Ottavo appuntamento con la rubrica mensile atta a presentare i migliori anime degli ultimi anni secondo l'utenza di AnimeClick.it. Ogni notizia prenderà in esame un'annata dell'ultima decade a partire dal 2009 (per il 2010 invece è ancora troppo presto, è necessario far passare del tempo in modo da far accumulare un numero sufficiente di recensioni). A corredo della classifica dei primi 30 titoli verrà presentata una rassegna di recensioni di alcuni dei titoli della classifica, partendo dalle prime tre posizioni del podio e poi a scalare, cercando di evitare i grandi blockbuster che non hanno certo bisogno di pubblicità. In chiusura d'articolo verranno infine presentate brevemente le recensioni apparse in vetrina ad opera dello staff del sito.
Buona lettura!
* 12° posto assoluto
>>Tutti gli anime del 2002<<
- LE NOSTRE RECENSIONI
Recensione: Haibane Renmei - Ali Grigie (Zelgadis)
Buona lettura!
1 | Haibane renmei* | 9,117 |
2 | Princess Tutu | 8,688 |
3 | Gundam Seed | 8,632 |
4 | Kigeki | 8,545 |
5 | Azumanga Daioh | 8,259 |
6 | .hack//Sign | 8,212 |
7 | InuYasha - il Castello al di là dello Specchio | 8,143 |
8 | Chobits | 8,102 |
9 | Full Moon wo Sagashite | 8,100 |
10 | Macross Zero | 8,091 |
11 | Hungry Heart - Wild Striker | 8,087 |
12 | Ghost in the Shell - Stand Alone Complex | 7,897 |
13 | La voce delle stelle | 7,879 |
14 | Detective Conan: Il fantasma di Baker Street | 7,875 |
15 | Capitan Harlock - The Endless Odyssey | 7,800 |
16 | I Cavalieri dello Zodiaco - Hades Chapter - Sanctuary | 7,767 |
16 | RahXephon | 7,667 |
18 | Chibits | 7,636 |
19 | Pokemon Chronicles | 7,600 |
19 | Tenchi Muyo! GXP | 7,600 |
19 | The Prince of Tennis - A Day of the Survival Mountain | 7,600 |
22 | Mirmo | 7,583 |
23 | Lei, l'Arma Finale | 7,571 |
23 | Kanon | 7,571 |
25 | Full Metal Panic! | 7,517 |
26 | Patlabor WXIII | 7,429 |
26 | Please Teacher! | 7,429 |
* 12° posto assoluto
Haibane renmei
9.0/10
Utente5795
-
"Haibane Renmei" ("La federazione delle piume cineree") è uno di quei titoli, ormai più unici che rari, che sanno emozionare e far riflettere senza infangarsi in strutture omologate e linguaggio mainstream: ci troviamo quindi di fronte ad una serie un po' particolare e non tanto commerciale, ma che ogni appassionato di anime non dovrebbe perdersi.
L'ideatore di tutto è Yoshitoshi ABe, che aveva già realizzato col regista Rytaro Nakamura l'alienante "Serial Experiments Lain". Esattamente come in quest'ultima serie, in "Haibane Renmei" viene ripreso il tema del rapporto tra l'essere umano e la realtà in cui si trova, presentato però in modo più consapevole e meditato che in Lain: il suo difetto principale infatti era, a mio avviso, quello di considerarsi una serie portatrice di temi gravosi e complessi senza però badare all'intreccio e al ritmo, risultando così un prodotto veramente pesante da digerire. In "Haibane" invece la trama e la caratterizzazione dei personaggi sono sempre delineate con attenzione, riuscendo così ad essere un cartone maturo e allo stesso tempo appassionante. Non c'è un genere preciso che possa definire questo lavoro, ma in linea di massima lo si può considerare una fusione tra il fantasy e lo slice of life, con numerosi risvolti psicologici.
ABe oltre ad ideare il soggetto ha anche steso la sceneggiatura, facendo un lavoro sopraffino, in quanto è riuscito ad essere profondo e completo lasciando però alcuni particolari senza risposta: chi sono gli Haibane? Da dove vengono? Perché non possono uscire dalle mura della città? Spetta allo spettatore fare suggestioni su questi aspetti lasciati oscuri; per il resto le vicende personali delle protagoniste sono esaustive ed approfondite. Il tutto senza ricorrere ad orpelli come scene d'azione scatenata, momenti di delirio mentale e roba varia, per un risultato serio e realistico, spesso intimista ed emozionale: non si può rimanere incantati dalla storia della piccola Rakka che cerca di comprendere il perchè della sua rinascita come Haibane, e allo stesso tempo cerca di salvare l' ormai disillusa compagna Reki.
Altro punto a favore è il comparto grafico che, pur senza essere eccessivamente tecnico, risulta molto più curato e preciso che in Lain, che era disegnato invece in maniera sgradevolmente minimale: le animazioni sono sufficientemente fluide e il character desing di ABe è pulito e molto equilibrato. Sono rimasto positivamente colpito anche dalla colonna sonora, veramente stupenda, sia nelle sigle (soprattutto nell'opening) che nei brani di accompagnamento.
È una di quelle serie che può sembrare strana e poco interessante a prima vista, ma che in realtà coinvolge subito e trasporta fino alla fine, lasciando veramente qualcosa nell'animo dello spettatore. In una parola, "Haibane Renmei" è già un classico.
L'ideatore di tutto è Yoshitoshi ABe, che aveva già realizzato col regista Rytaro Nakamura l'alienante "Serial Experiments Lain". Esattamente come in quest'ultima serie, in "Haibane Renmei" viene ripreso il tema del rapporto tra l'essere umano e la realtà in cui si trova, presentato però in modo più consapevole e meditato che in Lain: il suo difetto principale infatti era, a mio avviso, quello di considerarsi una serie portatrice di temi gravosi e complessi senza però badare all'intreccio e al ritmo, risultando così un prodotto veramente pesante da digerire. In "Haibane" invece la trama e la caratterizzazione dei personaggi sono sempre delineate con attenzione, riuscendo così ad essere un cartone maturo e allo stesso tempo appassionante. Non c'è un genere preciso che possa definire questo lavoro, ma in linea di massima lo si può considerare una fusione tra il fantasy e lo slice of life, con numerosi risvolti psicologici.
ABe oltre ad ideare il soggetto ha anche steso la sceneggiatura, facendo un lavoro sopraffino, in quanto è riuscito ad essere profondo e completo lasciando però alcuni particolari senza risposta: chi sono gli Haibane? Da dove vengono? Perché non possono uscire dalle mura della città? Spetta allo spettatore fare suggestioni su questi aspetti lasciati oscuri; per il resto le vicende personali delle protagoniste sono esaustive ed approfondite. Il tutto senza ricorrere ad orpelli come scene d'azione scatenata, momenti di delirio mentale e roba varia, per un risultato serio e realistico, spesso intimista ed emozionale: non si può rimanere incantati dalla storia della piccola Rakka che cerca di comprendere il perchè della sua rinascita come Haibane, e allo stesso tempo cerca di salvare l' ormai disillusa compagna Reki.
Altro punto a favore è il comparto grafico che, pur senza essere eccessivamente tecnico, risulta molto più curato e preciso che in Lain, che era disegnato invece in maniera sgradevolmente minimale: le animazioni sono sufficientemente fluide e il character desing di ABe è pulito e molto equilibrato. Sono rimasto positivamente colpito anche dalla colonna sonora, veramente stupenda, sia nelle sigle (soprattutto nell'opening) che nei brani di accompagnamento.
È una di quelle serie che può sembrare strana e poco interessante a prima vista, ma che in realtà coinvolge subito e trasporta fino alla fine, lasciando veramente qualcosa nell'animo dello spettatore. In una parola, "Haibane Renmei" è già un classico.
Princess Tutu
10.0/10
A prima vista quest'anime, con il suo tratto cosiddetto "kawai" o "puccioso" nel linguaggio comune dei forum a tema anime/manga, trae in inganno, sembrando una graziosa favoletta per bimbe. Niente di più sbagliato, è davvero difficile definire questo capolavoro.
