Dalla penna di Morimi Tomihiko nel 2007 nacque la storia di una famiglia di Kyoto un po' particolare, gli Shimogamo, che la P. A. Works nell'estate del 2013 ha deciso di animare e portare sul piccolo schermo delle TV giapponesi. I membri che ne compongono il nucleo vivono la vita in maniera spensierata, giorno per giorno, senza sforzarsi troppo e prendendo il bello e il cattivo tempo senza rammaricarsene. Quattro fratelli, orfani di padre, e la loro mamma, stretti stretti l'uno all'altro vanno avanti realizzando in pieno il destino che gli è stato assegnato. La famiglia protagonista di Uchouten kazoku è costituita da tanuki, animale tipico del folklore giapponese, conosciuto per la sua indole scherzosa e l'ingenuità. Regalato il cielo ai tengu e la città agli uomini, i tanuki vivono sulla terraferma, nascosti dagli altri essere viventi, correndo da un cespuglio all'altro per non farsi vedere, o trasformandosi in oggetti di varia natura come soprammobili o portachiavi che ne camuffino i caratteri. Si divertono con poco, prendendosi in giro fra loro, mordicchiandosi le chiappette, mangiando patate dolci o caldarroste, strappando la vittoria durante una gara di fuochi d'artificio all'ultimo minuto. Qualche volta può capitare che uno decida di sprofondare in un pozzo o un altro si trasformi in una grande montagna; ogni tanto può accadere che uno impari ad accendere le lampadine con piccole scariche elettriche e un altro che delle stesse in formato tuono abbia una paura matta; talvolta può succedere che uno diventi talmente vecchio che gli altri iniziano a chiamarlo "anziano" o un altro finisca stufato in un pentolone insieme a verdure bollite e un pizzico di sale la sera di Capodanno. Come recita il primo verso dell'opening cantata dai Milktub "Uchouten Jinsei", i tanuki vivono seguendo il motto Omoshiroku nai yo no naka, omoshiroku sureba ii sa, e cioè "In un mondo non interessante, devi vivere una vita interessante."
Due elementi importanti emergono legati alla famiglia Shimogamo: l'aho no chi, tradotto con "sangue degli idioti", e l'omoshiroi, le cose interessanti e divertenti. Entrambi i concetti sono da ascriversi alla cultura giapponese, che esalta il nucleo familiare sopra ogni altro tipo di aggregazione e la rassegnazione dignitosa che bisogna assumere nei confronti degli eventi negativi. Per gli Shimogamo tutto quello che succede è collegato all'essenza della vita stessa: spesso si sentono pronunciare frasi come "è perché noi siamo tanuki" o "è l'espressione del nostro sangue degli idioti" oppure "a un tanuki è normale che accadono cose del genere", o ancora "è nel nostro destino finire in pentola un giorno". Sembra quasi come se si arrendessero dinanzi alle difficoltà, come se non fosse un loro compito ribellarsi alla gogna, come se non avessero dei diritti e tutto dipendesse dalla genetica. Addirittura Yasaburo discute con i membri del Club del Venerdì, che è risaputo abbiano stufato suo padre, in maniera tranquilla, senza astio né desiderio di vendetta, come se stesse scambiando quattro chiacchiere con il vicino di casa. Per gli uomini è davvero difficile accettare una cosa del genere, quasi impossibile, e Yasaburo appare un personaggio superficiale se lo si analizza in un'ottica umana, a tratti deludente perché fino a quel momento era sembrato sapere tutto di com'è che il mondo gira e poi scivola in un infantile interesse verso l'umanità.
Tuttavia, Uchouten kazoku è una storia che è narrata dal punto di vista dei tanuki, nel quale bisognerebbe immedesimarsi per riuscire a capire. Per un tanuki la vita va vissuta momento per momento, divertendosi, cercando di cogliere l'estasi in ogni evento, situazione, cosa. Un tanuki non cerca la gloria, ma una quotidianità divertente e serena; può fare ogni giorno le stesse cose o combinarne sempre di più cretine, o trovare eccitazione anche nel dolce far niente, 'zuzzurellando' in giro. I tanuki non si pongono il problema etico se il proprio interlocutore sia o meno un assassino, dal momento che è interessante conversare con lui va bene pure che sia un carnivoro divoratore di suoi simili, che con l'atto di mangiare esprima il suo sentimento d'amore. Non hanno paura di affrontare il pericolo in sé, fanno piuttosto tutto quello che possono per uscire dalle difficoltà, apparendo a volte ridicoli, ingenui, incapaci. Scalpitano, si dimenano, graffiano le gabbie e arruffano il pelo, piangono, urlano, pensano che non c'è più speranza; perché per un tanuki essere catturato, diventare il pasto di un uomo a Capodanno, è normale. Quelle stupide palle di pelo che in presenza degli umani spesso perdono la capacità di mutaforma o che abbandonano la presunzione di essere maestosi, dalla genealogia divina, grandi interpreti della legge, non appena gli si presenta dinanzi un po' di acqua in cui bolle il nabe, sanno che si può morire di vecchiaia o essere bolliti e accettano la propria morte tanto quanto accettano la loro mediocre vita.
