Tante volte ci è stato chiesto di fare una rubrica dove inserire il bianco e il nero, Capuleti e Montecchi, Livorno e Pisa, giorno e notte...insomma due punti di vista diametralmente opposti su cui poter discutere e magari anche schierarsi.
Dobbiamo ammetterlo, il timore che tutto finisca in un inutile flame ci ha sempre frenato ma, visto che ultimamente voi utenti vi siete dimostrati meno "scalmanati", ci siamo detti in Redazione "Why not"?
AnimeRing!
Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
Andiamo a scoprire il titolo su cui faremo discutere voi utenti!
Oggi è giunto il momento di emettere un verdetto!
La domanda è una sola: voi da che parte state?
A FAVORE
CONTRO
Potete far sentire la vostra voce, oltre che nei commenti, anche con un mini sondaggio che durerà tre giorni!
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Galaxy Express è una delle opere più lunghe e apprezzate di Leiji Matsumoto, il papà di Capitan Harlock, un manga in cui il maestro mise davvero molto di sè stesso:
Nel Galaxy Express ho infuso molti miei ricordi che sono stati vissuti qui sulla Terra; in particolare, da giovane decisi di trasferirmi dal Kyushu, dove sono nato, a Tokyo per tentare la carriera di fumettista. Partii stile Galaxy Express, senza biglietto di ritorno, solo con la mia valigia con i colori, gli inchiostri e le penne e infusi nel personaggio di Tetsuro lo stato d'animo di ragazzo che avevo quando feci questa scelta di cambiare vita.
In quel viaggio – tra l'altro un viaggio molto più lungo rispetto a quelli attuali - immaginai di avere a fianco una ragazza come Maetel, che è poi diventata il personaggio della serie.
Esattamente 40 anni fa, il 14 settembre 1978, da essa venne realizzata una serie televisiva omonima di 113 episodi.
Nel Galaxy Express ho infuso molti miei ricordi che sono stati vissuti qui sulla Terra; in particolare, da giovane decisi di trasferirmi dal Kyushu, dove sono nato, a Tokyo per tentare la carriera di fumettista. Partii stile Galaxy Express, senza biglietto di ritorno, solo con la mia valigia con i colori, gli inchiostri e le penne e infusi nel personaggio di Tetsuro lo stato d'animo di ragazzo che avevo quando feci questa scelta di cambiare vita.
In quel viaggio – tra l'altro un viaggio molto più lungo rispetto a quelli attuali - immaginai di avere a fianco una ragazza come Maetel, che è poi diventata il personaggio della serie.
Esattamente 40 anni fa, il 14 settembre 1978, da essa venne realizzata una serie televisiva omonima di 113 episodi.
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A FAVORE
Galaxy Express 999
10.0/10
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Galaxy Express 999" è a mio parere il capolavoro assoluto di Leiji Matsumoto; si tratta di un'opera le cui sfumature sono innumerevoli, probabilmente l'opera più variegata che io conosca, il che ha permesso all'autore di esprimere il suo pensiero e la sua poetica a 360 gradi.
La serie difatti ha una forte impronta fiabesca e si snoda in ben 113 episodi di cui la maggior parte sono autoconclusivi, ogni episodio quindi ha qualcosa da raccontare allo spettatore e qualcosa da aggiungere al bagaglio culturale del protagonista, che attraverso il Galaxy Express viaggia inesorabilmente attraverso il grigio mondo degli adulti e della società, che ci viene mostrata in tutta la sua assurdità, spesso tramite delle metafore alcune di esse al limite dell'autorialità e del nonsense (come non citare l'episodio più assurdo di tutti quale il pianeta dei funerali, la cui gente si diverte a fare funerali alla gente quando scopre che le persone possono morire, questo ci fa capire quanto il mondo sia assurdo, quanto la gente possa farsi sopraffare dalle novità e non è mai contenta della propria condizione seppur avessero raggiunto una condizione di perfezione apparente quale la vita eterna).
In un futuro è diventato possibile viaggiare in tutto l'universo attraverso linee ferroviarie che collegano vari pianeti tra loro; sulla Terra intanto è possibile ottenere la vita eterna trasferendo la propria coscienza all'interno di corpi meccanici. La Terra sostanzialmente vanta di una città chiamata Megalopolis in cui la gente può comprarsi a caro prezzo un corpo meccanico e vivere così in eterno e la società ha raggiunto uno stato in cui chi possiede un corpo meccanico, può condurre una vita agiata e lussuosa. Al contrario invece la parte più povera della società, non potendosi comprare un corpo meccanico, è costretta a vivere nella miseria più totale ai margini della società. Tetsuro (o Masai nella versione italiana), è un ragazzo povero che accompagnato da sua madre, decide di percorrere un lungo viaggio a bordo del Galaxy Express 999 verso il capolinea Andromeda in cui si vocifera ci sia la possibilità di avere gratuitamente un corpo meccanico, inizieranno a lavorare sodo per potersi comprare i biglietti del treno. Sfortunatamente la madre di Masai viene assassinata da un duca meccanico che si diverte ad uccidere la gente per puro divertimento quasi come una sorta di battuta di caccia e Tetsuro viene salvato da una giovane e bella donna bionda di nome Maetel (o Maisha nella versione italiana), che propone a Tetsuro un biglietto del Galaxy Express a patto di essere accompagnato da lei per tutto il viaggio. Inizia così il lungo viaggio attraverso l'universo diretti al capolinea di Andromeda. Il personaggio di Maetel desta da subito forti sospetti e il suo alone di mistero che la circonda, ne aumenta il fascino e la sua natura rimarrà enigmatica fino alla fine della serie in cui verrà svelato il suo vero scopo, anche se la sua natura continuerà a rimanere enigmatica anche dopo il finale.
