È notizia recente l'arrivo in streaming su Netflix dei film dello Studio Ghibli, l'apprezzato studio d'animazione fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata e diventato col tempo uno dei fiori all'occhiello dell'industria animata giapponese. Ma se per più di una generazione di appassionati i film di Miyazaki e Takahata sono ormai classici intramontabili, da vedere e rivedere, ci siamo resi conto col recente annuncio di quanti siano gli spettatori, specialmente tra i più giovani, che ancora non hanno avuto occasione di vedere uno o più di questi titoli.
Abbiamo quindi deciso di portarvi una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati dello studio in concomitanza alla graduale distribuzione dei film su Netflix. Ci spostiamo in Italia con il film in cui l'amore per il volo di Miyazaki diventa più preponderante che mai.
Ambientato in Italia nel periodo fra le due guerre mondiali, descritto come una mitica epoca degli idrovolanti, Porco Rosso narra le avventure di Marco Pagot, alias Porco Rosso, un anarchico e solitario asso dell'aviazione che si guadagna da vivere come cacciatore di taglie. Il suo monoplano rosso fiammante dotato di mitragliatrice (omaggio al leggendario barone von Richthofen) è il terrore dei contrabbandieri del Mare Adriatico. Questi, esasperati, si rivolgeranno a Donald Curtis, un esperto quanto borioso pilota americano che sfiderà Marco a un duello senza esclusione di colpi.
Quello che, a una prima distratta impressione, sembrerebbe il film più disimpegnato e scanzonato di Miyazaki, quasi un 'divertissement' dedicato alla sua passione per il volo, lascia emergere il suo lato più politico e si rivela essere un personalissimo inno alla libertà, incarnata nell'eroe schivo e solitario senza casa né famiglia: egli risponde solo al codice d'onore degli aviatori e ha scelto la fuga dal mondo e il rifiuto dell'omologazione al regime che avanza e che fagocita ogni diversità - "meglio maiale che fascista!" è un passaggio chiave del film.
Il racconto però non è appesantito da intenti ideologici e, asciutto e con pochi fronzoli, procede fluido alternando slapstick comedy, sottile umorismo e scene più drammatiche pregne di profonda malinconia.
Come sempre nel cinema di Miyazaki, le figure femminili hanno un ruolo predominante; Madame Gina non ha difficoltà a farsi rispettare dai pirati, e Fio Piccolo, giovane e promettente designer di aircraft, è un'adolescente che non si sottrae alle proprie responsabilità e, attraverso il duro lavoro, decide di emanciparsi e di contribuire in prima persona alla causa in cui crede. Inoltre, mentre gli uomini nel film sono avventurieri senza radici che vivono ai margini della società, sia Fio sia Gina vengono dipinte come indipendenti ed esperte negli affari. Questa visione femminista è un elemento tipico dell'universo narrativo 'miyazakiano' e del suo personale umanesimo che vede la donna come figura centrale e punto di riferimento.
Porco Rosso rappresenta idealmente la figura dell'artista (forse alter ego dello stesso autore), che dall'alto ha un punto di osservazione privilegiato, si astrae dal mondo e ha una visione distaccata e oggettiva della realtà, ma non per questo rimane neutrale o indifferente ed è costretto a impegnarsi personalmente.
Il maiale è uno degli animali simbolo del regista di Akebono ed è presente in molti suoi lavori, da Conan a La città incantata. L'eroe volante accetta la metamorfosi e rifiuta la propria umanità perché nauseato dalla stoltezza e dalla crudeltà della guerra che lo ha segnato definitivamente durante una sanguinosa battaglia aerea in cui ha visto con i suoi occhi l'annientamento di un'intera squadriglia di suoi commilitoni.