E' proprio perché questa mediocrità sta stretta ai nostri protagonisti che l'autore li definisce "la famiglia dell'estasi", come a voler indicare che gli Shimogamo sono più tanuki degli altri tanuki, dai quali vengono additati come fannulloni, senza speranze, trasgressivi. I caratteri che compongono il termine "uchouten" (有頂天), l'estasi, sono interpretabili con "mondo colorato", quindi divertente e interessante, o "sentirsi un metro da terra per la contentezza", o ancora "essere senza pensieri" e "vivere lo stadio finale di un momento". Quindi è possibile collegare il tutto allo stile di vita dei tanuki, che vivono spensieratamente, divertendosi, curiosando in giro, guardano il mondo a colori senza vederci all'interno nulla di monotono, trovando la felicità in ogni giorno. Anche per questo l'unico personaggio ad aver perso il suo carattere "uchouten" per tutto il corso della serie non riesce a ritrasformarsi in un tanuki, ma resta una rana.
Sia per gli Shimogamo sia per gli Ebisugawa, le due famiglie che vengono portate sulla scena, ciò che conta sono i legami di sangue, e quindi di più importante al mondo c'è solo la famiglia. Il sangue degli idioti che scorre nelle vene tanuki è il filo che lega questi alla loro specie e gli stessi a chi li ha generati. A questo punto il DNA si fa veicolo anche della tipica idiozia tanuki, che da generazioni in generazioni si tramanda di padre in figlio. Spesso i giapponesi parlano dei kizuna, i legami, o di kazoku, la famiglia, o di "kokoro", il cuore, e Morimi non è da meno! E gli Shimogamo in particolar modo sono una famiglia esemplare: si vogliono bene profondamente, si proteggono a vicenda, si consigliano, onorano quel sangue che li lega, che li tiene vicini, che li accomuna. Proprio loro che hanno perso un genitore e vivono con la madre soltanto, sentono intensamente quella catena battere in ogni cellula del corpo, quella catena che gli dice "siete una famiglia". E' strano pensare di dover imparare cosa significa avere un padre o una madre da un orfano, l'ultima persona che si penserebbe possa spiegarne il valore. Ma è proprio chi ha perso quel tipo d'affetto e che ha sentito il bisogno di cercarlo in chi gli sta vicino, arrivando quasi a dipendere dall'idea di avere qualcuno accanto, che si sente perso al solo pensiero che quel qualcuno gli possa essere strappato, e nuovamente si possa provare quel dolore, quella mancanza, quella solitudine; è proprio chi è orfano a saper meglio apprezzare e spiegare cos'è la famiglia. Nei momenti di tristezza e sconforto, di difficoltà e tensione, Yasaburo, Yaichiro, Yashiro, Yajiro fanno capannello intorno alla mamma, la stringono a sé, per prendere il suo calore e trasmettergli tutto l'affetto di figli che nell'infanzia hanno accumulato, pronti una volta diventati adulti a dispensarne ai propri genitori. Con la stessa mamma spesso non riescono a scambiarsi semplici parole come "ti voglio bene" e restano muti all'altro capo del telefono, singhiozzando casomai e pensando che non bisogna rimandare a domani quello che si può fare oggi. Perché non è detto che domani quella persona ci sarà ancora. Non è detto che in futuro potrai riabbracciarla, andare a bere insieme, passeggiare in sua compagnia, stringere a te o stringerti a lei, godere del suo sorriso e delle sue carezze affettuose. La vita è così fragile che nel giro di una notte tutto può cambiare e ciò che prima era normalità il giorno dopo diviene soltanto un lontano ricordo. Come le foglie d'autunno cadono, così la vita può scivolare via col vento, poggiandosi sul suolo e diventando tutt'uno con la terra. Forse per un tanuki è ancora più facile assumere questa malinconica realtà, perché vivono sempre con la costante consapevolezza di poter finire stufati, con l'ineluttabile destino che non riescono a scindere dalla loro pelliccia; ma ciò non li abbatte, anzi conoscere la caducità dell'esistenza dà ai tanuki una linfa in più, che gli permette di godere al massimo di essa.
