La realtà è sempre una sola».
(1Q84: Murakami Haruki)
Arriva in questi giorni nelle nostre librerie, pubblicato dalla Casa Editrice Einaudi nella sua collana Super Coralli, la prima parte del romanzo fiume 1Q84, uscita in Giappone nel 2009, in ben 480.000 copie, dopo un lungo silenzio durato ben cinque anni.
Anni passati ad ascoltare ed accumulare, emozioni, esperienze, ricordi riversati nel romanzo che ha consacrato la fama di Murakami Haruki, autore che fino a quel momento aveva legato il suo nome ad opere pur importanti come Underground, in cui aveva intervistato 68 persone colpite nell'attentato della setta Arum Shinrikyo; poi nel 1995, L'Uccello che Girava le viti del Mondo, La ragazza dello Sputnik, After Dark e soprattutto Norwegian Wood da cui è stato tratto anche un film presentato in concorso al Festival di Venezia 2010.
Le mille pagine del volume originale, sono state divise in due volumi come nell'edizione originale nipponica, la seconda parte uscirà questa primavera.
Il titolo 1Q84 contiene un omaggio allo scritore George Orwell e alla sua opera più famosa: 1984. In giapponese il numero Nove si legge kyu la stessa parola designa in inglese la lettera Q: un sottile gioco di ambivalenze linguistiche che nella nostra lingua non si riesce a rendere.
La parola“Ku” significa anche dolore: e proprio il dolore sembrerebbe essere il filo conduttore di questa storia fluviale. che abilmente l'autore alleggerisce grazie ad una serie di dettagli narrativi e umoristici davvero notevoli in cui si mescolano la realtà, la guerra Iran-Iraq è spesso citata, Michael Jackson è all'apice della sua fama e la fantasia, e ci si ferma a chiedersi in quale mysterioso 1Q84 è ambientata la storia.
Spietata e fragile Aomame, una killer micidiale che si è data come missione quella di vendicare le donne che subiscono una violenza usando il suo rompighiaggio e la sua incredibile tecnica, ma il suo ultimo appuntamento si rivela un luogo pieno di strane sorprese. Tengo, è ghost writer a cui è stato dato l'incarico di riscrivere un libro inquietante e pericoloso, come solo può esserlo una profezia intitolato "La crisalide d'aria". scritto da una diciassettenne. Ma chi è veramente Fukada Eriko e cosa descrive in questo libro che parla di un realtà parallela alla nostra e di piccole creature che si nascondono nel corpo umano come parassiti? Tengo ed Aomame si conoscono fin da piccoli ma si sono completamente persi di vista, e il racconto procede dividendo fra i capitoli dedicati ad Aomame e quelli dedicati a Tango, due realtà parallele, due mondi opposti. Perchè nel cielo appaiono due lune ?
In occasione del lancio del volume in Italia l'utore ha rilasciato un'intervista al giornalista Dario Olivero del quotidiano Repubblica.
«Accumulando dati che non sono reali è possibile costruire un mondo che appare più realistico di quello esistente. In altre parole, è possibile costruire un mondo irreale che ci mostra la realtà in modo ancora più realistico. Questa è la cosa, una delle cose, che voglio fare nei miei romanzi».
Forse è questo sistema di pensiero binario postulato a inizio intervista che spiega perché si sa poco della vita reale, chiamiamola "vita A", di Murakami Haruki. E molto di più di quella, chiamiamola "vita non A", immaginaria.
