Kyashan Sins
"Kyashan Sins" è un anime che suscita sentimenti molto contrastanti.
Si può dire che sia una fabbrica di emozioni, ma purtroppo non tutte quelle che stimola sono positive, e non solo perché è profondamente cupo e malinconico, oserei quasi dire tragico.
In primis occorre specificare che non ho mai visto la serie originale del 1973, anche se non è escluso che non lo faccia in seguito, per cui non ci saranno paragoni con l’opera madre. Come è forse giusto che sia, perché quella di cui parlo è questa opera, e nessun’altra.
Kyashan si risveglia senza alcun ricordo, ci dicono dopo un sonno di cent’anni, in un mondo in completo decadimento, caratterizzato quasi ovunque da distese desertiche, vento incessante, città fantasma e robot in rovina. La maggior parte di questi automi è di tipo apparentemente molto primitivo e porta segni più o meno pesanti di ruggine e disfacimento. Ci sono poi alcuni robot, come lo stesso Kyashan e una mezza dozzina d’altri, che hanno un aspetto molto più rifinito, più o meno completamente umano. Col tempo, anche questi altri subiscono l’effetto della rovina imperante, disfacendosi in ruggine e, quindi, morendo. Gli esseri umani sono pochissimi e hanno scarsa importanza ai fini della storia.
Quello che ci dicono subito è che Kyashan avrebbe un tempo ucciso Luna, il Sole che dava salvezza a speranza a tutti, e da quel momento la rovina si sarebbe abbattuta sul mondo. Qualcuno ha messo in giro la voce che chi divora Kyashan sarà al sicuro dalla onnipresente morte per l’incessante deterioramento, per cui il nostro è costantemente aggredito da stuoli di automi più o meno in forze, al mantra di 'uccidere Kyashan, divorare Kyashan'.
E’ con una certa meraviglia che lo vediamo autoripararsi dopo ogni battaglia, rimettendosi completamente a nuovo, qualunque fosse la gravità delle ferite. In pratica, dopo aver ucciso Luna, Kyashan sarebbe diventato immortale, unico essere in grado di vivere in eterno. E questa sua immortalità, unita al senso di colpa che comincia a provare per la convinzione di essere la causa della rovina del mondo, diviene uno dei leitmotiv dell’anime. Che sia accompagnato dal cane robotico Flender, o dalla piccola Ringo, o da Lyuze, una giovane dell’entourage di Luna inizialmente in cerca di vendetta, alla fine le battaglie reali e interiori del nostro eroe sempre su questi concetti vertono: la morte ovunque imperante, contrapposta alla sua immortalità, e il senso di colpa per essere la causa del disfacimento del mondo.
Si tratta di 24 episodi il che, per un anime incentrato su temi così cupi e ripetitivi, agli occhi di chi scrive si è rivelata una lunghezza eccessiva. Nella prima dozzina di puntate accade ben poco, trattandosi più che altro di una serie di episodi autoconclusivi in cui viene pian piano sviscerato il concetto della colpa di Kyashan, della decadenza del mondo, della sua immortalità, e in cui si conoscono diversi personaggi di contorno, alcuni dei quali lo accompagneranno fino alla fine. Ci sono vicende che sottolineano l’importanza del non morire da soli, o di coltivare i propri sogni e convinzioni anche guardando in faccia il proprio infausto destino.
Ogni episodio, preso in sé, è un piccolo e solenne gioiello ma, messi tutti in fila, finiscono per irritare lo spettatore superficiale di scarsa pazienza, quale può essere la sottoscritta. Più di una volta ci si domanda esasperati: sì, ok, tutto bellissimo, ma la trama dov’è?
La trama arriva passata la boa della metà della serie, e non si può nemmeno dire che tutte le puntate precedenti siano servite per un efficace world building: l’esistenza dei vari tipi di robot va presa con un atto di fede, non sappiamo come vivano e funzionino, molti piangono e paiono provare emozioni, necessitano di riposo, alcuni si baciano, ce ne sono addirittura di bambini, e che crescono. Insomma: non ci viene detto assolutamente nulla di come sia nato e funzioni questo mondo in rovina. È così e basta.
Se il personaggio di Kyashan viene sviluppato molto bene, una discreta attenzione viene riservata anche ai comprimari: le già citate Lyuze e Ringo, e gli antagonisti Dio e Leda, che sono apparentemente dello stesso tipo di Kyashan, ma con la importante differenza di non essere immortali. E se Dio soffre di un pesante senso di inferiorità verso Kyashan, di cui dice di aver visto sempre solo le spalle, Leda non si fa scrupolo di irretirlo e sfruttarlo per i suoi scopi. Ma, purtroppo, quello che forse veramente manca a questa serie è un buon villain. Dio e Leda sono quasi imbarazzanti e Braiking Boss, il capintesta di cent’anni prima, è completamente non pervenuto.
Parlando dei disegni, il chara mi è piaciuto parecchio nonostante il gusto molto retro, vista la somiglianza con Saint Seya, e gli occhi enormi che si mangiano mezza faccia. Buoni, anche se non eccelsi, i fondali. Sulle animazioni, personalmente le ho trovate incostanti: ci sono stati alcuni episodi in cui c’era un’abbondanza di quadri fissi e l’inquadratura rifuggiva l’azione, altri in cui erano una gioia per gli occhi.
