È una serie dalle forti ambivalenze Eden of the East, progetto by Kenji Kamiyama e concretizzazione della Production I.G. Eden of the East è anche il primo soggetto originale steso da Kamiyama. Piccolo dettaglio, perché già i precedenti lavori del regista si muovevano sui suoi punti caldi: sistema e società, oggi.
Kamiyama non ha mai nascosto di volerne parlare. E ha mostrato pure di saperne parlare, senza troppe banalità e con un personale spirito critico, un po’ tutto il suo operato sta lì ad attestarlo. Ma attesta anche altro, ovvero alcuni problemi nella sintassi, scrittoria soprattutto.
Errori di organizzazione e conduzione del materiale narrativo erano emersi in più battute – soprattutto nel primo SAC e in Solid State Society, meno in Serei no Moribito. Emergono anche qui, in un Eden of the East crogiolo di tanti discorsi, forse troppi.
Disoccupazione giovanile, terrorismo, meccaniche di potere, relativismo etico, realtà espansa, conflitti generazionali, stasi politica, eccetera: è difficile non tanto evocare tutto ciò, ma contestualizzarlo, svilupparlo e allo stesso tempo ricostruire, nella messinscena, una storia smontata in fase di sceneggiatura.
Kamiyama non ci è riuscito, spesso ha abbandonato per strada molti pezzi per ripescarli, di fretta, in dirittura d’arrivo, muovendosi per cenni in un periodare poco organico. Forse il compito andava oltre le sue possibilità, o più probabilmente oltre quelle di uno spazio di undici episodi. Ma lui ci ha provato, con i suoi modi.
Regia lineare e scorrevole, esposizione pulita, asettica se vogliamo, Kamiyama non è uno che forza la mano o che mostra la sua, di mano. Magari dovrebbe iniziare a farlo. Si parte da una forma scolastica, corretta, per evolvere qualcosa di personale. Avrà tempo per iniziare a farlo, seppure Serei no Moribito lasciava pensare a uno sviluppo in tal senso.
Per adesso, così, non va male. La confezione non appare eclatante ma non se la cava male. La trama in generale non è male. È attuale, bilanciata nei toni tra impegno e disimpegno, si prende sul serio senza essere pesante. A tratti è anche frizzante, il protagonista lo permette, quell’Akira smemorato hipster postmoderno, in un possesso di una lampada di Aladino postmoderna, coordinata di un utopico motore degli eventi da accettare e accettabile senza troppi patemi. D’altronde, date delle premesse, basta rispettarle per mantenere la coerenza del gioco. Tale è la base su cui si regge ogni finzione.
Kamiyama non ha mai nascosto di volerne parlare. E ha mostrato pure di saperne parlare, senza troppe banalità e con un personale spirito critico, un po’ tutto il suo operato sta lì ad attestarlo. Ma attesta anche altro, ovvero alcuni problemi nella sintassi, scrittoria soprattutto.
Errori di organizzazione e conduzione del materiale narrativo erano emersi in più battute – soprattutto nel primo SAC e in Solid State Society, meno in Serei no Moribito. Emergono anche qui, in un Eden of the East crogiolo di tanti discorsi, forse troppi.
Disoccupazione giovanile, terrorismo, meccaniche di potere, relativismo etico, realtà espansa, conflitti generazionali, stasi politica, eccetera: è difficile non tanto evocare tutto ciò, ma contestualizzarlo, svilupparlo e allo stesso tempo ricostruire, nella messinscena, una storia smontata in fase di sceneggiatura.
Kamiyama non ci è riuscito, spesso ha abbandonato per strada molti pezzi per ripescarli, di fretta, in dirittura d’arrivo, muovendosi per cenni in un periodare poco organico. Forse il compito andava oltre le sue possibilità, o più probabilmente oltre quelle di uno spazio di undici episodi. Ma lui ci ha provato, con i suoi modi.
Regia lineare e scorrevole, esposizione pulita, asettica se vogliamo, Kamiyama non è uno che forza la mano o che mostra la sua, di mano. Magari dovrebbe iniziare a farlo. Si parte da una forma scolastica, corretta, per evolvere qualcosa di personale. Avrà tempo per iniziare a farlo, seppure Serei no Moribito lasciava pensare a uno sviluppo in tal senso.
Per adesso, così, non va male. La confezione non appare eclatante ma non se la cava male. La trama in generale non è male. È attuale, bilanciata nei toni tra impegno e disimpegno, si prende sul serio senza essere pesante. A tratti è anche frizzante, il protagonista lo permette, quell’Akira smemorato hipster postmoderno, in un possesso di una lampada di Aladino postmoderna, coordinata di un utopico motore degli eventi da accettare e accettabile senza troppi patemi. D’altronde, date delle premesse, basta rispettarle per mantenere la coerenza del gioco. Tale è la base su cui si regge ogni finzione.
Non è il concept a difettare in Eden of the East; che venga lasciato cadere nel nulla è già più discutibile come scelta. La serie de facto sembra un ginnasio in cui sono stati tracciati lo scenario dell’anime e i percorsi di tutti i bei personaggi – elaborati con un chara (della Umino) forse troppo spoglio e delicato, funzionale e funzionante solo entro determinati limiti, eccettuati i cerottini nasali, una macchia più che un vezzo.
