Riportiamo dal sito J-Pop un approfondimento su Golden Boy, in vista della imminente riedizione del manga:
«Kintaro Oe, 25 anni. Ha abbandonato gli studi alla facoltà di legge dell’Università di Tokyo, ma solo perché aveva già imparato tutto quello che l’università poteva insegnarli. Ora passa da un lavoro all’altro per imparare dalla vita. Anche oggi, con Mezzaluna, la sua amata mountain bike, se ne va senza meta verso il domani. Forse un giorno sarà proprio lui a salvare il Giappone, o perché no, il mondo intero».
Con queste parole, pronunciate dal narratore esterno, si concludono le puntate dell’anime e di parte dei capitoli del manga (sia pure con variazioni minime) di Golden Boy, opera di Tatsuya Egawa che molti in Italia ricordano principalmente per la trasmissione sugli schermi di MTV nel lontano autunno 1999 (e successive repliche), in quella che fu la prima Anime Night della nota emittente musicale.
L’anime, realizzato dallo studio Production I.G. tra il 1995 e il 1996, comprende sei episodi pensati per la distribuzione OAV (original animation video) e, una volta approdato in Italia grazie a Dynamic Italia, non ci mise molto a distinguersi come prodotto divertente e chiaramente ecchi (lettura ‘ecci’, erotico), che strizzava l’occhio agli spettatori maschili; il manga, distribuito dal medesimo editore tra il 1999 e il 2000, fu certamente trainato dal successo della versione animata, ma è più che lecito ipotizzare che abbia raggiunto un pubblico decisamente più ristretto. E questo è un peccato, dal momento che, come spesso succede, anche in questo caso l’opera originale ha molto di più da dire del suo limitato e breve adattamento animato.
Il manga di Golden Boy cominciò ad essere serializzato sulle pagine della rivista Super Jump a partire dal 1992 e venne bruscamente interrotto nel 1997 dall’editore Shueisha, rimanendo di fatto inconcluso. Raccolto in dieci volumetti (tankobon), venduti in circa 4,6 milioni di copie, è sorprendentemente ritornato alla ribalta nel 2010, quando l’autore, a distanza di tredici anni, ne ha disegnato il sequel, Golden Boy II, una nuova serie ambientata nel mondo della televisione e delle sue personalità (geinoujin), raccolta in due volumi, finora inedita in Italia e recentemente annunciata da J-POP.
La struttura del manga, inizialmente articolata in episodi autoconclusivi (fedelmente riproposti in cinque dei sei oav), ci introduce alla conoscenza del protagonista presentandocelo come un ex studente della prestigiosa università Todai, un freeter venticinquenne armato di agenda (su cui prende ogni genere di appunti), all’apparenza sciocco, ma in realtà solo slegato dalle convenzioni, libero, assetato di vita, capace di impegnarsi al massimo e di raggiungere alti risultati in ogni attività in cui si cimenta (istruttore di nuoto, venditore di oden, cassiere in un minimarket, etc.), in grado, con il suo comportamento, di cambiare in meglio la vita delle donne con cui di volta in volta viene in contatto. Successivamente, gli episodi autoconclusivi lasciano spazio ad una narrazione più continua che ci porta lentamente a scoprire, nella forma di un lungo flashback che vede il protagonista appena diciannovenne, il passato di Kintaro e le motivazioni del suo cambiamento, sviluppando alcuni personaggi importanti come la sua prima ragazza Yoko e il collega di studi universitari Kongoji.
Il fumetto, decisamente di più della versione animata, è consigliato ad un pubblico maturo per via delle immagini, talvolta al limite della pornografia e censurate già nella versione giapponese, che sono presenti in misura crescente con il procedere della storia: oltre a donne procaci e discinte, non mancano infatti le scene di sesso e autoerotismo, così come non si contano gli esempi di feticismo e di pratiche sadomaso. Non si tratta peraltro di una novità nelle opere di Egawa, che ha spesso indugiato nei suoi lavori sulla rappresentazione erotica, quasi ai confini dell’esplicitamente pornografico, talvolta in chiave funzionale rispetto alla narrazione (si pensi a The Last Man), altre volte, ed è forse il caso di alcuni momenti di Golden Boy o di parte di Be Free!, il primo grande successo dell’autore da molti accostato al G.T.O. di Fujisawa, eccedendo in modo gratuito e forse controproducente.