La storia si ispira alla fiaba "Il Principe e il Corvo", e racconta dell'epica lotta tra il Principe Mytho contro il malvagio Corvo. Per vincere il principe ricorre ad una magia proibita, arrivando a strapparsi il cuore, che finisce in mille pezzi che imprigioneranno il Corvo sotto la città. Privato del suo cuore, il principe sarà destinato a vagare senza meta e senza personalità, ma un giorno, mentre danza nei pressi di un lago lo vede una piccola papera, Ahiru, che, colpita dai suoi occhi tristi, se ne innamora al punto da desiderare di diventare un'umana per aiutarlo a recuperare i sentimenti perduti.
Un misterioso personaggio, Drosselmeyer, le dona perciò un medaglione, grazie al quale Ahiru può realizzare il suo desiderio e diventare una fanciulla, Ahiru. Inoltre, in caso di necessità, può trasformarsi nella principessa Tutù, capace di recuperare i vari frammenti del cuore di Mytho. Ma ricomporre il cuore del principe significa anche rischiare di liberare il re Corvo, che intanto trama vendetta. Perciò Drosselmeyer avrà aiutato davvero Ahiru soltanto per bontà d'animo? A quanto pare anche l'interazione di Ahiru e Mytho con i loro compagni di corso e dell'accademia di danza, la bella e sofisticata Rue e il tenebroso e tormentato Fakir, non avviene per caso, e nell'ambito del collegio, se non della città, tutti agiscono come se fossero manovrati da qualcuno come marionette.
Insomma, Princess Tutu è un fantasy romantico e avvincente, con personaggi misteriosi e magistralmente caratterizzati, il tutto immerso nel mondo dei balletti classici, perché ogni episodio è ispirato a uno di essi, avendone la musica come colonna sonora. Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni, Romeo e Giulietta, Coppelia, e tanti altri, ogni volta si è totalmente catapultati in un mondo diverso, magico, imprevedibile.
Lo stile di disegno infantile a cui ho accennato all'inizio è gradevole, lo trovo adatto alla storia, e anche il doppiaggio mi piace, mi pare che ogni voce sia perfetta per il personaggio a cui appartiene.
E la colonna sonora, inutile dirlo, a mio avviso è meravigliosa. Insomma, concordo con chi dice che Princess Tutu è arte allo stato puro.
Princess Tutu è un anime da vedere e rivedere, che appassiona, commuove, e ogni tanto diverte. Lo considero uno dei più belli che abbia mai visto, unico nel suo genere. Il mio voto ovviamente è 10!
La storia si ispira alla fiaba "Il Principe e il Corvo", e racconta dell'epica lotta tra il Principe Mytho contro il malvagio Corvo. Per vincere il principe ricorre ad una magia proibita, arrivando a strapparsi il cuore, che finisce in mille pezzi che imprigioneranno il Corvo sotto la città. Privato del suo cuore, il principe sarà destinato a vagare senza meta e senza personalità, ma un giorno, mentre danza nei pressi di un lago lo vede una piccola papera, Ahiru, che, colpita dai suoi occhi tristi, se ne innamora al punto da desiderare di diventare un'umana per aiutarlo a recuperare i sentimenti perduti.
Un misterioso personaggio, Drosselmeyer, le dona perciò un medaglione, grazie al quale Ahiru può realizzare il suo desiderio e diventare una fanciulla, Ahiru. Inoltre, in caso di necessità, può trasformarsi nella principessa Tutù, capace di recuperare i vari frammenti del cuore di Mytho. Ma ricomporre il cuore del principe significa anche rischiare di liberare il re Corvo, che intanto trama vendetta. Perciò Drosselmeyer avrà aiutato davvero Ahiru soltanto per bontà d'animo? A quanto pare anche l'interazione di Ahiru e Mytho con i loro compagni di corso e dell'accademia di danza, la bella e sofisticata Rue e il tenebroso e tormentato Fakir, non avviene per caso, e nell'ambito del collegio, se non della città, tutti agiscono come se fossero manovrati da qualcuno come marionette.
Insomma, Princess Tutu è un fantasy romantico e avvincente, con personaggi misteriosi e magistralmente caratterizzati, il tutto immerso nel mondo dei balletti classici, perché ogni episodio è ispirato a uno di essi, avendone la musica come colonna sonora. Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni, Romeo e Giulietta, Coppelia, e tanti altri, ogni volta si è totalmente catapultati in un mondo diverso, magico, imprevedibile.
Lo stile di disegno infantile a cui ho accennato all'inizio è gradevole, lo trovo adatto alla storia, e anche il doppiaggio mi piace, mi pare che ogni voce sia perfetta per il personaggio a cui appartiene.
E la colonna sonora, inutile dirlo, a mio avviso è meravigliosa. Insomma, concordo con chi dice che Princess Tutu è arte allo stato puro.
Princess Tutu è un anime da vedere e rivedere, che appassiona, commuove, e ogni tanto diverte. Lo considero uno dei più belli che abbia mai visto, unico nel suo genere. Il mio voto ovviamente è 10!
Mobile Suit Gundam SEED
9.0/10
Spider
-
Nato per essere il "Gundam del Nuovo Millennio", Gundam Seed si pone tra i maggiori fenomeni nell'ambito dell'animazione giapponese degli ultimi 10 anni.
La serie inizia in modo lento, forse un po' scontato, perchè riprende le situazioni dell'originale Gundam sembrandone quasi un remake in chiave hi-tech. Ritroviamo quindi il concept del ragazzo esperto di computer che si trova improvvisamente a bordo del nuovo modello per essere catapultato insieme ai suoi amici in una guerra di cui non comprende il significato.
Ma dopo una decina di episodi, la svolta che ridefinisce questa serie in modo radicale. Senza stravolgere le idee che stanno alla base del "brand Gundam" (in primis, il pacifismo che Tomino manifestava dalla prima saga da lui ideata), assistiamo ad un evolversi continuo dela storia e dei personaggi, che, pur sapientemente caratterizzati, ci sorprendono ogni episodio uscendo dagli schemi, con repentini cambi di fronte, diserzioni, tradimenti, amori inattesi.
Da metà serie poi, il senso di morte che incombe si fa sempre più opprimente. Nessun personaggio è al sicuro e le morti di figure più o meno importanti si susseguono. Chi si affeziona ad un protagonista tremerà ogni qual volta lo vedrà entrare in battaglia, nel timore che possa morire da un momento all'altro.
Le grandi emozioni sono enfatizzate da una colonna sonora magistrale, con numerose insert song, belle quanto i temi di apertura e chiusura, autentici successi del J-Pop che variano ogni 10 episodi.
Animazioni di alto livello, seppure si ecceda con le scene "riciclate", soprattutto durante i combattimenti.
Il mecha design è sicuramente tra i migliori mai realizzati in una serie di Gundam.
Gundam Seed è un anime talmente appasionante, talmente coinvolgente, che può piacere a chiunque, non solo agli appassionati di Gundam o di robot in generale.
La serie inizia in modo lento, forse un po' scontato, perchè riprende le situazioni dell'originale Gundam sembrandone quasi un remake in chiave hi-tech. Ritroviamo quindi il concept del ragazzo esperto di computer che si trova improvvisamente a bordo del nuovo modello per essere catapultato insieme ai suoi amici in una guerra di cui non comprende il significato.
Ma dopo una decina di episodi, la svolta che ridefinisce questa serie in modo radicale. Senza stravolgere le idee che stanno alla base del "brand Gundam" (in primis, il pacifismo che Tomino manifestava dalla prima saga da lui ideata), assistiamo ad un evolversi continuo dela storia e dei personaggi, che, pur sapientemente caratterizzati, ci sorprendono ogni episodio uscendo dagli schemi, con repentini cambi di fronte, diserzioni, tradimenti, amori inattesi.
Da metà serie poi, il senso di morte che incombe si fa sempre più opprimente. Nessun personaggio è al sicuro e le morti di figure più o meno importanti si susseguono. Chi si affeziona ad un protagonista tremerà ogni qual volta lo vedrà entrare in battaglia, nel timore che possa morire da un momento all'altro.
Le grandi emozioni sono enfatizzate da una colonna sonora magistrale, con numerose insert song, belle quanto i temi di apertura e chiusura, autentici successi del J-Pop che variano ogni 10 episodi.
Animazioni di alto livello, seppure si ecceda con le scene "riciclate", soprattutto durante i combattimenti.
