logo AnimeClick.it


Tutte 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10


 1
Kida_10

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"Mizu no Kotoba", tradotto come "Aquatic Language", è un cortometraggio della durata di nove minuti ideato e diretto da Yasuhiro Yoshiura.

La storia è ambientata in un futuro imprecisato ma apparentemente non troppo lontano, e ha come location un semplice bar. All'interno di questo, un giovane ragazzo che ha appena interrotto i rapporti con la fidanzata si sfoga con la barista, due ragazze spettegolano del più e del meno, mentre al tavolo in parte due giovani discutono sul significato e sull'importanza della "parola". Infine al tavolo in fondo, un ultimo personaggio sta leggendo dei libri, "Io, robot" e "Ventimila leghe sotto i mari", i quali prenderanno parola al posto suo.

Non vi è una vera e propria trama, così come non vi è un protagonista centrale, anche se il ruolo di quest'ultimo potrebbe essere attribuito al primo ragazzo. In questi pochi minuti assistiamo alle diverse conversazioni operate dai vari personaggi, e diventa evidente come l'autore voglia sottolineare l'importanza del linguaggio nella società attuale. Le parole non sono vuote, hanno un peso, e spesso influiscono sulla condizione di tutti noi, soprattutto se pronunciate da qualcuno che ci sta a cuore.

Da lodare il comparto tecnico, che attraverso una regia frenetica e scoppiettante dona al prodotto un valore ben superiore a quanto preventivato. Graficamente è stato svolto un ottimo lavoro, ad eccezione del design dei personaggi che sicuramente poteva essere curato meglio. Ciò che tuttavia innalza il livello dell'opera dalla semplice sufficienza, è sicuramente il finale di grande impatto e magistralmente gestito, del quale non dirò nulla per non fare spoiler.

"Aquatic Language" è un cortometraggio interessante, in grado di far riflettere e che merita di essere visionato. Un'opera breve ma intensa, e soprattutto piacevole da guardare.


 0
Alinag

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Aquatic Language" è ambientato in un ampio salone di un bar del futuro, nel quale sono in vigore le tre leggi della robotica ideate da I. Asimov. Nelle scene del corto lo spettatore può spiare ed ascoltare le conversazioni dei clienti che si cimentano in dialoghi vaqui ed incerti, dove l' incomunicabilità e l'incomprensione regnano sovrane. Infatti in un tavolo due ragazze discutono su faccende amorose di "amici di amici"; un ragazzo ammareggiato per problemi di cuore ritrova la consolazione solo dalle parole di una ragazza robotica, mentre altri due ragazzi non riescono ad ascoltarsi reciprocamente. Solo una ragazza, seduta in disparte, riesce ad attuare un reale trasferimento di informazioni leggendo dei libri.
Yoshiura in questo corto riesce a mostrare quanto sia forte il potere delle parole, poichè sono "la luce di un linguaggio"; alcune di esse hanno una tale forza che perdura, altre invece essendo deboli, sono destinate a dissolversi come bolle d'aria. Questa bellissima immagine è rappresentata in una particolare scena, in cui la sala del bar si trasforma in un acquario popolato non solo dai clienti e il loro costante borbottio ma anche da un pesce gigante che nuota tra le innumerevoli bollicine.
Il tratto incofondibile di Yoshiura ricrea una realtà distante e artificiale accompagnato da sottofondi musicali azzeccati col contesto.


 0
Pan Daemonium

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Non il miglior corto che abbia visto, ma abbastanza discreto, "Mizu no Kotoba" ha come protagonista e come soggetto della trama il linguaggio, le parole.
Non esiste un reale personaggio protagonista, difatti, dal momento che i 9 minuti danno importanza in modo abbastanza completo a tutti coloro che si trovano nel bar che ospita l'evento.
Ciò che realmente ho apprezzato è la velocità non fluida, ma spezzettata, diciamo quasi "a tratti" che caratterizza quest'opera. Il passaggio da una scena all'altra e da un personaggio all'altro, grazie anche alle musiche stesse, rende il tutto non lineare, quasi direi basato su una meccanica non oleata e vecchio stampo. Questa caratteristica peculiare del corto viene, credo, spiegata dalla "rivelazione" finale che riguarda colei che è al bancone, che funge un po' da guida verso la scoperta della verità riguardo al linguaggio.
Ciò che ho trovato decisamente migliorabile è stato, invece, il design dei personaggi. Troppo squadrati, un po' forzati e non graditi ai miei occhi.