Forse. Già, perché non dobbiamo dimenticare la cornice culturale entro cui nascono i manga e in questo senso molte delle situazioni che ci possono apparire fuori dal mondo, perverse e “malate”, riflettono semplicemente il particolare contesto e il punto di vista nipponico in materia di sessualità, collocandosi ancora entro quella soglia di accettabilità che fa di Golden Boy un manga non pornografico. Un paese, quello del Sol Levante, in cui convivono (e verosimilmente si alimentano a vicenda) alti livelli di pornografia e sadismo con un accentuato senso del pudore e una severa censura istituzionale; tanto per fare un esempio noto, si pensi alla commercializzazione di slip femminili usati da un lato e alla censura dei genitali nei film pornografici dall’altro.
Il rischio che una così cospicua rappresentazione erotica possa alla lunga infastidire se non scandalizzare è indubbiamente presente e reale ma, così come per quanti la dovessero oltremodo apprezzare, ciò sarebbe la conseguenza di una limitazione al primo piano di lettura dell’opera, quello più immediato e superficiale. A un secondo livello più meditato e profondo, il sesso e le diverse fantasie messe in scena possono nascondere in realtà un preciso messaggio che li vede innalzarsi di volta in volta a strumento di controllo sugli altri (come ben espresso dal personaggio di Kongoji) o ad espressione e mezzo di liberazione sociale, secondo un’interpretazione che non costituisce una forzatura, venendo anzi anche esplicitata, ma che non è stata, a mio parere, sviluppata come avrebbe meritato.
Altre interessanti sollecitazioni, in verità non sempre argomentate al meglio ma comunque sollevate nel corso della serie, provengono dalla critica alla violenza e alle guerre, dalla denuncia del sistema capitalista fondato sul mero possesso e sul consumo, da un certo ambientalismo, dall’invocazione del libero amore che non si risolve nel possesso dell’altro, fino all’attacco rivolto al sistema scolastico giapponese, incapace di formare individui quanto piuttosto organizzato in modo da creare automi indottrinati e passivi. In tutti questi casi si tratta di riflessioni che vediamo partorire dal confronto dialettico tra il giovane Kintaro, allora ancora uomo integrato e vittima della società, e le figure di Yoko e Kongoji, sorta di guide spirituali per il protagonista condotto così sulla via dell’illuminazione e della liberazione; «imparo, imparo, imparo», la frase che costantemente vedremo ripetuta da Oe, diventa in tal senso non solo una specie di mantra, ma un vero e proprio manifesto del cambiamento dell’uomo libero, aperto al mondo e all’esperienza di esso senza pregiudizi, mosso dalla sete di conoscenza per migliorare se stesso.
Francesco Calderone
«Kintaro Oe, 25 anni. Ha abbandonato gli studi alla facoltà di legge dell’Università di Tokyo, ma solo perché aveva già imparato tutto quello che l’università poteva insegnarli. Ora passa da un lavoro all’altro per imparare dalla vita. Anche oggi, con Mezzaluna, la sua amata mountain bike, se ne va senza meta verso il domani. Forse un giorno sarà proprio lui a salvare il Giappone, o perché no, il mondo intero».
Con queste parole, pronunciate dal narratore esterno, si concludono le puntate dell’anime e di parte dei capitoli del manga (sia pure con variazioni minime) di Golden Boy, opera di Tatsuya Egawa che molti in Italia ricordano principalmente per la trasmissione sugli schermi di MTV nel lontano autunno 1999 (e successive repliche), in quella che fu la prima Anime Night della nota emittente musicale.
L’anime, realizzato dallo studio Production I.G. tra il 1995 e il 1996, comprende sei episodi pensati per la distribuzione OAV (original animation video) e, una volta approdato in Italia grazie a Dynamic Italia, non ci mise molto a distinguersi come prodotto divertente e chiaramente ecchi (lettura ‘ecci’, erotico), che strizzava l’occhio agli spettatori maschili; il manga, distribuito dal medesimo editore tra il 1999 e il 2000, fu certamente trainato dal successo della versione animata, ma è più che lecito ipotizzare che abbia raggiunto un pubblico decisamente più ristretto. E questo è un peccato, dal momento che, come spesso succede, anche in questo caso l’opera originale ha molto di più da dire del suo limitato e breve adattamento animato.
