arma contro i nemici di turno. Anche in questa incarnazione non si può ancora parlare di genere mecha visto che il legame tra il robot e il pilota è molto labile e distante, non c’è simbiosi e il robot viene visto solo come una grossa macchina radio-telecomandata. Successivamente uscirono altre serie che facevano utilizzo di cyborg o robot: Saibōgu Zero-Zero-Nain(Cyborg 009 ,1968) di Shotaro Ishinomori narra la storia di un gruppo di agenti speciali cyborg che difendono la terra, oppure la famosa e lucrosa serie di Doraemon(id. ,1970) un gatto robot che dalla sua tasca può tirare fuori oggetti fantastici. Queste due serie pur parlando di robot, si discostano comunque dalla concezione di robottone come protesi del corpo umano, concetto fondamentale per le saghe robotiche a venire. Tutti questi “esperimenti” serviranno a spianare la strada ai veri robot giapponesi e a quello che poi verrà chiamato genere mecha.


[ 2 .1 ] La nascita: alzati Mazinga Z

“L'idea di un grande robot pilotabile mi venne mentre guidavo nel traffico, immaginando cosa sarebbe potuto accadere se alla vettura fossero usciti dei grandi arti, in modo da poter scavalcare gli altri mezzi.”
Queste sono le parole che Go Nagai utilizzò per spiegare la sua idea di creare un robot gigante comandato all'interno da un pilota. Questo robot prese il nome di Majingā Z (Mazinga Z, 1972). Go Nagai, considerato da tutti uno dei più grandi mangaka di sempre, ebbe la geniale idea nel 1972 di incentrare una serie su un robot comandato da un ragazzo. La storia narra di due scienziati che riscoprirono su un isola nel mediterraneo una civiltà che possedeva tecnologie incredibili andate perdute con il tempo. Le statue che trovarono distrutte, si rivelarono robot giganti che potevano essere controllati e utilizzati per qualsiasi scopo. Naturalmente uno degli scienziati, il dottor. Hell, utilizzò questa nuova tecnologia per dominare il mondo. L'unico modo per impedirgli di prendere possesso del pianeta era utilizzare una tecnologia alternativa, l'energia foto-atomica, creando cosi un arma micidiale: Mazinga Z. Il professore che portò avanti questo progetto era Juzo Kabuto, ex collega del professore Hell, che morirà prima di vedere attivato la sua creazione. Per completare l'attivazione del robot il professor Kabuto passò i progetti al suo miglior allievo, il professor Yumi. Quando il nipote del professor Kabuto, Koji Kabuto, venne a conoscenza dei fatti decise di ereditare Mazinga Z, usando questo mastodonte di metallo per salvare la terra. L'intera serie utilizza un impianto narrativo abbastanza basilare dove in ogni puntata il nemico di turno, mandato dal dottor Hell, viene distrutto da Mazinga Z dopo numerose peripezie. Con questa serie Nagai innova definitivamente lo stereotipo di robot da combattimento. Il pilota, grazie ad una cabina apposita, comanda il robot dal suo interno creando quella protesi/simbiosi che sarà fondamentale per tutti i suoi successori. Questo rapporto simbiotico è espresso in diversi modi: il pilota può muovere ogni parte del robot con un innaturale facilità e ogni colpo percepito dal robot viene accusato anche dal suo pilota che molte volte urla di dolore durante gli scontri. Non c'è una spiegazione scientifica, le armi escono dal nulla e non ci sono limiti di munizioni oppure di energia. Il robot nagaiano incarna, anche, lo spirito del samurai e per questo i combattimenti sono solo balletti dove il super colpo finale ,eseguito dell'eroe per uccidere i nemici, è utilizzato come atto conclusivo di una danza rituale. Mazinga Z, creato con una tecnologia abbastanza rozza, è composto da forme geometriche cilindriche e levigate, da occhi vitrei e grandi corna. Il suo aspetto parzialmente malefico è una caratteristica fondamentale della tradizione classica del genere mecha come ad indicare che il robot è solo una macchina ed è il pilota a scegliere se farlo diventare uno strumento di pace o di morte.



[ 2 .2 ] La scuola ortodossa di Go Nagai

Mazinga Z diede inizio ad una vera e propria invasione degli schermi televisivi da parte di robot giganti. Nel primo periodo di vita dei mecha, Go Nagai rappresenta il maggior autore di genere, innovando ad ogni nuova serie i concetti che erano nati con la prima. Nel 1974 Go Nagai sforna una nuova serie: Getter Robot (Space Robot). Pur presentando un comparto narrativo identico a Mazinga Z, porta con se un carico di innovazioni che col tempo diventeranno stereotipi per il genere mecha. Getter robot non è più un unico robot ma è formato da tre mezzi differenti che si uniscono per creare un unico terribile mecha. Durante la fusione le inquadrature si soffermano sugli ingranaggi, sui perni e gli spostamenti delle parti meccaniche in un modo maniacale. Questa unione poi si consuma su un fondale luminoso, senza una vera collocazione spaziale, dando un’aura di magia e creando quella scenetta che poi accompagnerà tutta la serie. L'altro elemento di innovazione si può riscontrare nei personaggi e nelle loro caratteristiche fisiche e psichiche che diventeranno lo stereotipo base dei personaggi della scuola ortodossa. Il team è composto da tre personaggi, ognuno manovra uno dei mezzi: Ryo Nagare è il protagonista, ricalca il tipico bravo ragazzo gentile, giusto e senza macchia, Hayato Jin rappresenta il ragazzo più controverso, accattivante poco socievole, ambiguo ma fondamentalmente buono, infine Musashi Tomoe rappresenta il punto comico della serie grazie al suo aspetto grafico grottesco e goffo. Altro passo fondamentale per la scuola ortodossa può essere rintracciato nel successivo successo di Go Nagai, Koetetsu Jeeg( Jeeg robot d'acciaio, 1975) dove il pilota Hiroshi, essendo un cyborg, durante la trasformazione diventa la testa del robot. In questo caso l'innovazione sta proprio in questo grado di simbiosi che si va sempre di più a assottigliare con il tempo. Questa volta anche Hiroshi è un cyborg dal corpo meccanico e dal cuore umano. Ormai tra il pilota e la macchina c'è un' interdipendenza, un rapporto di simbiosi totale. Si va delineando il concetto di uomo cablato ibrido tra macchina e essere vivente che diventerà fondamentale negli sviluppi successivi. Nei cinque anni tra il 1974 e il 1979 Go Nagai sviluppa ancora la saga di Mazinga creando altre due serie ambientate nel mondo dell'anime del 1973, con storie parallele o intersecate tra i diversi protagonisti. Prende vita il Gureto Majinga(Grande Mazinga, 1975). I nemici sono i Micenei, popolazione antica che risiede nel centro della terra, che sfornano in continuazione nuovi mostri robot che si troveranno ogni puntata in conflitto con il nostro beniamino. Il Grande Mazinga risulta solo un’espansione della serie madre (Mazinga Z) e non introduce nessun elemento di vera innovazione. Il terzo titolo è il famoso Ufo robot Grendizer (Atlas ufo robot, 1975) capostipite dell'invasione nipponica nel vecchio continente. Questa serie prende spunto dalla moda imperante di quel periodo degli avvistamenti ufo, tanto che Grendizer non è nient’altro che un mecha incastrato in un vero e proprio ufo volante. Questa serie viene considerata la summa delle esperienze nagaiane nel genere robotico. Daisuke risulta un outsider figlio della stessa stirpe aliena che vorrebbe distruggere il mondo, in netta contrapposizione con l'eroe di Mazinga Z Koji ,che in questa serie è il comprimario.