Dalla caratterizzazione minuziosa e particolareggiata, i personaggi che ci vengono presentati sono molteplici e appartengono a varie specie. Abbiamo il maestro tengu, incapace di spiccare il volo, col mal di schiena, la luna storta e una cotta per la sua bellissima allieva. Sul fronte umano troviamo Benten, misteriosa, egoista, ambiziosa, maliziosa, birichina, donna dal grande fascino che agisce solo se una cosa smuove il suo interesse, che piange guardando la luna e sogna di trovare l'amore come le normali ragazzine; più umana dei suoi colleghi del Club del Venerdì, troppo chiusi nelle loro convinzioni e abitudini, riesce a districarsi benissimo nella complicata rete di rapporti che lega tanuki, tengu e uomini, forse perché libera da qualsivoglia pregiudizio. Personaggio più intrigante della storia, avrà un ruolo chiave in molti eventi, rappresentando a volte una sorta di deus ex machina, oltre che pensiero fisso di chi le sta intorno. Tra i tanuki spicca la figura controversa di Ebisugawa Soun, fratello di papà Shimogamo, che si potrebbe dire abbia ereditato i vizi e i difetti dell'uomo: arrivista, calcolatore, pronto a vendere i propri cari pur di ottenere ciò che vuole, mantiene allo stesso tempo vivo il senso di paternità rispetto ai suoi figli e intatto il bisogno d'amare e d'amore che lo spinge lontano dalla sua essenza tanuki, avvicinandolo all'infima umanità.
Ma protagonista della storia è Yasaburo, il tanuki che in maggior misura fa proprio il concetto di "uchouten", riuscendo persino a socializzare con gli uomini e farsi prendere in considerazione dai tengu. Gli piace autoidentificarsi con un bohémien. La sua noncuranza nei confronti delle convenzioni e l'indifferenza dell'opinione che gli altri hanno di lui lo rende perfettamente in linea con lo stile dei letterati francesi in voga nel XIX secolo. Definendo il suo approccio alla vita spensierato e votato alla ricerca dell'interessante dentro le cose e la quotidianità, il terzo figlio degli Shimogamo sostiene che questo atteggiamento sia la rappresentazione del suo "sangue degli idioti", tramandatogli dal padre. Non facendo altro che portare all'estremo la maniera di vivere dei tanuki, con la convinzione di non voler essere un tanuki qualunque, Yasaburo vive agognando la libertà in volo dei tengu e imitando gli uomini nel loro egoismo e nelle loro ambizioni. Compiendo un sillogismo, si potrebbe dire che sia la personificazione della città di Kyoto, che lui stesso afferma essere una giostra che ruota su sé stessa, basata sul fragile equilibrio di convivenza tra i tengu, gli umani e i tanuki.
Sul versante tecnico, la resa della città di Kyoto è perfetta in ogni singola insegna o luce al neon, esaltata dall'elegante animazione che gli studi della P.A. Works padroneggiano bene. I panorami e le ambientazioni sono curate nei dettagli, stessa cosa per gli accessori e l'abbigliamento. Accuratamente arredato è persino il pozzo di Yajiro, che sembra addirittura confortevole come ci dice appunto il secondogenito. Il chara design è carino, morbido, simpatico, senza bishonen o bishoujo, ma altrettanto potenzialmente bello. Per non parlare di quanto sono carini i tanuki in versione pelosa, di quanto quegli occhietti e quelle zampette sono tenere, e quelle code che scodinzolano invitanti! Il doppiaggio è molto buono, le voci tutte azzeccate. Adorabile Benten che fa finta di sorprendersi davanti a Yasaburo col suo caratteristico "Ara!", e memorabili le voci dei monelli Kinkaku e Ginkaku Ebisugawa. Stessa attenzione è stata prestata all'OST, tra le più suggestive che abbia ascoltato negli anime di quest'anno. Oltre a richiamare l'atmosfera tipica giapponese, rifacendosi a uno stile di musica anticheggiante, i suoni che accompagnano gli episodi sono armoniosi, a volte grintosi, altre malinconici, dolci, tristi, calorosi, inquietanti, allegri, così personalizzati da risultare unici. La stessa ending "Que sera sera", cantata da Fhána, è di una bellezza quasi sconcertante, così delicata e semplice nel testo; spesso ha accompagnato i miei pianti a fine puntata, dandomi una leggera carezza e asciugando via la tristezza.
Due elementi importanti emergono legati alla famiglia Shimogamo: l'aho no chi, tradotto con "sangue degli idioti", e l'omoshiroi, le cose interessanti e divertenti. Entrambi i concetti sono da ascriversi alla cultura giapponese, che esalta il nucleo familiare sopra ogni altro tipo di aggregazione e la rassegnazione dignitosa che bisogna assumere nei confronti degli eventi negativi. Per gli Shimogamo tutto quello che succede è collegato all'essenza della vita stessa: spesso si sentono pronunciare frasi come "è perché noi siamo tanuki" o "è l'espressione del nostro sangue degli idioti" oppure "a un tanuki è normale che accadono cose del genere", o ancora "è nel nostro destino finire in pentola un giorno". Sembra quasi come se si arrendessero dinanzi alle difficoltà, come se non fosse un loro compito ribellarsi alla gogna, come se non avessero dei diritti e tutto dipendesse dalla genetica. Addirittura Yasaburo discute con i membri del Club del Venerdì, che è risaputo abbiano stufato suo padre, in maniera tranquilla, senza astio né desiderio di vendetta, come se stesse scambiando quattro chiacchiere con il vicino di casa. Per gli uomini è davvero difficile accettare una cosa del genere, quasi impossibile, e Yasaburo appare un personaggio superficiale se lo si analizza in un'ottica umana, a tratti deludente perché fino a quel momento era sembrato sapere tutto di com'è che il mondo gira e poi scivola in un infantile interesse verso l'umanità.
