Aoi Miyamori, Ema Yasuhara, Midori Imai, Misa Todo e Shizuka Sakaki sono cinque normali studentesse di un club d'animazione che, dopo aver realizzato un breve anime amatoriale da proiettare nella propria scuola, si scambiano la promessa di produrre, un giorno, un vero e proprio prodotto d'animazione professionale tutte insieme.
Qualche anno dopo, Miyamori è un'assistente alla produzione della Musashino Animation alle prese col suo primo incarico, Ema è diventata un'animatrice del medesimo studio, Misa è stata assunta da una ditta specializzata in CG, Midori frequenta l'università mentre cerca di scrivere una sceneggiatura e Shizuka lavora part-time mentre tenta di ottenere una parte come doppiatrice di una serie televisiva.
Shirobako è la storia di queste cinque ragazze, e della Musashino Animation tutta, nel dietro le quinte del mondo dell'animazione.
Come ben sanno tutti coloro che lo seguono con un minimo di interesse, il mondo dell'animazione è tutt'altro che rose e fiori e Shirobako, pur senza calcare troppo la mano e restando su toni abbastanza leggeri e atmosfere a volte persino da parodia comica, non si fa problemi a mostrarne alcuni degli aspetti meno piacevoli. A partire dalla conclusione del primo episodio, col direttore delle animazioni che sviene dalla stanchezza per il troppo lavoro, abbiamo animatori che tornano a casa in bicicletta per prepararsi il pranzo in quanto acquistarlo già pronto costerebbe troppo, assistenti alla produzione sull'orlo di una crisi di nervi per la difficoltà di far incastrare le esigenze di tutti gli addetti alla realizzazione di un anime, registi che a metà serie inoltrata ancora non hanno deciso come concludere un'opera e realizzato lo storyboard dell'ultimo episodio, editor svogliati a cui non importa nulla della qualità del prodotto finale, un mondo del doppiaggio in cui l'abilità della doppiatrice conta sempre meno rispetto ad elementi come notorietà, aspetto fisico o capacità canore... ma, forse, maggiormente significativo in tal senso è l'assoluta naturalezza con cui molti dei personaggi della serie passino intere notti insonni per completare il lavoro in tempo prima della terribile data di consegna.
Grande spazio viene dato al fanservice dedicato alla spiegazione dei vari aspetti della produzione di una serie televisiva, sebbene forse parlare di fanservice sia improprio in questo caso, non trattandosi di spezzoni slegati dal resto della storia al solo fine di accontentare un determinato gruppo di appassionati bensì di una delle tematiche principali della serie.
Nell'arco della serie assistiamo a quasi tutte le fasi della produzione di un anime, a partire dai tentativi di ottenere i diritti di trasposizione di un manga famoso (chiaramente durante una partita di mahjong) per passare poi alle varie fasi produttive: sceneggiatura, storyboard, character design, smistamento dei disegni chiave tra i vari animatori, intercalari, fondali e direzione artistica, colorazione, computer grafica, colonna sonora, creazione dei rumori, selezione delle doppiatrici e sessioni di doppiaggio vere e proprie, montaggio conclusivo e infine consegna (in alcuni casi anche a poche ore dal termine ultimo) del prodotto finale alle emittenti televisive. Il tutto visto dal punto di vista di tutti i vari personaggi che prendono parte alla lavorazione, con un occhio di riguardo, naturalmente, alla protagonista Miyamori che, in quanto assistente di produzione, si occupa di coordinare tutti gli aspetti, mettendo in comunicazione i vari reparti, preoccupandosi che i vari materiali arrivino a chi deve lavorarci, preparando scalette riassuntive e tabelle di marcia.