Il mecha design è sicuramente tra i migliori mai realizzati in una serie di Gundam.
Gundam Seed è un anime talmente appasionante, talmente coinvolgente, che può piacere a chiunque, non solo agli appassionati di Gundam o di robot in generale.
Kigeki
8.0/10
Kigeki, che in giapponese significa "commedia", è una piccola perla, un cortometraggio di appena 10 minuti magistralmente diretto da Kazuto Nakazawa.
Il corto, ambientato in Irlanda durante la guerra d'indipendenza, narra la vicenda di una bambina che, per cercare di salvare il suo villaggio dall'imminente attacco inglese, corre attraverso una tetra e fitta foresta per chiedere aiuto al cavaliere che si dice dimori in un castello li vicino.
La particolarità che connota il cavaliere è che per pagamento dei suoi servigi egli richieda non denaro, ma soltanto un libro di un determinato genere. Il cavaliere, quindi, accettando la richiesta della bambina le presterà il suo aiuto.
Prima di vedere Kigeki non pensavo che un prodotto di animazione si potesse trasformare in poesia, in pura arte. Inutile addentrarsi in critiche per sviscerare e analizzare i contenuti dell'opera, ciò costituirebbe solo un ostacolo alla sua completa fruizione. Kigeki non è un qualcosa sul quale si possa ragionare, si deve sentire, è un'esperienza.
Si potrebbe paragonare a una novella gotica, una fiaba dai tratti cavallereschi tipicamente occidentali che trova immedesimazione in riflessioni proprie del romanticismo.
Il soave sottofondo musicale, consistente nell'Ave Maria di Schubert, accompagna alla perfezione l'atmosfera caratterizzata da tinte fosche e oscure, giocata su una dicotomia di nero e bianco, un contrasto d'effetto che cattura l'attenzione e trasporta la fantasia dello spettatore fino a una perfetta immedesimazione. Kigeki è un'opera di pura poesia, in cui si avvertono, come sospese, delle riflessioni, lasciate incompiute, quasi ad appannaggio di chi guarda. Il corto è un perfetto connubio tra fiaba e leggenda, con riflessi simbolistici interessanti e misteriosi, un'opera dolce, intensa, intimista.
La regia è superba, così come l'animazione, tanto statica nella prima metà, quanto dinamica e frizzante nella seconda dove si assite ad un tripudio di sangue e violenza.
Le chiavi d'interpretazione sono molteplici, lo si può considerare semplicemente come una bella storia o anche apprezzarne le allusioni simbolistiche all'ignoto, al potere della cultura e della fantasia. Indiscutibile che si tratti di un Anime che guadagna meritatamente un suo posto tra quelli da ricordare con soddisfazione e meraviglia.
Non penso che si possa effettivamende dare un voto ad un'opera come questa, se non altro perchè è difficile da poter valutare criticamente, in quanto il suo fascino deriva più dalla sensibilità di chi guarda. In ogni modo l'aspetto tecnico è pressochè perfetto, una struttura ottimamente confezionata. L'ambientazione a tratti ricorda ICO anche nelle figure dei personaggi, e il tutto è reso con una poesia e delicatezza commoventi. Nonostante ciò non penso si possa ritenere un capolavoro ma soltato un'opera di squisita fattura. Per questo motivo il voto è 7.5.
Il corto, ambientato in Irlanda durante la guerra d'indipendenza, narra la vicenda di una bambina che, per cercare di salvare il suo villaggio dall'imminente attacco inglese, corre attraverso una tetra e fitta foresta per chiedere aiuto al cavaliere che si dice dimori in un castello li vicino.
La particolarità che connota il cavaliere è che per pagamento dei suoi servigi egli richieda non denaro, ma soltanto un libro di un determinato genere. Il cavaliere, quindi, accettando la richiesta della bambina le presterà il suo aiuto.
Prima di vedere Kigeki non pensavo che un prodotto di animazione si potesse trasformare in poesia, in pura arte. Inutile addentrarsi in critiche per sviscerare e analizzare i contenuti dell'opera, ciò costituirebbe solo un ostacolo alla sua completa fruizione. Kigeki non è un qualcosa sul quale si possa ragionare, si deve sentire, è un'esperienza.
Si potrebbe paragonare a una novella gotica, una fiaba dai tratti cavallereschi tipicamente occidentali che trova immedesimazione in riflessioni proprie del romanticismo.
Il soave sottofondo musicale, consistente nell'Ave Maria di Schubert, accompagna alla perfezione l'atmosfera caratterizzata da tinte fosche e oscure, giocata su una dicotomia di nero e bianco, un contrasto d'effetto che cattura l'attenzione e trasporta la fantasia dello spettatore fino a una perfetta immedesimazione. Kigeki è un'opera di pura poesia, in cui si avvertono, come sospese, delle riflessioni, lasciate incompiute, quasi ad appannaggio di chi guarda. Il corto è un perfetto connubio tra fiaba e leggenda, con riflessi simbolistici interessanti e misteriosi, un'opera dolce, intensa, intimista.
La regia è superba, così come l'animazione, tanto statica nella prima metà, quanto dinamica e frizzante nella seconda dove si assite ad un tripudio di sangue e violenza.
Le chiavi d'interpretazione sono molteplici, lo si può considerare semplicemente come una bella storia o anche apprezzarne le allusioni simbolistiche all'ignoto, al potere della cultura e della fantasia. Indiscutibile che si tratti di un Anime che guadagna meritatamente un suo posto tra quelli da ricordare con soddisfazione e meraviglia.
Non penso che si possa effettivamende dare un voto ad un'opera come questa, se non altro perchè è difficile da poter valutare criticamente, in quanto il suo fascino deriva più dalla sensibilità di chi guarda. In ogni modo l'aspetto tecnico è pressochè perfetto, una struttura ottimamente confezionata. L'ambientazione a tratti ricorda ICO anche nelle figure dei personaggi, e il tutto è reso con una poesia e delicatezza commoventi. Nonostante ciò non penso si possa ritenere un capolavoro ma soltato un'opera di squisita fattura. Per questo motivo il voto è 7.5.
Azumanga Daioh
8.0/10
Recensione di Metaldevilgear
-
Azumanga Daioh è un anime particolare. Al solo sentirne parlare potrebbe sembrare la classica commedia scolastica giapponese, e quindi ricca dei clichè umoristici, a volte sfiancanti, di un genere d'animazione che con difficoltà và rinnovandosi. L'eccezione alla regola è rappresentata egregiamente da quest'opera, che con pochi stratagemmi estremamente efficaci, non trova minima difficoltà a raffigurare una comicità contemporaneamente semplice e innovativa.
Il divertimento nasce dalle avventure di un gruppo di ragazze all'apparenza normalissime, alle prese con le vicende scolastiche.
Una trama inoffensiva, ciò è fuori discussione, ma il discorso prende una piega diversa se analizziamo meglio i protagonisti e le loro azioni, mi spiego: una bimba prodigio promossa dalle scuole elementari alle superiori in un sol colpo; una slanciata ragazza di poche parole con l'ossessione per i gatti; una prof. d'inglese che non sembra abbia molta voglia di lavorare, bensì divertirsi; un professore dal carattere ambiguo e dagli atteggiamenti scomodi, soprattutto nei paraggi di studentesse...questi ed altri sono personaggi che difficilmente si trovano altrove, soprattutto per i modi di porsi e di pensare, che, la maggior parte delle volte, tendono a concretizzarsi nell'assurdo pur rientrando in situazioni che hanno sempre a che fare con il quotidiano.
Le gag di Azumanga Daioh sono alquanto singolari, inserite intelligentemente nel contesto, e si basano in prevalenza sul dialogo. Senza mai provocare sorrisi forzati, le battute procedono a ritmi a volte bruschi, a volte blandi, con l'aggiunta di estrosi aneddoti quali: lunghe pause di silenzio in successione ad esclamazioni particolarmente nonsense; ripetizione rintronante di determinate frasi, parole o azioni (raramente sensate); osservazione di ragionamenti illogici o ancor peggio (o meglio?) per nulla inerenti ai discorsi trattati...