I due film dovrebbero risolvere le faccende in sospeso, che non sono poche. E dovrebbero dare inoltre un senso a una serie che, autonomamente, si regge in piedi soltanto fino a un certo punto, mezzo colpo a vuoto di un Kamiyama che ancora stenta a togliersi le piume dell’adolescenza.
I due film dovrebbero risolvere le faccende in sospeso, che non sono poche. E dovrebbero dare inoltre un senso a una serie che, autonomamente, si regge in piedi soltanto fino a un certo punto, mezzo colpo a vuoto di un Kamiyama che ancora stenta a togliersi le piume dell’adolescenza.
"Kamiyama non è uno che forza la mano o che mostra la sua, di mano. Magari dovrebbe iniziare a farlo."
EotE è stato a tratti carismatico e scorrevole e a tratti ha un po' disatteso le mie speranze. Comunque di base è un'anime piacevole
Per quanto riguarda l'anime però non mi esprimo. L'ho visto una volta (anche se i film li ho visti anni dopo aver finito la serie) ma non sono riuscito a cogliere del tutto i vari aspetti e non nego di non averne capito il finale. Vorrei fare un tour de force e rivederlo tutto dall'inizio alla fine nella speranza di poterne dare un giudizio!
Un'occasione persa, che forse meritava uno sviluppo più ordinato in 25 ep.
""Disoccupazione giovanile, terrorismo, meccaniche di potere, relativismo etico, realtà espansa, conflitti generazionali, stasi politica, eccetera: è difficile non tanto evocare tutto ciò, ma contestualizzarlo, svilupparlo e allo stesso tempo ricostruire, nella messinscena, una storia smontata in fase di sceneggiatura.""
In altre parole sembrerebbe che il regista della serie si sia trovato ad un certo punto di fronte ad un bivio, o raccontare la storia di una societa, quella nipponica, mostrarla ed anche farne vedere la sua visione, ma in effetti il Giappone sotto la sua apparente "lontananza" e "diversita" è uno stato un paese ben eguale ai nostri - garantisco ugualissimo - per molte dinamiche interne, in cui si anticipano molte situazioni che noi viviamo, è solo che in oriente sono abituati a non opporsi all'autorità costituita in modo diretto, apparente, ma lo fanno in modo indiretto, o sviluppare la storia secondo il canone più consueto dell'animazione, i protagonisti, la trama, i nemici, etc..e non sia riuscito ad trovare un modo per risolvere i 2 problemi...
Tecnicamente è fatto bene, guardatevi le foto della gallery, ve ne sono un paio che dimostrano la bravura degli animatori e dei disegnatori, ma anche del regista nel "pensare" e creare le inquadrature, la 2 in particolare, e non è casualita è cinema in forma di animazione portato in Tv.
Credo che avrebbe dovuto dovrebbe o fare 25 episodi, avendo più spazio e più tempo forse riusciva meglio, o fare un Eden 2.0, una versione più meditata...
Anche se è evidenteche tutti abbiamo avvertito - ho visto un paio di puntate in streaming anche io - che già così meritava molto.
Un'altra volta - ma con formula ben meno riuscita ho visto la stessa cosa, visto che ha avuto ben 50 episodi, ed non ha fatto altro che buttare al macero quel che aveva fatto vedere nei primi 25. -
Il giudizio di Linbes è corretto,...però questo anime và indicato come un esempio, riuscito al 50% di un'animazione moderna, che vive la realtà, non se la nasconde..con tutti i limiti indicati.
P.S. Limbes il riferimento alla lampada di Aladino è trovata geniale, "antica" ma geniale!!
Sono incuriosito da questo titolo, nonostante le note critiche gli darò senz'altro un'occhiata se si presenterà l'occasione.
Complimenti all'autore!
cmq resta un anime da vedere !!
Non è che sia brutto, ma lo scarto tra le potenzialità e il risultato finale è a dir poco abissale.
SPOILER
...non ho apprezzato molto l'idea di spezzettare il finale per farci dei film
E' vero che arrivati ad un certo punto si fa un po' fatica a seguire e la serie si conclude lasciando non pochi interrogativi, ma credo che i 2 film abbiano dato sufficienti chiarimenti; non l'avrei diluito ulteriormente, altri 14 episodi non avrebbero fatto altro che appesantire e annoiare.
E' un anime che consiglio.
E la recensione non è per niente chiara.
Faccio i miei complimenti al recensore, anche se ho già potuto vedere la sua abilità nello scrivere in altre recensioni...
Parlando un po' dell' opera mi sa che io non la vedrò, proprio grazie a questa recensione.
Infatti se mi dite che è una miniserie di 11 episodi dove vengono lasciati molti interrogativi, a me non va bene, se aggiungiamo che i film sono stati creati per rispondere agli interrogativi e non hanno svolto il loro lavoro, allora non so perchè vederlo.
E la cosa che mi fa arrabbiare e che aveva tutti i pretesti per essere un buon anime, come dite voi...
Un' altra piccola incongruenza, (che poi tanto piccola non è), secondo me è che i film sono creati appositamente per i fan della serie che vogliono distaccarsi dalla serie principale e vedere il lungometraggio con i protagotagonisti che fanno qualcosa di diverso.
Qui invece no!
Per rispondere a qualche dubbio devi vederti i film per forza!
Fate un po' voi...
Complimenti a Limbes!!
@Limbes
Ma ci sarà modo di parlarne.
sono curioso della tua recensione sul prossimo film allora, se il primo è un interludio... ^^
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