Certo che, dai tempi di Pang, Space Invaders e Arkhanoid, i videogiochi si sono evoluti tantissimo.
Mondi vastissimi da esplorare, sceneggiature da premio Oscar, trame intricate, personaggi dalla psicologia profonda e sfaccettata, una grafica dettagliatissima e al limite del fotorealismo, film interattivi che coinvolgono e commuovono, colonne sonore epocali, viaggi con la fantasia in qualsiasi tempo e luogo, simulatori precisissimi di qualsiasi sport (dal calcio al wrestling, dall'hockey allo skateboarding) e di qualsiasi realtà (dalle rockband agli aeroplani, dal calcio manageriale ai luna park), fino a giungere a rappresentazioni digitali della vita reale che possono essere altrettanto sfaccettate e noiose: i videogiocatori trovano tutto questo e ancor di più nei titoli che, anno dopo anno, escono nei negozi.
Titoli che, per quanto variegati, il più delle volte si accontentano di restare in schemi e generi già trattati da altri, magari scopiazzando le meccaniche di gioco di opere famose/di moda o semplicemente riaggiornandosi di anno in anno con poche variazioni.
Cosa significa, al giorno d'oggi, nel tempo dei giochi per cellulari, di quelli online e di quelli con grafica fotorealistica, creare un gioco "cool"?
Ce lo ha detto, in occasione di Lucca Comics & Games 2013, il game designer giapponese Yutaka "Yoot" Saito, uno degli ospiti d'onore della manifestazione.
Nato a Tokyo nel 1962, Yoot Saito è attivo nell'industria dei videogiochi sin dal 1995, anno di rilascio del suo primo gioco, Sim Tower (ザ・タワー, The Tower, in Giappone), pubblicato per Pc dalla software house Maxis. Gioco piuttosto popolare negli anni '90, Sim Tower è un... "simulatore di condominio", in cui lo scopo del giocatore è quello di popolarlo con quanti più inquilini possibili e far sì che nelle loro case questi si trovino a proprio agio.
Già nella sua prima opera, si possono notare le linee guida dello stile di Yoot Saito come game designer.
Lo ha detto a chiare lettere in risposta ad una domanda del pubblico: Yoot Saito non è un narratore, lui produce giochi, non storie, e quindi le sue opere puntano tutto sulla giocabilità piuttosto che sulla trama, non prevedono l'esplorazione di scenari molto vasti, né hanno personaggi dalle psicologie complicate, ma si sviluppano tutti in un'unica schermata, in modo che il giocatore possa avere tutto sotto controllo e capire le meccaniche del gioco in maniera intuitiva.
Cos'è, per Yoot Saito, un gioco "cool"?
Innanzitutto un gioco che diverte e appassiona, fino al punto di creare dipendenza, come avviene con molti rompicapi o giochi gestionali.
Inoltre, caratteristica fondamentale di un gioco "cool" è il suo essere unico e originale.
Yoot Saito nota che i giovani game designer cercano sempre di imitare i grandi successi già collaudati, cercando di compiacere il pubblico, ma il designer giapponese non è d'accordo con questa tendenza ed è, anzi, convinto che un gioco "cool" debba saper stupire proponendo qualcosa di nuovo, di particolare, anche a costo di contrariare la massa e di realizzare qualcosa che viene malvisto persino dalle stesse software house.
Seaman (シーマン, Seaman), il secondo gioco realizzato dal designer di Tokyo nella sua carriera esemplifica alla perfezione questo suo pensiero.
Seaman, uscito per Sega Dreamcast nel 1999, sovverte tutti gli schemi.
Al contrario della maggior parte dei giochi, che si basano su un personaggio carismatico, di bell'aspetto, pieno di simpatia, eroismo o tenerezza, ha come protagonista un orrido pesce con testa umana, una creatura che, in un altro gioco, sarebbe stata un mostro da uccidere a colpi di pistola.
Seaman, la creatura del gioco, vive in un acquario virtuale che viene riprodotto sul televisore e si fa osservatore del mondo reale e della vita del giocatore che dovrà prendersene cura, con cui viene messo in comunicazione tramite microfono, può parlare e interagire in diversi modi.
Yoot Saito, col suo ripugnante uomo-pesce, riesce a sovvertire il rapporto fra videogioco e videogiocatore e fra i loro due mondi (che, a differenza di quanto accade nei normali videogiochi, coincidono). Una sorta di strambo Tamagotchi in cui la creatura di cui prendersi cura non è un tenero animaletto, ma un mostriciattolo che può parlare col giocatore e persino offenderlo!