L'elemento cyberpunk del corpo meccanico e la componente space della serie, diventano quasi dei pretesti o degli elementi di contorno per il viaggio del protagonista all'interno di questi mondi in cui appunto il ragazzino vedrà alcune cose come assurde, cose che la sua mente da ragazzino non riesce a concepire, ma che fanno parte della realtà effettiva, alle volte assurda, del mondo degli adulti che spesso si fanno sopraffarre dall'egoismo personale, dalla guerra e dalla sete del denaro, a scapito di cose molto più importanti come il rispetto verso la natura e verso la persona stessa. "Galaxy Express" difatti non è altro che un'opera di formazione e di crescita in cui il protagonista (ma anche lo spettatore), aggiungerà volta per volta qualcosa al proprio bagaglio culturale che gli servirà per formare una propria personalità e per arrivare ad un punto che porterà, prima o poi, ad una scelta che verrà compiuta quando il ragazzino sarà maturato e sarà diventato uomo a tutti gli effetti, ovvero al capolinea del Galaxy Express 999. Il capolinea rappresenta il punto di svolta del ragazzino che si accinge a diventare uomo e ad affrontare la società in tutte le sue contraddizioni ed assurdità. Qui Matsumoto ci mette di fronte ad un bivio e ci chiede se è meglio adeguarsi agli standard che la società ci impone e diventare quindi uomini meccanici che avranno dei vantaggi sicuramente in quanto perfettamente omologati all'ingranaggio, ma che ne annulla in qualche modo l'individualità, oppure rinunciare alle assurdità che ci impone la società e fare dell'individualità il proprio vessillo, ma in questo caso essere considerati degli elementi di disturbo e di fastidio e vivere ai margini della società come Harlock. Matsumoto ci fa capire che l'individualità è sempre qualcosa da difendere e da sostenere nonostante tutto, ci fa mettere in discussione quello che può sembrare normale per tutti, filtrare le cose attraverso il proprio punto di vista e cercare di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato è sempre la cosa giusta da fare. Rinunciare a se stessi è qualcosa di inconcepibile, non si può diventare uomini se si perde la propria individualità, la felicità non arriverà mai se si rinuncia ad essa.
Il mistero che avvolge la natura di Maetel ed il suo sguardo perennemente cupo e quasi onnisciente, rendono il personaggio molto interessante e suscitano nello spettatore una certa curiosità che una volta rivelata, non farà altro che integrarsi alla perfezione con quella che è la natura della serie. Nonostante alla fine non ci mettano al corrente della sua vera natura fisica, il personaggio di Maetel assume esattamente lo spessore che vuole avere, a fine visione infatti vengono a galla delle cose molto interessanti, seppur alcune abbastanza enigmatiche ed irrisolte. La bella Maetel è una sorta di entità mistica, una figura materna il cui compito è quello di guidare il bambino verso l'età adulta.
La struttura ad episodi autoconclusivi è perfetta per veicolare la poetica di Matsumoto in tutte le sue sfaccettature; in quest'opera c'è Matsumoto stesso, se si ama Matsumoto a mio parere è impossibile non amare questa serie che ne contiene tutta l'essenza. Le sfumature di "Galaxy Express" sono innumerevoli e questo la rende una delle serie più variegate dell'intero panorama dell'animazione di sempre (se non la più varia in assoluto). La serie infatti vanta un insieme di generi ben orchestrati tra loro che permettono all'opera di ottenere un fascino unico e delle atmosfere incredibili, i suoi generi che la compongono vanno dal drammatico al cyberpunk, fino a toccare sfumature di horror, nonsense, sci fi e western in alcuni episodi.
Le animazioni sono quelle standard delle serie della fine degli anni 70, nulla di eccezionale insomma, ma alla fine il livello medio era quello che era e francamente non gli si poteva chiedere di più, soprattutto considerando che si tratta di una produzione molto lunga. Le musiche d'altra parte sono incredibili e creano un'atmosfera ed un fascino indescrivibile.
Ho visto gente criticare questa serie per il realismo mancato, mi chiedo come ci si possa aspettare il realismo da una serie fiabesca in cui il protagonista apre il finestrino del treno e fa svolazzare i capelli al vento nello spazio come se nulla fosse. E' una serie che non ha realismo e che non vuole averlo, il fascino di quest'opera sta proprio in questo, nel far viaggiare la mente dello spettatore in posti in cui la fantasia può dar via libera al suo estro più totale.
Non posso che concludere dicendo che il finale di "Galaxy Express 999" sia uno dei più belli che la storia dell'animazione giapponese abbia da offrire agli appassionati, in cui Matsumoto sprigiona tutta la sua carica emotiva e metaforica in un simbolico passaggio all'età adulta in cui il ragazzo afflitto dal dolore dell'addio, rivolge il pensiero al futuro i cui fragili trascorsi della giovinezza, nonostante il dolore e le cicatrici che lasciarono in noi, in quel momento simbolico diventano la forza che ci permette di fare un passo in avanti, di diventare noi stessi veramente, di diventare adulti, indipendenti e vogliosi di proseguire quel pericoloso viaggio in cui la morte è dietro l'angolo e la verità è l'unico vero traguardo da raggiungere, l'unico vero capolinea della vita.