Dalla sua casa nei sobborghi di Tokyo, dove il più popolare scrittore giapponese - 62 anni, amato fino alla venerazione da milioni di lettori in tutto il mondo e da anni in odore di Nobel - vive con la moglie con la quale ha appena festeggiato i quarant' anni di matrimonio, della "vita A" affiorano le seguenti cose: che scrive in molti posti, ma preferisce a casa. Che si alza alle quattro del mattino e lavora fino alle dieci. Che anche se la città è sul mare, dal suo studio si vedono le montagne («e nient' altro: solo i colori che cambiano con le stagioni»). Che vicino alla finestra ci sono delle grandi casse Jbl («le ho comprate trentacinque anni fa») che servono per ascoltare i vecchi Lp che riempiono le pareti («credo di averne diecimila. A destra c' è il jazz, a sinistra la musica classica»). Che sulla parete vuota ci sono i ritratti dipinti a olio di Clifford Brown e di Stan Getz e un poster di Glenn Gould. C' è appesa anche una fotografia di Raymond Carver con sua moglie Tess («me l' ha regalata lei per ricordo quando suo marito è morto»). Che la scrivania è lunga tre metri e mezzo e che c' è un divano di pelle fatto in Italia («sono vent' anni che lo uso per fare la siesta. Ci dormo benissimo. Prima di addormentarmi, metto Schubert a basso volume»). Fine.
Resta la "vita non A", quella letteraria. Molto più estesae sotterranea come molto più esteso è il non essere rispetto all' essere. L' occasione per parlarne è l' uscita in Italia di 1Q84. Einaudi pubblica in unico volume i primi due romanzi di quella che in realtà è una trilogia. Il libro (tradotto dal giapponese da Giorgio Amitrano esce l' 8 novembre, 20 euro) si ferma a pagina 724, l' ultimo volume uscirà l' anno prossimo. 1Q84 è puro stile Murakami: un romanzo con più livelli di realtà.
I personaggi passano attraverso porte che separano mondi (ancora A e non A) e da quel momento le loro azioni hanno conseguenze sia nell' uno che nell' altro. Come se non bastasse un mondo solo per spiegare la condizione umana, chiamiamola X. Come se tutto, letteratura, vita, amore, morte, X fosse il risultato dell' interazione continua tra A e non A. È così?
«Credo che uno dei compiti più importanti di uno scrittore sia attivare quel territorio dello spirito che nella vita quotidiana non viene usato. Per farlo è necessario spostare in posizione On alcuni interruttori che si trovano sul pannello della coscienza. Se si riesce, quei territori di solito addormentati lentamente si risvegliano. I romanzi - cioè i buoni romanzi - hanno questo potere. E se tutto va bene, attraverso quel passaggio segreto che siamo riusciti ad aprire, possiamo mettere piede in un mondo che non siamo abituati a vedere. I miei romanzi mostrano il percorso per arrivare a quel mondo interiore, un percorso cheè una metafora che provoca una reazione. Insomma, strutturalmente, ciò che viene narrato dentro il racconto è la sua funzione stessa».
Come e quando si preme il tasto "On"?
«La leggera alterazione di certi dettagli, senza dare nell' occhio, prepara mentalmente il lettore all' arrivo di un "grande mutamento". Questa è una delle strategie che si usano quando si scrivono romanzi, ma al tempo stesso è il fondamento del mio modo di vedere il mondo. Ogni cosa si manifesta attraverso dettagli percettibili, che si sviluppano e confluiscono fino a creare un' unica grande vibrazione. Una vibrazione che diventa l' asse portante del racconto. Il Moby Dick che è presente in ogni racconto».
I mondi paralleli che lei descrive sono sempre assurdi, ma le sue descrizioni sono così accurate e le logiche così coerenti che diventano appunto più realistici della cosiddetta realtà. Ma se tutto è nel non A, che cosa resta in A?
«Non ho riflettuto profondamente su quelli che vengono chiamati "mondi paralleli". Ma che il mondo in cui viviamo sia stato scelto per caso tra infinite possibilità e sia soltanto qualcosa di provvisorio è un fatto reale e indiscutibile. Ad esempio, se l' attacco dell' 11 settembre non avesse avuto un successo così totale, il mondo con ogni probabilità non sarebbe diventato quello che è attualmente. È un pensiero che mi dà sempre una sensazione strana. Il suolo su cui mi trovo, pur essendo dotato di una massa ben reale, può darsi che in quanto realtà sia qualcosa di inadeguato. E probabilmente non sono il solo a provare questo disorientamento».
Lei dice in 1Q84 che quando si scrive, l' io dovrebbe scomparire. Se la letteratura è funzione del reale, quali conseguenze ha questa scomparsa nelle sue relazioni personali?