[ 2.3 ] Le serie della scuola ortodossa

Allontanadoci dal padre Go Nagai si possono trovare altri anime di spicco e altri autori che poi diventeranno veterani di questo genere. Partiamo da Leji Matsumoto (autore di Galaxi Expres 999 e Capitan Harlock)che, nel 1977, partorisce la sua unica serie di genere mecha incentrata su un robot a metà tra Mazinga e Getter Robot di nome Danguard. La serie Wakusei robot Danguard ace(Danguard), pur essendo un buon anime, non rivoluziona il concetto di mecha. Altro personaggio di spicco in questa evoluzione del genere è Yoshiuki Tomino che, sul finire degli anni '70, fa compiere dei passi definitivi al genere mecha. La prima serie da analizzare è Muteki choujin Zanbotto 3(Zambot 3, 1977) sicuramente una delle serie più realistiche del tempo. La storia narra di un super computer, costruito dagli alieni Gaizoc, in grado di segnalare le possibili minacce che si trovano nell'universo. Il genere umano viene segnalato come pericoloso, perché la sua evoluzione non porta a nulla, anzi è autodistruttiva per l'intero universo. In questo clima un' intera famiglia, pilotando lo Zambot 3, cercherà di difendere la terra. Principalmente questa serie evolve il genere grazie ad una trama molto più matura e ambigua. La crudezza e la drammaticità degli scontri è portata all'estremo in un modello sempre più realistico che al tempo, forse per questa caratteristica, non trovò riscontro presso il pubblico. Altra serie cardine delle opere di Tomino è il famosissimo Muteki kōjin Daitān 3(Daitarn 3, 1978) che, pur proponendo una trama molto complessa e ambigua, risulta una sottile parodia delle serie robotiche classiche. La figura di Benjo, pilota di Daitarn 3, è emblematica visto che i nemici meganoidi sono il risultato degli esperimenti che suo padre compì nel passato. Questa repulsione per il genitore, creatore anche del robot, fa sì che il protagonista instauri con il suo mecha un rapporto opposto a quello con il padre, creando una vera e propria sostituzione. Dalla seconda metà degli anni '70 le serie robotiche si moltiplicarono a dismisura, ognuna con le sue caratteristiche peculiari ma senza innovazioni fondamentali. Traccerò una piccola scheda per dare un’idea del numero smisurato di serie robotiche di questo periodo:

TITOLO DATA
Gaiking 1976
Godam 1976
Ufo Daiapollon 1976
Combattler V 1976
Groiser x 1976
Mechander 1977
Danguard 1977
Varatak 1977
Gingaiser 1977
Vultus 5 1977
Zambot 3 1977
Daimos 1978
Daikengo 1978
Daitarn 3 1978


[ 2.4 ] Le caratteristiche della scuola ortodossa

Il concetto di scuola ortodossa venne coniato per indicare alcune tendenze peculiari di quasi tutte le opere degli anni '70 delle quali il capostipite è la saga di Go Nagai Mazinga Z. Gli studiosi hanno riscontrato in questa serie il punto di partenza di una certa concezione di robot e certe peculiarità che sono la base per tutte le serie a venire. La caratteristica principale è il rapporto tra il robot (meccanico) e il pilota (organico) che nella scuola ortodossa svolge un ruolo di primo piano. I piloti sono sempre ragazzi, gli unici a poter pilotare questi colossi. Senza nessuna spiegazione scientifica il ragazzo che comanda il robot è in sintonia emotiva e fisica con il suo alter-ego di metallo. Molte volte, se il mecha design lo consente, le espressioni facciali del robot durante il combattimento sono le stesse del pilota all'interno della cabina. Nella maggior parte dei casi il mecha è costruito dal padre (oppure nonno o zio), figura essenziale nella storia. Il padre può morire prima dell'attivazione definitiva del robot oppure è un personaggio distante e in conflitto con il protagonista, le madri sono praticamente assenti. Questi rapporti inesistenti con i genitori sono compensati dalla relazione che il pilota instaura con il suo corpo tecnologico. Il ragazzo comanda il robot dal suo interno entrando in una situazione di interdipendenza con il suo guscio protettivo, simboleggiando il ritorno all'utero materno e, il robot, diventa il padre/madre adottivo dell'eroe “orfano”. Quasi sempre la terra è minacciata da un nemico esterno, a volte alieni oppure mostri, che vorrebbero distruggere o conquistare il nostro pianeta. Questi nemici di solito prendono come bersaglio principale il Giappone, terrorizzandolo con una tecnologia sempre superiore a quella terrestre. Il robot protagonista, molto spesso, è a sua volta un'arma aliena o costruita con tecnologia extraterrestre e possiede un aspetto indice della sua estraniazione con qualsiasi manufatto terrestre. Queste tematiche rimandano ad una metafora della condizione giapponese nella seconda guerra mondiale e nel periodo post atomico (occupazione americana in primis). La struttura narrativa delle serie, pur variando sempre, rientra in una struttura a scalini dove all'ultimo gradino si trova il nemico finale. Il protagonista in ogni puntata incontra un avversario e lo uccide superando un gradino. Ucciso il “cattivone” di turno la serie finisce con l'eroe che trionfa sul male. Il mecha incarna in certe sue caratteristiche lo spirito e l'aspetto del samurai ; in certi casi la somiglianza è evidente (Zambot 3), in altri bisogna ricercarla nella struttura dei combattimenti. L'eroe non usa mai il suo super colpo appena incontra il nemico ma lo deve riservare solo al termine del combattimento come a simboleggiare l'atto conclusivo. La teatralità è sicuramente l'aspetto più importante delle serie, dove la veridicità è abbandonata per lasciare spazio allo spettacolo puro.



[ 3 ] LA PRIMA RIVOLUZIONE
Gundam e la scuola realistica

Le serie mecha lentamente si evolsero cambiando radicalmente i loro concetti fondamentali. Verso la fine degli anni '70 ci fu la prima rivoluzione a stampo realistico del genere. L'abitudine del pubblico ai soliti canoni utilizzati in quasi tutte le serie portò ad una ricerca di realtà opposta a quella teatralità che aveva determinato la scuola ortodossa. I primi passi verso questo cambiamento li fece Yoshiuki Tomino con il suo Zambot 3 che, oltre ad introdurre tematiche più adulte, aumentò il realismo in piccole dosi. In primo luogo il mecha aveva un’energia limitata e anche i proiettili potevano finire come un normale mezzo da combattimento. La sfumatura più realistica è data dall'odio che la popolazione riserva ai piloti del mecha, colpevoli di indurre il nemico ad attaccare la terra. Tutti elementi che poi serviranno a dare spazio al vero prodotto rivoluzionario: stiamo parlando di Kidō Senshi Gandamu(Mobile Suit Gundam, 1979), titolo che prenderà il merito di essere il capostipite della scuola realistica.