 0
Kary89

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Ci troviamo in un piccolo bar assordato dalle ciance di un nutrito gruppo di clienti: due amiche a caccia di gossip, due ragazzi appassionati di misteri, un solitario che si dedica alle sue letture preferite. Tutto ruota intorno a lui, scottato da una recente delusione amorosa, e lei, solerte cameriera disposta ad ascoltare i suoi sfoghi. Questo è in sostanza il cortometraggio "Aquatic Language": una breve e divertita analisi su proprietà e rischi del linguaggio, a cura di Asuhiro Yoshiura, regista del sarà "Time of Eve". C'è davvero poco altro da aggiungere: volendo analizzare le caratteristiche tecniche, il design è particolare ma discretamente curato, la regia ansiogena, con repentini cambi di inquadratura, e le due musiche presenti cullano la visione senza prevaricare la visione né convincermi appieno.
Il mio consiglio è di guardarlo, non sia mai che questo furto di dieci minuti del vostro tempo non riesca a colpirvi e a farvi riflettere prima di proferir parola.


 0
micheles

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
A mio parere gli anime sperimentali si dividono in due categorie piuttosto diverse. La prima categoria è quella più comune: è composta di opere oscure, oniriche, simboliche, complesse, di solito con pochissimi dialoghi o anche completamente prive di dialogo, con colori opachi e atmosfere opprimenti; sono opere che dopo la visione mi lasciano il senso di non avere capito nulla e un certo senso di disgusto.

La seconda categoria condivide con la prima solo l'aspetto sperimentale e quindi è composta di opere diverse da quelle mainstream, sorprendenti e criptiche; tuttavia si tratta di opere caratterizzate da un certo senso dell'umorismo, da un certo distacco filosofico, possibilmente da un certo senso del grottesco: la visione lascia ancora il senso di non avere capito completamente quello che l'opera voleva dire, ma se ne esce con un sorriso.

'Aquatic Language' appartiene alla seconda categoria, e non potrebbe essere altrimenti, perché si tratta di un corto che è ispirato alla tradizione ottimista della fantascienza, ad autori come Jules Verne e Isaac Asimov, che vengono omaggiati esplicitamente; in quanto tale si differenza completamente dalle opere sperimentali della prima categoria, che solitamente sono ispirate alla tradizione pessimista della fantascienza, specialmente al cyberpunk, quando non sono addirittura ispirate a opere delle letteratura "alta" del ventesimo secolo, piene zeppe di pessimismo esistenziale.

Insomma, 'Aquatic Language' è un corto da consigliare a chi certa un'opera sperimentale con senso dell'umorismo, sense of wonder e anche con un pizzico di buoni sentimenti. Sulla stessa linea vi consiglio tutti i lavori sperimentali di Osamu Tezuka. Ce ne vorrebbero di più di opere sperimentali di questo tipo!


 0
Ais Quin

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"Alcuni dicono che, nell'attimo in cui viene pronunciata, la parola muore. Io, invece, dico che è proprio allora che comincia a vivere". Volendo portare questa riflessione di Emily Dickinson a un livello più elevato, ci si potrebbe domandare quanto a lungo vivano le parole e perché alcune ci rimangono più impresse di altre. "Aquatic Language" non pretende di fornire una risposta univoca a questi interrogativi, ma può costituire una buona occasione per analizzare il nostro rapporto con le parole e, di conseguenza, con la società odierna, che fa della comunicazione - verbale e non - un elemento di fondamentale importanza.

Ambientato in un futuro presumibilmente non troppo lontano, il cortometraggio ha per "location" un bar, vero e proprio crocevia di esistenze e di emozioni. Al bancone la cameriera ascolta lo sfogo di ragazzo che è stato appena lasciato dalla fidanzata, offrendogli a mo' di conforto le parole più o meno di rito; poco più in là due amiche ciarlano animatamente, concedendosi di tanto in tanto delle piccole digressioni di carattere linguistico. A un paio di tavoli di distanza da queste ultime, due ragazzi si interrogano sul potere delle parole e su un quadro che uno di loro sostiene di aver visto animarsi. Infine un settimo personaggio lascia che siano i libri che sta consultando a parlare per lui, nella fattispecie "Io, robot" di Isaac Asimov e "Ventimila leghe sotto i mari" di Jules Verne. Sprazzi di conversazione apparentemente casuali giungono all'orecchio dello spettatore, che individuerà nel sorprendente finale il bandolo della matassa.