«Più che scomparire, si può dire che l' io sale su quel veicolo rappresentato dal racconto. Non ho più bisogno di pensare, di giudicare. Perché è il racconto a svolgere al mio posto queste funzioni. In un certo senso, questa è una condizione molto comoda. Ma appena smetto di scrivere, devo tornare nel mondo reale. E assumermi di nuovo il fardello di analizzare e di giudicare. In quanto scrittore professionista, sono abituatoa questo andirivieni quotidiano. Ma se qualcuno, una volta preso il via, non riesce a tornare indietro, può darsi che finisca col trovarsi davvero nei guai».
Come si riflette questa visione della coscienza individuale nella politica? Lei scrive in 1Q84: «La maggior parte della gente non crede nella verità, ma in quello che vorrebbe che la verità fosse». Questo è uno dei riferimenti più forti al 1984 di Orwell. Invece di parlare di un big brother, lei parla di little people.
«Quando ho pensato ai little people non volevo attribuirvi alcun tipo di significato. Semplicemente mi piaceva il suono delle parole "little people" (ho usato l' espressione inglese anche nel testo originale giapponese). Queste parole sono un semplice suono, un concetto. Il lettore può interpretarle come vuole. È qualcosa che è dentro di te, e al tempo stesso fuori di te. Qualcosa che ti rode dall' interno e al tempo stesso qualcosa che ti opprime dall' esterno. Le sue dimensioni e il suo aspetto variano di minuto in minuto. Può darsi che in certi momenti addirittura non abbia né dimensioni né forma. Per questa ragione è qualcosa che non posso descrivere concretamente».
Pensa che il prossimo totalitarismo sarà un totalitarismoa rete, il potere di una moltitudine di piccoli centri, invece della classica dittatura di uno o di pochi?
«È del tutto concepibile che possa prendere quest' aspetto. Per lo meno, non è qualcosa che si possa vedere con i propri occhi come un big brother. Può darsi che anche la radioattività di Fukushima sia uno degli aspetti che assume».
Quali conseguenze ha avuto questa tragedia sull' inconscio collettivo giapponese?
«Fukushima è un evento che dovrebbe mantenere una profonda cicatrice nell' animo dei Giapponesi. Dal modo in cui questa cicatrice rimarrà dipende il nostro futuro. Non dobbiamo permettere che il nostro animo guarisca facilmente. Come individui e come comunità, dobbiamo fare in modo che la nostra coscienza evolva in maniera chiara. Dobbiamo creare un contesto del dopoFukushima. E diffondere quest' idea fra la gente. Una società che tiene conto soltanto del rendimento e del profitto deve cogliere quest' occasione per cambiare. Siamo in molti a pensarlo. Peccato che i governanti non vogliano affrontare questo problema fondamentale. Penso che sia una grave mancanza di senso di responsabilità. Il Giappone sta andando incontro a un periodo estremamente critico».
Anche in 1Q84 lei contrappone il vuoto all' amore. Il vuoto è associato al sesso estremo, violento. L' amore viene nascosto, protetto. Perché?
«Mi piacciono le cose che costituiscono un' occasione per cambiare completamente lo scenario del mondo. L' amore è senza dubbio una di queste. Nei miei romanzi molte delle scene di sesso hanno la funzione di accendere un certo tipo di interruttore sul pannello della coscienza. Per parlare dell' amore è necessario salire il gradino che lo precede. Come per parlare di certi concetti religiosi è assolutamente necessario menzionare la violenza».
La sua abilità nell' accendere questi interruttori ha generato una sorta di venerazione dei lettori nei suoi confronti, quasi un culto. Ma la letteratura, per citare solo Orwell, è antidoto al potere. Come concilia questi due aspetti?