[ 3.1 ] Mobile Suit Gundam

Come si è letto, Yoshiuki Tomino aveva già iniziato a spingersi oltre il confine tracciato dalla scuola ortodossa ma, con la serie Mobile Suit Gundam, rinnoverà per sempre il genere. L’anime è ispirato al libro Fanteria dello spazio di Robert A. Heinlein. In un futuro prossimo l'umanità non vive solo sulla Terra, ma si è allargata all'intera Sfera Terrestre, comprensiva della Luna e di sette aree chiamate Side, situate intorno ai punti di Lagrange dell'orbita lunare in cui circolano centinaia di "isole spaziali", enormi cilindri artificiali contenenti habitat adatti alla vita. Il principato di Zeon, una nazione nata sopra Side 3, brama la sua indipendenza dalla Federazione Terrestre scatenando una guerra. Il principato di Zeon inizialmente risulta avvantaggiato per l'uso di un rivoluzionario mezzo da combattimento: il Mobile Suit, un robot corazzato di aspetto antropomorfo pilotato da un essere umano. La federazione Terrestre allora conia un nuovo tipo di robot per difendersi, il mobile suit Gundam. Questo mezzo è pilotato da un ragazzo di nome Amuro Rei, che insieme alla base bianca cercherà di cambiare le sorti della guerra. La linea realistica si può riscontrare su due fronti: quello tecnologico e in quello narrativo. Sul piano tecnologico possiamo notare che i mobile suit vengono danneggiati, esplodono, si usurano, si sporcano, finiscono l'energia e consumano i proiettili; in poche parole sono solo mezzi da combattimento senza anima. Si rompe così quella tradizione che vuole il robot in simbiosi psico/fisica con il pilota. Sul piano narrativo Gundam offre una trama complessa che non fa uso del solito stilema delle puntate autoconclusive ma crea una storia composta da più episodi tutti collegati tra loro. Altro spunto decisivo è la rappresentazione della guerra spogliata del suo fascino teatrale, dove ogni esercito combatte per i propri ideali e la divisione tra buoni e cattivi diventa sempre più labile. Le strategie in battaglia sono essenziali e molte volte anche la fuga risulta una buona soluzione per non rischiare la vita inutilmente. Da notare, anche, che i robot sono suscettibili alla gravità e possono volare solo nello spazio. Tutto questo realismo dona a questa serie un elemento di veridicità più concreto e risulta uno spunto decisivo per le successive serie animate robotiche. Mobile Suit Gundam eccede anche nel reparto tecnico. Il comparto produttivo risulta ormai solido per dare vita ad una serie ottima sotto tutti i punti di vista. Per la prima volta viene chiamato un mecha design addetto solo a visionare e curare tutto ciò che è robotico ed elettronico all'interno della serie, l'eletto per Gundam è Kunio Okawara. Per concludere, indicando un altro passo fondamentale per il genere mecha, non si può dimenticare di notare l'autorialità della regia rispetto agli standard del periodo, fatta di piani sequenza, carrellate, zoom e prospettive azzardate.


[3 .2] Gundam Forever

Il fenomeno Gundam è qualcosa di veramente particolare in quanto, a differenza delle altre serie, l'epopea dei mobile suit sembra non aver fine. Dopo la prima serie datata 1979 usciranno, sempre dirette da Tomino, altre cinque serie. Col tempo la saga si è fatta sempre più introspettiva senza però attuare cambiamenti importanti di fondo , scadendo, così, nella più becera ripetizione. Questo non toglie che Gundam sia un fenomeno unico nell'animazione nipponica. Questo successo è da attribuire ad elemento di novità importantissimo: Tomino importò un cambiamento fondamentale per le serie robotiche, l'innovazione più importante sta proprio nello spostamento dell'attenzione dalle macchine ai personaggi, cosa che segna maggiormente la differenza con le serie dei super robot alla Go Nagai, dove un eroe buono, spesso e volentieri identificato nel robot salvatore deus ex machina, si contrappone ad un nemico incarnazione del male assoluto. Proprio questo tratto morale un po' semplicistico lascia il posto ad una complessità narrativa in cui la stereotipata contrapposizione tra bene e male viene annullata con il riferimento alla tragica avventura umana della guerra. Gli esseri umani , per ragioni spesso a loro estranee, sono costretti in ogni caso ad affrontare morte, distruzione ed alienazione. Di questi personaggi gli autori approfondiscono le emozioni, i sentimenti, le ambizioni e la psicologia, inquadrando il tutto in una cornice di verosimiglianza storica che tiene il passo con il linguaggio letterario. Si può comprende quindi come questa serie sia uno dei più grandi successi di sempre nel panorama dell'animazione nipponica.


[ 3.3 ] Gli altri “Mobile Suit”

Negli anni successivi all'uscita di Gundam ci furono molte serie che, utilizzando un modello ancora di stampo ortodosso, incrementarono la realisticità del prodotto pur rimanendo legati ad una struttura classica. Un degno successore della serie di Tomino si può ritrovare in Chojiku yasoi Macross (Macross, la fortezza superdimensionale,1982), una serie ambientata nello spazio dove i veri protagonista sono delle fortezze orbitanti chiamate appunto Macross. La vicenda si sviluppa all'interno di una battaglia intergalattica tra due eserciti, dove la fortezza si deve proteggere dagli attacchi nemici. Macross è difesa da degli aerei trasformabili in moduli da attacco di nome Valckyrie. Questi mecha sono costruiti in serie e sono suscettibili ai danni e vengono spesso rimpiazzati con modelli più nuovi. Anche in questo anime si può riscontrare questa base realistica fondamentale per la rivoluzione del genere mecha. La serie di Macross come quella di Gundam vive di un incredibile longevità e sono numerosi i sequel o i titoli che si basano sull'universo creato dal primo serial. Altro titolo da citare è Kidō keisatsu Patoreiba(Patlabor, 1988) dove il realismo è spostato su un altro campo. I Labor sono grosse macchine in dotazione alla polizia utilizzate per emergenze urbane. Anche in questa serie lo sviluppo realistico è pregnante visto che questi grossi mecha sono mezzi adibiti alla polizia urbana e quindi sono utilizzati principalmente in città, con il rischio di causare danno alla popolazione.


[ 3.4 ] Le caratteristiche della scuola realistica

Inutile rimarcare il fatto che la scuola realistica imprime una svolta realistica a tutto l'imparto tecnico narrativo delle vicende. Precisamente si distacca dalle saghe ortodosse per diversi motivi principali. Uno di questi può essere trovato proprio nella concezione del mecha, ormai non più una macchina divina che difende la terra, ma normali macchine da combattimento sottoposte alle leggi della natura. Per questo motivo con la nascita del termine mecha si crea anche la prima sottodivisione di questi robot giganti. Si vengono così a creare i real robot e i super robot. I primi sono normali mezzi da combattimento creati in serie destinati all'usura e ad essere rimpiazzati, i secondi invece sono pezzi unici non rimpiazzabili con caratteristiche incredibili. Con la scuola realistica quindi nasce la concezione di real robot ed è proprio questa concezione a rompere la simbiosi tra il pilota e la macchina, la psiche del personaggio non si interfaccia minimamente con la sua controparte robotica. Sembra quasi che venga risolto quel dilemma culturale tipico del Giappone di corpo cablato. I robot sono leggermente più credibili in termini scientifici e c'è una cura maggiore sia al software che all'hardware del mezzo. Si perde anche il concetto di cattivo a favore di una concezione più complessa di una guerra che travolge persone costrette ad uccidere per un dovere istituzionale. Altro elemento di rottura con il passato è la perdita della teatralità, non ci sono più balletti, sequenze animate che segnano un unione oppure un colpo segreto; in battaglia bisogna stare attenti altrimenti qualsiasi distrazione può essere fatale. Inevitabilmente questi cambiamenti segnano anche un approccio più adulto al genere, introducendo tematiche dedicate ad un pubblico maturo.