Grazie a queste peculiarità, soprattutto anche ad un'animazione che ne esalta le buffe caratteristiche con le immancabili deformazioni del disegno e a una cornice musicale assolutamente appropriata, la storia si fa apprezzare con regolarità fino alla fine e sprigiona una certa armonia, nonostante, bisogna riconoscerlo, molti eventi manifestino col tempo una certa ripetitività.
Insomma, il mio giudizio complessivo resta infine più che positivo: Azumanga Daioh non ha deluso le mie aspettative (alimentate, inizialmente, dall'opening, che mi faceva ben sperare in qualcosa di eccentrico), anzi, le ha ripagate alla grande, donandomi, con la simpatia di questo incredibile gruppo di protagoniste, una considerevole occasione di svago.
Da inserire tra i passatempi preferiti!
Il divertimento nasce dalle avventure di un gruppo di ragazze all'apparenza normalissime, alle prese con le vicende scolastiche.
Una trama inoffensiva, ciò è fuori discussione, ma il discorso prende una piega diversa se analizziamo meglio i protagonisti e le loro azioni, mi spiego: una bimba prodigio promossa dalle scuole elementari alle superiori in un sol colpo; una slanciata ragazza di poche parole con l'ossessione per i gatti; una prof. d'inglese che non sembra abbia molta voglia di lavorare, bensì divertirsi; un professore dal carattere ambiguo e dagli atteggiamenti scomodi, soprattutto nei paraggi di studentesse...questi ed altri sono personaggi che difficilmente si trovano altrove, soprattutto per i modi di porsi e di pensare, che, la maggior parte delle volte, tendono a concretizzarsi nell'assurdo pur rientrando in situazioni che hanno sempre a che fare con il quotidiano.
Le gag di Azumanga Daioh sono alquanto singolari, inserite intelligentemente nel contesto, e si basano in prevalenza sul dialogo. Senza mai provocare sorrisi forzati, le battute procedono a ritmi a volte bruschi, a volte blandi, con l'aggiunta di estrosi aneddoti quali: lunghe pause di silenzio in successione ad esclamazioni particolarmente nonsense; ripetizione rintronante di determinate frasi, parole o azioni (raramente sensate); osservazione di ragionamenti illogici o ancor peggio (o meglio?) per nulla inerenti ai discorsi trattati...
Grazie a queste peculiarità, soprattutto anche ad un'animazione che ne esalta le buffe caratteristiche con le immancabili deformazioni del disegno e a una cornice musicale assolutamente appropriata, la storia si fa apprezzare con regolarità fino alla fine e sprigiona una certa armonia, nonostante, bisogna riconoscerlo, molti eventi manifestino col tempo una certa ripetitività.
Insomma, il mio giudizio complessivo resta infine più che positivo: Azumanga Daioh non ha deluso le mie aspettative (alimentate, inizialmente, dall'opening, che mi faceva ben sperare in qualcosa di eccentrico), anzi, le ha ripagate alla grande, donandomi, con la simpatia di questo incredibile gruppo di protagoniste, una considerevole occasione di svago.
Da inserire tra i passatempi preferiti!
.hack//Sign
10.0/10
Solaris
-
Hack//Sign è un'opera come si deve nel panorama ormai troppo massificato degli Anime moderni
Un'opera grandiosa, tanto da meritare a pieno titolo la palma di "Opera Multimendiale".
Tanto per intenderci, le storie di Hack, infatti vengono narrate in serie animate, videogames e manga, e l'utente può meglio immedesimarsi nel complesso universo del videogioco "The World".
The World è un vero e proprio universo parallelo, virtuale. Milioni di persone lo "abitano" ogni giorno. Molteplici sono le storie narrate in Hack, tante quanti gli utenti della rete, incluso te. Anche tu puoi far parte di The world, basta che ti compri il videogame e inizi a giocare! ;)
Ma perchè le persone giocano a The World, per divertimento? Sicuro ma non solo, c'è chi nel gioco cerca una vita che non ha mai avuto, chi cerca sogni, chi vuol scappare dalla realtà, chi cerca un amico e chi troverà l'amore, proprio come in rete oggi giorno, proprio come se il gioco fosse una realtà surrogata, ideale.
Ma c'è anche chi da quel sogno non può svegliarsi! Il Mago Tsukasa non riesce ad uscire dal gioco... un controsenso.. basterebbe spegnere il computer... ma non riesce ad uscire, come fosse stato risucchiato con tutta l'anima in The World! Inoltre fatti strani stanno accadendo in rete, mostri stranamente invincibili, messaggi criptici sul forum del gioco, locazioni segrete alle quali nessuno può accedere...e un oggetto dall'emblematico nome "La Chiave del Tramonto" ce molti cercano e nessuno ha mai trovato, la cui esistenza stessa è dubbia, un ogetto in grado di stravolgere le regole di The World
Mille misteri che un gruppo di persone, conosciutosi per caso in rete, tenterà di svelare.
Chi si aspetta una serie di pura azione resterà in parte deluso. Hack è una serie riflessiva e adulta, sacrifica spesso l'azione alla caratterizzazione dei persoaggi e al rapporto fra gli stessi e con la realtà virtuale. In fondo lo scopo finale del gioco non è il gioco in se, ma il perchè si gioca e il modo di relazionare se stessi nella realtà virtuale!
Ed è qui il bello della serie. Chi ha giocato a qualche gioco di ruolo, guardando questa serie, rifletta un attimo al modo col quale giocava, più che a cosa giocava. Riconoscerà di sicuro molti stereotipi dei giocatori in rete: Il killer, il cui scopo è solo quelo di far casino, Il maniaco del'ordine, ligio ale regole fino al ridicolo, chi si deverte solo, i principiante e tutte le figure del caso..
bello bello quest'anime è da vedere! Ma che fai qui ancora a leggere questa recensione!?! Corri a comprartelo, de corsa!! il gioco è già sugli scaffali e il primo DVD della serie lo sarà tra breve!
PS: Ah, pure la colonna sonora.. è da PAURA!!
Un'opera grandiosa, tanto da meritare a pieno titolo la palma di "Opera Multimendiale".
Tanto per intenderci, le storie di Hack, infatti vengono narrate in serie animate, videogames e manga, e l'utente può meglio immedesimarsi nel complesso universo del videogioco "The World".
The World è un vero e proprio universo parallelo, virtuale. Milioni di persone lo "abitano" ogni giorno. Molteplici sono le storie narrate in Hack, tante quanti gli utenti della rete, incluso te. Anche tu puoi far parte di The world, basta che ti compri il videogame e inizi a giocare! ;)
Ma perchè le persone giocano a The World, per divertimento? Sicuro ma non solo, c'è chi nel gioco cerca una vita che non ha mai avuto, chi cerca sogni, chi vuol scappare dalla realtà, chi cerca un amico e chi troverà l'amore, proprio come in rete oggi giorno, proprio come se il gioco fosse una realtà surrogata, ideale.
Ma c'è anche chi da quel sogno non può svegliarsi! Il Mago Tsukasa non riesce ad uscire dal gioco... un controsenso.. basterebbe spegnere il computer... ma non riesce ad uscire, come fosse stato risucchiato con tutta l'anima in The World! Inoltre fatti strani stanno accadendo in rete, mostri stranamente invincibili, messaggi criptici sul forum del gioco, locazioni segrete alle quali nessuno può accedere...e un oggetto dall'emblematico nome "La Chiave del Tramonto" ce molti cercano e nessuno ha mai trovato, la cui esistenza stessa è dubbia, un ogetto in grado di stravolgere le regole di The World
Mille misteri che un gruppo di persone, conosciutosi per caso in rete, tenterà di svelare.
Chi si aspetta una serie di pura azione resterà in parte deluso. Hack è una serie riflessiva e adulta, sacrifica spesso l'azione alla caratterizzazione dei persoaggi e al rapporto fra gli stessi e con la realtà virtuale. In fondo lo scopo finale del gioco non è il gioco in se, ma il perchè si gioca e il modo di relazionare se stessi nella realtà virtuale!