Un punto a favore dell'opera è certamente rappresentato dalla sua brevità. In soli nove minuti "Aquatic Language" riesce a esprimere egregiamente tutto il suo potenziale, che con un minutaggio più generoso avrebbe invece rischiato di pervenirci orribilmente mutilato. Del resto il mezzo attraverso il quale si vuole fare arrivare a destinazione un determinato messaggio dev'essere per forza compatibile con lo stesso: nella fattispecie tutto questo si traduce con l'esigenza di andare dritti al sodo, in modo da supportare con i fatti l'importanza delle parole. In questo Yasuhiro Yoshiura - che presta anche la voce al ragazzo consolato dalla cameriera - riesce benissimo, grazie una regia caratterizzata in particolar modo dalla scelta delle inquadrature, dal movimento frenetico della telecamera e da una sapiente alternanza di 2D e 3D. Completa il quadro una fotografia decisamente accattivante, basata sui toni del rosso e del blu. Tutto questo provoca nello spettatore un disorientamento che si sposa perfettamente con l'atmosfera confusionaria del bar, a cui comunque non faticherà ad abituarsi proprio come in un vero locale.
L'unico neo del comparto visivo è, almeno a mio parere, il character design, che dà l'idea di essere stato concepito in fretta e in modo assai poco ispirato. Se sotto questo aspetto l'antecedente "Kikumana" si pregiava di un'essenzialità dalla bellezza quasi brutale, in "Aquatic Language" i personaggi sembrano "brillare" di un maldestro piattume che non ha nulla a che vedere con l'anonimato di cui Yoshiura ha probabilmente voluto insignirli.

Il comparto sonoro, costituito in gran parte dal brusio degli avventori del locale, è impreziosito dalle musiche di Satoshi Watanabe, che pur essendo sempre azzeccate non rubano mai la scena alle vere protagoniste del corto: non la barista con il suo piccolo segreto, non i clienti, bensì le parole. E se vi sembra che, da parte mia, ne abbia spese fin troppe, vanificando così l'intento del regista, non mi resta che lasciarvi con l'augurio che questi nove minuti di "ordinaria poesia" possano piacervi e, perché no, darvi degli spunti di riflessione su questa magnifica risorsa che è il linguaggio.

Elettra_

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Le parole sanno essere sfuggenti, fragili come bollicine d'acqua o taglienti, crudeli, al punto da riuscire a ferire anche molto tempo dopo essere state pronunciate. Yasuhiro Yoshiura in questo suo primo corto del 2002, intitolato 'Aquatic Language', ce le rappresenta - le parole, appunto - come bolle che si disperdono nell'ambiente, mischiandosi tra loro per poi svanire infine nel nulla.

Siamo in un bar, una luce rossa viene diffusa dalle lampade sopra le teste dei protagonisti, creando un'atmosfera vagamente sognante. I clienti chiacchierano e noi ci smarriamo nelle loro voci, saltando da un discorso all'altro. Così come le chiacchiere anche la regia - che si fa notare per la sua vivacità - fluttua da un personaggio all'altro, senza sosta ma con naturalezza.
Un ragazzo che è appena stato mollato dalla sua metà confida le proprie pene d'amore alla cameriera dall'altra parte del bancone; più avanti delle ragazze spettegolano rumorosamente; a un altro tavolo due amici si interrogano sulla potenza delle parole; infine più lontano dagli altri una figura solitaria si destreggia tra due celebri libri - "Io, Robot" di Asimov e "Ventimila leghe sotto i mari" di Verne. Il tutto in pochi minuti, nove, durante i quali, inoltre, saranno lasciati sottili indizi sull'identità della cameriera.

Il character design è molto semplice ed essenziale, mentre la colonna sonora è composta prevalentemente dal borbottio dei clienti. 'Aquatic Language' è un cortometraggio originale e interessante che cattura l'attenzione dello spettatore fin dal primo secondo. Un buon corto che riesce bene nel suo scopo, ovvero dare risalto all'importanza delle parole. Oltre alla tematica originale, e ai fondali semplici ma ad effetto, apprezzabile e gradevole è la regia di Yoshiura, che si occuperà nel 2005 dell'ancora più brillante Pale Cocoon.
Insomma consiglio di dare un'occhiata a quest'insolito prodotto, in fondo dieci minuti non sono così difficili da trovare.