I doppiatori giapponesi hanno fatto un ottimo lavoro, almeno al mio orecchio, e alcune musiche di sottofondo le ho trovate particolarmente struggenti e azzeccate, anche se forse non molto varie. Le ending non mi hanno lasciato ricordi nel bene o nel male, mentre l’unica opening, dal testo azzeccatissimo, era molto bella in sé, ma ho trovato la parte musicale, per quanto orecchiabile, poco adatta all’anime: pareva di ascoltare una canzone brasiliana!
Sorvolando, come è giusto che sia, sul finale, in conclusione "Kyashan Sins" è un’opera che, a mio parere, avrebbe guadagnato molto con una mezza dozzina di episodi in meno. È vero, è un anime introspettivo e filosofico, certamente non adatto a spettatori di ogni tipo. I drammi, i simbolismi, i ragionamenti che lo permeano sono molto profondi, a volte anche troppo. Una certa ripetitività e, a tratti, un evidente intento didascalico, lo rendono sicuramente meno fruibile di quanto avrebbe potuto essere. Vedere i due antagonisti maschi in continua lordosi può essere visto come simbolico, o essere irritante. Mai come in questo caso, la bellezza sta nell’occhio di chi guarda.
Si può dire che sia una fabbrica di emozioni, ma purtroppo non tutte quelle che stimola sono positive, e non solo perché è profondamente cupo e malinconico, oserei quasi dire tragico.
In primis occorre specificare che non ho mai visto la serie originale del 1973, anche se non è escluso che non lo faccia in seguito, per cui non ci saranno paragoni con l’opera madre. Come è forse giusto che sia, perché quella di cui parlo è questa opera, e nessun’altra.
Kyashan si risveglia senza alcun ricordo, ci dicono dopo un sonno di cent’anni, in un mondo in completo decadimento, caratterizzato quasi ovunque da distese desertiche, vento incessante, città fantasma e robot in rovina. La maggior parte di questi automi è di tipo apparentemente molto primitivo e porta segni più o meno pesanti di ruggine e disfacimento. Ci sono poi alcuni robot, come lo stesso Kyashan e una mezza dozzina d’altri, che hanno un aspetto molto più rifinito, più o meno completamente umano. Col tempo, anche questi altri subiscono l’effetto della rovina imperante, disfacendosi in ruggine e, quindi, morendo. Gli esseri umani sono pochissimi e hanno scarsa importanza ai fini della storia.
Quello che ci dicono subito è che Kyashan avrebbe un tempo ucciso Luna, il Sole che dava salvezza a speranza a tutti, e da quel momento la rovina si sarebbe abbattuta sul mondo. Qualcuno ha messo in giro la voce che chi divora Kyashan sarà al sicuro dalla onnipresente morte per l’incessante deterioramento, per cui il nostro è costantemente aggredito da stuoli di automi più o meno in forze, al mantra di 'uccidere Kyashan, divorare Kyashan'.
E’ con una certa meraviglia che lo vediamo autoripararsi dopo ogni battaglia, rimettendosi completamente a nuovo, qualunque fosse la gravità delle ferite. In pratica, dopo aver ucciso Luna, Kyashan sarebbe diventato immortale, unico essere in grado di vivere in eterno. E questa sua immortalità, unita al senso di colpa che comincia a provare per la convinzione di essere la causa della rovina del mondo, diviene uno dei leitmotiv dell’anime. Che sia accompagnato dal cane robotico Flender, o dalla piccola Ringo, o da Lyuze, una giovane dell’entourage di Luna inizialmente in cerca di vendetta, alla fine le battaglie reali e interiori del nostro eroe sempre su questi concetti vertono: la morte ovunque imperante, contrapposta alla sua immortalità, e il senso di colpa per essere la causa del disfacimento del mondo.
Si tratta di 24 episodi il che, per un anime incentrato su temi così cupi e ripetitivi, agli occhi di chi scrive si è rivelata una lunghezza eccessiva. Nella prima dozzina di puntate accade ben poco, trattandosi più che altro di una serie di episodi autoconclusivi in cui viene pian piano sviscerato il concetto della colpa di Kyashan, della decadenza del mondo, della sua immortalità, e in cui si conoscono diversi personaggi di contorno, alcuni dei quali lo accompagneranno fino alla fine. Ci sono vicende che sottolineano l’importanza del non morire da soli, o di coltivare i propri sogni e convinzioni anche guardando in faccia il proprio infausto destino.
Ogni episodio, preso in sé, è un piccolo e solenne gioiello ma, messi tutti in fila, finiscono per irritare lo spettatore superficiale di scarsa pazienza, quale può essere la sottoscritta. Più di una volta ci si domanda esasperati: sì, ok, tutto bellissimo, ma la trama dov’è?
La trama arriva passata la boa della metà della serie, e non si può nemmeno dire che tutte le puntate precedenti siano servite per un efficace world building: l’esistenza dei vari tipi di robot va presa con un atto di fede, non sappiamo come vivano e funzionino, molti piangono e paiono provare emozioni, necessitano di riposo, alcuni si baciano, ce ne sono addirittura di bambini, e che crescono. Insomma: non ci viene detto assolutamente nulla di come sia nato e funzioni questo mondo in rovina. È così e basta.
Se il personaggio di Kyashan viene sviluppato molto bene, una discreta attenzione viene riservata anche ai comprimari: le già citate Lyuze e Ringo, e gli antagonisti Dio e Leda, che sono apparentemente dello stesso tipo di Kyashan, ma con la importante differenza di non essere immortali. E se Dio soffre di un pesante senso di inferiorità verso Kyashan, di cui dice di aver visto sempre solo le spalle, Leda non si fa scrupolo di irretirlo e sfruttarlo per i suoi scopi. Ma, purtroppo, quello che forse veramente manca a questa serie è un buon villain. Dio e Leda sono quasi imbarazzanti e Braiking Boss, il capintesta di cent’anni prima, è completamente non pervenuto.
