Sta per giungere a termine la lunga e travagliata vicenda giudiziale che ha visto protagonista Chris Handley, trentottenne americano dello Iowa che nel 2006 venne arrestato per possesso di fumetti giudicati “materiale osceno”.

Stando alle ultime indiscrezioni, il 25 gennaio sarà pronunciata la sentenza, un verdetto che potrebbe comportare fino a 15 anni di carcere e una multa di 250.000 dollari. Già lo scorso 30 luglio la Corte Federale aveva disposto la distruzione dei due computer e del materiale cartaceo sequestrati presso l’abitazione dell’uomo.

L’intera vicenda ebbe inizio nel maggio del 2006, quando Handley venne accusato di possesso di materiale osceno (circa 1200 manga tra i quali qualche titolo di genere lolicon e un centinaio di video tra DVD e VHS) ricevuto in parte tramite posta.

I lolicon (termine che in Giappone viene usato per descrivere l’attrazione per delle giovani ragazze) sono stati spesso associati alla pornografia minorile, venendo di fatto vietati in diversi stati del mondo. In Australia, Canada, Nuova Zelanda, Norvegia, Sud Africa e Svezia è difatti illegale il commercio, la distribuzione e il possesso, ma questa era la prima volta che qualcuno veniva perseguito a norma di legge per essere in possesso di una collezione di fumetti.

In particolare, a Handley venne contestato il possesso “di libri contenenti rappresentazioni visive di abusi su minorenni, in special modo manga giapponesi raffiguranti ragazze abusate sessualmente da uomini adulti e animali”.

Parte dei capi d’imputazione originali sono tuttavia venuti meno nel corso del processo, poiché la corte distrettuale dello Iowa, investita del caso e presieduta dal giudice James E. Gritzner, ha ritenuto di dover statuire l’incostituzionalità di alcune disposizioni contenute nel Protect Act del 2003, legge americana il cui intento è quello di prevenire gli abusi sui minori .

Il Prosecutorial Remedies and Other Tools to end the Exploitation of Children Today Act è stato infatti promulgato nel 2003 con l’obiettivo di precorrere e sanzionare gli abusi sui più piccoli: parte integrante della legge è il divieto esplicito concernente le rappresentazioni visive di pornografia minorile, comprese le immagini generate tramite computer, un fenomeno noto come pedo-pornografia virtuale.

Già in passato sono state attuate disposizioni analoghe che, tuttavia, hanno avuto il divieto della Corte Suprema nel 2002 per vizio di costituzionalità; per ovviare a questo, il testo del 2003 ha introdotto il requisito del test di Miller, sorta di prova adottata nelle aule di tribunale americane per determinare l’effettiva presenza di espressioni oscene da censurare.

Nonostante la presa di posizione della corte, Handley è stato comunque costretto a fronteggiare i capi d’imputazione principali, per i quali la sua difesa ha deciso di negoziare una dichiarazione di colpevolezza al fine di ottenere una pena più leggera. In conseguenza di ciò, lo scorso maggio l’uomo si è dichiarato colpevole in relazione al Titolo 18 dello United States Code, Sezione 1466° (b)(1), che vieta il possesso di qualsiasi rappresentazione visiva, tra cui disegni, fumetti, sculture o dipinti, raffiguranti minori impegnati in atti sessualmente espliciti e da considerarsi osceni. In aggiunta ha contestualmente accettato di rinunciare alla proprietà di tutti i beni sequestrati.

La condanna di Handley, però, non sarà la prima. Nel dicembre del 2008, infatti, è stata confermata la pena inflitta a Dwight Whorley per la violazione delle norme contenute nel Protect Act inerenti la pedopornografia virtuale (in realtà erano state trovate in possesso dell'uomo anche immagini pedopornografiche reali). Una sentenza che, comunque, non ha mancato di destare qualche dubbio, poiché in aperta contraddizione con un precedente orientamento della Corte Suprema, che aveva dichiarato il fenomeno coperto dalla libertà di espressione.