[ 4 ] IL DECLINO DEL GENERE MECHA
La fantascienza in crisi

Verso la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 avviene un importante cambiamento culturale in Giappone. Con l'avvento di una società incentrata sulle donne (Shojo Bunka) e un tentato attacco terroristico da parte di una setta religiosa nelle metropolitana di Tokyo, la fantascienza perde quel ruolo centrale nell'immaginario nazionale. Inizia un forte declino per il genere mecha. Si può notare una certa staticità nelle serie robotiche di questi anni. Si cerca un'ibridazione tra scuola ortodossa e scuola realistica creando super robot usurabili che reagiscono in modo realistico ai danni e alle sollecitazioni, senza però alterare uno schema ormai diventato classico. Anche le serie cardine delle due scuole non si evolvono: Go Nagai continua ad essere ossessionato da un continuo rifacimento delle sue serie classiche, Gundam continua ad esistere diventando obsoleto a causa del modello narrativo mai rinnovato.Ad ogni modo, c'è da segnalare che in questo periodo anime come Bubble Gum Crisis( id. ,1990) oppure Armitage 3( id. ,1993) generano un altra visione di mecha. Questa volta, ancora di più che nella scuola ortodossa, la simbiosi dei macchinari con l'uomo che ne usufruisce è totale. Si viene cosi a creare una terza sfaccettatura del termine mecha, le armature potenziate. Queste armature si uniscono con il corpo umano aumentando le capacità fisiche e mentali di chi le utilizza. Sotto un punto di vista puramente metaforico sembra che l'immaginario collettivo giapponese sia ritornato sul dilemma madre, l'uomo cablato dal corpo metallico e dal cuore umano. Tutti i problemi creati dopo la seconda guerra mondiale continuano ad opprimere la popolazione in uno stato ancora più maniacale sempre più impercettibile. Un giusto esempio di questo nuovo ritorno al feticismo tecnologico può essere riscontrato nel film di Mamoru Oshii Kōkaku Kidōtai(Ghost in the shell, 1995) dove la situazione di ibridismo della protagonista è emblematica e rappresentativa della situazione del Giappone. Come è stato scritto prima, il genere mecha sopravvive rimescolando le carte, ma solo nel 1995 le carte verranno messe nell'ordine giusto per creare quella nuova ventata di aria fresca che travolse non solo il genere mecha ma tutta l'animazione nipponica.



[ 5 ] IL SECOND IMPACT
Un nuovo vangelo

Nell'introduzione si è parlato di come l'intera produzione seriale televisiva d' animazione, con l'avvento di internet e le console casalinghe per videogiochi, sia atata caratterizzata e afflitta da problemi e crisi. Come reazione spontanea tutto il sistema si riforma e nella seconda metà degli anni '90 il genere mecha riporterà dignità all'intera animazione giapponese ricreando quell'importanza internazionale che si merita un medium cosi interessante ed autonomo. Nasce Shin seiki Evangelion( Neon genesis Evangelion , 1995), serie che creerà una nuova rivoluzione(definitiva) al genere mecha. Come Zambot 3 aveva rappresentato l'anello mancante tra “scuola ortodossa” e “scuola realistica”, Densetsu Kyojin Ideon(Space Runaway Ideon, 1980) è il ponte tra la vecchia e la nuova corrente. Questa serie, diretta da Tomino, non ha molte caratteristiche in comune con Neon genesis Evangelion, però è la prima serie robotica con forti elementi di misticismo, caratteristica fondamentale del “cambiamento di pelle” che ha investito il genere mecha.