«In quanto persona che racconta, prima di tutto devo conquistare la fiducia del lettore. Poi, possibilmente, anche la sua simpatia. Questo, non c' è bisogno di dirlo, è un dovere essenziale per uno scrittore. E perseguendo ulteriormente quest' obiettivo, è probabile che nasca empatia. C' è un genere di storia che sta in piedi proprio perché c' è empatia. Se lei ascolta otto battute di un' opera di Mozart, probabilmente capirà subito che si tratta di Mozart. Se legge una pagina di un libro di Raymond Chandler, capirà subito di essere davanti alla scrittura di Chandler. Questo è uno degli effetti che produce l' empatia. Dove c' è empatia, nasce un sentimento di comproprietà. Anch' io, nella misura del possibile, desidero creare questo genere di mondo personale. Un mondo in cui chiunque possa entrare liberamente, da cui chiunque possa uscire liberamente. Un mondo che è sì il mio, ma è anche democraticamente condiviso. Se posso dire, qualcosa che si trova all' estremità opposta del mondo del culto».
Come ci si sente a essere un eterno candidato al Nobel? Quest' anno si aspettava di vincere?
«La giuria non ha mai comunicato una lista dei finalisti, è soltanto dalle congetture dei media che ho saputo di essere candidato al premio. Riflettere su semplici congetture non penso sia mio compito. Ho l' impressione di dire e ridire di continuo le stesse cose, ma per me ciò che conta non sono i premi o le onorificenze, bensì i tanti lettori, e l' empatia che loro provano (spero) nei confronti delle mie opere. Non c'è una sola cosa al mondo che meriti di essere data in cambio».
Dei primi due volumi, quelli contenuti in questo primo volume italiano, in Giappone sono stati venduti oltre 2,5 milioni di copie. Su questa pagina potete trovare un estratto del volume:
Fonte Consultata
Scheda Einaudi
BibliotecaEstremoOriente
Corrispondenzerecenzioni
è uscito l'11 novembre
@sapiente: Non ho intenzione di cominciare un flame o di dare corda ad una tale provocazione, che non tiene conto di gusti personali ma semplicemente dice una cosa senza dare argomentazioni (che siano valide o meno) ma semplicemente ponendola come un dato di fatto, ma per dire che Murakami sia inferiore a Yoshimoto ce ne vuole davvero. Yoshimoto è semplicemente una giapponese che, sì scrive bei romanzi, ma molto occidentalizzati.
Anche io rimpiango Mishima, Yasushi o Akutagawa, ma i tempi sono cambiati e ora abbiamo autori che si adeguano e scrivono cose adatte all'era, la società, in cui vivono, e per quanto mi riguarda Murakami lo fa ottimamente. Guarda l'italia, siamo passati da Calvino a Moccia. Francamente preferirei Murakami, poi non so te, anzi poco mi importa.
Detto ciò, non ho intenzione di commentare oltre, qualsiasi cosa veda scritto. Francamente mi chiedo anche perché abbia scritto questo commento, non mi interessa poi tanto ciò che pensi tu, o gli altri in generale.
E' assolutamente vero: Murakami riesce a risvegliare emozioni di cui non si sa neanche l'esistenza ed è uno dei tanti motivi per i quali la letteratura costituisce un modo così meraviglioso e appagante.
Ogni volta che leggo un romanzo di Murakami, mi perdo letteralmente nel mondo da lui creato: non esistono giorno e notte, caldo e freddo, buio e luce (se non quella per leggere).
Trovo che riuscire a sbloccare queste sensazioni in un lettore, sia la vera realizzazione di uno scrittore.
Non vedo l'ora che mi arrivi a casa.
Mi fa piacere che tu abbia una cosi alta considerazione delle mie opinioni, ma non dimenticare di seguire il tuo cuore prima dei miei consigli
Ma non c'e' differenza, e poi non potevo perdere l'occasione di citarti
Se avessi citato autori contemporanei ti avrei pure dato ragione
@Uccello Gira-Viti: ti quoto anche se veder leggere certi romanzi mi piange il cuore...
Secondo me uno dei più grandi scrittori contemporanei.
Ho letto quasi tutti i suoi libri, il mio preferito: La fine del mondo e il paese delle meraviglie.
Anche stavolta, anche se sarà dura, aspetterò con pazienza zen l'edizione in brossura.