Seaman, in Giappone, è diventato un fenomeno di costume in breve tempo. Ne sono uscite diverse versioni, un seguito per Playstation 2, ed è stato persino rilasciato in una versione inglese, dove l'uomo-pesce parla con la voce di Leonard Nimoy (il celebre Spock della saga Star Trek).
Un altro esempio degli strambi giochi di Yoot Saito è Odama (大玉 Ōdama, "la grande palla"), uscito per Nintendo Game Cube nel 2006. Si tratta di un bizzarro incrocio fra un gioco di strategia ambientato nell'epoca Sengoku e... un flipper!
Decisiva per le sorti delle battaglie fra eserciti presentati dal gioco è infatti una palla gigante che può essere rilasciata sul campo facendo strage indiscriminata di soldati e guerrieri di entrambi gli schieramenti. Fortunatamente, il giocatore può comunicare con le sue truppe via microfono, impartendogli l'ordine di fuggire dalla gigantesca palla e indicandogli la direzione in cui scappare per aver salva la vita.
Elogiato dalla critica, Odama è purtroppo stato un flop commerciale, a differenza di Sim Tower e Seaman.
A Yoot Saito non piacciono i giochi troppo freddi, come ad esempio molti simulatori di poker che girano su cellulare. E' fortemente convinto che fra gioco e giocatore si debba venire a creare un canale di comunicazione, un legame inscindibile che aiuta il giocatore ad esprimere se stesso e, perché no, persino a crescere, attraverso il modo in cui si rapporta all'esperienza di gioco.
Ad esempio, racconta, di recente gli è stato detto da un giovane studente di sua conoscenza che Tetris (il celeberrimo rompicapo creato da Alexey Pajitnov nel 1985) è un gioco noioso che non insegna nulla al giocatore e non gli porta alcuna soddisfazione. Il game designer di Tokyo, ridendo sotto i suoi piccoli baffetti, si è detto contrario a questa affermazione. Per lui, infatti, Tetris è un gioco estremamente intelligente e inaspettatamente profondo, che aiuta il giocatore a capire molto di sé e che cresce insieme a lui.
Con una metafora tanto stupida all'apparenza quanto arguta e sorprendentemente intelligente, Yoot Saito racconta che, quando era giovane e giocava a Tetris, tendeva ad accumulare molte file di pezzi, aspettando l'arrivo del pezzo lungo che gli avrebbe permesso di liberare parecchio spazio e fare molti punti.
Questo, dice, è un comportamento tipico della giovinezza, un età in cui si è disposti a tutto pur di raggiungere obbiettivi importanti e realizzare i propri sogni (obbiettivi di cui un alto punteggio a Tetris sono la metafora),in cui ci si lancia in molte esperienze e sfide senza soppesarne i rischi (come quello di non trovare il pezzo lungo e di finire lo spazio accatastando troppi pezzi nell'attesa).
Oggi, invece, Yoot Saito ha modificato radicalmente il suo modo di giocare a Tetris, perché tende a far scomparire subito quante più file possibili, facendo magari meno punti ,ma anche correndo meno rischi.
Se questo è possibile, dice, è perché oggi è cresciuto ed è diventato più maturo, saggio e cauto.
Un game designer che vuole realizzare un gioco "cool" deve accumulare molti pezzi del suo metaforico Tetris, anche a costo di rischiare la sconfitta, creando un gioco originale e personale e, soprattutto, avendo fiducia in sé, terzo elemento fondamentale per la realizzazione di un gioco "cool".
Purtroppo, non tutte le software house hanno la possibilità o la voglia di rischiare con la pubblicazione di un gioco particolare che potrebbe essere un flop commerciale, come successo per Odama, che per il designer giapponese è il suo miglior lavoro, ma non è stato apprezzato dal pubblico.
Yoot Saito ha lavorato con Sega e Nintendo, piuttosto che con la più commerciale Sony, perché queste due compagnie hanno un'enorme fucina di talenti e spesso e volentieri amano rischiare con la pubblicazione di giochi un po' più particolari.
Attualmente, sta continuando a lavorare tramite la sua software house Vivarium, pubblicando giochi per Nintendo DS e Ipad.