Tuttavia, Uchouten kazoku è una storia che è narrata dal punto di vista dei tanuki, nel quale bisognerebbe immedesimarsi per riuscire a capire. Per un tanuki la vita va vissuta momento per momento, divertendosi, cercando di cogliere l'estasi in ogni evento, situazione, cosa. Un tanuki non cerca la gloria, ma una quotidianità divertente e serena; può fare ogni giorno le stesse cose o combinarne sempre di più cretine, o trovare eccitazione anche nel dolce far niente, 'zuzzurellando' in giro. I tanuki non si pongono il problema etico se il proprio interlocutore sia o meno un assassino, dal momento che è interessante conversare con lui va bene pure che sia un carnivoro divoratore di suoi simili, che con l'atto di mangiare esprima il suo sentimento d'amore. Non hanno paura di affrontare il pericolo in sé, fanno piuttosto tutto quello che possono per uscire dalle difficoltà, apparendo a volte ridicoli, ingenui, incapaci. Scalpitano, si dimenano, graffiano le gabbie e arruffano il pelo, piangono, urlano, pensano che non c'è più speranza; perché per un tanuki essere catturato, diventare il pasto di un uomo a Capodanno, è normale. Quelle stupide palle di pelo che in presenza degli umani spesso perdono la capacità di mutaforma o che abbandonano la presunzione di essere maestosi, dalla genealogia divina, grandi interpreti della legge, non appena gli si presenta dinanzi un po' di acqua in cui bolle il nabe, sanno che si può morire di vecchiaia o essere bolliti e accettano la propria morte tanto quanto accettano la loro mediocre vita.
E' proprio perché questa mediocrità sta stretta ai nostri protagonisti che l'autore li definisce "la famiglia dell'estasi", come a voler indicare che gli Shimogamo sono più tanuki degli altri tanuki, dai quali vengono additati come fannulloni, senza speranze, trasgressivi. I caratteri che compongono il termine "uchouten" (有頂天), l'estasi, sono interpretabili con "mondo colorato", quindi divertente e interessante, o "sentirsi un metro da terra per la contentezza", o ancora "essere senza pensieri" e "vivere lo stadio finale di un momento". Quindi è possibile collegare il tutto allo stile di vita dei tanuki, che vivono spensieratamente, divertendosi, curiosando in giro, guardano il mondo a colori senza vederci all'interno nulla di monotono, trovando la felicità in ogni giorno. Anche per questo l'unico personaggio ad aver perso il suo carattere "uchouten" per tutto il corso della serie non riesce a ritrasformarsi in un tanuki, ma resta una rana.
Sia per gli Shimogamo sia per gli Ebisugawa, le due famiglie che vengono portate sulla scena, ciò che conta sono i legami di sangue, e quindi di più importante al mondo c'è solo la famiglia. Il sangue degli idioti che scorre nelle vene tanuki è il filo che lega questi alla loro specie e gli stessi a chi li ha generati. A questo punto il DNA si fa veicolo anche della tipica idiozia tanuki, che da generazioni in generazioni si tramanda di padre in figlio. Spesso i giapponesi parlano dei kizuna, i legami, o di kazoku, la famiglia, o di "kokoro", il cuore, e Morimi non è da meno! E gli Shimogamo in particolar modo sono una famiglia esemplare: si vogliono bene profondamente, si proteggono a vicenda, si consigliano, onorano quel sangue che li lega, che li tiene vicini, che li accomuna. Proprio loro che hanno perso un genitore e vivono con la madre soltanto, sentono intensamente quella catena battere in ogni cellula del corpo, quella catena che gli dice "siete una famiglia". E' strano pensare di dover imparare cosa significa avere un padre o una madre da un orfano, l'ultima persona che si penserebbe possa spiegarne il valore. Ma è proprio chi ha perso quel tipo d'affetto e che ha sentito il bisogno di cercarlo in chi gli sta vicino, arrivando quasi a dipendere dall'idea di avere qualcuno accanto, che si sente perso al solo pensiero che quel qualcuno gli possa essere strappato, e nuovamente si possa provare quel dolore, quella mancanza, quella solitudine; è proprio chi è orfano a saper meglio apprezzare e spiegare cos'è la famiglia. Nei