Grazie a DomenicoV per le sue news croccanti al punto giusto.
Su Murakami Haruki ne discutevo con alcuni amici sulla mia scheda giusto pochi giorni fa, quasi quasi riprendo il mio wall of text per dire la mia sull'autore, anzi lo faccio davvero (così dò ulteriore senso alla buona mezz'ora occorsa per scriverlo XD):
"Norwegian Wood: partiamo da qui, essendo il capostipite da cui Murakami trae i suoi motivi ricorrenti, i suoi 'marchi di fabbrica'. Norwegian Wood (con il titolo, in seguito sottotitolo, Tokyo Blues nell'edizione italiana) è, diciamo, il primo bestseller di Murakami, quello che lo ha reso noto al pubblico giapponese e internazionale e di cui hanno tratto pure un film poco tempo fa, ne sono comparse anche delle news qui su AC.
La trama è piuttosto semplice e lineare: c'è un ragazzo (i nomi non li ricordo assolutamente, avendolo letto circa 2 anni fa) che, per frequentare un'università di Tokyo, si trasferisce nella capitale da solo; qui, vive una vita solitaria, senza l'aiuto dei genitori, e per questo ha non so quanti lavori part-time, trova pure il tempo di studiare, di procedere con gli esami, di avere una vita sociale, ma soprattutto di leggere, di farsi passeggiate interminabili, etc. etc. (sembra quasi che abbia scoperto il segreto per dilatare il tempo a suo piacimento).
Tra i suoi amici, ci sono due ragazze: la ragazza A è una vecchia amicizia, la fidanzata del suo migliore amico d'infanzia morto suicida. Suddetta ragazza A è timida, impacciata, figlia di genitori boghesi finto-moralisti e frequentante una prestigiosa istituzione scolastica femminile: l'incarnazione dello stereotipo femminile giapponese per eccellenza, insomma (trauma derivato dal suicidio del moroso a parte, quello è opzionale). Poi, totalmente random, compare la ragazza B, l'antitesi della A: questa infatti è moderna (porta i capelli rasati come un ragazzo e si veste in modo molto scollato e appariscente), sguaiata e disinibita (non fa altro che avanzare proposte oscene, tipo: "andiamo a vederci un porno insieme?")
Non basta, c'è anche un amico del protagonista bellissimo, fighissimo e straricchissimo, che ha tutto e, grazie al suo carisma, può ottenere tutto dalla vita, pure una fidanzata altrettanto fayka come lui.
Qui arriva uno dei cliché di Murakami che meno mi piacciono: l'accento posto sul fatto che le donne dei suoi romanzi preferiscono sempre il protagonista, parecchio strambo e atipico (loro stessi sono i primi a riconoscerlo), al tizio fichissimo. Perché questo? Perché questo secondo tipo ha tutto, ma manca di umanità, mentre il primo, il protagonista, è vero e autentico. Dicono le "eroine", a cui i dialoghi sono imposti da Murakami. Bleah, dico io, perché quest'ammissione non è data così su due piedi e sinteticamente, ma è costruita ad arte attraverso situazioni che VORREBBERO convincerti di ciò. Con me almeno non ci riesce, anzi, è tutto il contrario, perché mi dà spiccatamente l'impressione (e leggendo più di un suo libro l'impressione è quasi una certezza) di una sottotrama artefatta confezionata ad hoc con cui Murakami intende compiacere (a tutto vantaggio del suo conto in banca) il pubblico maschile a cui le opere sono principalmente rivolte, nonostante le millemila interviste in cui l'autore tenta di difendersi affermando di scrivere puramente secondo il suo estro, che le sue storie vendano o perché piacciano a lui non importa: insomma, il Murakami scrittore è calcolatore e ipocrita, secondo me.