Il manga di Golden Boy cominciò ad essere serializzato sulle pagine della rivista Super Jump a partire dal 1992 e venne bruscamente interrotto nel 1997 dall’editore Shueisha, rimanendo di fatto inconcluso. Raccolto in dieci volumetti (tankobon), venduti in circa 4,6 milioni di copie, è sorprendentemente ritornato alla ribalta nel 2010, quando l’autore, a distanza di tredici anni, ne ha disegnato il sequel, Golden Boy II, una nuova serie ambientata nel mondo della televisione e delle sue personalità (geinoujin), raccolta in due volumi, finora inedita in Italia e recentemente annunciata da J-POP.
La struttura del manga, inizialmente articolata in episodi autoconclusivi (fedelmente riproposti in cinque dei sei oav), ci introduce alla conoscenza del protagonista presentandocelo come un ex studente della prestigiosa università Todai, un freeter venticinquenne armato di agenda (su cui prende ogni genere di appunti), all’apparenza sciocco, ma in realtà solo slegato dalle convenzioni, libero, assetato di vita, capace di impegnarsi al massimo e di raggiungere alti risultati in ogni attività in cui si cimenta (istruttore di nuoto, venditore di oden, cassiere in un minimarket, etc.), in grado, con il suo comportamento, di cambiare in meglio la vita delle donne con cui di volta in volta viene in contatto. Successivamente, gli episodi autoconclusivi lasciano spazio ad una narrazione più continua che ci porta lentamente a scoprire, nella forma di un lungo flashback che vede il protagonista appena diciannovenne, il passato di Kintaro e le motivazioni del suo cambiamento, sviluppando alcuni personaggi importanti come la sua prima ragazza Yoko e il collega di studi universitari Kongoji.
Il fumetto, decisamente di più della versione animata, è consigliato ad un pubblico maturo per via delle immagini, talvolta al limite della pornografia e censurate già nella versione giapponese, che sono presenti in misura crescente con il procedere della storia: oltre a donne procaci e discinte, non mancano infatti le scene di sesso e autoerotismo, così come non si contano gli esempi di feticismo e di pratiche sadomaso. Non si tratta peraltro di una novità nelle opere di Egawa, che ha spesso indugiato nei suoi lavori sulla rappresentazione erotica, quasi ai confini dell’esplicitamente pornografico, talvolta in chiave funzionale rispetto alla narrazione (si pensi a The Last Man), altre volte, ed è forse il caso di alcuni momenti di Golden Boy o di parte di Be Free!, il primo grande successo dell’autore da molti accostato al G.T.O. di Fujisawa, eccedendo in modo gratuito e forse controproducente.
Forse. Già, perché non dobbiamo dimenticare la cornice culturale entro cui nascono i manga e in questo senso molte delle situazioni che ci possono apparire fuori dal mondo, perverse e “malate”, riflettono semplicemente il particolare contesto e il punto di vista nipponico in materia di sessualità, collocandosi ancora entro quella soglia di accettabilità che fa di Golden Boy un manga non pornografico. Un paese, quello del Sol Levante, in cui convivono (e verosimilmente si alimentano a vicenda) alti livelli di pornografia e sadismo con un accentuato senso del pudore e una severa censura istituzionale; tanto per fare un esempio noto, si pensi alla commercializzazione di slip femminili usati da un lato e alla censura dei genitali nei film pornografici dall’altro.
Il rischio che una così cospicua rappresentazione erotica possa alla lunga infastidire se non scandalizzare è indubbiamente presente e reale ma, così come per quanti la dovessero oltremodo apprezzare, ciò sarebbe la conseguenza di una limitazione al primo piano di lettura dell’opera, quello più immediato e superficiale. A un secondo livello più meditato e profondo, il sesso e le diverse fantasie messe in scena possono nascondere in realtà un preciso messaggio che li vede innalzarsi di volta in volta a strumento di controllo sugli altri (come ben espresso dal personaggio di Kongoji) o ad espressione e mezzo di liberazione sociale, secondo un’interpretazione che non costituisce una forzatura, venendo anzi anche esplicitata, ma che non è stata, a mio parere, sviluppata come avrebbe meritato.