Per permettere la piena comprensione di tutti gli aspetti produttivi trattati anche a chi è quasi completamente a digiuno dei singoli aspetti che compongono la realizzazione di un anime, si è scelto di realizzare effettivamente diversi spezzoni dei due anime (Dai san hikou shoujo-tai ed Exodus!) su cui lavorano i personaggi della serie. Si discute della sceneggiatura, di che messaggio si vuole trasmettere e che emozioni si vuole far provare agli spettatori, si definiscono i personaggi e cosa vogliono rappresentare, si assiste alla nascita di vari spezzoni animati a partire dai disegni chiave, vedendoli poi “prendere vita” con l'aggiunta degli intercalari, dei colori, del suono e del doppiaggio, si confrontano tra loro diversi tentativi di character design sui medesimi personaggi, si paragona la stessa scena realizzata a mano o in CG e ci si chiede quale sia migliore, si litiga su come selezionare la doppiatrice più adatta, e tante altre piccole chicche.
La cura nella definizione di questi “anime nell'anime” è tale che nei Blu-Ray giapponesi sono stati inseriti come OVA, i primi episodi completi di Exodus! e Dai san hikou shoujo-tai. A rendere ancora più credibile l'atmosfera generale è la decisione di inserire personaggi ispirati a figure realmente esistenti: da Hideaki Anno a Showji Kawamori, da Ichiro Itano allo stesso regista di Shirobako, passando per diverse citazioni a studi reali (riuscite a capire a chi si ispirano i vari Bee Production, Sunup, The Born, I.G. Staff?). E anche per i personaggi originali della serie, viene spontaneo pensare che gli autori abbiano attinto a piene mani dalla propria esperienza personale: non stupirebbe quindi sapere che esiste realmente una “goth-loli-sama” o animatori che fanno la danza dell'angelo sui tetti degli studi di produzioni per sciogliere i muscoli delle spalle.
Ma Shirobako non è solo un quasi-documentario atto a mostrare la produzione di un anime, in quanto grande importanza viene posta alla caratterizzazione dell'ampio e variegato cast di personaggi. Degno di nota è in particolar modo l'intero cast femminile della serie, il vero e proprio motore di Shirobako. Diversamente da quanto si potrebbe pensare dalle varie immagini promozionali, il quintetto protagonista dell'opera, così come tutte le figure di contorno, sono ben lontane dai classici stereotipi moe da ragazzine carine prive di cervello, e non si tratta nemmeno dei canonici personaggi femminili che vivono in funzione del maschio della situazione senza alcuna storia personale dietro: complice anche la completa assenza di sottotrame sentimentali, si tratta di personaggi con una propria identità, un proprio scopo nella vita, una propria strada da seguire ed un proprio percorso di maturazione e crescita personale.
Rappresentativa è la protagonista Miyamori, assistente alla produzione, ovvero colei che si occupa di mettere in comunicazione tutti i vari settori di produzione, stilando scalette e piani di lavoro, preoccupandosi delle scadenze e permettendo al prodotto finito di giungere agli operatori televisivi che lo trasmetteranno. Miyamori è una vera appassionata, segue con fervore le vicende dei personaggi su cui lavora, si commuove vedendo i singoli disegni muoversi e unirsi dando vita alle animazioni, fa di tutto perchè la qualità dell'opera non risenta della fretta delle consegne, disposta anche a far ridisegnare un'intera scena già doppiata in modo da renderla più in linea alle intenzioni originali del regista, anche a costo di mandare in crisi l'intera scaletta da lei stessa stilata. Ma il lavoro nell'animazione è duro in tutti i reparti, specialmente se non si vuole rinunciare alla qualità, ed una delle tematiche di fondo dell'opera diventa ben presto la scelta di una via da seguire per il futuro: tutti hanno intrapreso la propria strada, chi doppiatrice, chi animatrice, chi sceneggiatrice, chi addetta alla CG, ma per Miyamori, che non fa altro che correre tutto il tempo da un animatore all'altro, perennemente sull'orlo di una crisi di nervi cercando di far incastrare tutti gli ingranaggi dello studio tra loro, quale sarà il futuro?