Ed è qui il bello della serie. Chi ha giocato a qualche gioco di ruolo, guardando questa serie, rifletta un attimo al modo col quale giocava, più che a cosa giocava. Riconoscerà di sicuro molti stereotipi dei giocatori in rete: Il killer, il cui scopo è solo quelo di far casino, Il maniaco del'ordine, ligio ale regole fino al ridicolo, chi si deverte solo, i principiante e tutte le figure del caso..
bello bello quest'anime è da vedere! Ma che fai qui ancora a leggere questa recensione!?! Corri a comprartelo, de corsa!! il gioco è già sugli scaffali e il primo DVD della serie lo sarà tra breve!
PS: Ah, pure la colonna sonora.. è da PAURA!!
Macross Zero
10.0/10
Come sempre faccio quando parlo di anime riguardanti mecha e sci-fi premetto che non sono un vero e proprio amante del genere "mecha", anzi, adoro più le storie fantasy fantastiche o surreali, ma tutto di riduce a mere considerazioni quando ci si trova di fronte a prodotti che vengono esaltati da una trama eccezionale e indimenticabile, tanto da far passare gli elementi che delineano il genere di questa in secondo piano.
E' questo il caso di Macross Zero, una mini serie di 5 OAV semplicemente mozzafiato, che fanno parte del classico e mai intramontabile filone Macross, serie che fra l'altro non ho mai seguito con particolare interesse. Mi sono imbattuto per caso in giudizi estremamente positivi su questo anime, in vari forum e siti, e a quel punto mi sono incuriosito, mi sono procurato e infine letteralmente divorato i 5 episodi uno dietro l'altro, in lingua originale subbati ita, scoprendo un capolavoro insospettato.
La trama, come ho potuto constatare con piacere, è una sorta di storia fantascientifica dal sapore classico ma con elementi singolari e uno scenario originale, che porterà ad un climax notevole e intenso negli ultimi due episodi, specialmente nell'ultimo.
In un eventuale passato (1999), una vera e propria astronave extraterrestre naufraga sulla Terra, carica di misteri e tecnologie che fanno gola a tutte le potenze mondiali, e come eventuale che sia, scoppia una guerra di portata mondiale. Due anni dopo troviamo il protagonista della vicenda, un ragazzo pilota di aerei da guerra che in una concitata battaglia volante incontra un avversario che, con suo sommo stupore, tramuta il suo velivolo in una sorta di robot dalle sembianze umanoidi eliminando in un batter d'occhio la concorrenza.
Come gli appassionati della serie avranno notato, Macross Zero è un ritorno alle origini della saga: è praticamente il prequel di quel che sarà il vero Macross, in Italia conosciuto come Robotech. Si salverà per miracolo precipitando in alcune isole di uno sperduto arcipelago dell'oceano pacifico, cercando di rintracciare con qualche radio il suo quartier generale e avendo a che fare con le tribù del posto, gente che vive ancora immersa nella natura e priva della tecnologia moderna, e che crede a strane storie di creature misteriose che forse venerano come divinità, entità che proteggono la terra...
E' invece incredibile e meravigliosa la costruzione sia artistisca che della sceneggiatura in questi soli 5 OAV: nel giro di 150 minuti gli autori riescono a esprimere una storia bellissima, intensa, ricca di significati e riflessioni quanto mai odierne, come il maltrattamento della terra da parte dell'uomo e la sete di potere dei governi, la corsa agli armamenti e la sanguinosa carneficina che avviene per accaparrarsi questi bellici segreti extraterrestri. Già con queste premesse l'anime si è rivelerà una vera e propria sorpresa, ma tutto questo farà da sfondo ad una impossibile e tenerissima storia d'amore, dipingendo un quadro memorabile nel mondo dell'animazione giapponese, con un finale pirotecnico ricco d'azione e di ogni genere d'emozione.
E' raro trovarsi di fronte a capolavori del genere, e anche dal punto di vista puramente tecnico e artistico Macross Zero strabilia: animazioni a dir poco splendide, colori vivaci, chara design accattivante e piacevolissimo, per non parlare dei mirabolanti combattimenti aerei dei mecha aereo-robot, roba da far dimenticare anche le spericolatezze del prode Tom Cruise in Top Gun. la CG è davvero adoperata in modo eccelso e ogni scena dove viene adoperata è integrata perfettamente in scenari da favola, arcipelaghi polinesiani ed esotici, sfondi incontaminati di quel che sarà presto il luogo della scoperta di un incredibile - e terribile segreto.
Macross è apprezzabile per tanti punti di vista, è consigliato davvero a tutti, per chi ama il genere e anche per chi non sopporta i mecha. Dopo averlo visto ho capito che poco importano gli elementi che compongono questo anime: il risultato che ne scaturisce è un emozionante turbinio di eventi e colpi di scena, intrecciato a momenti di riflessione profonda e di grande dolcezza. Senza dubbio, un capolavoro adulto e maturo che consiglio assolutamente.
E' questo il caso di Macross Zero, una mini serie di 5 OAV semplicemente mozzafiato, che fanno parte del classico e mai intramontabile filone Macross, serie che fra l'altro non ho mai seguito con particolare interesse. Mi sono imbattuto per caso in giudizi estremamente positivi su questo anime, in vari forum e siti, e a quel punto mi sono incuriosito, mi sono procurato e infine letteralmente divorato i 5 episodi uno dietro l'altro, in lingua originale subbati ita, scoprendo un capolavoro insospettato.
La trama, come ho potuto constatare con piacere, è una sorta di storia fantascientifica dal sapore classico ma con elementi singolari e uno scenario originale, che porterà ad un climax notevole e intenso negli ultimi due episodi, specialmente nell'ultimo.
In un eventuale passato (1999), una vera e propria astronave extraterrestre naufraga sulla Terra, carica di misteri e tecnologie che fanno gola a tutte le potenze mondiali, e come eventuale che sia, scoppia una guerra di portata mondiale. Due anni dopo troviamo il protagonista della vicenda, un ragazzo pilota di aerei da guerra che in una concitata battaglia volante incontra un avversario che, con suo sommo stupore, tramuta il suo velivolo in una sorta di robot dalle sembianze umanoidi eliminando in un batter d'occhio la concorrenza.
Come gli appassionati della serie avranno notato, Macross Zero è un ritorno alle origini della saga: è praticamente il prequel di quel che sarà il vero Macross, in Italia conosciuto come Robotech. Si salverà per miracolo precipitando in alcune isole di uno sperduto arcipelago dell'oceano pacifico, cercando di rintracciare con qualche radio il suo quartier generale e avendo a che fare con le tribù del posto, gente che vive ancora immersa nella natura e priva della tecnologia moderna, e che crede a strane storie di creature misteriose che forse venerano come divinità, entità che proteggono la terra...
E' invece incredibile e meravigliosa la costruzione sia artistisca che della sceneggiatura in questi soli 5 OAV: nel giro di 150 minuti gli autori riescono a esprimere una storia bellissima, intensa, ricca di significati e riflessioni quanto mai odierne, come il maltrattamento della terra da parte dell'uomo e la sete di potere dei governi, la corsa agli armamenti e la sanguinosa carneficina che avviene per accaparrarsi questi bellici segreti extraterrestri. Già con queste premesse l'anime si è rivelerà una vera e propria sorpresa, ma tutto questo farà da sfondo ad una impossibile e tenerissima storia d'amore, dipingendo un quadro memorabile nel mondo dell'animazione giapponese, con un finale pirotecnico ricco d'azione e di ogni genere d'emozione.
E' raro trovarsi di fronte a capolavori del genere, e anche dal punto di vista puramente tecnico e artistico Macross Zero strabilia: animazioni a dir poco splendide, colori vivaci, chara design accattivante e piacevolissimo, per non parlare dei mirabolanti combattimenti aerei dei mecha aereo-robot, roba da far dimenticare anche le spericolatezze del prode Tom Cruise in Top Gun. la CG è davvero adoperata in modo eccelso e ogni scena dove viene adoperata è integrata perfettamente in scenari da favola, arcipelaghi polinesiani ed esotici, sfondi incontaminati di quel che sarà presto il luogo della scoperta di un incredibile - e terribile segreto.
Macross è apprezzabile per tanti punti di vista, è consigliato davvero a tutti, per chi ama il genere e anche per chi non sopporta i mecha. Dopo averlo visto ho capito che poco importano gli elementi che compongono questo anime: il risultato che ne scaturisce è un emozionante turbinio di eventi e colpi di scena, intrecciato a momenti di riflessione profonda e di grande dolcezza. Senza dubbio, un capolavoro adulto e maturo che consiglio assolutamente.