Da qui in poi, i suoi romanzi si possono spiegare con questo presupposto, che pare rubato agli hentai: OGNI donna, giovane, vecchia, bisex, pansex e chi più ne ha più ne metta, è attratta dal protagonista ai cui piedi cade senza nessuna resistenza e inibizione (bellissima la parte finale di Dance Dance Dance in cui il protagonista-narratore dice alla bella di turno: "tu ora ti spoglierai e faremo sesso, e non potrai opporti perché questo è il nostro destino." Nel suo contesto, l'affermazione non è così forte e perentoria come può apparire qui, disgiunta dal testo, anche perché, ripeto, il racconto è tutto costruito di modo che la lei si sia innamorata a prima vista e ora abbia tutt'altra intenzione che sottrarsi alla 'lotta amatoria', ma comunque rende l'idea).
Come non bastasse, in questi frangenti il protagonista si rivela una vera macchina del sesso, in quanto conosce a menadito ogni posizione del kamasutra, ogni nuova innovazione resa celebre da Youporn, oppure ha il suo 'istinto di maschio predatore' ("quando ero con il mio ex ragazzo, il nostro amico d'infanzia, non siamo riusciti a fare sesso, perché la mia vagina non si bagnava e faceva troppo male, ma con te mi basta vederti perché mi lubrifichi subito", afferma la falsa pudica bamboccia A di Norwegian Wood in maniera più o meno testuale).
Per riassumere, i suoi libri non mi piacciono perché sono eccessivamente calcolati, soprattutto per veicolarli verso il pubblico maschile, e ciò di per sé non è un disvalore, intendiamoci, però comporta l'adozione di stereotipi discutibili, o per lo meno di dubbio valore visto che non sono giustificati abbastanza, quali: il protagonista 'self-made-man' in senso moderno, le comprimarie femminili prive di cervello e volontà che non sia quella sessuale infusa loro dall'autore (l'unica eccezione è forse una bimba in Dance Dance Dance, ma essendo minorenne ci mancherebbe pure che si conceda anche lei!), lo sfruttamento di un mondo onirico fine a se stesso (in Kafka sulla spiaggia, Dance Dance Dance, e, mi pare di capire dall'introduzione, in parte anche il nuovo fiammante 1Q84), la ripetizione degli stessi immutabili clichés, l'apparenza di bieco mercenario che mi comunica Murakami persona, e che non si attenua (anzi, forse si accentua) leggendo testi più autobiografici come l'Arte di correre.
In tutto ciò, c'è naturalmente il rovescio della medaglia, che è quello che mi porta a leggerlo nonostante tutto: il modo di scrivere. E' una caratteristica propria della letteratura giapponese di tutti i tempi, a mio avviso, ma trovo che in lui ciò raggiunga l'apice: parlo della scorrevolezza del testo. Tramite l'utilizzo di immagini e metafore ancorate a esperienze quotidiane, i giapponesi riescono a veicolare messaggi profondi, per nulla banali e da sempre inconsciamente conosciuti dal lettore allo stesso tempo. E' una caratteristica straordinaria secondo me, ed è per questo che non riesco a rinunciare a leggere i suoi libri, e progetto di leggermi anche 1Q84 non appena trovo il tempo libero."
In linea di massima concordo che è sopravvalutato, per quanto stilisticamente meriti la lettura. Per me, l'unico autore di letteratura giapponese moderna e contemporanea davvero geniale e meritevole è Yukio Mishima, punto. La Yoshimoto è ancora più sopravvalutata e commerciale di Haruki s seguito della svolta melensa delle sue ultime opere.
L'intervista completa me la godo per intero più tardi, ora vado un po' di fretta.
non ti odio anche se sei spietato col mio idolo, faccio solo una precisazione: della corposa produzione di Murakami hai citato due titoli decisamente atipici: Sotto il segno della pecora, anche se è stato ripubblicato di recente, fa parte del primo periodo dello scrittore, quello hard boiled, uno stile che ha abbandonato da anni; Norwegian wood è un romanzo assolutamente a sè stante, da considerarsi un caso a parte che non rientra nel modo più assoluto nei canoni di questo scrittore, sia per lo stile che per i contenuti. In ogni caso è uno dei suoi maggiori successi a livello mondiale, in patria ha vinto il prestigioso premio Tanizaki e ha consacrato Murakami nell'olimpo dei più grandi di sempre.