[ 5.1 ] Neon genesis Evangelion

Neon genesis Evangelion è la serie animata più discussa di tutti i tempi e, grazie all'avvento massiccio di internet, sulla rete si trovano tantissime discussioni e approfondimenti. Proprio per questo suo forte impatto mediatico solitamente o la si ama o la si odia. Rimane comunque la serie più rappresentativa degli anni '90 e del nuovo millennio, riscrivendo certe regole classiche dell'animazione nipponica e rivoluzionando il genere mecha. Per far capire quanto sia complessa l'analisi di una serie come Neon genesis Evangelion, prima di sezionare concretamente il prodotto, vorrei esporre l'iter mediatico che accompagna la serie di Hideaki Anno. La casa di produzione Gainax non realizzava una serie dal 1991 dopo l'ottimo successo di Fushigi no Umi no Nadia (Il mistero della pietra azzurra). Il 4 ottobre 1995 venne trasmesso su TV Tokyo il primo episodio di Neon Genesisi Evangelion. La serie fu all'inizio accolta tiepidamente dal pubblico giapponese, con bassi ascolti in tv. Le motivazioni principali per l'iniziale insuccesso furono principalmente due: la collocazione oraria televisiva che lo proponeva come un prodotto principalmente per adolescenti o bambini e il difficile rapporto tra fantascienza e immaginario collettivo giapponese negli anni '90. Eppure lentamente la serie iniziò ad aumentare lo share e venne effettuato uno spostamento orario privilegiando una fascia più adulta. Purtroppo, per colpa dell'iniziale insuccesso, il budget in gestione della Gainax diminuì progressivamente, così che arrivati agli ultimi episodi lo studio si trovò praticamente senza soldi e si riscontrò che era impossibile terminare la serie come era stato prestabilito. Il regista decise di abbandonare la linea narrativa e analizzare solo lo sviluppo psichico del protagonista per risparmiare sull’animazione. Questa scelta lo portò ad utilizzare tante immagini riciclate oppure disegni stilizzati diminuendo la qualità, ma raggiungendo un linguaggio sperimentale e visionario di grande impatto. Il pubblico non accettò di buon grado questo cambio direzionale e chiese a gran voce un finale più completo. Uscirono successivamente due film, il primo Evangelion: Death an rebirth( id. ,1997) e The end of Evangelion( id. ,1997) che rappresenta il vero finale che chiude definitivamente la serie come era stata ideata in principio. La saga ebbe una risonanza mediatica tale che nel 2006 Hideaki Anno decise di riprendere in mano il progetto e sviluppare quattro film animati che riprendono e rivisitano l'intera serie; una operazione denominata Rebuild of Evangelion. Il primo film Evangelion: you (are) not alone( id.) è uscito nel 2007 nelle sale giapponesi, vincendo i maggiori premi nazionali dedicati ai film di animazione. Nel 2008 il Japan Media Arts Festival ha compiuto un sondaggio per conoscere il miglior anime della storia secondo il pubblico e la critica; al primo posto si è classificato Neon Genesis Evangelion superando anche i capolavori del maestro Hayao Miyazaki. Si può notare come sia difficile analizzare un fenomeno culturale e mediatico come la serie di Anno, per questo motivo la mia analisi si incentrerà solo sul suo contributo rivoluzionario nell'ambito del genere mecha. Dopo una doverosa introduzione possiamo inoltrarci nella trama.
Anno 2000: un meteorite, schiantatosi sull’Antartide, innesca una tremenda reazione a catena che culmina con un enorme disastro ecologico: il livello degli oceani si alza di molto generando un maremoto che distrugge intere città facendo migliaia di vittime. Il disastro(provocato in realtà dalla caduta di un enorme essere antropomorfo denominato “Angelo”) verrà ricordato dalle generazioni a venire come il Second Impact. Anno 2015: un essere simile a quello schiantatosi sui ghiacci quindici anni prima attacca la città fortificata di Neo Tokio 3, costruita appositamente per difendersi da un eventuale ritorno degli Angeli. Un’altra contromisura contro gli attacchi di questi misteriosi esseri è stata presa con la costruzione degli Evangelion(Macchine da combattimento Umanoidi Multifunzione Evangelion), enormi robot tecno-organici costruiti clonando i resti del primo Angelo ora custoditi nei sotterranei della città nella sede della NERV, l’organizzazione alle dirette dipendenze delle Nazioni Unite con il compito di respingere gli attacchi degli Angeli. A capo della NERV c’è Gendo Ikari, un uomo molto freddo e cinico che sembra avere il solo scopo nella vita di portare a termine la sua missione ( sotto la stretta sorveglianza di una misteriosa commissione, la Seele, sta portando avanti anche un altro oscuro progetto, il programma per il perfezionamento dell’uomo) con la collaborazione della dottoressa Ritsuko Akagi(la scienziata a capo del progetto Evangelion) e del capitano Misato Katsuragi, una ragazza che quindici anni prima è stata l’unica persona scampata al Second Impact. La NERV riceve l’incarico di fronteggiare l’attacco dell’Angelo dopo che le armi convenzionali dell’esercito si sono rivelate inefficaci e Gendo ordina di preparare l’unità Evangelion 01 anche se l’unico pilota disponibile, Rei Ayanami, una ragazza di 14 anni misteriosa e taciturna, è attualmente ferita e indisposta a pilotare il robot, il quale, come gli altri Eva può essere pilotato solo da un soggetto che abbia la capacità di raggiungere un determinato tasso di sincronia con esso grazie a delle particolari curve armoniche del cervello. Nel frattempo il quattordicenne Shinji Ikari, figlio naturale di Gendo, è giunto su invito del padre in città Il ragazzo viene coinvolto nel caos provocato dall’attacco dell’angelo e solo grazie al tempestivo intervento di Misato riesce a raggiungere la base della NERV dove viene condotto alla presenza del padre che gli impone di salire a bordo dell’Eva 01 e di combattere contro L’Angelo. Shinji è indeciso e nemmeno di fronte alla glaciale determinazione del padre, che è disposto addirittura a sostituirlo con l’indisposta Rei , riesce a scuotersi; quando una trave metallica si stacca dal soffitto e precipita proprio su di lui. Lo schiaccerebbe se L’Eva, inspiegabilmente, non si muovesse autonomamente, allungando un enorme braccio metallico per proteggerlo. Rinfrancato dall’inspiegabile evento(che Gendo e gli altri hanno accolto con particolare soddisfazione, quasi a conferma di una loro previsione) e deciso a mostrare al padre e soprattutto a sé stesso il proprio valore il ragazzo decide che salirà a bordo e affronterà la sua prima battaglia. Una volta entrato nell’Entry plug(la cabina di pilotaggio dell’Eva) si scopre che il suo tasso di sincronia con il robot è molto alto anche se non l’ha mai pilotato prima. L’Eva viene mandato contro l’Angelo: Shinji è impacciato e si trova subito in enorme difficoltà subendo i violenti attacchi del nemico che danneggiano gravemente la corazza del robot finchè questi, andato in berserk(uno stato in cui non ha bisogno di piloti e si muove come un animale inferocito) si rialza e attacca il nemico con incredibile ferocia fino a provocarne l’esplosione, distruggendolo. Shinji, svenuto subito dopo la fine della battaglia viene curato e poi ospitato a casa di Misato che d’ora in poi sarà la sua nuova dimora. Il ragazzo inizia il suo addestramento alla NERV anche se l’ambiente non è dei migliori(suo padre lo ignora mentre l’altra pilota, Rei sembra non avere alcun bisogno di relazioni interpersonali) e ciò influisce molto sul suo già introverso carattere che non gli consente di inserirsi con facilità nemmeno a scuola. Intanto è giunta alla base NERV Asuka Soryu Langley, una ragazza molto esuberante e sicura di sé cresciuta in Germania e designata ad essere il pilota dell’unità Evangelion 02 giunta con lei in Giappone. I tre ragazzi, sotto la guida di Misato affrontano uno dopo l’altro i vari Angeli che giungono in attacco alla base, in una serie di scontri uno più drammatico dell’altro che mettono a dura prova il loro coraggio e la loro resistenza fisica ma sopratutto psichica. Più volte Shinji è colto dallo sconforto e abbandona la base per poi tornare inesorabilmente sui suoi passi, conscio che in fondo l’unica cosa utile che possa fare per gli altri e sé stesso è pilotare L’Eva, anche se ciò gli causa notevoli scompensi emotivi. Asuka, invece combatte soprattutto per dimostrare agli altri la sua abilità ,cerca insomma nella battaglia la sua personale affermazione ma anche lei si troverà infine faccia a faccia con sé stessa e il suo tragico passato. Rei sembra avere come unico desiderio quello di compiacere Gendo Ikari, ubbidendo ciecamente ad ogni suo ordine come se fosse una bambola e non un essere umano. Tra battaglie e drammi personali si giunge infine allo scontro con l’ultimo Angelo. La trama presentata in questo modo lineare non sembra nulla di nuovo, anzi in certi casi sembra quasi di essere tornati ad una trama simile ai super- robot alla Go Nagai, nemici che attaccano la terra, un robot pilotato da un ragazzo di quattordici anni unica speranza per la terra. Invece è proprio questo aspetto a tradire le aspettative, tutta la vicenda viene presentata inizialmente sotto i tipici stereotipi delle serie robotiche per poi discostarsi e rivoluzionare il genere.