Hungry Heart - Wild Striker
8.0/10
Se ci capita di nominare Yoichi Takahashi discutendo di anime e manga, nove volte su dieci lo si cita perché si parla della sua opera più celebre conosciuta a tutti gli appassionata di animazione, e non solo, vale a dire “Capitan Tsubasa”, “Holly e Benji” in Italia.
Il mangaka in questione però è anche l'autore di un'altra opera, sicuramente meno famosa di quella appena citata, ma non per questo da sottovalutare o peggio ancora scartare. Sto parlando di “Hungry Heart - Wild Striker”, conosciuto nel nostro paese come “La squadra del cuore”.
Se con “Capitan Tsubasa” ha acquistato fama e notorietà raccontandoci passo passo la crescita di un giovane e promettentissimo campione attraverso un percorso che prevedeva una tipologia d'incontri calcistici basati o quasi su delle “particolarità” assolutamente non comuni ai canonici match che si disputano su un qualsiasi campo da gioco, in “Hungry Heart” non vi è riscontrabile o quasi nessuno di quegli elementi.
Sotto il profilo tecnico riguardante la veridicità del gioco del calcio infatti, l'opera che sto recensendo attualmente è di gran lunga superiore a Tsubasa. Si pensi che in Hungry Heart il risultato di un incontro non è affatto scritto prima ancora di essere disputato come spesso accadeva con Holly e company, dove bene o male si era consapevoli che, almeno prima di una finale, vittoria sarebbe stata; qui tutt'altro, vediamo invece i nostri protagonisti vincere, perdere o pareggiare in qualsiasi momento e con la più assoluta imprevedibilità. I match non sono infiniti, vengono conclusi nel giro di un episodio-due al massimo; non sono presenti colpi o acrobazie spericolate bensì canoniche manovre e azioni attuabili da un qualsiasi team di calcio professionista. Insomma, salvo un paio di casi in cui si assiste a tiri/combinazioni che ricordano l'opera più famosa di Takahashi (ma sempre in scala uno a dieci), “Hungry Heart” per gli amanti più adulti del gioco del pallone è quello che ci vuole.
Analizzato l'aspetto primario che probabilmente è quello che più interessa, si può accennare alla trama comunque interessante che vede il protagonista degli eventi inizialmente non troppo interessato al calcio, o almeno così è quello che vuole fare vedere. Il suo nome è Roy Kanou.
Il motivo di ciò è presto detto: suo fratello Peter gioca nel Milan dove ha un gran successo e Roy così viene spesso avvicinato da ragazzi solo per questa ragione non affatto sostenibile e sopportabile per un tipo orgoglioso, irascibile e rissoso come lui, tanto da indurlo a esternare apertamente il suo odio verso il calcio e a cercarsi altri interessi come la musica.
A seguito di un evento che non vi sto qui a raccontare per non dilungarmi, si trova comunque ad allenare una squadra femminile di calcio capitanata dalla bella Miki e il tempo passato da coach gli è d'aiuto per trovare stimoli che lo portano a indossare nuovamente le scarpette da gioco e a entrare nell'Orange Hill nel ruolo di attaccante, dove conosce tra gli altri due elementi che non passano certamente inosservati: il fantasista Rodrigo e il portiere Sakai.
Il design della serie è discretamente curato nei particolari e le animazioni sono accettabili tutto sommato. L'aspetto di Roy poi è a tutti gli effetti una versione calcistica di Hanamichi Sakuragi, famoso protagonista di Slam Dunk. Entrambi infatti hanno diversi aspetti che li accomunano e, se il carattere come detto poco più sopra è pressoché identico, non da meno è la loro stazza e il colore dei capelli che li raffigura - rossi Hanamichi, arancioni Roy -, assolutamente non comune al resto dei ragazzi presenti nel contesto. Se avete adorato dunque il numero dieci dello Shohoku, vi troverete senz'altro ad apprezzare anche il numero nove dell'Orange Hill.
Detto infine che il doppiaggio italiano si lascia apprezzare con Corrado Conforti tra gli altri a dare voce al nostro protagonista riuscendo a esprimere al meglio il suo carattere forte, deciso e irrequieto, consiglio la visione di quest'anime innanzitutto a tutti gli appassionati di questo sport che hanno così modo di gustarsi un titolo che racconta le partite di calcio per quello che sono (o quasi) senza troppo eccedere. Ma lo consiglio anche a un pubblico sportivo, e non, femminile, dato che vi è pure una sotto-trama sentimentale che potrebbe fare al caso vostro.
Tutti questi elementi a me non sono dispiaciuti, adesso tocca a voi.
Il mangaka in questione però è anche l'autore di un'altra opera, sicuramente meno famosa di quella appena citata, ma non per questo da sottovalutare o peggio ancora scartare. Sto parlando di “Hungry Heart - Wild Striker”, conosciuto nel nostro paese come “La squadra del cuore”.
Se con “Capitan Tsubasa” ha acquistato fama e notorietà raccontandoci passo passo la crescita di un giovane e promettentissimo campione attraverso un percorso che prevedeva una tipologia d'incontri calcistici basati o quasi su delle “particolarità” assolutamente non comuni ai canonici match che si disputano su un qualsiasi campo da gioco, in “Hungry Heart” non vi è riscontrabile o quasi nessuno di quegli elementi.
Sotto il profilo tecnico riguardante la veridicità del gioco del calcio infatti, l'opera che sto recensendo attualmente è di gran lunga superiore a Tsubasa. Si pensi che in Hungry Heart il risultato di un incontro non è affatto scritto prima ancora di essere disputato come spesso accadeva con Holly e company, dove bene o male si era consapevoli che, almeno prima di una finale, vittoria sarebbe stata; qui tutt'altro, vediamo invece i nostri protagonisti vincere, perdere o pareggiare in qualsiasi momento e con la più assoluta imprevedibilità. I match non sono infiniti, vengono conclusi nel giro di un episodio-due al massimo; non sono presenti colpi o acrobazie spericolate bensì canoniche manovre e azioni attuabili da un qualsiasi team di calcio professionista. Insomma, salvo un paio di casi in cui si assiste a tiri/combinazioni che ricordano l'opera più famosa di Takahashi (ma sempre in scala uno a dieci), “Hungry Heart” per gli amanti più adulti del gioco del pallone è quello che ci vuole.
Analizzato l'aspetto primario che probabilmente è quello che più interessa, si può accennare alla trama comunque interessante che vede il protagonista degli eventi inizialmente non troppo interessato al calcio, o almeno così è quello che vuole fare vedere. Il suo nome è Roy Kanou.
Il motivo di ciò è presto detto: suo fratello Peter gioca nel Milan dove ha un gran successo e Roy così viene spesso avvicinato da ragazzi solo per questa ragione non affatto sostenibile e sopportabile per un tipo orgoglioso, irascibile e rissoso come lui, tanto da indurlo a esternare apertamente il suo odio verso il calcio e a cercarsi altri interessi come la musica.
A seguito di un evento che non vi sto qui a raccontare per non dilungarmi, si trova comunque ad allenare una squadra femminile di calcio capitanata dalla bella Miki e il tempo passato da coach gli è d'aiuto per trovare stimoli che lo portano a indossare nuovamente le scarpette da gioco e a entrare nell'Orange Hill nel ruolo di attaccante, dove conosce tra gli altri due elementi che non passano certamente inosservati: il fantasista Rodrigo e il portiere Sakai.
Il design della serie è discretamente curato nei particolari e le animazioni sono accettabili tutto sommato. L'aspetto di Roy poi è a tutti gli effetti una versione calcistica di Hanamichi Sakuragi, famoso protagonista di Slam Dunk. Entrambi infatti hanno diversi aspetti che li accomunano e, se il carattere come detto poco più sopra è pressoché identico, non da meno è la loro stazza e il colore dei capelli che li raffigura - rossi Hanamichi, arancioni Roy -, assolutamente non comune al resto dei ragazzi presenti nel contesto. Se avete adorato dunque il numero dieci dello Shohoku, vi troverete senz'altro ad apprezzare anche il numero nove dell'Orange Hill.