momenti di tristezza e sconforto, di difficoltà e tensione, Yasaburo, Yaichiro, Yashiro, Yajiro fanno capannello intorno alla mamma, la stringono a sé, per prendere il suo calore e trasmettergli tutto l'affetto di figli che nell'infanzia hanno accumulato, pronti una volta diventati adulti a dispensarne ai propri genitori. Con la stessa mamma spesso non riescono a scambiarsi semplici parole come "ti voglio bene" e restano muti all'altro capo del telefono, singhiozzando casomai e pensando che non bisogna rimandare a domani quello che si può fare oggi. Perché non è detto che domani quella persona ci sarà ancora. Non è detto che in futuro potrai riabbracciarla, andare a bere insieme, passeggiare in sua compagnia, stringere a te o stringerti a lei, godere del suo sorriso e delle sue carezze affettuose. La vita è così fragile che nel giro di una notte tutto può cambiare e ciò che prima era normalità il giorno dopo diviene soltanto un lontano ricordo. Come le foglie d'autunno cadono, così la vita può scivolare via col vento, poggiandosi sul suolo e diventando tutt'uno con la terra. Forse per un tanuki è ancora più facile assumere questa malinconica realtà, perché vivono sempre con la costante consapevolezza di poter finire stufati, con l'ineluttabile destino che non riescono a scindere dalla loro pelliccia; ma ciò non li abbatte, anzi conoscere la caducità dell'esistenza dà ai tanuki una linfa in più, che gli permette di godere al massimo di essa.
Dalla caratterizzazione minuziosa e particolareggiata, i personaggi che ci vengono presentati sono molteplici e appartengono a varie specie. Abbiamo il maestro tengu, incapace di spiccare il volo, col mal di schiena, la luna storta e una cotta per la sua bellissima allieva. Sul fronte umano troviamo Benten, misteriosa, egoista, ambiziosa, maliziosa, birichina, donna dal grande fascino che agisce solo se una cosa smuove il suo interesse, che piange guardando la luna e sogna di trovare l'amore come le normali ragazzine; più umana dei suoi colleghi del Club del Venerdì, troppo chiusi nelle loro convinzioni e abitudini, riesce a districarsi benissimo nella complicata rete di rapporti che lega tanuki, tengu e uomini, forse perché libera da qualsivoglia pregiudizio. Personaggio più intrigante della storia, avrà un ruolo chiave in molti eventi, rappresentando a volte una sorta di deus ex machina, oltre che pensiero fisso di chi le sta intorno. Tra i tanuki spicca la figura controversa di Ebisugawa Soun, fratello di papà Shimogamo, che si potrebbe dire abbia ereditato i vizi e i difetti dell'uomo: arrivista, calcolatore, pronto a vendere i propri cari pur di ottenere ciò che vuole, mantiene allo stesso tempo vivo il senso di paternità rispetto ai suoi figli e intatto il bisogno d'amare e d'amore che lo spinge lontano dalla sua essenza tanuki, avvicinandolo all'infima umanità.
Ma protagonista della storia è Yasaburo, il tanuki che in maggior misura fa proprio il concetto di "uchouten", riuscendo persino a socializzare con gli uomini e farsi prendere in considerazione dai tengu. Gli piace autoidentificarsi con un bohémien. La sua noncuranza nei confronti delle convenzioni e l'indifferenza dell'opinione che gli altri hanno di lui lo rende perfettamente in linea con lo stile dei letterati francesi in voga nel XIX secolo. Definendo il suo approccio alla vita spensierato e votato alla ricerca dell'interessante dentro le cose e la quotidianità, il terzo figlio degli Shimogamo sostiene che questo atteggiamento sia la rappresentazione del suo "sangue degli idioti", tramandatogli dal padre. Non facendo altro che portare all'estremo la maniera di vivere dei tanuki, con la convinzione di non voler essere un tanuki qualunque, Yasaburo vive agognando la libertà in volo dei tengu e imitando gli uomini nel loro egoismo e nelle loro ambizioni. Compiendo un sillogismo, si potrebbe dire che sia la personificazione della città di Kyoto, che lui stesso afferma essere una giostra che ruota su sé stessa, basata sul fragile equilibrio di convivenza tra i tengu, gli umani e i tanuki.