Parlando dei disegni, il chara mi è piaciuto parecchio nonostante il gusto molto retro, vista la somiglianza con Saint Seya, e gli occhi enormi che si mangiano mezza faccia. Buoni, anche se non eccelsi, i fondali. Sulle animazioni, personalmente le ho trovate incostanti: ci sono stati alcuni episodi in cui c’era un’abbondanza di quadri fissi e l’inquadratura rifuggiva l’azione, altri in cui erano una gioia per gli occhi.
I doppiatori giapponesi hanno fatto un ottimo lavoro, almeno al mio orecchio, e alcune musiche di sottofondo le ho trovate particolarmente struggenti e azzeccate, anche se forse non molto varie. Le ending non mi hanno lasciato ricordi nel bene o nel male, mentre l’unica opening, dal testo azzeccatissimo, era molto bella in sé, ma ho trovato la parte musicale, per quanto orecchiabile, poco adatta all’anime: pareva di ascoltare una canzone brasiliana!
Sorvolando, come è giusto che sia, sul finale, in conclusione "Kyashan Sins" è un’opera che, a mio parere, avrebbe guadagnato molto con una mezza dozzina di episodi in meno. È vero, è un anime introspettivo e filosofico, certamente non adatto a spettatori di ogni tipo. I drammi, i simbolismi, i ragionamenti che lo permeano sono molto profondi, a volte anche troppo. Una certa ripetitività e, a tratti, un evidente intento didascalico, lo rendono sicuramente meno fruibile di quanto avrebbe potuto essere. Vedere i due antagonisti maschi in continua lordosi può essere visto come simbolico, o essere irritante. Mai come in questo caso, la bellezza sta nell’occhio di chi guarda.
È un mondo cupo ed in rovina quello di "Casshern Sins". Androidi, robot e cyborg che fino a qualche anno prima si credevano immortali, si trascinano ora disperati ed affetti dalla rovina: una piaga che gli deteriora e gli porta al disfacimento e alla morte, Casshern vaga senza memoria per queste lande desolate spazzate dalla ruggine; l'unica cosa che conosce di se è ciò che gli racconta la gente, è stato proprio lui a portare la rovina fra di loro, uccidendo per ordine del leader dei robot l'unica persona che era fonte di speranza nel mondo, il sole chiamato Luna.
Questo è l'affascinante soggetto di "Casshern Sins", un anime che si colloca nella lunga tradizione in ambito sci-fi esistenzialista di MadHouse ("Metropolis", "Texhnolyze", "Kaiba). Pur essendo un reboot di un vecchio anime sentai degli anni '70, non ha assolutamente nulla da spartire a parte la desolazione degli scenari, con la sua fanciullesca versione originale. La storia e persino il ruolo dei personaggi è completamente stravolto, tanto da chiedersi per quale motivo utilizzare un franchise con così poco in comune all'anime che si voleva creare.
"Casshern Sins" non è un prodotto di intrattenimento e non è adatto a tutti per via della pesantezza nel ritmo, nei toni e negli argomenti trattati. Nel team di sviluppo è presente alla sceneggiatura Yasuko Kobayashi esperto di action drammatici ("Claymore", "Attack of Titans"), Kobayashi pur non essendo abituato a soggetti orginali se l'è cavata molto bene, scrivendo una sceneggiatura che al contrario di ciò che accade a molti esponenti del genere, pur essendo molto introspettiva e filosofica non si perde per strada nella vaghezza di finali incomprensibili o eccessivamente complicati. Anzi è una storia semplice che non ha alcuna pretesa di verosomiglianza, ed appare fin da subito surreale e carica di simbolismi. La regia ed il character design dell'opera viene invece dal mondo di "Saint Seiya" come si nota nella netta somiglianza fra Casshern e Seiya, ed è miscelato alla moda degli anni '70 chiaramente visibile nel vestiario e nel design dei robot non umanoidi. Dal punto di vista tecnico il fiore all'occhiello sono i colori, tonalità pastello leggermente sfuocate e ombre alternate a luci abbaglianti si adattano perfettamente all'atmosfera dell'opera.
L'anime si divide nettamente in due archi, il primo è caratterizzato da episodi stand alone in cui seguiremo il viaggio del protagonista in crisi esistenziale, in uno scenario da peste nera Casshern incontrerà diversi personaggi androidi ed umani che lo aiuteranno a fare chiarezza su di sé. Nel secondo arco il viaggio di Casshern avrà una meta e si affiancheranno a lui comprimari alleati e nemici.
Questo secondo arco purtroppo è affetto nella sua prima parte da un calo qualitativo e presenta dei villain non proprio memorabili, dilatando i tempi e dedicando fin troppo screen time ai comprimari che sono personaggi archetipici, si riprende fortunatamente molto bene nella parte finale in cui tutti i personaggi, anche quelli prima considerati superflui svolgono una loro funzione.
Se il secondo arco presenta una fase di calo, la primo è invece un vero gioiello con episodi sempre diversi l'uno dall'altro, atmosfere davvero suggestive e con dei personaggi secondari che avranno grande impatto sul protagonista.