Detto infine che il doppiaggio italiano si lascia apprezzare con Corrado Conforti tra gli altri a dare voce al nostro protagonista riuscendo a esprimere al meglio il suo carattere forte, deciso e irrequieto, consiglio la visione di quest'anime innanzitutto a tutti gli appassionati di questo sport che hanno così modo di gustarsi un titolo che racconta le partite di calcio per quello che sono (o quasi) senza troppo eccedere. Ma lo consiglio anche a un pubblico sportivo, e non, femminile, dato che vi è pure una sotto-trama sentimentale che potrebbe fare al caso vostro.
Tutti questi elementi a me non sono dispiaciuti, adesso tocca a voi.
RahXephon
10.0/10
Ludi
-
Rahxephon non è, come molti hanno detto, un emulo di Evangelion: è ciò che Evangelion avrebbe potuto essere con una trama più coerente, un disegno più accurato, una minor attenzione per le scene di azione ma un miglior tratteggio delle interazioni tra personaggi.
Ciò per dire che, pur essendo un fan di Eva, trovo Rahxephon di gran lunga più riuscito; anceh le supposte affinità delle trame, certamente presenti, non incidono sul fatto che i simbolismi delle due serie sono assolutamente diversi: al tema prettamente psicanalitico di Eva si contrappone una ben maggior attenzione all'aspetto sociologico in Rahxephon.
Una serie di valore assoluto, tra le migliori mai realizzate.
Ciò per dire che, pur essendo un fan di Eva, trovo Rahxephon di gran lunga più riuscito; anceh le supposte affinità delle trame, certamente presenti, non incidono sul fatto che i simbolismi delle due serie sono assolutamente diversi: al tema prettamente psicanalitico di Eva si contrappone una ben maggior attenzione all'aspetto sociologico in Rahxephon.
Una serie di valore assoluto, tra le migliori mai realizzate.
Lei, l'arma Finale
9.0/10
C'è un motivo se ho scelto come nick proprio Shuuchan, ovvero il vezzeggiativo con cui la protagonista di questo anime, Chise, chiama il suo Shuji.
L'opera, tratta dall'omonimo manga di Shin Takahashi, è in grado di offrire allo spettatore un'intensità di emozioni che pochi altri anime possono vantare.
L'idea sottesa a tutta l'opera, questa misteriosa "guerra" contro nemici sconosciuti che rischia di devastare l'intero pianeta e che costringe le alte sfere militari a trasformare un'innocua ragazzina come Chise nella terrificante "Arma Finale", è in realtà solo un pretesto per dar forma ad una commovente storia d'amore impossibile tra i due protagonisti.
Con gli amici più cari che via via scompaiono inghiottiti per sempre dalla barbarie della guerra, Chise e Shuji vivono giorno per giorno il loro rapporto goffo e sincero, con ardore quasi disperato. A causa di un mondo che si avvia inesorabilmente alla fine, accompagnato forse dalla stessa Chise, essi sembrano infatti sapere che ogni loro "prima esperienza" come coppia potrebbe anche essere l'ultima. Ecco quindi che "il primo appuntamento", "il primo bacio", che nella vita quotidiana hanno la valenza positiva di ricordi indimenticabili, qui si tingono anche del colore amaro della nostalgia per qualcosa che è stato e non potrà più essere.
Tecnicamente l'anime è buono, anche se presenta qualche sbavatura nella grafica (lineart migliorabile) e nelle animazioni. Rispetta il manga abbastanza fedelmente pur introducendo alcune variazioni, la più importante delle quali è senza dubbio l'inversione cronologica di alcuni episodi (espediente che rende lo sviluppo della trama più naturale che nel fumetto).
La colonna sonora è ben realizzata, e si fa notare soprattutto per i temi eseguiti con le chitarre, acustiche ed elettriche. Molto toccanti il tema principale e le sue numerose varianti, estratti dalla splendida sigla finale "Sayonara".
In definitiva è un'opera che vale certamente la pena guardare e riguardare se si ha un animo romantico e si è in cerca di emozioni.
L'opera, tratta dall'omonimo manga di Shin Takahashi, è in grado di offrire allo spettatore un'intensità di emozioni che pochi altri anime possono vantare.
L'idea sottesa a tutta l'opera, questa misteriosa "guerra" contro nemici sconosciuti che rischia di devastare l'intero pianeta e che costringe le alte sfere militari a trasformare un'innocua ragazzina come Chise nella terrificante "Arma Finale", è in realtà solo un pretesto per dar forma ad una commovente storia d'amore impossibile tra i due protagonisti.
Con gli amici più cari che via via scompaiono inghiottiti per sempre dalla barbarie della guerra, Chise e Shuji vivono giorno per giorno il loro rapporto goffo e sincero, con ardore quasi disperato. A causa di un mondo che si avvia inesorabilmente alla fine, accompagnato forse dalla stessa Chise, essi sembrano infatti sapere che ogni loro "prima esperienza" come coppia potrebbe anche essere l'ultima. Ecco quindi che "il primo appuntamento", "il primo bacio", che nella vita quotidiana hanno la valenza positiva di ricordi indimenticabili, qui si tingono anche del colore amaro della nostalgia per qualcosa che è stato e non potrà più essere.
Tecnicamente l'anime è buono, anche se presenta qualche sbavatura nella grafica (lineart migliorabile) e nelle animazioni. Rispetta il manga abbastanza fedelmente pur introducendo alcune variazioni, la più importante delle quali è senza dubbio l'inversione cronologica di alcuni episodi (espediente che rende lo sviluppo della trama più naturale che nel fumetto).
La colonna sonora è ben realizzata, e si fa notare soprattutto per i temi eseguiti con le chitarre, acustiche ed elettriche. Molto toccanti il tema principale e le sue numerose varianti, estratti dalla splendida sigla finale "Sayonara".
In definitiva è un'opera che vale certamente la pena guardare e riguardare se si ha un animo romantico e si è in cerca di emozioni.
Patlabor WXIII
7.0/10
Patlabor WXIII (dove la W sta per Wasted) è il terzo lungometraggio cinematografico dedicato al mondo futuro delineato dal gruppo Headgear, che diede vita al manga Mobil Police Patlabor di Masami Yuki, alle successive due serie OAV, alla serie tv e ai due lungometraggi diretti da Mamoru Oshii, tutti concentrati appunto sulla Seconda Sezione Veicoli Speciali che utilizza i robot Patlabor per il mantenimento dell’ordine all’interno della baia di Tokyo. Proprio per questo il terzo film di Patlabor è alquanto atipico, poiché in tutta la sua trama i robot e la Seconda Sezione trovano uno spazio, ma nemmeno esiguo, proprio microscopico e solo funzionale alla breve azione militare finale. La trama infatti prende le mosse da degli avvenimenti inquietanti e da dei ritrovamenti di corpi orribilmente maciullati che iniziano a farsi sempre più frequenti all’interno della baia, avvenimenti che in breve si inclinano verso l’horror scientifico e sui quali indagano il detective Kusumi e il suo assistente Hata. Essi giungeranno al laboratorio di ricerche biomediche Toto e in particolar modo a una ricercatrice già conosciuta da Hata e le cui implicazioni personali, venendo alla luce progressivamente, dischiuderanno i segreti all’origine della creatura mostruosa che mette in subbuglio la zona del progetto Babylon.
Il film, del cast che ha realizzato gli altri due movie, mantiene il solo Kenji Kawai, mentre cambiano sia lo studio di produzione – Madhause invece che Production I.G – sia soprattutto la regia, dove al posto di Oshii si trova adesso Fumihiko Takayama.
Il character design non si presenta eccessivamente distante da quello del secondo film, mentre la fotografia si fa più plumbea e meno nitida e contrastata, e le animazioni, se inizialmente scorrevoli e ricche, sembrano perdere qualcosa in fluidità col proseguo, e risultano così una tacca sotto il livello del suo immediato antesignano. Kenji Kawai, come sempre, porta il suo compendio musicale ispirato e particolare, seguendo la falsa riga della precedente OST e incidendo sempre non poco sull’effetto globale dell’anime con la sua abilità compositiva.