Una figura ben più misera viene invece data dai personaggi maschili, che da un lato racchiudono tutti i personaggi negativi, odiosi, irritanti, “da prendere a sberle” (per tutta la serie ve ne sarà sempre almeno uno a cui non si potrà non voler augurare ogni sofferenza di questo mondo) dall'altro presenta, a parte un paio di eccezioni, bambinoni poco cresciuti. Ma in fondo è anche giusto così, si è scelta la via del realismo nelle caratterizzazioni, e cos'altro sono gli otaku se non degli eterni adolescenti, rimasti indietro nel loro mondo fittizio? Positiva, in tal senso, la scelta di non spingersi nei meandri più oscuri e deviati del fenomeno, ma di cercare di mantenere sempre un'atmosfera caricaturale e leggera, spesso anche divertente.
Anzi, durante tutta la serie viene spesso enfatizzatala la grandissima passione per l'animazione di quasi tutti i membri della Musashino Animation, capaci di infervorarsi ricordando un vecchio classico, felici di passare una notte a discutere dell'anime su cui stanno lavorando per meglio definire personaggi e situazioni e, soprattutto, sempre disposti a impegnarsi per la riuscita della serie su cui stanno lavorando.
L'alchimia che Shirobako riesce a creare tra i vari personaggi e gli stessi spettatori unendo tutte queste diverse figure è qualcosa che non si vede spesso e che ne rappresenta sicuramente la maggiore qualità.
Shirobako è attualmente in corso di trasmissione da Yamato Video in streaming sul proprio canale Youtube, al ritmo di due episodi a settimana. Purtroppo, la decisione di affrettare i tempi di rilascio ha comportato una bassa qualità del prodotto finale, con diversi refusi ed errori di traduzione nonchè uno stile dei sottotitoli che ne rende in alcuni casi molto difficile la lettura.
In particolare, la versione italiana soffre di un certo pressapochismo nella traduzione dei vari termini tecnici legati al mondo dell'animazione: per citare alcuni esempi dai primi episodi, abbiamo i douga resi come “animazioni” (quasi annullandone la differenza con i genga), i genga chiamati in almeno quattro modi diversi e kantoku (regista) che diventa maestro. Se in un anime canonico queste si sarebbero potute considerare semplici imprecisioni di poco conto, in una serie come Shirobako, che fa della trattazione seria e puntuale dei vari aspetti della produzione uno dei suoi maggiori punti di forza, si tratta di errori su cui non si può sorvolare.
Qualche anno dopo, Miyamori è un'assistente alla produzione della Musashino Animation alle prese col suo primo incarico, Ema è diventata un'animatrice del medesimo studio, Misa è stata assunta da una ditta specializzata in CG, Midori frequenta l'università mentre cerca di scrivere una sceneggiatura e Shizuka lavora part-time mentre tenta di ottenere una parte come doppiatrice di una serie televisiva.
Shirobako è la storia di queste cinque ragazze, e della Musashino Animation tutta, nel dietro le quinte del mondo dell'animazione.
Come ben sanno tutti coloro che lo seguono con un minimo di interesse, il mondo dell'animazione è tutt'altro che rose e fiori e Shirobako, pur senza calcare troppo la mano e restando su toni abbastanza leggeri e atmosfere a volte persino da parodia comica, non si fa problemi a mostrarne alcuni degli aspetti meno piacevoli. A partire dalla conclusione del primo episodio, col direttore delle animazioni che sviene dalla stanchezza per il troppo lavoro, abbiamo animatori che tornano a casa in bicicletta per prepararsi il pranzo in quanto acquistarlo già pronto costerebbe troppo, assistenti alla produzione sull'orlo di una crisi di nervi per la difficoltà di far incastrare le esigenze di tutti gli addetti alla realizzazione di un anime, registi che a metà serie inoltrata ancora non hanno deciso come concludere un'opera e realizzato lo storyboard dell'ultimo episodio, editor svogliati a cui non importa nulla della qualità del prodotto finale, un mondo del doppiaggio in cui l'abilità della doppiatrice conta sempre meno rispetto ad elementi come notorietà, aspetto fisico o capacità canore... ma, forse, maggiormente significativo in tal senso è l'assoluta naturalezza con cui molti dei personaggi della serie passino intere notti insonni per completare il lavoro in tempo prima della terribile data di consegna.