Particolarmente pregevole è la figura di Casshern, di cui l'anime segue l'evoluzione. Per tutta la prima parte Casshern incarnerà sia la figura dell'eroe sia quella del villain, per via dei peccati del suo passato e del furore incontrollabile che lo assale durante le battaglie. Un personaggio così fondatamente tormentato come Casshern è difficile da trovare ed è in grado di reggere lo schermo anche quando i comprimari non sono brillanti.
In definitiva è un anime difficile anche per gli appassionati del genere per via della cupezza quasi omnipresente e per via dei gelidi temi trattati, consiglio la visione solo nel mood giusto. Dovendo dargli un voto e riconoscendone il valore, l'indole artistica e l'unicità sorvolo su alcune sbavature e propendo per il 9.
Questo è l'affascinante soggetto di "Casshern Sins", un anime che si colloca nella lunga tradizione in ambito sci-fi esistenzialista di MadHouse ("Metropolis", "Texhnolyze", "Kaiba). Pur essendo un reboot di un vecchio anime sentai degli anni '70, non ha assolutamente nulla da spartire a parte la desolazione degli scenari, con la sua fanciullesca versione originale. La storia e persino il ruolo dei personaggi è completamente stravolto, tanto da chiedersi per quale motivo utilizzare un franchise con così poco in comune all'anime che si voleva creare.
"Casshern Sins" non è un prodotto di intrattenimento e non è adatto a tutti per via della pesantezza nel ritmo, nei toni e negli argomenti trattati. Nel team di sviluppo è presente alla sceneggiatura Yasuko Kobayashi esperto di action drammatici ("Claymore", "Attack of Titans"), Kobayashi pur non essendo abituato a soggetti orginali se l'è cavata molto bene, scrivendo una sceneggiatura che al contrario di ciò che accade a molti esponenti del genere, pur essendo molto introspettiva e filosofica non si perde per strada nella vaghezza di finali incomprensibili o eccessivamente complicati. Anzi è una storia semplice che non ha alcuna pretesa di verosomiglianza, ed appare fin da subito surreale e carica di simbolismi. La regia ed il character design dell'opera viene invece dal mondo di "Saint Seiya" come si nota nella netta somiglianza fra Casshern e Seiya, ed è miscelato alla moda degli anni '70 chiaramente visibile nel vestiario e nel design dei robot non umanoidi. Dal punto di vista tecnico il fiore all'occhiello sono i colori, tonalità pastello leggermente sfuocate e ombre alternate a luci abbaglianti si adattano perfettamente all'atmosfera dell'opera.
L'anime si divide nettamente in due archi, il primo è caratterizzato da episodi stand alone in cui seguiremo il viaggio del protagonista in crisi esistenziale, in uno scenario da peste nera Casshern incontrerà diversi personaggi androidi ed umani che lo aiuteranno a fare chiarezza su di sé. Nel secondo arco il viaggio di Casshern avrà una meta e si affiancheranno a lui comprimari alleati e nemici.
Questo secondo arco purtroppo è affetto nella sua prima parte da un calo qualitativo e presenta dei villain non proprio memorabili, dilatando i tempi e dedicando fin troppo screen time ai comprimari che sono personaggi archetipici, si riprende fortunatamente molto bene nella parte finale in cui tutti i personaggi, anche quelli prima considerati superflui svolgono una loro funzione.
Se il secondo arco presenta una fase di calo, la primo è invece un vero gioiello con episodi sempre diversi l'uno dall'altro, atmosfere davvero suggestive e con dei personaggi secondari che avranno grande impatto sul protagonista.
Particolarmente pregevole è la figura di Casshern, di cui l'anime segue l'evoluzione. Per tutta la prima parte Casshern incarnerà sia la figura dell'eroe sia quella del villain, per via dei peccati del suo passato e del furore incontrollabile che lo assale durante le battaglie. Un personaggio così fondatamente tormentato come Casshern è difficile da trovare ed è in grado di reggere lo schermo anche quando i comprimari non sono brillanti.
In definitiva è un anime difficile anche per gli appassionati del genere per via della cupezza quasi omnipresente e per via dei gelidi temi trattati, consiglio la visione solo nel mood giusto. Dovendo dargli un voto e riconoscendone il valore, l'indole artistica e l'unicità sorvolo su alcune sbavature e propendo per il 9.
Un'opera a mio avviso molto deludente, ho iniziato a seguirla con il migliore dei propositi ma non sono riuscito a proseguire oltre le prime puntate.
E' ottima la qualità delle animazioni e la colorazione, lo stile del disegno non mi ha fatto impazzire ma ho apprezzato alcune scelte, come quella di mantenere uno stile sci-fi retrò per molti robot, il che li rende anche un po' 'giocattolosi' e simpatici.
A mio avviso gli episodi mancano totalmente di un punto focale, i dialoghi e le movenze di tutti i personaggi sono pieni di una teatralità piatta e prolissa che tenta di dare invano una parvenza di intellettualità all'anime, il quale mi sembra molto vuoto nei contenuti e pieno zeppo di frasi melense e cliché per mettere pezze nei grossi buchi di sceneggiatura... Tra l'altro, la struttura degli episodi che ho visto era più o meno sempre la stessa: Casshern vaga nel deserto da solo, trova la persona X, salva la persona X, piagnisteo del protagonista, combattimento, Casshern vince saltellando qua e là, lui che riparte da solo tanto nessuno si degna di dirgli chi è e come il mondo è finito in questo stato.
Come ho detto all'inizio, non sono riuscito ad andare oltre le prime puntate; in molti diranno che sbaglio a dare un giudizio negativo senza aver visto tutto, ma non c'è nulla di peggio di una serie che non ti spinge a voler sapere quello che ti aspetta in seguito.