Mondi vastissimi da esplorare, sceneggiature da premio Oscar, trame intricate, personaggi dalla psicologia profonda e sfaccettata, una grafica dettagliatissima e al limite del fotorealismo, film interattivi che coinvolgono e commuovono, colonne sonore epocali, viaggi con la fantasia in qualsiasi tempo e luogo, simulatori precisissimi di qualsiasi sport (dal calcio al wrestling, dall'hockey allo skateboarding) e di qualsiasi realtà (dalle rockband agli aeroplani, dal calcio manageriale ai luna park), fino a giungere a rappresentazioni digitali della vita reale che possono essere altrettanto sfaccettate e noiose: i videogiocatori trovano tutto questo e ancor di più nei titoli che, anno dopo anno, escono nei negozi.
Titoli che, per quanto variegati, il più delle volte si accontentano di restare in schemi e generi già trattati da altri, magari scopiazzando le meccaniche di gioco di opere famose/di moda o semplicemente riaggiornandosi di anno in anno con poche variazioni.
Cosa significa, al giorno d'oggi, nel tempo dei giochi per cellulari, di quelli online e di quelli con grafica fotorealistica, creare un gioco "cool"?
Ce lo ha detto, in occasione di Lucca Comics & Games 2013, il game designer giapponese Yutaka "Yoot" Saito, uno degli ospiti d'onore della manifestazione.
Nato a Tokyo nel 1962, Yoot Saito è attivo nell'industria dei videogiochi sin dal 1995, anno di rilascio del suo primo gioco, Sim Tower (ザ・タワー, The Tower, in Giappone), pubblicato per Pc dalla software house Maxis. Gioco piuttosto popolare negli anni '90, Sim Tower è un... "simulatore di condominio", in cui lo scopo del giocatore è quello di popolarlo con quanti più inquilini possibili e far sì che nelle loro case questi si trovino a proprio agio.
Già nella sua prima opera, si possono notare le linee guida dello stile di Yoot Saito come game designer.
Lo ha detto a chiare lettere in risposta ad una domanda del pubblico: Yoot Saito non è un narratore, lui produce giochi, non storie, e quindi le sue opere puntano tutto sulla giocabilità piuttosto che sulla trama, non prevedono l'esplorazione di scenari molto vasti, né hanno personaggi dalle psicologie complicate, ma si sviluppano tutti in un'unica schermata, in modo che il giocatore possa avere tutto sotto controllo e capire le meccaniche del gioco in maniera intuitiva.
Cos'è, per Yoot Saito, un gioco "cool"?
Innanzitutto un gioco che diverte e appassiona, fino al punto di creare dipendenza, come avviene con molti rompicapi o giochi gestionali.
Inoltre, caratteristica fondamentale di un gioco "cool" è il suo essere unico e originale.
Yoot Saito nota che i giovani game designer cercano sempre di imitare i grandi successi già collaudati, cercando di compiacere il pubblico, ma il designer giapponese non è d'accordo con questa tendenza ed è, anzi, convinto che un gioco "cool" debba saper stupire proponendo qualcosa di nuovo, di particolare, anche a costo di contrariare la massa e di realizzare qualcosa che viene malvisto persino dalle stesse software house.
Seaman (シーマン, Seaman), il secondo gioco realizzato dal designer di Tokyo nella sua carriera esemplifica alla perfezione questo suo pensiero.
Seaman, uscito per Sega Dreamcast nel 1999, sovverte tutti gli schemi.
Al contrario della maggior parte dei giochi, che si basano su un personaggio carismatico, di bell'aspetto, pieno di simpatia, eroismo o tenerezza, ha come protagonista un orrido pesce con testa umana, una creatura che, in un altro gioco, sarebbe stata un mostro da uccidere a colpi di pistola.
Seaman, la creatura del gioco, vive in un acquario virtuale che viene riprodotto sul televisore e si fa osservatore del mondo reale e della vita del giocatore che dovrà prendersene cura, con cui viene messo in comunicazione tramite microfono, può parlare e interagire in diversi modi.
Yoot Saito, col suo ripugnante uomo-pesce, riesce a sovvertire il rapporto fra videogioco e videogiocatore e fra i loro due mondi (che, a differenza di quanto accade nei normali videogiochi, coincidono). Una sorta di strambo Tamagotchi in cui la creatura di cui prendersi cura non è un tenero animaletto, ma un mostriciattolo che può parlare col giocatore e persino offenderlo!
Seaman, in Giappone, è diventato un fenomeno di costume in breve tempo. Ne sono uscite diverse versioni, un seguito per Playstation 2, ed è stato persino rilasciato in una versione inglese, dove l'uomo-pesce parla con la voce di Leonard Nimoy (il celebre Spock della saga Star Trek).
Un altro esempio degli strambi giochi di Yoot Saito è Odama (大玉 Ōdama, "la grande palla"), uscito per Nintendo Game Cube nel 2006. Si tratta di un bizzarro incrocio fra un gioco di strategia ambientato nell'epoca Sengoku e... un flipper!