Tuttavia il film è piuttosto scialbo, e probabilmente il suo più grande difetto è non avere il coraggio di prendere le distanze dai lungometraggi di Oshii e tentare di approntare qualche soluzione originale. Difatti Takayama nella sua regia ricorda fin troppo una brutta copia di Oshii, e non possedendo il suo taglio cinematografico per le inquadrature ricercate – limitandosi tutt’al più a qualche citazione di inquadrature e di sequenze da Patlabor 2 –, non calibrando bene la narrazione e insistendo su un ritmo lento ma non riflessivo e che proprio quello di Oshii non è, finisce per addormentare il film e non creare invece quella tensione latente che dovrebbe essere la base di ogni poliziesco, che altrimenti perde d’interesse. Peccato, perché la sceneggiatura offriva dei passi interessanti, certo non originali, ché le sperimentazioni genetiche e le creature scappate di mano sono uno dei topoi più sfruttati, ma la manipolazione delle informazioni da parte dei media e la corruzione delle istituzioni sono sempre d’attualità, e le vicende personali sia della ricercatrice Saeko sia del detective Kusumi avevano più di uno spunto di riflessione da offrire, e i loro vissuti e come a essi loro si rapportano presentavano una notevole profondità che però non è stata trattata come dovuto.
Bello tuttavia il finale, che riserva un forte accento amaro e che non lascia spazio a buonismi di sorta, e che tutto sommato risolleva un po’ le sorti di un film non propriamente memorabile.
Il film, del cast che ha realizzato gli altri due movie, mantiene il solo Kenji Kawai, mentre cambiano sia lo studio di produzione – Madhause invece che Production I.G – sia soprattutto la regia, dove al posto di Oshii si trova adesso Fumihiko Takayama.
Il character design non si presenta eccessivamente distante da quello del secondo film, mentre la fotografia si fa più plumbea e meno nitida e contrastata, e le animazioni, se inizialmente scorrevoli e ricche, sembrano perdere qualcosa in fluidità col proseguo, e risultano così una tacca sotto il livello del suo immediato antesignano. Kenji Kawai, come sempre, porta il suo compendio musicale ispirato e particolare, seguendo la falsa riga della precedente OST e incidendo sempre non poco sull’effetto globale dell’anime con la sua abilità compositiva.
Tuttavia il film è piuttosto scialbo, e probabilmente il suo più grande difetto è non avere il coraggio di prendere le distanze dai lungometraggi di Oshii e tentare di approntare qualche soluzione originale. Difatti Takayama nella sua regia ricorda fin troppo una brutta copia di Oshii, e non possedendo il suo taglio cinematografico per le inquadrature ricercate – limitandosi tutt’al più a qualche citazione di inquadrature e di sequenze da Patlabor 2 –, non calibrando bene la narrazione e insistendo su un ritmo lento ma non riflessivo e che proprio quello di Oshii non è, finisce per addormentare il film e non creare invece quella tensione latente che dovrebbe essere la base di ogni poliziesco, che altrimenti perde d’interesse. Peccato, perché la sceneggiatura offriva dei passi interessanti, certo non originali, ché le sperimentazioni genetiche e le creature scappate di mano sono uno dei topoi più sfruttati, ma la manipolazione delle informazioni da parte dei media e la corruzione delle istituzioni sono sempre d’attualità, e le vicende personali sia della ricercatrice Saeko sia del detective Kusumi avevano più di uno spunto di riflessione da offrire, e i loro vissuti e come a essi loro si rapportano presentavano una notevole profondità che però non è stata trattata come dovuto.
Bello tuttavia il finale, che riserva un forte accento amaro e che non lascia spazio a buonismi di sorta, e che tutto sommato risolleva un po’ le sorti di un film non propriamente memorabile.
- LE NOSTRE RECENSIONI
Recensione: Haibane Renmei - Ali Grigie (Zelgadis)
Per il resto ho apprezzato il posto di Kigeki e di Ghost in The Shell.
Cosa, il Sanctuary di Saint Seiya è in classifica? Mamma mia
Anzi 7,7 non gli rende giustizia u.u
Ah, OK! Sì, non posso darti torto sotto quell'aspetto.
@Franzelion
Tra Boggiepop Phantom (no, non l'ho visto, l'ho solo sentito nominare) e Hack Sign c'è una differenza:
-il primo è ispirato ad un'opera uscita prima, quindi i produttori dell'anime hanno volutamente ignorato delle informazioni che già c'erano ed erano importanti per la comprensione completa.
-il secondo non è ispirato ad un'opera uscita prima, ma ne introduce una che deve uscire, poichè i giochi sono usciti dopo, perciò oltre il suo scopo introduttivo non deve andare.
Praticamente è quasi come un anime suddiviso in due serie, solo che la seconda non è un anime, ma quattro videogames.
Allora il giudizio, secondo me, deve basarsi, più che sulla completezza o no della trama, sull'apprezzamento o meno di una suddivisione in due media diversi.
Per pura curiosità, se al posto dei giochi Hack avessero fatto un anime, e tu, finito Hack Sign, dovessi dargli un voto, per poi guardare la seconda serie, che voto gli daresti?
Già, forse è meglio un 5
<i>Per pura curiosità, se al posto dei giochi Hack avessero fatto un anime, e tu, finito Hack Sign, dovessi dargli un voto, per poi guardare la seconda serie, che voto gli daresti?
</i>
Beh dipende... intendi se avessero fatto un'altra serie che spiegasse tutto o che avrebbe anche cambiato il finale della prima serie?
Comunque ti dico: per come era partita la trama e da quello che faceva sperare, se avesse mantenuto le aspettative e si fosse sviluppata bene fino a concludersi come si deve invece di quel "reset" che manda tutto all'aria, gli avrei dato sicuramente 2 voti in più.
Azumanga
Saint Seiya
Pokemon (alcuni episodi di italia uno)
Mirmo (sempre su italia uno)
Commander, la classifica del 2006 è già uscita: http://www.animeclick.it/news/27630-i-migliori-anime-del-2006-secondo-lutenza-di-animeclickit
Naruto troppo filleroso... ma troppo troppo troppo troppo filleroso
One Piece il tesoro del re è il peggior film della serie. Senza se e senza ma...
Personalmente ho visto solo Ghost in the Shell S.A.C., un pò sopravvalutato, e Kigeki, molto originale.
Haibane renmei e Princess Tutu finiscono dritti dritti nella lista.
Complimenti agli autori delle belle recensioni pubblicate!
Postilla off topic: La rece di Haibane renmei è scritta molto bene ma non condivido affatto il passaggio in cui si parla negativamente del design di Lain come "sgradevolmente minimale". Lo sto visionando proprio in questi giorni: in effetti trovo che il design sia scarno e minimale solo in determinate scene e non lo è per scelta arbitraria ma in funzione del racconto (per enfatizzare il senso di alienazione e spaesamento), inoltre è tutt'altro che sgradevole.
Ho guardato le date su Wikipedia inglese per le uscite in Giappone:
Hack Sign: inizio 4/4/2002 - fine 25/9/2002
Hack Infection: 20/6/2002
Hack Mutation: 9/9/2002
Hack Outbreak: 12/12/2002
Hack Quarantine: 10/4/2003
Pensavo più dilazionate, evidentemente hanno voluto battere il ferro finchè caldo
"Beh dipende... intendi se avessero fatto un'altra serie che spiegasse tutto o che avrebbe anche cambiato il finale della prima serie?"
Intendo Hack Sign con lo stesso finale, poi una seconda serie che ripercorra la trama dei giochi. Un po' come valutare la prima serie di Dragon Ball per poi vedere la seconda.
@gerry
"L'anno prossimo sono già 10 anni O_°"
A chi lo dici. Per me questi ultimi anni son volati. mi sembra ieri che cominciavo a seguire l'Anime Night a 15 anni e martedì prossimo ne faccio 26 O_° . Con la mia concezione temporale tra due giorni sarò nella mezza età
Beh con lo stesso finale credo che gli avrei dato giusto mezzo voto in più, uno intero ad essere proprio generoso.
Azumanga Daioh mi ha fatto ribaltare più di una volta dalle risate, è il re del nonsense
Ghost in the Shell - Stand Alone Complex...capolavoro.
Macross Zero e Hungry Heart - Wild Striker mediocri per i miei gusti.
Pokemon Chronicles e Tenchi Muyo! GXP che sconsiglio vivamente <.<
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