Grande spazio viene dato al fanservice dedicato alla spiegazione dei vari aspetti della produzione di una serie televisiva, sebbene forse parlare di fanservice sia improprio in questo caso, non trattandosi di spezzoni slegati dal resto della storia al solo fine di accontentare un determinato gruppo di appassionati bensì di una delle tematiche principali della serie.
Nell'arco della serie assistiamo a quasi tutte le fasi della produzione di un anime, a partire dai tentativi di ottenere i diritti di trasposizione di un manga famoso (chiaramente durante una partita di mahjong) per passare poi alle varie fasi produttive: sceneggiatura, storyboard, character design, smistamento dei disegni chiave tra i vari animatori, intercalari, fondali e direzione artistica, colorazione, computer grafica, colonna sonora, creazione dei rumori, selezione delle doppiatrici e sessioni di doppiaggio vere e proprie, montaggio conclusivo e infine consegna (in alcuni casi anche a poche ore dal termine ultimo) del prodotto finale alle emittenti televisive. Il tutto visto dal punto di vista di tutti i vari personaggi che prendono parte alla lavorazione, con un occhio di riguardo, naturalmente, alla protagonista Miyamori che, in quanto assistente di produzione, si occupa di coordinare tutti gli aspetti, mettendo in comunicazione i vari reparti, preoccupandosi che i vari materiali arrivino a chi deve lavorarci, preparando scalette riassuntive e tabelle di marcia.
Per permettere la piena comprensione di tutti gli aspetti produttivi trattati anche a chi è quasi completamente a digiuno dei singoli aspetti che compongono la realizzazione di un anime, si è scelto di realizzare effettivamente diversi spezzoni dei due anime (Dai san hikou shoujo-tai ed Exodus!) su cui lavorano i personaggi della serie. Si discute della sceneggiatura, di che messaggio si vuole trasmettere e che emozioni si vuole far provare agli spettatori, si definiscono i personaggi e cosa vogliono rappresentare, si assiste alla nascita di vari spezzoni animati a partire dai disegni chiave, vedendoli poi “prendere vita” con l'aggiunta degli intercalari, dei colori, del suono e del doppiaggio, si confrontano tra loro diversi tentativi di character design sui medesimi personaggi, si paragona la stessa scena realizzata a mano o in CG e ci si chiede quale sia migliore, si litiga su come selezionare la doppiatrice più adatta, e tante altre piccole chicche.
La cura nella definizione di questi “anime nell'anime” è tale che nei Blu-Ray giapponesi sono stati inseriti come OVA, i primi episodi completi di Exodus! e Dai san hikou shoujo-tai. A rendere ancora più credibile l'atmosfera generale è la decisione di inserire personaggi ispirati a figure realmente esistenti: da Hideaki Anno a Showji Kawamori, da Ichiro Itano allo stesso regista di Shirobako, passando per diverse citazioni a studi reali (riuscite a capire a chi si ispirano i vari Bee Production, Sunup, The Born, I.G. Staff?). E anche per i personaggi originali della serie, viene spontaneo pensare che gli autori abbiano attinto a piene mani dalla propria esperienza personale: non stupirebbe quindi sapere che esiste realmente una “goth-loli-sama” o animatori che fanno la danza dell'angelo sui tetti degli studi di produzioni per sciogliere i muscoli delle spalle.