Vedo che la struttura è simile a "La fine del mondo e il paese delle meraviglie"... se devo essere sincero però, ho sempre trovato insensato l'alternare di capitoli che riprendono situazioni diverse... perchè proprio quando una parte inizia a coinvolgere e raggiunge il giusto pathos, bam, ecco che si cambia punto di vista, il pathos riparte da 0 e così via. E' una struttura che va a inficiare la scorrevolezza di un libro e che a volte (Ciclo dell'eredità su tutti >.>) diventa davvero frustrante.
Trovo molto più azzeccato ad esempio il modo di fare di Tolkien, dove per mezzo libro racconta le avventure di Frodo e Sam, e per l'altra metà gli affari di Aragorn, Gandalf e co.
Comunque di questo autore ho letto solo "La fine del mondo e il paese delle meraviglie", che fra i titoli importanti dell'autore non viene nemmeno citato... devo supporre che sia quindi uno dei suoi peggiori? Eppure mi è piaciuto molto.
Il libro, sono perfettamente d'accordo con @£ady K. costicchia un pò ma è dovuto all'edizione nella collana SuperCoralli, una fra le collane più prestigiose dell'editore...( forse costicchia troppo per questo periodo), mi sono chiesto subito, quanto intendano far pagare il terzo tomo...Come volume, @Shaoranlover mi sà che dovrei seguire di più le schede molto bella la tua nota critica che coglie alcuni dei punti deboli di questo autore per altri versi davvero bravo e veramente interessante ( consiglio di prendere e saltare a piè pari ogni pagina con le scene di sesso, non aggiungono e tolgono nulla al testo)
Anche questo volume ha gli stessi problemi che la nostra amica ci propone ?
Riuscire a scrivere una nutrita schiera di romanzi trattando sempre la stessa linea narrativa (e senza stancare mai i lettori!) trovo richieda un abilità davvero fuori dal comune.
Superfluo dire che acquisterà anche quest'ultima sua creazione....
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1. Ci mancherebbe solo odiare una persona per le sue opinioni.
2. Non hai dato alcuna argomentazione.
@Franzelion: E' una delle prime opere di Murakami e, forse, una di quella con lo stile più "grezzo" nonostante sia già molto personale.
La struttura che hai esposto è comune denominatore di tutti i suoi romanzi ma trovo che sia molto interessante: infatti, i capitoli si chiudono sempre con un momento di tensione e riescono nell'intento di far proseguire la lettura fino ai due capitoli successivi. Murakami ripete questa struttura alternandola, praticamente sblocca il classico effetto del "Un altro capitolo e poi basta"
Purtroppo, non ho potuto far a meno di confrontare tutte le sue opere con Dance Dance Dance, nonostante non ve ne sia ragione. Ritengo che rimanga insuperato.
Lo proverò a leggere sicuramente.
20 euro non sono pochi per le mie tasche, ma è un libro da 700 pagine quindi ci sta... magari farò un salto in biblioteca fra un po' di tempo se ce l'avranno..
@Uccello Gira-Viti
Ma è solo una mia impressione o "L'Uccello che Girava le viti del Mondo" assomiglia un sacco al tuo nick ??!?
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Fortunatamente, l'ho già ordinato; mi arriverà a breve. Non vedo l'ora di poterlo leggere.
Oddio, ma state davvero paragonando Banana Yoshimoto a Murakami?
Ecco la mia personale classifica dei libri letti di Murakami (il mio autore preferito in assoluto, che ha superato di gran lunga il mio iniziale amore per la Yoshimoto, che peraltro è un pò "involuta" negli ultimi libri):
- Norwegian wood. E' il libro più realistico di Murakami. Bellissima trasposizione cinematografica presentata lo scorso anno e mai arrivata sui grandi schermi italiani... che vergogna (mi sono dovuta "accontare" della versione giapponese con sottotitoli in inglese)
- La fine del mondo e il Paese delle meraviglie: fantastico. Il continuo passaggio dal mondo "reale" (per quanto di possa parlare di "reale" in un libro di Murakami) al "paese delle meraviglie" è molto interessante. Non si riesce a smettere di leggere.... e si continua a fare elucubrazione mentali che più contorte non si può. Una chicca: la città cinta da mura invalicabili che si vede in Haibane renmei è ispirata al libro di Murakami.