Voto: 5. Non scendo ancora sotto proprio perché non ho visto ciò che resta. Magari migliora, ma non ho davvero voglia di scoprirlo.
E' ottima la qualità delle animazioni e la colorazione, lo stile del disegno non mi ha fatto impazzire ma ho apprezzato alcune scelte, come quella di mantenere uno stile sci-fi retrò per molti robot, il che li rende anche un po' 'giocattolosi' e simpatici.
A mio avviso gli episodi mancano totalmente di un punto focale, i dialoghi e le movenze di tutti i personaggi sono pieni di una teatralità piatta e prolissa che tenta di dare invano una parvenza di intellettualità all'anime, il quale mi sembra molto vuoto nei contenuti e pieno zeppo di frasi melense e cliché per mettere pezze nei grossi buchi di sceneggiatura... Tra l'altro, la struttura degli episodi che ho visto era più o meno sempre la stessa: Casshern vaga nel deserto da solo, trova la persona X, salva la persona X, piagnisteo del protagonista, combattimento, Casshern vince saltellando qua e là, lui che riparte da solo tanto nessuno si degna di dirgli chi è e come il mondo è finito in questo stato.
Come ho detto all'inizio, non sono riuscito ad andare oltre le prime puntate; in molti diranno che sbaglio a dare un giudizio negativo senza aver visto tutto, ma non c'è nulla di peggio di una serie che non ti spinge a voler sapere quello che ti aspetta in seguito.
Voto: 5. Non scendo ancora sotto proprio perché non ho visto ciò che resta. Magari migliora, ma non ho davvero voglia di scoprirlo.
I reboot sono qualcosa di veramente, ma veramente, delicato, ed impostarli nel modo giusto è impresa spesso ardua. Non che in Giappone non siano abituati a operazioni del genere anzi, spesso e volentieri si ottengono risultati superiori all'originale: a questa categoria appartiene Casshern Sins.
Ispirato alla serie cult Shinzō ningen Kyashān (1973), Casshern Sins non è considerabile come un reboot in senso lato, bensì un progetto a sé stante che dalla serie madre trae soltanto ambientazione e personaggi. Quello che ci verrà proposto è una sorta di universo parallelo che, grazie anche all'inserimento di nuovi personaggi, vedrà narrata una storia totalmente nuova rispetto al passato.
Il mondo è oramai in rovina e Casshern è un giovane cyborg senza memoria che vaga in giro per il mondo alla ricerca di se stesso e della sua memoria perduta. Nel suo peregrinare scopre come tutto ciò che lo circonda è soggetto alla "rovina" (concedetemi eventuali inesattezze, ho visto l'anime con i sottotitoli in inglese, ndr), un processo di decadimento irreversibile iniziato con la morte di Luna, colei che incarna la vita e la prosperità del pianeta e di tutti gli esseri che vi risiedono. Grazie all'incontro con altri personaggi secondari come la giovane Lyuze e la piccola Ringo, Casshern ricorderà pian piano come in realtà sia stato lui ad uccidere Luna e che non sono in pochi a volerlo vedere morto nella speranza di poter riportare tutto come prima.
Ciò che colpisce subito di Casshern Sins è indubbiamente il comparto tecnico che vede un ispiratissimo Yoshihiko Umakoshi alle chine (Saint Seiya Omega) e un superbo Kaoru Wada alle musiche (Alita Battle Angel, InuYasha e D.Gray-Man); il vero plauso va però fatto a Yasuko Kobayashi, autore di una sceneggiatura a dir poco superba in cui il dramma si unisce all'azione attraverso una visione quasi filosofica del mondo. Notevole è la profondità con la quale ogni personaggio coinvolto, sia nuovo che vecchio, sia stato caratterizzato da storie personali intense, mai banali o ridondanti, saggiamente narrate a piccoli morsi affinché lo spettatore sia invogliato a seguire il tutto fino alla fine. Un mosaico di pensieri creato ad arte affinché ognuno dei protagonisti possa far decollare la storia nella storia, ovvero il tema narrativo principale di questa serie. Se inizialmente tutti i personaggi sembrano essere indirizzati verso obbiettivi ben definiti, con il passare degli episodi essi verranno messi in condizione di cambiare le proprie idee, catapultandosi in eventi di più grandi di loro che segneranno profondamente il resto delle loro esistenze.
La morte, e la paura da essa scaturita, è considerabile come un leitmotif di Casshern Sins; essa viene difatti dipinta in uno splendido affresco di dolore e speranza capace di tramutare i cyborg sopravvissuti in esseri dalla spiccata umanità. La spasmodica ricerca di un appiglio alla vita rende la narrazione drammaticamente sontuosa, come nella migliore delle tradizioni shakespeariane, e si ha la sensazione di poter leggere nell'animo di ogni personaggio come fosse un libro aperto che mostra tutte le loro emozioni più profonde.
Tutto ha un'utilità in questa storia, uno scopo superiore da seguire affinché il metaforico "cerchio" possa finalmente chiudersi facendo tornare tutto alla normalità; poiché laddove vi è immortalità non può esservi ordine.
Tirando le somme possiamo dire che Casshern Sins vince ed avvince, forse uno dei migliori reboot che abbia mai visto, e che è riuscito a dare nuova linfa ad un classico anziché spremerlo come una rapa.
Uniche note negative che impediscono a questa serie di essere considerata un capolavoro assoluto sono il numero eccessivo di puntate (18 sarebbero bastate ed avanzate) e, paradossalmente, la natura profondamente ermetica della narrazione (limitante, e non di poco, nei confronti del potenziale pubblico a cui quest'opera può essere indirizzata). Da vedere.