Sul versante tecnico, la resa della città di Kyoto è perfetta in ogni singola insegna o luce al neon, esaltata dall'elegante animazione che gli studi della P.A. Works padroneggiano bene. I panorami e le ambientazioni sono curate nei dettagli, stessa cosa per gli accessori e l'abbigliamento. Accuratamente arredato è persino il pozzo di Yajiro, che sembra addirittura confortevole come ci dice appunto il secondogenito. Il chara design è carino, morbido, simpatico, senza bishonen o bishoujo, ma altrettanto potenzialmente bello. Per non parlare di quanto sono carini i tanuki in versione pelosa, di quanto quegli occhietti e quelle zampette sono tenere, e quelle code che scodinzolano invitanti! Il doppiaggio è molto buono, le voci tutte azzeccate. Adorabile Benten che fa finta di sorprendersi davanti a Yasaburo col suo caratteristico "Ara!", e memorabili le voci dei monelli Kinkaku e Ginkaku Ebisugawa. Stessa attenzione è stata prestata all'OST, tra le più suggestive che abbia ascoltato negli anime di quest'anno. Oltre a richiamare l'atmosfera tipica giapponese, rifacendosi a uno stile di musica anticheggiante, i suoni che accompagnano gli episodi sono armoniosi, a volte grintosi, altre malinconici, dolci, tristi, calorosi, inquietanti, allegri, così personalizzati da risultare unici. La stessa ending "Que sera sera", cantata da Fhána, è di una bellezza quasi sconcertante, così delicata e semplice nel testo; spesso ha accompagnato i miei pianti a fine puntata, dandomi una leggera carezza e asciugando via la tristezza.
Uchouten kazoku è una storia piena di malinconia, ma al contempo satura di speranza. Nemmeno per un momento durante la visione ho provato angoscia, piuttosto mi sono commossa più e più volte, lasciando che calde lacrime mi solcassero il viso, dinanzi all'evidente forza, impegno e volontà che la famiglia Shimogamo impiegava. Probabilmente non ho mai saputo com'è che si vive in maniera spensierata, mi sono sempre fatta problemi inutili per qualsiasi cosa, pensando di essere perseguitata dalla sfortuna; orfana anch'io, mi sono sentita abbracciare per davvero dalle esili ma protettive braccia della madre degli Shimogamo, desiderando per un momento che la mia di mamma ritornasse a me e mi dicesse che tutto si sistemerà. Per me guardare Yasaburo & co. è stata una terapia, perché ho buttato fuori tanta tristezza che avevo conservata dentro per anni e anni, e che mi aveva impedito di godere delle piccole gioie della vita, della mia famiglia, delle mie passioni. Mi sono affezionata tanto al microcosmo di Uchouten kazoku, ai tanuki e alle loro scemenze, ai discorsi da mentore di Yasaburo a inizio e fine puntata, alla sottana di Benten e al maestro tengu che sbraita, da provare un senso di vuoto ora che le settimane passano senza vederlo. La storia di Morimi ha saputo essere sia scherzosa, divertente, semplice, sia profonda, istruttiva, realista; e capace di coinvolgere a tal punto nelle vicende dei suoi personaggi che alla fine della serie ci manca solo il cognome Shimogamo e la coda per sentirci parte della grande famiglia che ci viene presentata! Noi umani dovremmo imparare un po' dai tanuki com'è che si vive e forse smetteremmo di imprecare contro le divinità che non ci danno ciò che desideriamo. E chissà, può essere che così la finiremmo anche col sentirci delle divinità noi stessi, onnipotenti e padroni del mondo. Onnipotenti ma con una perenne tensione dentro, che ci spinge a desiderare sempre di più, di più, di più, ed essere infelici, insoddisfatti, incontentabili... A questo punto, nella prossima vita spero di rinascere tanuki!
Pro
- Ottima caratterizzazione dei personaggi
- Doppiaggio calzante e simpatico
- Colonna sonora molto suggestiva
- Fondali realizzati a puntino
- Animazioni morbide e chara design accattivante
- Racchiude in sé tante piccole sfaccettature della giapponesità
- Fa riflettere attraverso la rappresentazione di stili di vita differenti a confronto
- Ben gestita la tematica della perdita
- Commovente fino alle lacrime, ma anche divertente
- Riesce a creare una dimensione come di casa
Contro
- Viene adattato solamente il primo romanzo
- I vari livelli di caratterizzazione dei personaggi non sono immediati per le persone che masticano poca cultura giapponese
- I tanuki creano dipendenza!!!
Complimenti per l'elaborato.
Per chi vuole, lascio il link ad un bellissimo AMV su Uchouten Kazoku: https://www.youtube.com/watch?v=CQroXOeCW1s
I miei complimenti a LaMelina per la bella e dettagliata recensione. Mi è quasi sembrato di immergermi nuovamente tra i templi e le strade di Kyoto, a osservare, condividere e amare le avventure, le gioie e i dolori della "famiglia dell'estasi".
Ok, stasera sono in mood romantico.
Ho un misto d'ansia e contentezza a vederla in vetrina. Quando mi è stato comunicato che forse sarebbe stata pubblicata, ho avuto un po' paura, perché in questa recensione (ma in generale nella serie) ho lasciato un pezzo di cuore e quindi per me è come mettermi a nudo più del solito, con tutti i pregi e i difetti della mia scrittura. Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggerla fino alla fine. Grazie davvero. Spero, nonostante la lunghezza, di essere riuscita a trasmettere la bellezza di questa serie, che non smetterò mai di decantare a destra e a manca. C'è tutta l'estetica giapponese dentro e per quelli che adorano il Sol Levante credo possa essere da considerarsi un must see degli ultimi anni.