- L'uccello che girava le viti del mondo: altro tuffo in un mondo reale/surreale in cui non si capisce più dove finisce il sogno e inizia la realtà. Ed ecco il pozzo, luogo di buio profondo, e nel buio profondo, simbolo delle paure più inconscie, si aggirano spesso i personaggi di Murakami.
- Kafka sulla spiaggia: il vecchietto che parla con i gatti e il camionista che gli dà un passaggio sono tra i personaggi più divertenti che abbia mai incontrato. Ma anche tutti gli altri personaggi sono indimenticabili.
- La donna addormentata e i salici ciechi: una raccolta di racconti in cui ci si imbatte nei temi portanti delle tematiche di Murakami: la solutidine (in effetti, tutti i protagonisti dei vari libri sono persone estramamente sole, che si muovono da sole in un modo incomprensibile), le storie più surreali (quasi deliranti) e le storie invece più realistiche e profonde ("La lucciola" è un racconto da cui poi si svilupperà tutto "Norwegian wood").
- After dark: un pò corto.... rispetto agli altri... e meno sviluppato.
Cosa dire, alla fine di questo mio sproloquio? Se dovessi descrivere un libro di Murakami a qualcuno che non lo conosce avrei delle difficoltà, lo ammetto. Il termine che più mi viene in mente, e che in effetti ho usato spesso, è surreale, però non è quel surreale che ti allontana dai personaggi facendoteli sentire "lontani" perchè vivono in una sorta di Universo per certi versi parallelo; anzi, Murakami riesce a rendere realistiche le storie più irreali, forse per l'attenzione ai particolari, ai piccoli gesti quotidiani (un pò come la Yoshimoto.... o forse è più in generale una caratteristica della letteratura e cinematografia orientale, al di là dei singoli autori), ai sentimenti, anche estremi, dei personaggi. E poi, c'è una caratteristica di Murakami che mi piace un sacco: l'ironia, quell'ironia tagliente che i suoi personaggi tirano fuori nelle situazioni più impensate. Riassumendo: l'irreale che diventa reale, ecco come riesco a descrivere Murakami.
Grazie per aver parlato di 1Q84!!!!! Una notizia del genere mi fa un sacco piacere, e anche tutti i commenti al seguito
@ Dartes. Murakami e Yoshimoto sono competamente due generi diversi. Io personalmente ho amato la Yoshimoto (e la amo ancora... anche se gli ultimi libri non mi hanno entusiasmata granchè) ed amo Murakami. Non penso che uno escluda l'altro. Ho notato, in entrambi gli autori, una particolare sensibilità verso la descrizione dei più semplici atti quotidiani: anche la semplice descrizione di un bollitore di the in una giornata di pioggia è qualcosa che mi da una sensazione piacevolissima. Forse, questa delicatezza e attenzione per le piccole cose è una più generale caratteristica del mondo orientale? Anche Miyazaki è maestro in questo. O registi del calibro del coreano Kim Ki Duk e del cinese Wong Kar Wai. Al loro confronto, spesso, gli autori/registi occidentali mi sembrano... frettolosi (senza generalizzare tutti, ovvio)... o semplicemnte ..... diversi, senza voler necessariamente fare un paragone nel senso di meglio/peggio. Più in generale, il mondo Orientale e la sua filosofia è diverso da quello Occidentale.... OK, scoperta dell'acqua calda
@BioNeon
Tempo fa ho letto "La solitudine dei numeri primi", vincitore del premio Strega. Se è sopravvalutato Murakami, allora, cosa dovremmo dire di Giordano. E per fortuna che quel libro avrebbe dovuto essere il top della letteratura italiana... povera letteratura italiana. Ma qua si aprirebbe un dibattito troppo complesso e che non sono in grado di affrontare.
Scusate l'off-topic.
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