Ma Shirobako non è solo un quasi-documentario atto a mostrare la produzione di un anime, in quanto grande importanza viene posta alla caratterizzazione dell'ampio e variegato cast di personaggi. Degno di nota è in particolar modo l'intero cast femminile della serie, il vero e proprio motore di Shirobako. Diversamente da quanto si potrebbe pensare dalle varie immagini promozionali, il quintetto protagonista dell'opera, così come tutte le figure di contorno, sono ben lontane dai classici stereotipi moe da ragazzine carine prive di cervello, e non si tratta nemmeno dei canonici personaggi femminili che vivono in funzione del maschio della situazione senza alcuna storia personale dietro: complice anche la completa assenza di sottotrame sentimentali, si tratta di personaggi con una propria identità, un proprio scopo nella vita, una propria strada da seguire ed un proprio percorso di maturazione e crescita personale.
Rappresentativa è la protagonista Miyamori, assistente alla produzione, ovvero colei che si occupa di mettere in comunicazione tutti i vari settori di produzione, stilando scalette e piani di lavoro, preoccupandosi delle scadenze e permettendo al prodotto finito di giungere agli operatori televisivi che lo trasmetteranno. Miyamori è una vera appassionata, segue con fervore le vicende dei personaggi su cui lavora, si commuove vedendo i singoli disegni muoversi e unirsi dando vita alle animazioni, fa di tutto perchè la qualità dell'opera non risenta della fretta delle consegne, disposta anche a far ridisegnare un'intera scena già doppiata in modo da renderla più in linea alle intenzioni originali del regista, anche a costo di mandare in crisi l'intera scaletta da lei stessa stilata. Ma il lavoro nell'animazione è duro in tutti i reparti, specialmente se non si vuole rinunciare alla qualità, ed una delle tematiche di fondo dell'opera diventa ben presto la scelta di una via da seguire per il futuro: tutti hanno intrapreso la propria strada, chi doppiatrice, chi animatrice, chi sceneggiatrice, chi addetta alla CG, ma per Miyamori, che non fa altro che correre tutto il tempo da un animatore all'altro, perennemente sull'orlo di una crisi di nervi cercando di far incastrare tutti gli ingranaggi dello studio tra loro, quale sarà il futuro?
Una figura ben più misera viene invece data dai personaggi maschili, che da un lato racchiudono tutti i personaggi negativi, odiosi, irritanti, “da prendere a sberle” (per tutta la serie ve ne sarà sempre almeno uno a cui non si potrà non voler augurare ogni sofferenza di questo mondo) dall'altro presenta, a parte un paio di eccezioni, bambinoni poco cresciuti. Ma in fondo è anche giusto così, si è scelta la via del realismo nelle caratterizzazioni, e cos'altro sono gli otaku se non degli eterni adolescenti, rimasti indietro nel loro mondo fittizio? Positiva, in tal senso, la scelta di non spingersi nei meandri più oscuri e deviati del fenomeno, ma di cercare di mantenere sempre un'atmosfera caricaturale e leggera, spesso anche divertente.
Anzi, durante tutta la serie viene spesso enfatizzatala la grandissima passione per l'animazione di quasi tutti i membri della Musashino Animation, capaci di infervorarsi ricordando un vecchio classico, felici di passare una notte a discutere dell'anime su cui stanno lavorando per meglio definire personaggi e situazioni e, soprattutto, sempre disposti a impegnarsi per la riuscita della serie su cui stanno lavorando.
L'alchimia che Shirobako riesce a creare tra i vari personaggi e gli stessi spettatori unendo tutte queste diverse figure è qualcosa che non si vede spesso e che ne rappresenta sicuramente la maggiore qualità.
Shirobako è attualmente in corso di trasmissione da Yamato Video in streaming sul proprio canale Youtube, al ritmo di due episodi a settimana. Purtroppo, la decisione di affrettare i tempi di rilascio ha comportato una bassa qualità del prodotto finale, con diversi refusi ed errori di traduzione nonchè uno stile dei sottotitoli che ne rende in alcuni casi molto difficile la lettura.