Altre interessanti sollecitazioni, in verità non sempre argomentate al meglio ma comunque sollevate nel corso della serie, provengono dalla critica alla violenza e alle guerre, dalla denuncia del sistema capitalista fondato sul mero possesso e sul consumo, da un certo ambientalismo, dall’invocazione del libero amore che non si risolve nel possesso dell’altro, fino all’attacco rivolto al sistema scolastico giapponese, incapace di formare individui quanto piuttosto organizzato in modo da creare automi indottrinati e passivi. In tutti questi casi si tratta di riflessioni che vediamo partorire dal confronto dialettico tra il giovane Kintaro, allora ancora uomo integrato e vittima della società, e le figure di Yoko e Kongoji, sorta di guide spirituali per il protagonista condotto così sulla via dell’illuminazione e della liberazione; «imparo, imparo, imparo», la frase che costantemente vedremo ripetuta da Oe, diventa in tal senso non solo una specie di mantra, ma un vero e proprio manifesto del cambiamento dell’uomo libero, aperto al mondo e all’esperienza di esso senza pregiudizi, mosso dalla sete di conoscenza per migliorare se stesso.
Francesco Calderone
Mi ricordo ancora la mitica battaglia fra kin e kon per il destino del mondo !!
( cacchio sono già passati 13 anni dalla prima pubblicazione ! )
Comunque ragazzi riprendiamo tutti la nostra mitica mezzaluna urlando : imparo,imparo,imparo,imparo,imparo,imparo,imparo,imparo,imparo,imparo, ecc.
[img] http://www.animehere.com/res/covers/golden-boy_o.jpg [/img]
Avvertenza: non pensiate che sia breve da leggere, come lunghezza dei testi supera Death Note, e pure molti comics americani.
Aspetto GB II quello sì
il manga, distribuito dal medesimo editore tra il 1999 e il 2000, fu certamente trainato dal successo della versione animata, ma è più che lecito ipotizzare che abbia raggiunto un pubblico decisamente più ristretto. E questo è un peccato, dal momento che, come spesso succede, anche in questo caso l'opera originale ha molto di più da dire del suo limitato e breve adattamento animato
Looool che amenità !!!! ma se il manga completo non si trovava mai sotto ai 50 euro completo fino a pochi anni fa !!!
Il fumetto [CUT] immagini, talvolta al limite della pornografia e censurate già nella versione giapponese
Oddio quindi sia la versione Dynamic che questa J-Pop era/sarà censurata ?!?!?!? O____O
Ma nooooo!!!
Ecco Be Free! altra serie da recuperare ormai da anni, ma che non ho mai trovato ad un prezzo soddisfacente...
( il lettore medio deve avere almeno 21 anni..)
Chi lo vede soltanto come un prodotto quasi pornografico non lo comprende appieno !!
@RyOGo
per me la riflessione c'è eccome. Mette alla berlina l' ordine sociale del popolo giapponese.
1- Come scritto a inizio notizia, l'approfondimento è stato preso dal sito J-POP, e l'autore è Francesco Calderone, NON io
2- Non credo di essermi mai scandalizzato per alcunché in vita mia
Quoto kuma-29...
1- ops, pensavo fosse il tuo vero nome
2- buon per te
@Burnedvash
Avresti dovuto chiamarla "mezzaluna"
Golden Boy è uno dei migliori anime anni 90
GB va oltremodo oltre l'essere un hentai oppure un manga che vuole raccontare una storia, Egawa spiega la sua "visione del mondo".
Anche se sinceramente, per ricredermi, mi potrei vedere l' anime.
Detto questo, il manga di Golden Boy riesce addirittura ad essere peggio dell'anime. E ce ne vuole.
Adoro l'anime, non penso che la versione cartacea mi possa donare le stesse emozioni in più abbiamo largamente superato il limite di decenza col costo dei volumetti.
Beh, spero proprio che Egawa non le inserisca solo per questo!
Questo non segnerebbe certo un punto a suo favore, perché secondo me se un mangaka deve per forza ricorrere alle scene di sesso esplicito per attirare lettori vuol dire che non è sufficientemente bravo da farsi apprezzare per ciò che davvero dovrebbe contare in un fumetto, ovvero lo stile di disegno e, soprattutto, la sceneggiatura!
Ci avevo pensato, ma ho ritenuto che sarebbe stato troppo "scontato", e in più mi sembra giusto che mezzaluna resti il nome della mountain bike di Kintaro. E poi chiamarla Kintaro la rende più "originale"
SPOILER?
finiscono i capitoli autoconclusivi e iniziano le saghe.
Sì, sAghe.
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