[ 5.2 ] La rivoluzione di Evangelion

Per molti studiosi Neon Genesis Evangelion è una ricomparsa della scuola ortodossa rivisitata nelle problematiche contemporanee, per altri la serie è in bilico tra scuola ortodossa e scuola realistica mischiando gli stilemi principali; io preferisco dire che si presenta come un ritorno della scuola ortodossa con forti elementi della scuola realistica, ma la serie si evolve in campi mai esplorati in un anime e sopratutto, vista alla luce del genere mecha, risulta rivoluzionaria. Iniziamo ad analizzare il robot: in Neon Genesis Evangelion gli Evangelion si presentano come macchine antropomorfe con qualche elemento biologico, però all'interno della serie si comprende che la natura di questi esseri è molto più complessa di quella che ci sembra inizialmente. Per arrivare a spiegare alla perfezione gli Eva bisogna un attimo fare uno schema generale spiegando le vere dinamiche della serie. Nel mondo di Neon Genesis Evangelion ogni volta che l'evoluzione arriva ad un punto morto e non riesce a progredire gli Angeli arrivano sulla terra per ricreare l'umanità grazie ad un cataclisma mondiale come era gia successo con i dinosauri nell'età preistorica (first impact). Gli angeli non sono altro che tipi di evoluzione diversa da quella umana, gli uomini sono discendenti di Lilith(il secondo angelo) e possiedono per questo il frutto della conoscenza, gli angeli invece sono i discendenti di Adam e possiedono il frutto della vita perciò attaccano la terra, e più precisamente la NERV(che al suo interno tiene il corpo di Lilith) per trovare il frutto della conoscenza e riunire così l'umanità in un unico essere divino che trascende la vita e la morte e porta il genere umano ad un nuovo stadio evolutivo. Alla luce di queste rivelazioni possiamo riformulare il concetto di Eva: gli Evangelion sono il prodotto degli esperimenti effettuati sui primi due angeli(Adam e Lilith) quindi sono esseri viventi creati artificialmente e si pongono a metà tra l'umano e il divino. Per la prima volta quindi i mecha non sono più strutture metalliche ma veri e propri esseri viventi con ossa, muscoli e sistema nervoso e il pilota, per la prima volta, è costretto a interfacciarsi con un altra creatura vivente. Per prendere vita, gli EVA, hanno bisogno di un anima umana, la NERV ,con i suoi esperimenti, ha constatato che l'anima deve essere in qualche modo legata al pilota stesso per creare quell’interazione neurale utile a far muovere il mecha. Non è un caso che i piloti quattordicenni prescelti siano tutti orfani poiché ,all'interno del mecha a loro assegnato, dimora l'animo della madre scomparsa. La prima volta che Ikari entra nell'abitacolo sussurra:” L'entry plug odora di sangue. Perché mi sento così rilassato e a mio agio qui dentro?” Quindi un liquido giallo chiamato LCL (Link Connect Liquid) riempie la cabina e sommerge l'operatore consentendo di sincronizzare le onde celebrali dell'Eva con il suo pilota. Grazie a questo riesce coordinare i movimenti, ma in cambio riceve il feedback dell'essere provando sia le sue emozioni (paura, sgomento, odio) sia le sue sensazioni (dolore). Dopo queste spiegazioni è palese la metafora dell'utero materno presa in prestito dall'epopea dei super robot, ma se nella scuola ortodossa questo elemento era solo una sfumatura qua diventa un concetto concreto e fondamentale. Tutti questi elementi tendono a portare il nostro discorso nuovamente sul rapporto che il popolo giapponese ha sviluppato con la tecnologia e possiamo affermare che la serie in questione rappresenta una vera e propria emancipazione dell'essere meccanico che si erge a essere vivente vero e proprio; una versione evolutiva diversa dalla nostra. Il pilota umano è diventato quasi un organo dell'essere gigante in cui entra e il rapporto di interdipendenza non è stato mai così evidente. Se tra la scuola ortodossa e la scuola realistica un cambiamento fondamentale era la perdita di importanza del robottone a favore dell'elemento umano al suo interno, in Evangelion c'è un ulteriore spostamento dal pilota al ragazzo. Ora il protagonista non è più unicamente un pilota ma è sopratutto un ragazzo di quattordici anni, con le sue problematiche esistenziali tipiche di un adolescente. In definitiva viene spostata, ancora di più, l'attenzione sull'elemento umano diventato ormai l'unico motore di tutta la storia, ed è proprio analizzando i personaggi che si trovano altre innovazioni decisive per il genere. Il protagonista in primis è un completo antieroe, a differenza del tipico eroe delle saghe robotiche non trapela in lui mai un minimo di coraggio. Shinji Ikari risulta un bambino codardo, pieno di paranoie , una persona che non sa compiere gesti eroici eppure è l'unico che può comandare l'Eva 01 e difendere la terra. Questo contrasto è fortissimo all'interno della serie, il protagonista non vive mai come un eroe non ha mai un riscatto o un momento in cui può far vedere la sua forza, vive tutta la narrazione da emarginato e alienato. La complessità (realistica) dei personaggi è uno degli elementi più innovativi della serie e anche uno stilema che poi diventerà un classico per le saghe a venire. Un altro punto di rottura con il passato può essere riscontrato in molti dei combattimenti che avvengono dalla seconda metà della serie in poi, scontri non più fisici ma mentali. La concezione del mondo di Evangelion fa sì che i mecha possiedano una barriera denominata AT-FIELD che li protegge dagli attacchi fisici, gli uomini(essendo un evoluzione alternativa) hanno abbandonato questa protezione esterna per crearne una all' interno, perciò gli essere umani sviluppano un AT-FIELD mentale che li protegge dall'esterno. Se questa barriera viene violata l'uomo si ritrova a combattere con le proprie paure esistenziali: ed è proprio quello che succede nella serie. I piloti si ritrovano attaccati dagli Angeli sul piano mentale e sono costretti a lottare con loro stessi aumentando i dubbi che minano l'uomo e creando ferite molto più profonde di quelle fisiche. Infine è giusto sottolineare un altro elemento che successivamente farà scuola e sono le tematiche religiose mistiche di fondo. In Mazinga Z tutta la storia risulta semplice, una minaccia esterna attacca la terra che deve essere difesa, in Mobile Suit Gundam ci ritroviamo sul campo di battaglia dove le sorti della guerra sono affidate ai piloti dei mecha, in Neon Genesis Evangelion la trama è estremamente più complessa e al suo interno si possono trovare temi come l'evoluzione umana, l'entità divina e una rivisitazione di testi sacri e della cabala. Queste tematiche ultraterrene sono il fulcro della nuova concezione di genere mecha creando quasi una “scuola mistica” , nuovo stadio evolutivo dell'animazione robotica.