In particolare, la versione italiana soffre di un certo pressapochismo nella traduzione dei vari termini tecnici legati al mondo dell'animazione: per citare alcuni esempi dai primi episodi, abbiamo i douga resi come “animazioni” (quasi annullandone la differenza con i genga), i genga chiamati in almeno quattro modi diversi e kantoku (regista) che diventa maestro. Se in un anime canonico queste si sarebbero potute considerare semplici imprecisioni di poco conto, in una serie come Shirobako, che fa della trattazione seria e puntuale dei vari aspetti della produzione uno dei suoi maggiori punti di forza, si tratta di errori su cui non si può sorvolare.
Shirobako è un grandissimo atto d'amore nei confronti dell'animazione giapponese, del suo mondo di animatori, disegnatori, doppiatori, registi, sceneggiatori, produttori, rumoristi, musicisti e anche di spettatori intransigenti, che tuttavia non lesina di parlare anche degli aspetti meno piacevoli, pur senza calcare troppo la mano e mantenendo un'atmosfera mai troppo pesante. Visione imprescindibile per chiunque voglia approfondire un po' il "dietro le quinte" di questo mondo, con tante, tante, tante citazioni a studi, persone e opere reali ed una trattazione seria ma mai noiosa delle varie fasi di produzione di un anime, ma anche fulgido esempio di come creare un cast di personaggi ben caratterizzati e credibili senza ricorrere in modo troppo invasivo a stereotipi o clichè. Sicuramente uno degli anime più interessanti degli ultimi anni, specialmente per chi ama l'animazione giapponese.
Pro
- Personaggi intessanti: ben caratterizzati e realistici
- cast femminile tra i migliori degli ultimi anni
- molto istruttivo sulle fasi di produzione di un anime...
- ...senza tralasciarne gli aspetti meno piacevoli
- tante citazioni interessanti e ben contestualizzate
Contro
- Un paio di episodi necessari per familiarizzare con i tanti personaggi
- Troppo autocelebrativo in un paio di situazioni
- Traduzione e adattamento italiani non all'altezza
Mi spiace, ma non riesco ad essere d'accordo con Slanzard. Shirobako è né più né meno di un documentario. Se il quadro generale è davvero accurato, invece proprio non lo sono i personaggi con i quali è impossibile empatizzare.
Sì, è sicuramente vero che la scelta non si basa unicamente sulla bravura o su quanto la voce sia adeguata al personaggio, e penso che sia parti di quello che viene mostrato, ma principalmente quell'episodio è molto critico sul funzionamento dei comitati di produzione, che sono un'accozzaglia di gente dagli interessi diversi il cui unico scopo è tirare acqua al proprio mulino, senza che ci sia un reale interesse verso la riuscita della serie.
Ho amato quell'episodio anche perché riflette quanto aveva scritto qualche mese prima Hiroaki Yura nel suo AMA.
@Zello: il fatto che a te non sia piaciuto non rende l'affermazione di Slanzard meno vera, mi dispiace.
Né il fatto che tu non riesca ad empatizzare con i personaggi annulla il fatto che nel corso dei 24 episodi gli stessi abbiano incontrato e risolto alcuni normali problemi della vita, con una crescita personale e lavorativa quantomeno abbastanza credibile (mi viene quasi da pensare che tu non l'abbia visto tutto, perché quella è l'impressione che avevo io dopo i primi episodi).
Intendiamoci, nessuno ti vuole obbligare a fartelo piacere, ma mi sembra un po' eccessivo dire cosa è o cosa non è qualcosa avendone visto 1/4 (quindi tendenzialmente l'introduzione).