"Galaxy Express 999" è a mio parere il capolavoro assoluto di Leiji Matsumoto; si tratta di un'opera le cui sfumature sono innumerevoli, probabilmente l'opera più variegata che io conosca, il che ha permesso all'autore di esprimere il suo pensiero e la sua poetica a 360 gradi.
La serie difatti ha una forte impronta fiabesca e si snoda in ben 113 episodi di cui la maggior parte sono autoconclusivi, ogni episodio quindi ha qualcosa da raccontare allo spettatore e qualcosa da aggiungere al bagaglio culturale del protagonista, che attraverso il Galaxy Express viaggia inesorabilmente attraverso il grigio mondo degli adulti e della società, che ci viene mostrata in tutta la sua assurdità, spesso tramite delle metafore alcune di esse al limite dell'autorialità e del nonsense (come non citare l'episodio più assurdo di tutti quale il pianeta dei funerali, la cui gente si diverte a fare funerali alla gente quando scopre che le persone possono morire, questo ci fa capire quanto il mondo sia assurdo, quanto la gente possa farsi sopraffare dalle novità e non è mai contenta della propria condizione seppur avessero raggiunto una condizione di perfezione apparente quale la vita eterna).
In un futuro è diventato possibile viaggiare in tutto l'universo attraverso linee ferroviarie che collegano vari pianeti tra loro; sulla Terra intanto è possibile ottenere la vita eterna trasferendo la propria coscienza all'interno di corpi meccanici. La Terra sostanzialmente vanta di una città chiamata Megalopolis in cui la gente può comprarsi a caro prezzo un corpo meccanico e vivere così in eterno e la società ha raggiunto uno stato in cui chi possiede un corpo meccanico, può condurre una vita agiata e lussuosa. Al contrario invece la parte più povera della società, non potendosi comprare un corpo meccanico, è costretta a vivere nella miseria più totale ai margini della società. Tetsuro (o Masai nella versione italiana), è un ragazzo povero che accompagnato da sua madre, decide di percorrere un lungo viaggio a bordo del Galaxy Express 999 verso il capolinea Andromeda in cui si vocifera ci sia la possibilità di avere gratuitamente un corpo meccanico, inizieranno a lavorare sodo per potersi comprare i biglietti del treno. Sfortunatamente la madre di Masai viene assassinata da un duca meccanico che si diverte ad uccidere la gente per puro divertimento quasi come una sorta di battuta di caccia e Tetsuro viene salvato da una giovane e bella donna bionda di nome Maetel (o Maisha nella versione italiana), che propone a Tetsuro un biglietto del Galaxy Express a patto di essere accompagnato da lei per tutto il viaggio. Inizia così il lungo viaggio attraverso l'universo diretti al capolinea di Andromeda. Il personaggio di Maetel desta da subito forti sospetti e il suo alone di mistero che la circonda, ne aumenta il fascino e la sua natura rimarrà enigmatica fino alla fine della serie in cui verrà svelato il suo vero scopo, anche se la sua natura continuerà a rimanere enigmatica anche dopo il finale.
L'elemento cyberpunk del corpo meccanico e la componente space della serie, diventano quasi dei pretesti o degli elementi di contorno per il viaggio del protagonista all'interno di questi mondi in cui appunto il ragazzino vedrà alcune cose come assurde, cose che la sua mente da ragazzino non riesce a concepire, ma che fanno parte della realtà effettiva, alle volte assurda, del mondo degli adulti che spesso si fanno sopraffarre dall'egoismo personale, dalla guerra e dalla sete del denaro, a scapito di cose molto più importanti come il rispetto verso la natura e verso la persona stessa. "Galaxy Express" difatti non è altro che un'opera di formazione e di crescita in cui il protagonista (ma anche lo spettatore), aggiungerà volta per volta qualcosa al proprio bagaglio culturale che gli servirà per formare una propria personalità e per arrivare ad un punto che porterà, prima o poi, ad una scelta che verrà compiuta quando il ragazzino sarà maturato e sarà diventato uomo a tutti gli effetti, ovvero al capolinea del Galaxy Express 999. Il capolinea rappresenta il punto di svolta del ragazzino che si accinge a diventare uomo e ad affrontare la società in tutte le sue contraddizioni ed assurdità. Qui Matsumoto ci mette di fronte ad un bivio e ci chiede se è meglio adeguarsi agli standard che la società ci impone e diventare quindi uomini meccanici che avranno dei vantaggi sicuramente in quanto perfettamente omologati all'ingranaggio, ma che ne annulla in qualche modo l'individualità, oppure rinunciare alle assurdità che ci impone la società e fare dell'individualità il proprio vessillo, ma in questo caso essere considerati degli elementi di disturbo e di fastidio e vivere ai margini della società come Harlock. Matsumoto ci fa capire che l'individualità è sempre qualcosa da difendere e da sostenere nonostante tutto, ci fa mettere in discussione quello che può sembrare normale per tutti, filtrare le cose attraverso il proprio punto di vista e cercare di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato è sempre la cosa giusta da fare. Rinunciare a se stessi è qualcosa di inconcepibile, non si può diventare uomini se si perde la propria individualità, la felicità non arriverà mai se si rinuncia ad essa.
Il mistero che avvolge la natura di Maetel ed il suo sguardo perennemente cupo e quasi onnisciente, rendono il personaggio molto interessante e suscitano nello spettatore una certa curiosità che una volta rivelata, non farà altro che integrarsi alla perfezione con quella che è la natura della serie. Nonostante alla fine non ci mettano al corrente della sua vera natura fisica, il personaggio di Maetel assume esattamente lo spessore che vuole avere, a fine visione infatti vengono a galla delle cose molto interessanti, seppur alcune abbastanza enigmatiche ed irrisolte. La bella Maetel è una sorta di entità mistica, una figura materna il cui compito è quello di guidare il bambino verso l'età adulta.