[5.3] L'evangelizzazzione ha inizio

Come fulcro di questa evangelizzazzione troviamo proprio la novità del mecha, come essere vivente autonomo, con cui il pilota deve inevitabilmente confrontarsi. Altro cambiamento effettivo è la maggiore introspezione psicologica insieme a delle forti sfumature mistiche e religiose. Proprio in questo periodo, dopo l'incredibile successo del capostipite, escono numerose serie robotiche che si troveranno a doversi confrontare con Neon Genesis Evangelion. Nascono un numero incredibile di “cloni”, precisamente serie dove l'apporto della nuova evoluzione del genere è evidente. Tra questi possiamo annoverare Rāzefon(RahXeplon, 2002) e Buren Pawādo(Brain Powerd ,1998) che comunque cercano di sviluppare in modo autonomo le nuove tematiche. In questi anni c'è anche una reintroduzione delle serie classiche; il primo che compie questa rivisitazione è Go Nagai che riprende le sue due serie di maggior successo rivisitate sotto l'ottica della new wave del genere mecha. Getter Robot( id. ,1998) e Majinkaizaa(Mazinkaiser ,2001) si distaccano dalle vecchie serie per una maggiore introspezione psicologica e si capisce subito il debito che questi anime stipulano con la serie di Anno. Sempre in linea con la nuova generazione si rivoluzionano, per quello che possono fare, anche le due serie capostipite della scuola realistica, Gundam e Macross. Tra la metà degli anni '90 e il nuovo millennio è più facile trovare titoli che si ispirano al nuovo concetto portato da Evangelion piuttosto che serie autonome, che propongono un loro punto di vista originale. Per questo motivo citerei due anime che hanno la forza di distaccarsi relativamente da questa rivoluzione: stiamo parlando di Tenkū no Esukafurōne (Escaflowne ,1998) e Yuugeki Uchuu Senkan Nadeshiko (Martin Successor Nadesico, 1997). Escaflowne narra di una ragazza che, grazie ad una porta dimensionale, finisce in un altro mondo dominato dalla solita battaglia tra due eserciti nemici. Le sorti della battaglia sono affidate a grossi robot di nome guymelef ; esseri animati da alchimia e magia. In questa serie si trova una certa propensione all'emulazione di certe caratteristiche della nouvelle vague del genere mecha, però il mix tra mecha e genere fantasy è azzeccato ed innovativo. L'altra serie Martin Successor Nadesico invece è una serie che vuole parodiare tutto quello che è stato fino ad ora il genere mecha. Questa parodia è sottile e i drammi possono nascondersi anche all'interno delle scene più comiche. Il protagonista è Akito Tenkawa, un semplice cuoco imbarcato sull'astronave Nadesico comandata da Yurika Misumaru, una ragazza ingenua e spensierata. La nave spaziale è stata creata per distruggere delle misteriose macchine di Giove che minacciano la Terra. L'equipaggio della Nadesico è appassionato di un anime robotico, di nome Gekiganger III, una tipica serie della scuola ortodossa, e per tutta l'avventura le vicende in guerra si riflettono sull'anime, e viceversa, creando continui rimandi interni.



[ 6 ] I MECHA NEL NUOVO MILLENIO
Mutazioni in corso

Superata la soglia del nuovo millennio i mecha riprendono quel ruolo fondamentale che avevano in precedenza, ritornando ad essere uno dei fulcri dell'immaginario collettivo giapponese. Dopo l'avvento di Neon genesis Evangelion tutta l'animazione giapponese si riforma; si punta ad una maggiore qualità tecnica, una diminuzione del numero di episodi ed infine una maggiore autorialità registica. Evangelion è uno dei primi anime che trascendere il genere, e inizia quella ibridazione che nel nuovo millennio diventerà essenziale. I mecha risultano solo un pretesto per analizzare e inserire tematiche esterne al genere arricchendo inevitabilmente tutto il panorama narrativo. Aumenta la complessità logica della trama e quindi anche il target si alza privilegiando un pubblico adulto. Tutti gli elementi mistici e religiosi sono quasi una regola ormai ed è difficile che un anime robotico non tocchi tematiche esistenzialistiche. Nel nuovo millennio essenzialmente si possono notare tre tipi diversi di orientamento nel genere mecha:
-serie che riprendono i concetti base di Evangelion.
-serie che ibridano il genere con altre tematiche.
-una certa propensione al recupero della cultura classica dei super robot.


[ 6 .1 ] Le serie evangelizzate

Come era successo in precedenza con le altre scuole anche l'idea innovativa di Evangelion viene presa e sviluppata in campi diversi, certe serie risulteranno vere e proprie copie dell'originale altre riusciranno a ricavarsi il proprio spazio. Questa evangelizzazzione si può trovare sia nel rapporto che il pilota instaura con il robot sia nelle tematiche introspettive, sia nei riferimenti religiosi e filosofici e anche nelle trame criptiche e complesse dedicate ad un pubblico più adulto. Il problema principale è che quando un anime si prende così tanto sul serio deve essere per forza un ottimo lavoro per non scadere nel ridicolo. Purtroppo nella maggior parte dei casi questi lavori peccano proprio in questa parte essenziale risultando ad un occhio maturo patetici e assurdi. Tra questo mare di gocce si possono salvare serie come Rāzefon(RahXeplon, 2002) che pur essendo un clone risulta piacevole e apprezzabile per le sue qualità tecniche oppure Sōsei no Akuerion (Aquarion, 2005), che ha riscosso un discreto successo tra il pubblico avendo una trama meno contorta. La nuova incarnazione di questo filone la dedico ad Kōkyōshihen Eureka Sebun(Eureka Seven, 2006) dello studio Bones. L'anime è una rivisitazione delle tematiche di Evangelion con un impianto narrativo che ricorda molto Gundam. I protagonisti sono due ragazzini Renton e Eureka, entrambi pilotano il Nirvash, un mecha organico che vola grazie ad un surf gigante che utilizza le linee del vento come onde. Viaggiano grazie ad una nave madre di nome Gekko-Go ed al suo interno tutto l'equipaggio risulta una grande famiglia con le proprie dinamiche interne. Sono proprio queste dinamiche ad essere il fulcro della narrazione insieme al rapporto che si instaura tra i due protagonisti. In questa serie il mondo è in pericolo per colpa del coralians, una strana forma di vita che riesce in certi casi a interfacciarsi con l'uomo. Sia il Nirvash che Eureka sono legati a questa strana forma ancestrale di vita ed è proprio il rapporto tra Renton(Umano), il Nirvash ed Eureka(coralians) la chiave per il futuro del genere umano. Soltanto leggendo la trama si possono trovare chiari riferimenti alle serie citate in precedenza, per fortuna Eureka Seven riformula il discorso e riesce a ritagliarsi il suo spazio.


[ 6.2 ] Frullati di genere

La linea imperante in questo nuovo millennio è l'idea di mixare più generi per creare un nuovo embrione che rimanda a tutto, ma che allo stesso tempo risulta innovativo e mai visto. Sopratutto il genere mecha viene utilizzato come pretesto per inoltrare nuove vicende come le storie d'amore, delle vicende scolastiche, oppure dei risvolti comici. Di questo filone si può citare Kannazukino Miko( id. ,2002) dove nella solita storia tra robottoni si instaura una rapporto amoroso tra le due protagoniste. Esemplare il caso di Furi Kuri (FLCL, 2001), prodotto dalla Gainax, che unisce generi più disparati per creare un mix irresistibile di stile e comicità. Il rappresentante di questo filone risulta Kōdo Giasu Hangyaku no Rurūshu (Code Geass: Hangyaku no Lelouch , 2006) prodotto dalla Sunrise composto da due parti, ha riscosso un successo quasi inaspettato, creando un vero e proprio cult. Il 10 agosto del 2010, il Grande Impero di Britannia sottomise il Giappone, distruggendo il suo esercito e conquistando ogni territorio grazie alle loro potenti armi robot, i Knightmare Frames. Il Giappone e il popolo giapponese persero cosi il proprio nome e furono da allora chiamati rispettivamente Area11 ed Eleven. Il protagonista è Lelouch, figlio dell'imperatore di Britannia, il ragazzo nutre un sentimento di disprezzo verso il padre colpevole di non aver difeso la moglie e la figlia durante un attentato. Un giorno durante un attacco terroristico si trova nell'Area 11 e qui incontra una misteriosa ragazza che gli dona il potere del Geass: uno strano stemma che induce le persone ad eseguire gli ordini di chi lo possiede. Con esso ha finalmente i mezzi necessari per sconfiggere la Britannia e soddisfare i suoi due desideri: vendicare la madre e costruire un mondo dove la sua amata sorella possa vivere felice. Iniziano così i sotterfugi di Lelouch che si crea un altra identità e con il nome di Zero si infila nell'esercito rivoluzionario per iniziare la sua personale vendetta. Questo anime mette sul campo concetti quali il razzismo, le differenze di classe, il potere e dal punto di vista del genere si può notare come, pur essendoci una forte dose di mecha, non sia facile definirne le caratteristiche, visto che si appoggia comunque su stilemi di altri generi (scolastico, sentimentale, guerra, poteri esp). Sicuramente il futuro del genere mecha passerà per questa ibridazione prima di trasformarsi nuovamente.