Ispirato alla serie cult Shinzō ningen Kyashān (1973), Casshern Sins non è considerabile come un reboot in senso lato, bensì un progetto a sé stante che dalla serie madre trae soltanto ambientazione e personaggi. Quello che ci verrà proposto è una sorta di universo parallelo che, grazie anche all'inserimento di nuovi personaggi, vedrà narrata una storia totalmente nuova rispetto al passato.
Il mondo è oramai in rovina e Casshern è un giovane cyborg senza memoria che vaga in giro per il mondo alla ricerca di se stesso e della sua memoria perduta. Nel suo peregrinare scopre come tutto ciò che lo circonda è soggetto alla "rovina" (concedetemi eventuali inesattezze, ho visto l'anime con i sottotitoli in inglese, ndr), un processo di decadimento irreversibile iniziato con la morte di Luna, colei che incarna la vita e la prosperità del pianeta e di tutti gli esseri che vi risiedono. Grazie all'incontro con altri personaggi secondari come la giovane Lyuze e la piccola Ringo, Casshern ricorderà pian piano come in realtà sia stato lui ad uccidere Luna e che non sono in pochi a volerlo vedere morto nella speranza di poter riportare tutto come prima.
Ciò che colpisce subito di Casshern Sins è indubbiamente il comparto tecnico che vede un ispiratissimo Yoshihiko Umakoshi alle chine (Saint Seiya Omega) e un superbo Kaoru Wada alle musiche (Alita Battle Angel, InuYasha e D.Gray-Man); il vero plauso va però fatto a Yasuko Kobayashi, autore di una sceneggiatura a dir poco superba in cui il dramma si unisce all'azione attraverso una visione quasi filosofica del mondo. Notevole è la profondità con la quale ogni personaggio coinvolto, sia nuovo che vecchio, sia stato caratterizzato da storie personali intense, mai banali o ridondanti, saggiamente narrate a piccoli morsi affinché lo spettatore sia invogliato a seguire il tutto fino alla fine. Un mosaico di pensieri creato ad arte affinché ognuno dei protagonisti possa far decollare la storia nella storia, ovvero il tema narrativo principale di questa serie. Se inizialmente tutti i personaggi sembrano essere indirizzati verso obbiettivi ben definiti, con il passare degli episodi essi verranno messi in condizione di cambiare le proprie idee, catapultandosi in eventi di più grandi di loro che segneranno profondamente il resto delle loro esistenze.
La morte, e la paura da essa scaturita, è considerabile come un leitmotif di Casshern Sins; essa viene difatti dipinta in uno splendido affresco di dolore e speranza capace di tramutare i cyborg sopravvissuti in esseri dalla spiccata umanità. La spasmodica ricerca di un appiglio alla vita rende la narrazione drammaticamente sontuosa, come nella migliore delle tradizioni shakespeariane, e si ha la sensazione di poter leggere nell'animo di ogni personaggio come fosse un libro aperto che mostra tutte le loro emozioni più profonde.
Tutto ha un'utilità in questa storia, uno scopo superiore da seguire affinché il metaforico "cerchio" possa finalmente chiudersi facendo tornare tutto alla normalità; poiché laddove vi è immortalità non può esservi ordine.
Tirando le somme possiamo dire che Casshern Sins vince ed avvince, forse uno dei migliori reboot che abbia mai visto, e che è riuscito a dare nuova linfa ad un classico anziché spremerlo come una rapa.
Uniche note negative che impediscono a questa serie di essere considerata un capolavoro assoluto sono il numero eccessivo di puntate (18 sarebbero bastate ed avanzate) e, paradossalmente, la natura profondamente ermetica della narrazione (limitante, e non di poco, nei confronti del potenziale pubblico a cui quest'opera può essere indirizzata). Da vedere.
In Giappone l'importanza rivestita dal brand Casshern (Kyashan in Italia) dev'essere di tutto rispetto, se la celebre serie action di studio Tatsunoko genera, negli anni, ben tre rifacimenti dopo l'originale televisivo del 1973: una sorvolabile serie OVA nel '94, un lungometraggio live altrettanto deludente del 2004 (Kyashan: La rinascita, arrivato anche nei nostri cinema e dileguatosi, giustamente, alla velocità della luce) e nel 2008 un terzo restart ancora, una nuova serie televisiva sviluppata questa volta da Mad House. Kyashan Sins, questo il suo nome, inizialmente sembra una rilettura moderna di incredibile levatura: un remake che, sapientemente, evita di replicare la solita storia di Casshern che combatte contro gli androidi del crudele Briking Boss, ma reinventa il tutto in un universo alternativo privo di alcuni personaggi storici (il dott. Azuma e sua moglie) dove l'eroe, questa volta addirittura agli ordini del dittatore, causa la distruzione della Terra e dell'umanità uccidendo la giovane Luna, simbolo e speranza dei terrestri contro l'oppressione. Cento anni dopo il giovane si risveglia, sopravissuto, in un mondo in rovina, dove gli umani sono quasi tutti morti e i robot, nuovi abitanti del pianeta, sono preda di un irreversibile processo di usura. Persa completamente la memoria, il giovane inizia a vagare per le lande desolate, cercando di capire cosa può fare di concreto per aiutare il suo mondo a rivivere e soprattutto come aiutare gli abitanti a sopravvivere, riscattando il suo peccato mortale che dà il titolo all'opera. In compagnia dell'inseparabile cane-robot Flender e della bella e vendicativa Lyuze, sorella di una servitrice di Luna uccisa da lui stesso, dovrà affrontare Dio, altro vecchio servitore di Briking Boss che anela al dominio, e scoprire il segreto della vita e della morte che governa la sua realtà.