La struttura ad episodi autoconclusivi è perfetta per veicolare la poetica di Matsumoto in tutte le sue sfaccettature; in quest'opera c'è Matsumoto stesso, se si ama Matsumoto a mio parere è impossibile non amare questa serie che ne contiene tutta l'essenza. Le sfumature di "Galaxy Express" sono innumerevoli e questo la rende una delle serie più variegate dell'intero panorama dell'animazione di sempre (se non la più varia in assoluto). La serie infatti vanta un insieme di generi ben orchestrati tra loro che permettono all'opera di ottenere un fascino unico e delle atmosfere incredibili, i suoi generi che la compongono vanno dal drammatico al cyberpunk, fino a toccare sfumature di horror, nonsense, sci fi e western in alcuni episodi.
Le animazioni sono quelle standard delle serie della fine degli anni 70, nulla di eccezionale insomma, ma alla fine il livello medio era quello che era e francamente non gli si poteva chiedere di più, soprattutto considerando che si tratta di una produzione molto lunga. Le musiche d'altra parte sono incredibili e creano un'atmosfera ed un fascino indescrivibile.
Ho visto gente criticare questa serie per il realismo mancato, mi chiedo come ci si possa aspettare il realismo da una serie fiabesca in cui il protagonista apre il finestrino del treno e fa svolazzare i capelli al vento nello spazio come se nulla fosse. E' una serie che non ha realismo e che non vuole averlo, il fascino di quest'opera sta proprio in questo, nel far viaggiare la mente dello spettatore in posti in cui la fantasia può dar via libera al suo estro più totale.
Non posso che concludere dicendo che il finale di "Galaxy Express 999" sia uno dei più belli che la storia dell'animazione giapponese abbia da offrire agli appassionati, in cui Matsumoto sprigiona tutta la sua carica emotiva e metaforica in un simbolico passaggio all'età adulta in cui il ragazzo afflitto dal dolore dell'addio, rivolge il pensiero al futuro i cui fragili trascorsi della giovinezza, nonostante il dolore e le cicatrici che lasciarono in noi, in quel momento simbolico diventano la forza che ci permette di fare un passo in avanti, di diventare noi stessi veramente, di diventare adulti, indipendenti e vogliosi di proseguire quel pericoloso viaggio in cui la morte è dietro l'angolo e la verità è l'unico vero traguardo da raggiungere, l'unico vero capolinea della vita.
CONTRO
Galaxy Express 999
3.0/10
Qualsiasi motivo possa spingere a visionare questa serie, dalla semplice curiosità all’essere fan di Matsumoto o ancora alle buone valutazioni di quest’opera da parte degli utenti, potrebbe davvero trarvi in inganno.
Quest’anime sarà una vera e propria delusione per chi si aspetta di trovare azione, trama ben congegnata e profondità. Incoerenza è la parola chiave, seguita da ripetitività, pietismo spinto fino all’inverosimile, superficialità, banalità.
Si può ben dire che Matsumoto, dando il via alla produzione di questa serie animata, abbia toccato il fondo della sua carriera. E non tanto perché abbia perso di inventiva, ché spesso è anche fin troppo presente, ma spingendo all’assurdo e all’illogicità anche quel minimo accenno di trama che si può intuire dagli episodi. La fantasiosa concatenazione logica di certi aspetti della trama potrebbe far storcere il naso a chi si aspetta da questo prodotto una fantascienza con un minimo di coerenza (per non parlare di un tizio che si affaccia respirando a pieni polmoni dai finestrini della locomotiva viaggiante in pieno spazio!).
Toglietevi dunque dalla testa battaglie spaziali tra astronavi dal mecha affascinante, per quanto datato; dimenticate personaggi di grande statura e di spiccato carisma; non aspettatevi colpi di scena; soprattutto ricordate che a livello tecnico si cade davvero in basso.
Galaxy Express 999 propone fin dal titolo quello che sarà la costante dei 113 episodi che lo compongono: un treno che viaggia grazie a fantasiosi circuiti ferroviari intergalattici, verso mete le più svariate. Il 999 è soprattutto la locomotiva ambita da chi vuole ottenere un corpo meccanico gratuitamente su un misterioso pianeta situato nella nebulosa di Andromeda.
La serie sarà dunque completamente basata sul viaggio che il protagonista Tetsuro effettuerà, accompagnato da una donna misteriosa di nome Maetel, attraverso i pianeti-fermate del circuito ferroviario. Il viaggio dovrà essere per lui motivo di maturazione profonda, di un’evoluzione che alla fine (chissà quando!) dovrà portarlo a maturare la decisione di cambiare il proprio corpo, abbandonando il vecchio per uno nuovo, un corpo meccanico, capace di assicurargli la vita per oltre 2.000 anni. Avere un corpo di tal fatta è prerogativa dei soli ricchi, mentre l’umanità priva di mezzi che si raccoglie nelle viscere dell’ipertecnologica città di Megalopoli è costretta a sottostare alle angherie dei terribili uomini-macchina. Obiettivo di Tetsuro è dunque quello di ottenere questo corpo potente e di vendicare la morte della madre, riportando l’ordine delle cose a una giustizia dove vige l’uguaglianza dei mezzi per tutti gli uomini - pretesa alquanto buonista e priva di qualsiasi appiglio razionale.