[ 6.3 ] Ritorno al passato

Un'altra tendenza molto forte è la ricomparsa di serie con i classici stilemi della scuola ortodossa. Come si era gia detto Go Nagai proprio con l'avvento del nuovo millennio riformula le proprie serie donandogli le caratteristiche delle serie contemporanee, però inevitabilmente opere come Getter Robot( id. ,1998), Majinkaizaa(Mazinkaiser, 2001) oppure Shin Getter robot( id. , 2005) risultano rivisitazioni nostalgiche a volte non del tutto convincenti. In questo filone di riciclo del passato si intromettono anche serie nuove come Godanner( id. , 2003) che riprende le caratteristiche fondamentali dei super-robot, creando sempre un senso nostalgico. All' interno di questo filone si intromette la migliore incarnazione del genere mecha nel nuovo millenio: Tengen Toppa Guren Ragan(Tengen Toppa Gurren Lagann, 2007), un altro anime prodotto dalla Gainax. La serie narra la storia di Simon un ragazzino che scava buchi sotto terra con una trivella. L'umanità vive in villaggi al di sotto della crosta terrestre e riesce a trovar cibo solo scavando nel sottosuolo. Un giovane di nome Kamina vorrebbe bucare il soffitto e uscire sulla superficie terrestre, ma i vecchi insistono sul fatto che non esiste nessuna superficie e che gli uomini sono sempre vissuti nel sottosuolo. Un giorno nel villaggio arriverà un grosso mecha a forma di testa gigante pilotato da un uomo bestia deciso ad uccidere tutto il villaggio; per fortuna interviene una ragazza della superficie ,Yoko, che grazie al suo fucile tiene impegnato il nemico. Simon ,che aveva appena scoperto una testa gigante nel sottosuolo, riuscirà ad attivarla e ad utilizzarla contro il mecha nemico distruggendolo ed uscendo per la prima volta dal sottosuolo. Inizierà così la loro avventura contro gli uomini bestia dominatori della superficie per ridare dignità al genere umano rinchiuso sotto terra. In questo serial si recuperano tutte le tendenze che hanno definito le caratteristiche della scuola ortodossa, dall'innaturale capacità del pilota di comandare il robot, fino al balletto finale con colpo devastante per uccidere il nemico. Se da un certo punto di vista sembra un vero e proprio clone delle serie passate dal lato linguistico invece è innovativo e crea continui rimandi grafici alle serie del passato con linee cinetiche molto marcate e animazione in vecchio stile creando un linguaggio ibrido tra classico e contemporaneo.



Conclusioni

Come si è potuto notare in queste pagine, gli anime hanno un' importanza capillare nell'immaginario collettivo nipponico. Il genere mecha più di tutti gli altri rappresenta un vero tema centrale nella cultura giapponese, caratterizzata da un attrazione smisurata e da una imprecisata paura verso la tecnologia. I giapponesi conservano ancora un senso di puro feticismo verso la tecnologia e, in qualche modo, è ancora vivo dentro di loro quell’idea di uomo cablato che impregna gran parte della cultura giapponese contemporanea. Il genere mecha per questo motivo può essere visto in diversi modi:
- metafora sociologica abbastanza trasparente di un attualità dove l'elemento elettronico si fa sempre più piccolo e sempre più pregnante per l'uomo. Viviamo in una società di macchine sempre più intimamente associate a corpi organici, essi stessi denaturati e articolati attraverso la tecnologia. Visto sotto un certo punto di vista, le serie mecha non sono molto lontane da una reale visione di un futuro prossimo. Gli studiosi hanno coniato un termine, Cyborgian Society , con il quale si indicano tutte le nazioni assuefatte dal capitalismo multinazionale. La società cyborg è presente ovunque gli individui abbiano accesso all'interfaccia di quell' apparato che lega macchine-schermi-computer-modem-fax-satelliti-televisoni-cellulari. In queste società l'essere umano e avvolto da una meccanosfera che estende e potenzia le attività senso-motorie umane creando un essere cablato con il resto del mondo.
- metafora psicologica in cui il mecha rappresenta uno scontro edipico tipico della cultura mondiale. Lasciando da parte tutte le interpretazioni falliche che secondo il mio punto di vista risultano eccessive, si può riscontrare nel genere mecha un forte contrasto o assenza dei genitori, i quali vengono completamente rimpiazzati dal robot di turno. Come dice Freud, il bambino ad una certa età si accorge che i genitori non sono la figura idealizzata creduta in precedenza e, per questo motivo crea un meccanismo per cui cerca di sostituire l'idea prosaica dei genitori con altro, molto spesso di rango sociale più elevato. Questa sensazione è ancora più forte in Giappone dove, per cultura, solo all'età infantile è accettata la totale libertà, mentre appena superata questa età (già alle elementari) il bambino è ricoperto di responsabilità e obblighi che lo portano ad avere uno scontro molto forte sia con la realtà che, soprattutto, con i genitori. I robot quindi non sono altro che questo scontro edipico tra genitore e figlio visto sotto un ottica tecnofoba.
- metafora storica evidente, dove I semplici mecha sono visti come una metafora di una tecnologizzazione forzata in contrasto con la spiritualità classica nipponica. Ed è proprio grazie al primo “body-building” nazionale datato 1853 che i giapponesi costruiscono dentro di se quella paura/attrazione fortissima verso una ricostruzione e rinforzamento del corpo. Inizialmente tramite la medicina e le usanze occidentali, successivamente verso una tecnologia che cabla il corpo e lo potenzia come protesi. Anche in questa metafora si può ricoprire a pieno tutte le tematiche del genere mecha che si rifanno pienamente allo slogan storico wakon-yosai spirito giapponese e corpo occidentale.

Probabilmente servirebbe a tutti rivedere e apprezzare nuovamente le serie che ci hanno accompagnato quando eravamo piccoli per indagare sui messaggi più profondi che l’ animazione nipponica riesce a proporre. Anche la critica dovrebbe in qualche modo aprire gli occhi e iniziare a intraprendere un discorso più serio su una bistratta animazione giapponese, che è tuttora la numero uno al mondo.



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