@Franzelion
Il finale ad avercelo ce l'ha, e pure abbastanza significativo. Chiude perfettamente il discorso che la sceneggiatura ha portato avanti nel corso della serie. Se ancora non l'hai visto, fallo! uwu)/
Peccato che non abbia avuto riscontro di pubblico, sarebbe stato bello vedere il seguito della trilogia.
Al momento, volevo aggiungere il mio entusiasmo per questa ottima seria.
Ciao!
Tacchan
Con un tono leggero, mai banale, esalta uno spensierato fatalismo, e ti lascia una tale ricchezza di emozioni da rimanere sbigottito. I personaggi sono meravigliosi, sfaccettati, mai monolitici, anzi spesso vittime di contraddizioni; non c'è morale, solo un'ardente voglia di vivere.
Forse la gente ha ancora i postumi degli abbracci strazianti in Angel Beats! e la PAWorks non li ha voluti riproporre
Ti prego Glasslip no! Ahahahah ho ancora gli incubi per quell'anime. Lo recensii con 2 o 3 mi pare! XD
Comunque scherzi a parte in Uchouten Kazoku non vedrai nessuno sbaciucchiamento, perché innanzitutto non è uno shoujo manga e secondaria cosa l'amore è analizzato in tutta un'altra ottica...
@Rygar
Non può piacere a tutti, ma non perché non è piaciuto a te significa che è normale abbia floppato in madrepatria. XD È un tipo di anime che non vende, e non vendere non implica che sia brutto. Ho sentito che però il romanzo è andato bene...
Comunque è un altro dei tanti rewatch che ho da fare. Serie che vidi un po' distrattamente ma ne avevo comunque colto la bellezza, ma d'altronde se si ama - e si studia - la cultura giapponese, è impossibile non rimanerne rapiti.
Il fatto che il romanzo abbia venduto meglio dell'anime poi non c'entra assolutamente nulla: si sa benissimo che il mercato degli anime in Giappone è spinto da ben altri generi, e che che certe opere di indubbia qualità invece tirano poco. Quello della letteratura e quello dell'animazione sono due mercati totalmente diversi, che hanno target di pubblico totalmente diversi... per cui non mi sembra appropriato a priori giudicare la validità di una serie anime dal numero di vendite, o anche dal paragone con quelle di una controparte letteraria.
@Metal
Non mi dire certe cose che mi imbarazzo... Non è proprio il genere di recensioni per la vetrina in realtà, però se lo hai pensato mi fa molto piacere, davvero. Io sono contenta che sia piaciuta.
E hai pienamente ragione. Non mi stancherò mai di ripetere quanto Giappone ci sia in quest'anime!
@Rygar
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto da lavorare e studiare in questi giorni. Però ci tenevo a spiegarmi meglio, perché mi hai fraintesa. Non intendevo dire, infatti, che le vendite le hai sabotate tu in prima persona (poi se hai questo potere, presentati a qualche casa editrice giapponese, ti venereranno come Re Mida!), ma che il fatto che non sia piaciuto a te non implica un eventuale flop in madrepatria. Poi posso essere stata io a malinterpretare il tuo commento eh, non metto in dubbio di essere di parte. D'altra parte lo sei anche tu, che parli non avendolo nemmeno concluso e facendoti forte di commenti altrui.
La tua critica al chara design ci può stare. Io sono fra quelle persone che ha mollato Ping Pong al primo episodio perché non sopportava il chara design. Di certo però non vado a dire in giro "bel disegno di m***a". Affronto la cosa pensadola come ad un mio limite piuttosto che ad un difetto dell'anime. Una cosa però non l'accetto: il naso dei tengu lo hai mai visto? No perché ti invito a guardare il naso classico e poi dopo ne riparliamo sulla bruttezza di quello di Uchouten Kazoku!
Solo per farti qualche esempio:
Infine, concordo col discorso di Traxer.
Il romanzo l'ho tirato in ballo io però, per dire che forse la visione dell'anime ha spinto le persone più verso la versione cartacea rispetto a quella home video... Tuttavia non vendere non implica per forza di cose essere un brutto prodotto, questo è il mio pensiero.
E invece l'accetti. Non tiriamo in ballo la mitologia per giustificare la mancanza di pertinenza estetica. In molte opere i tengu hanno un profilo ben più dignitoso. Potrei citare Lamù, Ushio e Tora, Binbogami, Karasu Tengu Kabuto, Hiiro no Kakera, ecc. Lì i Tengu sono disegnati in maniera molto più appropriata al contesto.