Decisiva per le sorti delle battaglie fra eserciti presentati dal gioco è infatti una palla gigante che può essere rilasciata sul campo facendo strage indiscriminata di soldati e guerrieri di entrambi gli schieramenti. Fortunatamente, il giocatore può comunicare con le sue truppe via microfono, impartendogli l'ordine di fuggire dalla gigantesca palla e indicandogli la direzione in cui scappare per aver salva la vita.
Elogiato dalla critica, Odama è purtroppo stato un flop commerciale, a differenza di Sim Tower e Seaman.
A Yoot Saito non piacciono i giochi troppo freddi, come ad esempio molti simulatori di poker che girano su cellulare. E' fortemente convinto che fra gioco e giocatore si debba venire a creare un canale di comunicazione, un legame inscindibile che aiuta il giocatore ad esprimere se stesso e, perché no, persino a crescere, attraverso il modo in cui si rapporta all'esperienza di gioco.
Ad esempio, racconta, di recente gli è stato detto da un giovane studente di sua conoscenza che Tetris (il celeberrimo rompicapo creato da Alexey Pajitnov nel 1985) è un gioco noioso che non insegna nulla al giocatore e non gli porta alcuna soddisfazione. Il game designer di Tokyo, ridendo sotto i suoi piccoli baffetti, si è detto contrario a questa affermazione. Per lui, infatti, Tetris è un gioco estremamente intelligente e inaspettatamente profondo, che aiuta il giocatore a capire molto di sé e che cresce insieme a lui.
Con una metafora tanto stupida all'apparenza quanto arguta e sorprendentemente intelligente, Yoot Saito racconta che, quando era giovane e giocava a Tetris, tendeva ad accumulare molte file di pezzi, aspettando l'arrivo del pezzo lungo che gli avrebbe permesso di liberare parecchio spazio e fare molti punti.
Questo, dice, è un comportamento tipico della giovinezza, un età in cui si è disposti a tutto pur di raggiungere obbiettivi importanti e realizzare i propri sogni (obbiettivi di cui un alto punteggio a Tetris sono la metafora),in cui ci si lancia in molte esperienze e sfide senza soppesarne i rischi (come quello di non trovare il pezzo lungo e di finire lo spazio accatastando troppi pezzi nell'attesa).
Oggi, invece, Yoot Saito ha modificato radicalmente il suo modo di giocare a Tetris, perché tende a far scomparire subito quante più file possibili, facendo magari meno punti ,ma anche correndo meno rischi.
Se questo è possibile, dice, è perché oggi è cresciuto ed è diventato più maturo, saggio e cauto.
Un game designer che vuole realizzare un gioco "cool" deve accumulare molti pezzi del suo metaforico Tetris, anche a costo di rischiare la sconfitta, creando un gioco originale e personale e, soprattutto, avendo fiducia in sé, terzo elemento fondamentale per la realizzazione di un gioco "cool".
Purtroppo, non tutte le software house hanno la possibilità o la voglia di rischiare con la pubblicazione di un gioco particolare che potrebbe essere un flop commerciale, come successo per Odama, che per il designer giapponese è il suo miglior lavoro, ma non è stato apprezzato dal pubblico.
Yoot Saito ha lavorato con Sega e Nintendo, piuttosto che con la più commerciale Sony, perché queste due compagnie hanno un'enorme fucina di talenti e spesso e volentieri amano rischiare con la pubblicazione di giochi un po' più particolari.
Attualmente, sta continuando a lavorare tramite la sua software house Vivarium, pubblicando giochi per Nintendo DS e Ipad.
Il buon Saito coglie nel segno, peccato che per i game designer di fantasia ci sia poco spazio nel panorama attuale, vero Clover Studio?
Sono parecchio curioso di provare Odama e Seaman, devono essere tanto folli quanto divertenti
Però faccio notare a Kotaro che la Nintendo è una casa commerciale quanto la Sony
In ambito portatile la batte anche di brutto!
@Narutimate trovo a dir la verità che ci sia più spazio oggi per i game designer più particolari, rispetto anche solo al 2007 (quando chiuse il Clover Studio), graze soprattutto ai canali di distribuzione digitale. L'esplosione degli indie ne è la dimostrazione. Purtroppo certe società, come Capcom, ragionano ancora come se fossero le padroni del mercato, quando invece ormai non valgono quasi più nulla. Il risultato è stato appunto la "fuga dei cervelli" da queste grandi aziende.
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