 0
Robocop XIII

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"Mizu no Kotoba" è un cortometraggio animato di 8 minuti diretto da Yoshiura Yasuhiro. Il corto ci trasporterà in un bar, dove la telecamera si aggirerà tra i tavoli cogliendo stralci di discorsi, oppure inquadrando pagine dei libri che uno dei clienti sta leggendo. Il tutto senza che lo spettatore riesca, almeno inizialmente, a capirne lo scopo, difatti la forza di questo corto sta nel finale, dove i molti particolari apparentemente insignificanti, appresi durante la visione, s'intrecceranno per poi svelarsi sorprendentemente nel finale, che fa guadagnare molti punti al prodotto.
Tuttavia devo dire di non avere apprezzato il character design, a parer mio bruttarello, con visi squadrati e corpi sproporzionati. Animazioni e musiche non mi hanno entusiasmato, ho invece trovato azzeccato l'uso della computer-grafica e delle luci, e la scelta cromatica utilizzata in certi frangenti.

"Mizu no Kobata" non è niente di trascendentale, da vedere giusto per la sua brevità, apprezzabile per il finale mentre il concept generale non mi ha lasciato impressionato più di tanto. Inoltre se il suo scopo era spingere lo spettatore a una riflessione riguardante l'importanza del linguaggio da un punto di vista sociologico, con me ha fallito clamorosamente, invece ne ho riconosciuta l'importanza sul lato narrativo, grazie all'espediente usato.


 0
Nyx

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Penso ci sia qualcosa di più profondo di quanto io riesca a comprendere in quest'opera. Forse è proprio uno dei passaggi principali a essermi poco chiaro tuttavia, in soli 9 minuti, Aquatic Language riesce a comunicarci qualcosa.

Ci troviamo in un bar di un non precisato futuro e ascoltiamo a sprazzi i dialoghi più disparati sui piccoli scorci di vita dei clienti del locale; c'è quel tipo di "caciara" che potremmo agevolmente trovare in qualsiasi locale pubblico, il brusio della gente che parla e percepiamo porzioni dei loro discorsi.
Quel che mi ha colpito maggiormente è il finale di questo cortometraggio, dove accade ciò che non ti aspetteresti.

La grafica sembra fatta in "cell shading" che, per chi non lo sapesse, è una particolare computer graphic che tenta di rifarsi ai fumetti o ai cartoni animati; andò molto in voga alcuni anni fa per utilizzo videoludico, tuttavia vederla applicata su un cartone o su un anime non è cosa troppo usuale.
Il voto più appropriato, a mio avviso, sarebbe un sei e mezzo che in questa sede arrotonderò per eccesso.


 0
Uccello Gira-Viti

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Nove minuti di calma, profonda, e riflessiva poesia. Che ci fa pensare a come spesso i nostri modi di dire sono senza senso, che le piccole differenza contano, che le parole hanno un peso. Sempre. Le tinte un po' piatte, i personaggi e l'animazione semplice spingono a concentrarsi sempre più sul concetto e meno sull'animazione.
Troviamo un ragazzo un po' depresso che non ha nient'altro di meglio da fare che sfogarsi con una strana barista, due ragazze che spettegolano e parlano del più e del meno, una coppia di amici che sì, parla di un quadro, ma non nell'ottica comune di quella che si potrebbe chiamare critica letteraria ma ma in una più strana: il quadro stesso, infatti, per uno dei due ragazzi, è vivo. In fondo, zitto, uno strano tipo divora un libro dopo l'altro, e un finale lascia un po' perplessi.
Aquatic Language è uno strano cortometraggio, opaco, ma che un po' lascia il segno.