Quando non vola Marco è un novello Humphrey Bogart con il suo impermeabile, il suo cappello di feltro a tesa larga, la sigaretta perennemente accesa e il suo irresistibile fascino maschile che non necessita certo di bellezza esteriore per fare breccia nel cuore delle donne. Il piano bar dell'hotel Adriano è un crocevia di avventurieri che, come in Casablanca, strizza l'occhio alle atmosfere noir di certi film hollywoodiani degli anni d'oro.
Le rocambolesche acrobazie aeree sono coreografiche e spettacolari, tra veloci zoomate e complesse carrellate dai ritmi serrati che riescono a non essere mai noiose e risultano sempre fantasiose e avvincenti. C'è poi l'omaggio di Miyazaki alle produzioni dei pionieri dell'animazione (nella scena ambientata all'interno della sala cinematografica), ispirata ai fratelli Fleischer e a Windsor McKay, che ebbero grande influenza sull'animazione nipponica nel primo dopoguerra.
Buona la ricostruzione, filtrata dallo stile Ghibli, dell'Italia settentrionale e della pittoresca costa dalmata, seppur non esente da qualche distrazione, tutto sommato trascurabile, circa il contesto geografico: su tutte la scelta incomprensibile di Milano laddove sarebbe stato più filologicamente corretto parlare di Torino - vedi il motore Fiat A.S.2 "Ghibli" del monoplano di Marco, lo spericolato collaudo sul Po (?), e lo scorcio della Mole Antonelliana nei titoli di coda.
Le musiche di Joe Hisaishi sono, come di consueto, all'altezza delle aspettative. In questo frangente il pianista e compositore si cimenta in melodie romantiche, allegre marcette bandistiche che enfatizzano il carattere solare e festoso dell'ambientazione italica, e un omaggio alla tradizione degli chansonnier con il brano cantato da Madame Gina "Le temps des cerises" di Charles Trenet.
Abbiamo quindi deciso di portarvi una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati dello studio in concomitanza alla graduale distribuzione dei film su Netflix. Ci spostiamo in Italia con il film in cui l'amore per il volo di Miyazaki diventa più preponderante che mai.
Ambientato in Italia nel periodo fra le due guerre mondiali, descritto come una mitica epoca degli idrovolanti, Porco Rosso narra le avventure di Marco Pagot, alias Porco Rosso, un anarchico e solitario asso dell'aviazione che si guadagna da vivere come cacciatore di taglie. Il suo monoplano rosso fiammante dotato di mitragliatrice (omaggio al leggendario barone von Richthofen) è il terrore dei contrabbandieri del Mare Adriatico. Questi, esasperati, si rivolgeranno a Donald Curtis, un esperto quanto borioso pilota americano che sfiderà Marco a un duello senza esclusione di colpi.
Quello che, a una prima distratta impressione, sembrerebbe il film più disimpegnato e scanzonato di Miyazaki, quasi un 'divertissement' dedicato alla sua passione per il volo, lascia emergere il suo lato più politico e si rivela essere un personalissimo inno alla libertà, incarnata nell'eroe schivo e solitario senza casa né famiglia: egli risponde solo al codice d'onore degli aviatori e ha scelto la fuga dal mondo e il rifiuto dell'omologazione al regime che avanza e che fagocita ogni diversità - "meglio maiale che fascista!" è un passaggio chiave del film.
Il racconto però non è appesantito da intenti ideologici e, asciutto e con pochi fronzoli, procede fluido alternando slapstick comedy, sottile umorismo e scene più drammatiche pregne di profonda malinconia.
Come sempre nel cinema di Miyazaki, le figure femminili hanno un ruolo predominante; Madame Gina non ha difficoltà a farsi rispettare dai pirati, e Fio Piccolo, giovane e promettente designer di aircraft, è un'adolescente che non si sottrae alle proprie responsabilità e, attraverso il duro lavoro, decide di emanciparsi e di contribuire in prima persona alla causa in cui crede. Inoltre, mentre gli uomini nel film sono avventurieri senza radici che vivono ai margini della società, sia Fio sia Gina vengono dipinte come indipendenti ed esperte negli affari. Questa visione femminista è un elemento tipico dell'universo narrativo 'miyazakiano' e del suo personale umanesimo che vede la donna come figura centrale e punto di riferimento.