Il cammino verso la redenzione del tragico eroe si avvale di una confezione sublime, con litanie crepuscolari dell'acclamato compositore Kaoru Wada che esprimono il silenzioso dolore di scenografie desolate, sfondi espressionisti di rara potenza visiva - le ambientazioni si possono fisicamente identificare in un immenso fondale marino dalle variegate suggestioni lovecraftiane - che concretizzano l'annichilimento del pianeta e lo stato d'animo tormentato del ragazzo. A celebrare la nostalgia per la classica serie tv provvede lo splendido chara design dell'artista Yoshihiko Umakoshi, ancorato a uno stiloso ed essenziale tratto vintage anni '70, mentre animazioni di livello eccelso, fluide e di grande fisicità, e una regia lenta e d'atmosfera di Shigeyasu Yamauchi, amante di giochi di sguardi e lunghi silenzi, seducono gli occhi garantendo la grande perizia autorale della produzione. Se la storia è interessante e l'aspetto visivo straordinario, è purtroppo lo sviluppo dell'intreccio che potrebbe essere preso come perfetto esempio di sceneggiatura da evitare. Nella sua lunga strada per l'espiazione Casshern dovrà farsi perdonare soprattutto la noia imperante che coglie la serie da metà della sua durata fino alla fine, con quasi la totalità del racconto giostrata su semplici avventure riempitive. In ogni puntata l'eroe vaga per le rovine, incontra un sopravissuto più o meno tragico, si interessa alle sue vicissitudini, combatte contro alcuni robot/saccheggiatori che lo vessano, e il suo amico muore dopo aver trovato la felicità. Sins propone una stuucchevole ricerca del melodramma facile, ripetuto instancabilmente fino quasi alla fine, che, va bene, è fedele alla formula originale del '73, ma se quest'ultima era figlia dei tempi, è assurdo replicarla ancora nel 2008. Questo canovaccio tragicissimo diluisce fortemente lo sviluppo della trama principale, l'annacqua diluendo a dismisura una vicenda che potrebbe durare molto meno. Suddetti riempitivi sono spesso ben fatti e commoventi, ma, ripetuti un'infinità di volte, dimostrano solo una totale assenza di idee.
Davvero un peccato che "Kyashan Sins" sia scritto così, perché le potenzialità che reca in sè sono enormi, sapendo veicolare con maestria messaggi profondi sulla vita e sulla morte che valgono da soli l'intera visione. Inizialmente privo di scopi ed emozioni per ciò che lo circonda, Casshern inizia a formarsi come individuo proprio conoscendo i vari superstiti che protegge volta per volta, ognuno depositario di una particolare qualità dell'animo umano (speranza, giustizia, pentimento, innocenza...) che concorrerà a fornirgli una base morale. Con queste esperienze imparerà qual è il significato della vita, la chiave per salvare il mondo dalla paura della morte e il primo seme da piantare per la sua rinascita. Una favola poetica nei suoi temi, raffinata nelle magnifiche atmosfere decadenti, intensa nelle sue personalità tragiche e splendidamente tratteggiate; e, pur brillando di luce propria anche solo per questi meriti, andrebbe visto obbligatoriamente da tutti i fan dei Cavalieri dello zodiaco rimasti delusi dall'incompiuto Capitolo del regno dei cieli.
Come è facile supporre e si vocifera, pur in assenza di conferme o smentite ufficiali che forse mai ci saranno, infatti, "Casshern Sins" altri non è altri che la rielaborazione della sceneggiatura dei mai realizzati film conclusivi della trilogia filmica iniziata qualche anno prima con Ouverture, mai completata visto l'enorme flop al botteghino Dall'originale progetto provengono il regista Shigeyasu Yamauchi, unico custode dello script completo; gli stessi seiyuu a prestare la voce, e soprattutto il volto di Casshern, modellato palesemente su quello del Saint di Pegaso (e qualche anno dopo il disegnatore Umakoshi diverrà il chara designer ufficiale della serie tv Saint Seiya Ω, sarà un caso?). Ecco perché la storia inizia, idealmente, proprio da dove si conclude il film del 2004, evolvendosi nella direzione da lui originariamente auspicata: Seiya/Casshern perde la memoria per effetto del colpo di Febo, vaga senza meta e abbatte, nel suo cammino, i 12 dei dell'Olimpo (i vari "boss" che affronta il ragazzo androide hanno i nomi delle divinità romane), arrivando infine a scoprire l'origine della vita e della morte del pianeta risalenti all'operato di Urano/Briking. Anche il mood è rispettato, con un Casshern apatico e moralmente distrutto che replica i sentimenti Seiya dopo essere stato abbandonato da Atena.
Con le sue imparreggiabili atmosfere tragiche, la storia intrigante e l'affascinante ipotesi, per niente campata in aria, che si possa defnire il vero "seguito" di Ouverture, "Casshern Sins" ha tutti i presupposti per piacere al grande pubblico, specialmente ai fan del titolo storico degli anni '70 che si ritrovano tra le mani un remake molto originale e tecnicamente all'avanguardia. Proprio un peccato, quindi, che il risultato finale venga fortemente ridimensionato da una sceneggiatura irritante, così ripetitiva da rendere talvolta durissimo reggere la visione di più di un episodio a giornata, a cui non contribuisce anche il ritmo molto lento. Sins, fosse stato più breve e un filo più spigliato, non avrebbe avuto alcun problema a ritagliarsi un giudizio estremmamente più lusinghiero, addirittura surclassando l'originale. Così com'è venuto fuori è "solo" un ottimo titolo, ma dal potenziale non pienamente espresso.