 0
M3talD3v!lG3ar

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Il primo lavoro firmato da Yasuhiro Yoshiura dura poco meno di dieci minuti, ma lascia trapelare l'inventiva di un autore che, giovanissimo, vuole subito farsi riconoscere.
<i>Mizu no Kotoba</i> (letteralmente "parole/linguaggio d'acqua") fa trasparire fin dai primi istanti una certa ambiguità. In un bar apparentemente normale di un futuro ipotetico, figurano individui più o meno comuni. Un tizio che sembra avere appena rotto i rapporti con la sua ragazza è seduto al bancone, con aria seccata, mentre la proprietaria - che si scoprirà subito dopo essere un androide - cerca di rassicurarlo con fare confidenziale. Intanto due ragazze, sedute a un tavolo poco distante da loro, sembrano confidarsi dicerie di poco conto in maniera animata quanto irritante. Poco più lontano, una coppia di strambi compagni sembra concentrarsi sul concetto di "parola", fin quando l'attenzione di uno dei due si sposta su un'equivoca sparizione. Accomodato in fondo vi è infine un tale assorto nella lettura di due capisaldi letterari, uno di Asimov, <i>Io, Robot</i>, e l'altro di Verne, <i>Ventimila Leghe Sotto i Mari</i>, non casualmente abbinati a due figure presenti sul posto.

<i>Mizu no Kotoba</i> cerca in pratica di trasmettere al pubblico l'importanza e la necessità del linguaggio come mezzo di comunicazione, e lo fa ostentando una tecnica registica molto indicata, personalizzata da repentini spostamenti d'inquadratura, sulla base di un comparto visivo che mescola adeguatamente due e tre dimensioni. Pur distendendosi interamente in un luogo chiuso e volgendo l'attenzione su dei banali "discorsi da bar", l'immaginario esibito non è mai un secondo statico, al contrario, fomenta un dilettevole interessamento.
Molto carino e simpatico, lo consiglio a tutti.


 0
npepataecozz

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
In un bar un ragazzo mollato dalla propria ragazza si sfoga con la proprietaria; a un tavolo un po' più in là due ragazze si scambiano pettegolezzi; a un altro due ragazzi parlano di un pesce volante "avvistato" qualche giorno prima nello stesso locale; infine a un ultimo tavolo un ragazzo si diletta a leggere libri di scienza - non fantascienza, come si capirà poi.

Otto minuti in cui si riflette sull'importanza delle parole: un amico di un amico è in realtà un estraneo; differenze tra robot e androidi, affinità di coppia, parole che restano e parole che si dimenticano, ecc ecc.
Aquatic Language è un corto abbastanza carino in cui è importante quel che senti e non quel che vedi. I personaggi sono persone abbastanza ordinarie, colte in un momento particolare di una giornata come tante altre; il tutto in un ambientazione che sembra avere qualcosa di futuristico e che poi si rivelerà tale.

Non darei comunque a questo Aquatic Language una valutazione che superi la sufficienza: nulla di trascendentale, in fondo. Le parole interpretate come bolle che si disperdono nell'aere non mi hano comunicato niente di particolare. In genere i corti mi piacciono, perché riescono a condensare in pochi minuti concetti molto profondi (ho visto ad esempio Pale Cocoon e l'ho trovato molto bello); questo qui m'è piaciuto un po' meno e, sebbene ne debba riconoscere l'originalità, non riesco a trarne nessuno spunto interessante.
Consigliato a chi ha poco tempo e a cui interessa qualcosa di diverso rispetto al solito.


 0
Achille

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Nove minuti imperdibili, per chi ama curiosare nei discorsi degli altri e per chi ama lasciarsi trasportare dalle parole. C’è da dire che è un bar davvero strano. Sì, insomma, dove due ragazzini sono impegnati in un discorso sulla potenza delle parole, dove due tizie dibattono sull’attendibilità di voci di terza mano (ovviamente riguardo a pettegolezzi), dove un tipo solitario si legge Verne e Asimov contemporaneamente, e dove lo sfigato di turno, appena mollato dalla sua ragazza, è in depressione sul bancone assistito dalla proprietaria incredibilmente sincera.
Che c’entra tutta ’sta roba? Ma è linguaggio, è naturale. Discorsi più o meno futili, più o meno significativi, ognuno appartenente a una propria voce, fluttuanti come un liquido – e come un liquido, un unico flusso costituito da milioni di singole gocce che si mescolano ma mai miscelate fra loro. Chi scoprirà questo segreto che galleggia come in un acquario?
E se i disegni sono un po’ particolari, il tono di luce rossiccio del locale e l’atmosfera rosa-acquamarina del retro sono bellissime, e i suoni – manco a dirlo – hanno davvero grande importanza; il tutto gestito da una regia fresca e particolare che regola passaggi, inquadrature e narrazione in modo assolutamente originale e con varie trovate molto divertenti.
Piccolo spunto su una grande riflessione con un finale a sorpresa.