Porco Rosso rappresenta idealmente la figura dell'artista (forse alter ego dello stesso autore), che dall'alto ha un punto di osservazione privilegiato, si astrae dal mondo e ha una visione distaccata e oggettiva della realtà, ma non per questo rimane neutrale o indifferente ed è costretto a impegnarsi personalmente.
Il maiale è uno degli animali simbolo del regista di Akebono ed è presente in molti suoi lavori, da Conan a La città incantata. L'eroe volante accetta la metamorfosi e rifiuta la propria umanità perché nauseato dalla stoltezza e dalla crudeltà della guerra che lo ha segnato definitivamente durante una sanguinosa battaglia aerea in cui ha visto con i suoi occhi l'annientamento di un'intera squadriglia di suoi commilitoni.
Quando non vola Marco è un novello Humphrey Bogart con il suo impermeabile, il suo cappello di feltro a tesa larga, la sigaretta perennemente accesa e il suo irresistibile fascino maschile che non necessita certo di bellezza esteriore per fare breccia nel cuore delle donne. Il piano bar dell'hotel Adriano è un crocevia di avventurieri che, come in Casablanca, strizza l'occhio alle atmosfere noir di certi film hollywoodiani degli anni d'oro.
Le rocambolesche acrobazie aeree sono coreografiche e spettacolari, tra veloci zoomate e complesse carrellate dai ritmi serrati che riescono a non essere mai noiose e risultano sempre fantasiose e avvincenti. C'è poi l'omaggio di Miyazaki alle produzioni dei pionieri dell'animazione (nella scena ambientata all'interno della sala cinematografica), ispirata ai fratelli Fleischer e a Windsor McKay, che ebbero grande influenza sull'animazione nipponica nel primo dopoguerra.
Buona la ricostruzione, filtrata dallo stile Ghibli, dell'Italia settentrionale e della pittoresca costa dalmata, seppur non esente da qualche distrazione, tutto sommato trascurabile, circa il contesto geografico: su tutte la scelta incomprensibile di Milano laddove sarebbe stato più filologicamente corretto parlare di Torino - vedi il motore Fiat A.S.2 "Ghibli" del monoplano di Marco, lo spericolato collaudo sul Po (?), e lo scorcio della Mole Antonelliana nei titoli di coda.
Le musiche di Joe Hisaishi sono, come di consueto, all'altezza delle aspettative. In questo frangente il pianista e compositore si cimenta in melodie romantiche, allegre marcette bandistiche che enfatizzano il carattere solare e festoso dell'ambientazione italica, e un omaggio alla tradizione degli chansonnier con il brano cantato da Madame Gina "Le temps des cerises" di Charles Trenet.
Porco rosso è un'avventura che riesce a fondere commedia fracassona e profonde riflessioni, sequenze mozzafiato e toccante romanticismo. Inizialmente concepito come corto per una compagnia aerea, pur nella sua atipicità e pur non essendo paragonabile ad alcuna delle tante epopee grandiose a cui il maestro ci ha abituati, è una grande prova d'autore, matura e consapevole, tutt'altro che inferiore nell'ambito della gloriosa filmografia made in Ghibli.
Un transfert di Miyazaki con la sua generazione, anch'essa spaesata dalle iperboli di fine millennio.
Non è tra i miei preferiti, ma i pregi stilistici e gli omaggi che bob71 ha ottimamente sottolineato valgono da soli la visione.
Si, visto
Arturo Ferrarin vestito con un kimono donatogli in Giappone al termine del raid Roma-Tokio
PS: il refuso "non si fo credito" mi fa sempre schiantare dal ridere, sarà che fa molto toscano XD
Complimenti a Bob per la recensione!