Chi si aspetta di trovare in Tetsuro un personaggio della levatura di Harlock metta subito in conto di abbandonare la visione dell’opera. La gran parte dell’insulsaggine della trama dipende dal suo carattere spavaldo, ma allo stesso tempo dotato di una stupidità ingenua e spesso fastidiosa. Il motivo dominante di ogni episodio prevede che questo malcapitato incappi negli inconvenienti più assurdi che spesso lo ridicolizzano in maniera davvero impietosa. Se poi a ciò si aggiungono l’imperante buonismo e il moralismo pietistico e patetico di cui è emblema, si può davvero concludere senza ombra di dubbio che ci si trova di fronte a un protagonista senza carisma, insignificante e privo di qualsiasi spunto interessante.
La figura che poteva in qualche modo risollevare davvero le sorti dell’opera grazie al suo alone di mistero è Maetel. Ma il mistero in questo caso diventa solo un pretesto per destare l’attenzione di un annoiato spettatore, che dopo la visione di ben 50 episodi composti di soli filler spera, magari prega, di trovare un accenno di trama sequenziale. Ebbene, la storia personale di Maetel non viene trattata se non per piccolissimi assaggi, che diventano amarissimi quando dopo uno spiraglio di trama ci si rituffa nella trita ripetitività di ogni episodio. L’effetto è pari a quello provocato da un miraggio di un’oasi in mezzo al deserto, dopo giorni e giorni di stanco cammino.
Questa donna spesso è vittima di appiattimento caratteriale: nelle migliori intenzioni di Matsumoto c’era all’inizio quella di renderla profonda e carismatica proprio per l’alone di mistero che la circonda, quando all’inizio della serie compare con il suo cappotto nero in mezzo alle distese innevate della Terra. Le intenzioni non bastano, così colei che doveva diventare la vera protagonista della serie, il pilastro dominante attorno a cui tessere il vero dramma, diventa solo una piatta e silenziosa cornice ai fastidiosi piagnistei e alle rocambolesche avventure al limite dell’assurdo di Tetsuro. Le grandi potenzialità di cui poteva essere dotata la sua storia si tramutano così in piccole e insignificanti pennellate caratteriali prive di coerenza ai fini di una trama che già di per sé è illogica, visto e considerato che la maggior parte degli episodi (un bel 95% dei quali sono solo dei filler insignificanti) sembrano il frutto di una mente drogata con funghi allucinogeni scaduti.
E poi, la delusione delle delusioni: dopo tutta questa tripla quaresima di episodi, l’ultimo schiaffo morale, giusto per fortificare l’animo già debilitato dello spettatore: chi è Maetel? Prima si dà l’assaggio, si continua la stanca visione degli episodi per quella piccola curiosità - davvero piccola - da soddisfare, per poi essere vittima di una presa in giro che ti lascerà con quell’interrogativo. Chi è Maetel? Ma scoprilo da solo!
Poteva essere trattato tutto molto meglio, anche se non per forza in maniera perfetta. Gli spunti non mancavano: un viaggio per mondi completamente diversi tra loro poteva essere occasione di ritratti ben più profondi delle realtà disparate di cui può essere composto l’universo. Il cambiamento subìto dall’umanità meccanica poteva andare ben al di là dell’inutile compassione per coloro che soffrono e che sono vittime di presunte ingiustizie, calpestati invece spesso e volentieri per mancanza di volontà. Poteva innestarsi su quest’ultima tematica qualsiasi profonda riflessione che concernesse il contrasto tra le emozioni di un’umanità viva perché fatta di carne e ossa e l’apatia e la mancanza di qualsiasi ambizione di un’umanità ormai eterna, che si annulla con il passare dei secoli. Il motivo dell’eterna giovinezza, della vita forte e inesauribile poteva essere sviluppato in maniera ben più concisa che con la stanca ripetizione delle disgrazie degli umili, dei poveri e dei diseredati. La meta finale, il simbolo del massimo traguardo tecnologico raggiunto dall’umanità poteva essere esplorato nella storia della sua costruzione, nella sua dinamica creativa, nell’esplorare l’ambizione di chi, artefice di questi miracoli, voleva ricreare un’umanità perfetta, eterna, indistruttibile. L’oscuro pirata spaziale poteva trovare spazi ben più profondi all’interno di queste tematiche.
E invece lo strazio: una trama diluita, superficiale, inconsistente, che si dilunga per ben 111 episodi-filler, per poi tirare le fila conclusive in maniera frettolosa e sbrigativa negli ultimi due, tralasciando aspetti che avrebbero avuto un peso enorme e che vengono solo accennati, lasciando lo spettatore con l’amaro in bocca.
Il comparto tecnico esprime alla perfezione il basso livello dell’opera. Certo, bisogna pur sempre considerare il contesto di produzione, che la vede figlia dell’ormai lontano 1979. Ma come mai tante opere coetanee riescono a essere più gradevoli alla vista, pur non essendo tecnicamente perfette?
L’animazione è pressoché inesistente: movimenti fissi o addirittura ripetitivi e stereotipati, privi di un minimo cenno di fluidità. I colori sono altrettanto piatti, caratterizzati dall’assenza totale di chiaroscuro, cosicché spesso si ha l’impressione di trovarsi di fronte a disegni di bambini di non più di dieci anni.
Altrettanto sgradevole risulta il chara, che vede la mano di Shingo Araki e di Shigeru Kogawa. I livelli discreti degli episodi iniziali testimoniano la presenza del primo, ma quelli del blocco compreso dal cinquantesimo episodio fino alla conclusione dell’opera, prodotti dal secondo, registrano una triste curva discendente, soprattutto su Maetel, i cui disegni nel manga avevano già lasciato colpiti i fan per l’evoluzione del tratto di Matsumoto. Tanto i disegni cartacei sono sinuosi, fluidi, morbidi, aggraziati, tanto quelli dell’anime sono spigolosi, essenziali, inespressivi.