E sì, concordo con te che l'idea che dà all'inizio sia quella (penso che ci siano ancora i miei post critici sul forum che sai tu), poi l'anime dimostra che gli episodi sono 24 per un motivo (ovvero c'era qualcosa da raccontare, a parte far vedere come si fa un anime).
Comunque non credo che l'immedesimazione in un personaggio sia necessaria per la più o meno buona caratterizzazione dello stesso, perchè esistono talmente tante persone diverse al mondo che non si può davvero empatizzare con tutte.
In ogni caso, come già detto da altri, questo aspetto viene fuori col proseguo della serie, dopo che si è iniziato a familiarizzare con i personaggi; e arriva a toccare molti personaggi oltre alle cinque protagoniste, da Honda a Iguchi o Sugie, con anche flashback sulla goth-loli-sama o su Hiraoka. Certo, si tratta sempre di aspetti principalmente legati alla sfera lavorativa, ma non sarebbe il primo anime/manga a concentrarsi sul mondo del lavoro.
Seriamente, un cast femminile come quello di Shirobako faccio fatica a trovarlo in altri anime, dovrei scorrermi attentamente la lista degli anime visti.
@Chibi: in effetti quella parte l'avevo intesa strettamente legata alla scelta delle doppiatrici, quasi il regista volesse togliersi qualche sassolino dalle scarpe, non avevo pensato volesse estendersi ai comitati di produzione in generale.
Comunque sarei curioso di sapere nella realtà quanti registi si comportano come nell'anime, scegliendo comunque in base all'abilità della doppiatrice, e quanti sono i casting politici di cui parla l'addetto al suono.
Purtroppo come già riportato nella recensione la nota dolente è il pessimo, ma davvero pessimo adattamento che Yamato Video ha riserbato a Shirobako, che purtroppo non comporta solo la questione dei nomi tecnici delle varie fasi di lavorazione ad un cartone animato ma proprio alla grammatica ecc.
Vedere in una versione sottotitolata "ufficiale" o comunque non illegale l'uso degli onorifici (che andrebbero adattati e non mantenuti), Onee-san scritto come nome proprio anziché il corretto sorella (o sorellona) fa cascare le braccia, inoltre spesso a causa del font di default utilizzato in alcune parti dell'episodio i testi divengono illeggibili, e questo fa passare la voglia a me spettatore di continuarne la visione, ma vista la validità oggettiva del prodotto sopporterò ma il cazziatone a Yamato Animation non gliel'ho risparmiato.
Fortunatamente ora sembra che finalmente abbiano capito come sottotitolare i propri prodotti, e la qualità dell'adattamento di Shokugeki no Soma e Familia Myth è nettamente superiore rispetto alla cura riposta su Shirobako.
Insomma prodotto più che valido, una delle migliori produzioni dello scorso anno che se avesse ricevuto un trattamento migliore da parte dell'editore sarebbe stata valorizzata decisamente meglio di come hanno fatto ora, ma non lasciatevelo sfuggire perché è una visione quanto mai doverosa a mio avviso per chi si reputa un vero appassionato.
https://www.youtube.com/watch?v=ZJLiu8zwAIE
Lo sto seguendo sul canale Yamato e mi sta piacendo, non sono un'appassionata di "tecnicismi" quindi il dietro le quinte del mondo dell'animazione mi interessa in maniera relativa, ma nonostante ciò quest'anime lo guardo molto volentieri, la parte "documentaristica" è trattata in maniera leggera e brillante, i personaggi e le loro vicende li trovo interessanti, soprattutto i personaggi femminili sono di tutto rispetto (cosa non da poco).
io trovo migliore "questa roba" piuttosto che quella roba sanguinosa/horror a cui punta sempre Dynit
Perché ciò dovrebbe essere un contro. Anzi a mio avviso è una cosa positiva la necessità di dover dare spazio a tutti per familiarizzare. Per me il difesso ci sarebbe se non si desse il giusto spazio, ma lungi da questa serie una cosa del genere.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.