In ogni caso, è davvero divertente la descrizione che fa Miyazaki del target di pubblico a cui è rivolto il film:
Porco Rosso è realizzato per essere un lavoro con cui gli uomini d'affari esausti per i voli internazionali possano divertirsi anche nel caso la loro mente si sia istupidita per la mancanza d'ossigeno. Dev'essere un'opera che possa divertire anche ragazzi e ragazze, così come gli anziani, ma non dobbiamo mai dimenticare che per prima cosa è un film animato per stanchi uomini di mezza età le cui cellule cerebrali sono diventate tofu.
Mi sono posto molte domande sul finale:
Miyazaki per una volta si lascia andare a una commedia dove è la passione (per il volo, per il Bel Paese, per la libertà) a farla da padrone, mettendo da parte quelle tematiche che in altre opere vengono trattate con più insistenza. Sì, c'è qualche accenno alla sua visione politica, ma è un accenno, appunto, che non appesantisce la visione e, forse proprio per questo, lascia maggiormente il segno.
Sì.
Ci sono ben cinque elementi obiettivi su quel che davvero accade nel finale.
Nell'ordine:
1) Fio 'bacia' Porco, dopodiché il viso di lui viene "coperto" dalla regia.
2) La susseguente 'scenetta' con Curtis "Ehi, ma... la tua faccia! Fammi vedere la tua faccia!"
3) L'inizio della narrazione conclusiva di Fio: "PORCO non si fece più VEDERE..."
4) Sul totale a volo d'uccello dell'Hotel Adriano: l'aereo di Marco è attraccato, sul retro (lato del 'giardino segreto' di Gina), di GIORNO.
5) Ultima immagine: il giardino segreto di Gina, il gazebo è vuoto, DI GIORNO
5+6 = Gina non attende più Marco, ha vinto la scommessa.
Enjoy your happy ending!
Spero di essere stato d'aiuto.
C'è un evidente parallellismo tra la proposta "giocosa" di Fio, ovvero quella di baciare Porco per spezzare il (presunto) sortilegio che lo trasformò in forma suina, e due precise battute di Porco stesso. Una prima e una dopo la proposta di Fio, ovvero:
— "Fiducia"... è una parola che non mi piace affatto, ma pronunciata da te ha un suono tutto diverso.
— Fio, tu sei una brava piccola... a guardare te, mi viene da pensare che l'umanità non sia poi così da buttar via.
(Le ho citate a memoria, non ho il copione o il filmato sottomano, ma credo siano abbastanza precise.)
Il punto, credo, è che stando al racconto di Porco/Marco stesso, la sua mutazione è avvenuta a causa di un suo "rifiuto dell'umanità", un suo "chiamarsi fuori" a seguito dell'aver testimoniato gli orrori – umani – della Prima Guerra Mondiale. Da cui una profonda disillusione, e quel modo di essere antisociale che vediamo un po' in tutto il film.
Si capisce quindi che la purezza, il candore di Fio hanno come riconciliato Marco con la sua, e nostra, specie. E poi il bacino c'è – tanto per mantenere il parallelismo.
Sì, questa ambivalenza di "rifiuto verso l'umanità adulta" e "speranza verso i bambini" è stato confermato come sentimento proprio dell'autore da Miyazaki Hayao stesso, durante una conferenza (intervista) a Venezia, mi pare ai tempi di Ponyo.
In effetti, la stessa "mentalità" (atteggiamento) di rifiuto e abbandono dell'umanità è poi anche in Fujimoto. Allo stesso modo, tanto Marco Pagot che Fujimoto sono personaggi misofobi, ovvero igienisti compulsivi/patologici. Il che torna col rifiuto della "sporcizia" sia a livello fisico che morale/etico.
Qualcuno direbbe che è anche un atteggiamento tipico della mentalità otaku...
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