Ad aggravare il tutto interviene la regia di Nobutaka Nishizawa, completamente priva di qualsiasi inventiva nei montaggi di ogni episodio, che vengono condotti sempre allo stesso modo, dal primo all’ultimo, contribuendo ad aumentare l’impressione della monotonia e della stanca ripetizione. Priva di qualsiasi effetto che sia frutto di scelte soggettive e innovatrici, la regia si riduce a qualche picco concernente le scene di arrivo e di partenza del 999.
Penoso, per concludere, è l’adattamento italiano dei dialoghi, con repentini cambi dei doppiatori principali e poca fedeltà all’originale.
Potevano risollevare l’atmosfera le musiche. Composizione di Masaaki Hirao, in effetti la soundtrack è molto piacevole, leggera e spesso adatta ai temi e alle situazioni cui si accompagna. La malinconia che la caratterizza non è pesante e ripetitiva come la trama, piuttosto dà un’impressione di tristezza accompagnata da profonda dolcezza, espresse tramite ritmi cadenzati e leggeri. Melodie cantate da voci femminili e accompagnate da strumenti leggeri come i violini contribuiscono ad aumentarne la bellezza. L’unica nota dolente sta nell’esiguo numero delle tracce, che così finiscono per stancare lo spettatore arrivato a visione di metà opera. Un maggior numero di composizioni avrebbe quantomeno contribuito a dare all’aspetto musicale una grande dignità.
Parere negativo infine per l’opening e l’ending. Potrebbero non piacere, visto che esprimono ormai un tempo passato: i lontani anni ’70. Risultano poi piuttosto piatte e caratterizzate dalla ripetizione di uno stesso motivo.
Galaxy Epress 999 ha avuto gran fortuna. Forse è stato anche questo numero spropositato di episodi-filler ad agevolarne la fama, considerando che l’opera ai tempi in cui venne trasmessa fu destinata a un target soprattutto giovanile, con poche pretese per una trama articolata, ben organizzata e logica. Per questo non è adatta a chi si aspetta colpi di scena, azione, temi impegnati trattati per come si deve. Chi si aspetterà tutto ciò verrà deluso. È per questo che il giudizio complessivo, alla luce di ciò che realmente poteva e doveva essere questo anime, considerando inoltre le aspettative di un fan di Harlock, non può andare al di là del 3.
Quest’anime sarà una vera e propria delusione per chi si aspetta di trovare azione, trama ben congegnata e profondità. Incoerenza è la parola chiave, seguita da ripetitività, pietismo spinto fino all’inverosimile, superficialità, banalità.
Si può ben dire che Matsumoto, dando il via alla produzione di questa serie animata, abbia toccato il fondo della sua carriera. E non tanto perché abbia perso di inventiva, ché spesso è anche fin troppo presente, ma spingendo all’assurdo e all’illogicità anche quel minimo accenno di trama che si può intuire dagli episodi. La fantasiosa concatenazione logica di certi aspetti della trama potrebbe far storcere il naso a chi si aspetta da questo prodotto una fantascienza con un minimo di coerenza (per non parlare di un tizio che si affaccia respirando a pieni polmoni dai finestrini della locomotiva viaggiante in pieno spazio!).
Toglietevi dunque dalla testa battaglie spaziali tra astronavi dal mecha affascinante, per quanto datato; dimenticate personaggi di grande statura e di spiccato carisma; non aspettatevi colpi di scena; soprattutto ricordate che a livello tecnico si cade davvero in basso.
Galaxy Express 999 propone fin dal titolo quello che sarà la costante dei 113 episodi che lo compongono: un treno che viaggia grazie a fantasiosi circuiti ferroviari intergalattici, verso mete le più svariate. Il 999 è soprattutto la locomotiva ambita da chi vuole ottenere un corpo meccanico gratuitamente su un misterioso pianeta situato nella nebulosa di Andromeda.
La serie sarà dunque completamente basata sul viaggio che il protagonista Tetsuro effettuerà, accompagnato da una donna misteriosa di nome Maetel, attraverso i pianeti-fermate del circuito ferroviario. Il viaggio dovrà essere per lui motivo di maturazione profonda, di un’evoluzione che alla fine (chissà quando!) dovrà portarlo a maturare la decisione di cambiare il proprio corpo, abbandonando il vecchio per uno nuovo, un corpo meccanico, capace di assicurargli la vita per oltre 2.000 anni. Avere un corpo di tal fatta è prerogativa dei soli ricchi, mentre l’umanità priva di mezzi che si raccoglie nelle viscere dell’ipertecnologica città di Megalopoli è costretta a sottostare alle angherie dei terribili uomini-macchina. Obiettivo di Tetsuro è dunque quello di ottenere questo corpo potente e di vendicare la morte della madre, riportando l’ordine delle cose a una giustizia dove vige l’uguaglianza dei mezzi per tutti gli uomini - pretesa alquanto buonista e priva di qualsiasi appiglio razionale.