Non si dica che questo coso ha un naso appropriato a un tengu (men che meno lo si giustifichi perché ha una forma umana).
È semplicemente fatto male e antiestetico. Nemmeno un tengu in forma umana ha un naso così. O si punta sul grottesco, enfatizzando le caratteristiche di una creatura sovrannaturale (vedi Ushio e Tora), oppure gli si concede un aspetto più proporzionato alla forma umana (Vedi Hiiro no Kakera, Kamisama Kiss, ecc.).
Io invece penso che sia un vero e proprio difetto (e come tale va segnalato). Il non guardare una cosa antiestetica non è un limite, significa rispettare i propri gusti.
Se leggi quanto ho scritto sopra, vedrai che ho scritto le stesse cose.
Con questo ho finito, spero che la mia opinione sia chiara e non dia adito a diverbi.
Ma stiamo facendo scuola su come sia appropriato disegnare il naso di un tengu? E se fosse stato Morimi a caratterizzare il suo personaggio così? Il libro non l'abbiamo letto né tu né io, perciò non possiamo sapere se in realtà è stata una scelta dell'autore o del chara designer quella di fare un naso di un certo tipo al Maestro Tengu. (Aperta e chiusa parentesi, mia nonna aveva quel tipo di naso, e penso che se le avessi detto che è antiestetico, ti avrebbe mollato un ceffone! xD). Ma comunque per capirci, la forma bishonen del tengu va bene, però una persona anziana col naso acquilino no. In questo caso è una pecca grave del chara design. Non entro nel merito, ma lo trovo un modo un po' particolare di giudicare un anime, pur se ognuno è diverso e ha i suoi metri di misura. Come ti ho già detto, condivido il rifiuto di guardare qualcosa perché il chara design non ti piace (ho fatto l'esempio di Ping Pong apposta, perché in più casi si è presentato questo problema con quest'anime), ma non condivido la demolizione di una serie sulla base di quattro episodi visti in croce. Io e te siamo diversi, questo è chiaro, perché io anche se ho droppato Ping Pong al primo episodio, non sono andata in giro a dire di essere contenta che non abbia venduto perché a me ha fatto schifo il chara design. Ma vabbé, ad ognuno il suo.
Nessun diverbio, comunque, stiamo parlando normalmente. Io sono calmissima, anzi mi sto divertendo, lol
L'esprimere un'opinione legittima riguardo l'estetica e l'appropriatezza del character design non significa "fare scuola". Significa semplicemente giudicare un disegno in base ai propri canoni estetici e a dati innegabili. Vedi le orecchie rettangolari e prive di padiglione auricolare (è innegabile il loro irrealismo e la loro mancanza di dettaglio). Vedi appunto quel naso che ci sta a un tengu come la Parodi sta a Masterchef. Il fatto che io lo dica, non mi trasforma nel Vittorio Sgarbi del fumetto, semplicemente dico quello che mi salta più all'occhio.
2) Attenzione, io non mi riferivo solo a quel tengu, in quella serie tutti i tengu in forma umana avevano quel naso, per cui non ci sono scuse o presunte spiegazioni. Per lui i tengu sono così, e io come spettatore gli dico che ha disegnato male. I tengu non hanno un naso aquilino, ce l'hanno lungo alla Usopp. E non solo i "bellocci" tengu hanno un naso "normale" in forma umana, ricordiamolo.
Altro esempio eclatante è faccione di Soichiro, è talmente squadrato e poligonale che mi ha fatto venire in mente Virtua fighter per Sega Saturn (un bambino col righello lo disegna identico).
Se penso che dietro ai disegni c'è un certo Koji Kumeta (autore di Katte ni Kaizo, Sayonara Zetsubo Sensei, ecc.), ossia un'autore che ha la mia stima, non mi capacito ulteriormente di questo scivolone stilistico.
Visto che citi Ping Pong posso dire una cosa: come te non l'ho visto per via della grafica e delle animazioni, ma rispetto chiunque l'abbia visto e apprezzato e mi sono tenuto alla larga da qualsiasi discussione in merito.
Ultima cosa: io non sono qui per demolire o denigrare (a differenza di altri utenti), ho semplicemente espresso la mia opinione sul fatto che non ho gradito la serie e sul fatto che, grafica a parte, la serie ha dei difetti che ne precludono l'eccellenza. Che alla fine rimanga una serie sopra la sufficienza, lo giudicherete voi, io quando scoprii la vera identità del "Club del venerdì", gli scopi per cui agiscono e il "rapporto d'amore con la creatura mangiata", credimi, avevo la misura colma per quanto insulsa e squallida mi era apparsa la storia nel suo insieme, ripeto: è solo un mio giudizio personale.
Io penso di aver espresso tutto quello che dovevo (anche se, mi sono reso conto che parlare "controcorrente" di certe serie, per certa gente significa scoprire dei nervi).
Alla prossima e buon divertimento.
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