Chi si aspetta di trovare in Tetsuro un personaggio della levatura di Harlock metta subito in conto di abbandonare la visione dell’opera. La gran parte dell’insulsaggine della trama dipende dal suo carattere spavaldo, ma allo stesso tempo dotato di una stupidità ingenua e spesso fastidiosa. Il motivo dominante di ogni episodio prevede che questo malcapitato incappi negli inconvenienti più assurdi che spesso lo ridicolizzano in maniera davvero impietosa. Se poi a ciò si aggiungono l’imperante buonismo e il moralismo pietistico e patetico di cui è emblema, si può davvero concludere senza ombra di dubbio che ci si trova di fronte a un protagonista senza carisma, insignificante e privo di qualsiasi spunto interessante.
La figura che poteva in qualche modo risollevare davvero le sorti dell’opera grazie al suo alone di mistero è Maetel. Ma il mistero in questo caso diventa solo un pretesto per destare l’attenzione di un annoiato spettatore, che dopo la visione di ben 50 episodi composti di soli filler spera, magari prega, di trovare un accenno di trama sequenziale. Ebbene, la storia personale di Maetel non viene trattata se non per piccolissimi assaggi, che diventano amarissimi quando dopo uno spiraglio di trama ci si rituffa nella trita ripetitività di ogni episodio. L’effetto è pari a quello provocato da un miraggio di un’oasi in mezzo al deserto, dopo giorni e giorni di stanco cammino.
Questa donna spesso è vittima di appiattimento caratteriale: nelle migliori intenzioni di Matsumoto c’era all’inizio quella di renderla profonda e carismatica proprio per l’alone di mistero che la circonda, quando all’inizio della serie compare con il suo cappotto nero in mezzo alle distese innevate della Terra. Le intenzioni non bastano, così colei che doveva diventare la vera protagonista della serie, il pilastro dominante attorno a cui tessere il vero dramma, diventa solo una piatta e silenziosa cornice ai fastidiosi piagnistei e alle rocambolesche avventure al limite dell’assurdo di Tetsuro. Le grandi potenzialità di cui poteva essere dotata la sua storia si tramutano così in piccole e insignificanti pennellate caratteriali prive di coerenza ai fini di una trama che già di per sé è illogica, visto e considerato che la maggior parte degli episodi (un bel 95% dei quali sono solo dei filler insignificanti) sembrano il frutto di una mente drogata con funghi allucinogeni scaduti.
E poi, la delusione delle delusioni: dopo tutta questa tripla quaresima di episodi, l’ultimo schiaffo morale, giusto per fortificare l’animo già debilitato dello spettatore: chi è Maetel? Prima si dà l’assaggio, si continua la stanca visione degli episodi per quella piccola curiosità - davvero piccola - da soddisfare, per poi essere vittima di una presa in giro che ti lascerà con quell’interrogativo. Chi è Maetel? Ma scoprilo da solo!
Poteva essere trattato tutto molto meglio, anche se non per forza in maniera perfetta. Gli spunti non mancavano: un viaggio per mondi completamente diversi tra loro poteva essere occasione di ritratti ben più profondi delle realtà disparate di cui può essere composto l’universo. Il cambiamento subìto dall’umanità meccanica poteva andare ben al di là dell’inutile compassione per coloro che soffrono e che sono vittime di presunte ingiustizie, calpestati invece spesso e volentieri per mancanza di volontà. Poteva innestarsi su quest’ultima tematica qualsiasi profonda riflessione che concernesse il contrasto tra le emozioni di un’umanità viva perché fatta di carne e ossa e l’apatia e la mancanza di qualsiasi ambizione di un’umanità ormai eterna, che si annulla con il passare dei secoli. Il motivo dell’eterna giovinezza, della vita forte e inesauribile poteva essere sviluppato in maniera ben più concisa che con la stanca ripetizione delle disgrazie degli umili, dei poveri e dei diseredati. La meta finale, il simbolo del massimo traguardo tecnologico raggiunto dall’umanità poteva essere esplorato nella storia della sua costruzione, nella sua dinamica creativa, nell’esplorare l’ambizione di chi, artefice di questi miracoli, voleva ricreare un’umanità perfetta, eterna, indistruttibile. L’oscuro pirata spaziale poteva trovare spazi ben più profondi all’interno di queste tematiche.
E invece lo strazio: una trama diluita, superficiale, inconsistente, che si dilunga per ben 111 episodi-filler, per poi tirare le fila conclusive in maniera frettolosa e sbrigativa negli ultimi due, tralasciando aspetti che avrebbero avuto un peso enorme e che vengono solo accennati, lasciando lo spettatore con l’amaro in bocca.
Il comparto tecnico esprime alla perfezione il basso livello dell’opera. Certo, bisogna pur sempre considerare il contesto di produzione, che la vede figlia dell’ormai lontano 1979. Ma come mai tante opere coetanee riescono a essere più gradevoli alla vista, pur non essendo tecnicamente perfette?
L’animazione è pressoché inesistente: movimenti fissi o addirittura ripetitivi e stereotipati, privi di un minimo cenno di fluidità. I colori sono altrettanto piatti, caratterizzati dall’assenza totale di chiaroscuro, cosicché spesso si ha l’impressione di trovarsi di fronte a disegni di bambini di non più di dieci anni.
Altrettanto sgradevole risulta il chara, che vede la mano di Shingo Araki e di Shigeru Kogawa. I livelli discreti degli episodi iniziali testimoniano la presenza del primo, ma quelli del blocco compreso dal cinquantesimo episodio fino alla conclusione dell’opera, prodotti dal secondo, registrano una triste curva discendente, soprattutto su Maetel, i cui disegni nel manga avevano già lasciato colpiti i fan per l’evoluzione del tratto di Matsumoto. Tanto i disegni cartacei sono sinuosi, fluidi, morbidi, aggraziati, tanto quelli dell’anime sono spigolosi, essenziali, inespressivi.
Ad aggravare il tutto interviene la regia di Nobutaka Nishizawa, completamente priva di qualsiasi inventiva nei montaggi di ogni episodio, che vengono condotti sempre allo stesso modo, dal primo all’ultimo, contribuendo ad aumentare l’impressione della monotonia e della stanca ripetizione. Priva di qualsiasi effetto che sia frutto di scelte soggettive e innovatrici, la regia si riduce a qualche picco concernente le scene di arrivo e di partenza del 999.
Penoso, per concludere, è l’adattamento italiano dei dialoghi, con repentini cambi dei doppiatori principali e poca fedeltà all’originale.
Potevano risollevare l’atmosfera le musiche. Composizione di Masaaki Hirao, in effetti la soundtrack è molto piacevole, leggera e spesso adatta ai temi e alle situazioni cui si accompagna. La malinconia che la caratterizza non è pesante e ripetitiva come la trama, piuttosto dà un’impressione di tristezza accompagnata da profonda dolcezza, espresse tramite ritmi cadenzati e leggeri. Melodie cantate da voci femminili e accompagnate da strumenti leggeri come i violini contribuiscono ad aumentarne la bellezza. L’unica nota dolente sta nell’esiguo numero delle tracce, che così finiscono per stancare lo spettatore arrivato a visione di metà opera. Un maggior numero di composizioni avrebbe quantomeno contribuito a dare all’aspetto musicale una grande dignità.
Parere negativo infine per l’opening e l’ending. Potrebbero non piacere, visto che esprimono ormai un tempo passato: i lontani anni ’70. Risultano poi piuttosto piatte e caratterizzate dalla ripetizione di uno stesso motivo.
Galaxy Epress 999 ha avuto gran fortuna. Forse è stato anche questo numero spropositato di episodi-filler ad agevolarne la fama, considerando che l’opera ai tempi in cui venne trasmessa fu destinata a un target soprattutto giovanile, con poche pretese per una trama articolata, ben organizzata e logica. Per questo non è adatta a chi si aspetta colpi di scena, azione, temi impegnati trattati per come si deve. Chi si aspetterà tutto ciò verrà deluso. È per questo che il giudizio complessivo, alla luce di ciò che realmente poteva e doveva essere questo anime, considerando inoltre le aspettative di un fan di Harlock, non può andare al di là del 3.
Potete far sentire la vostra voce, oltre che nei commenti, anche con un mini sondaggio che durerà tre giorni!
Crescendo non si può che affermare la grandezza del Galaxy. Un capolavoro.
Avventura che sposta l'Io dall'altra parte dell'infinito senza muoversi mai davvero. Cameo e citazioni al proprio mito e a tutti i miti di ogni tempo.
L'epos, quello di una volta.
Nonostante questo, voto 9
Mi piace ricordare che l'opera è una libera trasposizione da un racconto di Kenji Miyazawa, uno degli scrittori più sfruttati dal mondo dell'animazione, che ha ispirato, fra gli altri, anche Una notte sul treno galattico di Gisaburo Sugii, dallo stesso soggetto di Galaxy Express 999.
Ah, ovviamente ho votato Seele. La rece di Catulla, quand'anche ottimamente redatta, è un po troppo critica e ingenerosa.
Sono quasi tutti episodi autoconclusivi. Non serve guardarli tutti.
Ma quale lenta! I canoni odierni sono sono mica la bibbia! E' un capolavoro anch'esso, molto piu del manga originale.
Ma prima o poi devo finirla, e' troppo bella. Chissa' che per il quarantennale non ne esca una versione deluxe, la meriterebbe proprio.
Mi inserisco nel mezzo, quindi. Rimane un caposaldo, ma non credo di essere riuscito a comprenderlo appieno, purtroppo.
Rimane un'opera di rilievo quando si parla di anime degli anni '70? Assolutamente. Ma è anche vero che di serie coeve invecchiate meglio ce ne sono; giusto per "giocare in casa" Harlock e la Yamato me li riguarderei con più piacere.
Mica bisogna sorbirsi 10 puntate al giorno. Mica c'è un tempo limite, causa morte.
Un episodio al giorno puo' bastare. 2 a settimana , se non si ha tempo, possono bastare. L'importante è la visione. Ci sono minchiate di breve durata che non lasciano nulla, e si perte tempo. Il tempo per Galaxy Express non è perso.
Completamente d'accordo. Io seguo la formula 5 X 7: 1 episodio dal lunedì al venerdì, se capita un episodio extra sabato oppure domenica.
A) Il viaggio con il treno è un grande classico della letteratura mondiale, di ieri e di oggi. Variante dei racconti in Viaggio. Una rappresentazione della vita dell'uomo. Errante e vagabondo sulla Terra che incotrando altre culture incontra in realtà se stesso. Galaxy Express si inserisce in questo filone. Potenzilmente una storia Infinita.
2) La serie animata ha degli elementi ripetitivi? Sicuramente come tutte le grandi fiabe ed i grandi racconti. poichè ciò che muove noi tutti sono alla fine pochi, e ben noti elementi di fatto e sentimenti. Ma per quanto i singoli episodi possano essere ripetitivi, ai protagonisti del viaggio appariranno sempre diversi. Ogni esperienza arricchendoli. L'intelligenza stò nel far risaltare le sfumature dei singoli episodi. ( si lo so è un pò contorto)
3) Leiji Matsumoto ha uno stile inconfondibile. Guardate i suoi racconti - ne è stata pubblicata una raccolta anche in Italia- le tematiche di fondo sono sempre uguali e sempre diverse.
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