Voto: 7,5 su 10
Il cammino verso la redenzione del tragico eroe si avvale di una confezione sublime, con litanie crepuscolari dell'acclamato compositore Kaoru Wada che esprimono il silenzioso dolore di scenografie desolate, sfondi espressionisti di rara potenza visiva - le ambientazioni si possono fisicamente identificare in un immenso fondale marino dalle variegate suggestioni lovecraftiane - che concretizzano l'annichilimento del pianeta e lo stato d'animo tormentato del ragazzo. A celebrare la nostalgia per la classica serie tv provvede lo splendido chara design dell'artista Yoshihiko Umakoshi, ancorato a uno stiloso ed essenziale tratto vintage anni '70, mentre animazioni di livello eccelso, fluide e di grande fisicità, e una regia lenta e d'atmosfera di Shigeyasu Yamauchi, amante di giochi di sguardi e lunghi silenzi, seducono gli occhi garantendo la grande perizia autorale della produzione. Se la storia è interessante e l'aspetto visivo straordinario, è purtroppo lo sviluppo dell'intreccio che potrebbe essere preso come perfetto esempio di sceneggiatura da evitare. Nella sua lunga strada per l'espiazione Casshern dovrà farsi perdonare soprattutto la noia imperante che coglie la serie da metà della sua durata fino alla fine, con quasi la totalità del racconto giostrata su semplici avventure riempitive. In ogni puntata l'eroe vaga per le rovine, incontra un sopravissuto più o meno tragico, si interessa alle sue vicissitudini, combatte contro alcuni robot/saccheggiatori che lo vessano, e il suo amico muore dopo aver trovato la felicità. Sins propone una stuucchevole ricerca del melodramma facile, ripetuto instancabilmente fino quasi alla fine, che, va bene, è fedele alla formula originale del '73, ma se quest'ultima era figlia dei tempi, è assurdo replicarla ancora nel 2008. Questo canovaccio tragicissimo diluisce fortemente lo sviluppo della trama principale, l'annacqua diluendo a dismisura una vicenda che potrebbe durare molto meno. Suddetti riempitivi sono spesso ben fatti e commoventi, ma, ripetuti un'infinità di volte, dimostrano solo una totale assenza di idee.
Davvero un peccato che "Kyashan Sins" sia scritto così, perché le potenzialità che reca in sè sono enormi, sapendo veicolare con maestria messaggi profondi sulla vita e sulla morte che valgono da soli l'intera visione. Inizialmente privo di scopi ed emozioni per ciò che lo circonda, Casshern inizia a formarsi come individuo proprio conoscendo i vari superstiti che protegge volta per volta, ognuno depositario di una particolare qualità dell'animo umano (speranza, giustizia, pentimento, innocenza...) che concorrerà a fornirgli una base morale. Con queste esperienze imparerà qual è il significato della vita, la chiave per salvare il mondo dalla paura della morte e il primo seme da piantare per la sua rinascita. Una favola poetica nei suoi temi, raffinata nelle magnifiche atmosfere decadenti, intensa nelle sue personalità tragiche e splendidamente tratteggiate; e, pur brillando di luce propria anche solo per questi meriti, andrebbe visto obbligatoriamente da tutti i fan dei Cavalieri dello zodiaco rimasti delusi dall'incompiuto Capitolo del regno dei cieli.
Come è facile supporre e si vocifera, pur in assenza di conferme o smentite ufficiali che forse mai ci saranno, infatti, "Casshern Sins" altri non è altri che la rielaborazione della sceneggiatura dei mai realizzati film conclusivi della trilogia filmica iniziata qualche anno prima con Ouverture, mai completata visto l'enorme flop al botteghino Dall'originale progetto provengono il regista Shigeyasu Yamauchi, unico custode dello script completo; gli stessi seiyuu a prestare la voce, e soprattutto il volto di Casshern, modellato palesemente su quello del Saint di Pegaso (e qualche anno dopo il disegnatore Umakoshi diverrà il chara designer ufficiale della serie tv Saint Seiya Ω, sarà un caso?). Ecco perché la storia inizia, idealmente, proprio da dove si conclude il film del 2004, evolvendosi nella direzione da lui originariamente auspicata: Seiya/Casshern perde la memoria per effetto del colpo di Febo, vaga senza meta e abbatte, nel suo cammino, i 12 dei dell'Olimpo (i vari "boss" che affronta il ragazzo androide hanno i nomi delle divinità romane), arrivando infine a scoprire l'origine della vita e della morte del pianeta risalenti all'operato di Urano/Briking. Anche il mood è rispettato, con un Casshern apatico e moralmente distrutto che replica i sentimenti Seiya dopo essere stato abbandonato da Atena.
Con le sue imparreggiabili atmosfere tragiche, la storia intrigante e l'affascinante ipotesi, per niente campata in aria, che si possa defnire il vero "seguito" di Ouverture, "Casshern Sins" ha tutti i presupposti per piacere al grande pubblico, specialmente ai fan del titolo storico degli anni '70 che si ritrovano tra le mani un remake molto originale e tecnicamente all'avanguardia. Proprio un peccato, quindi, che il risultato finale venga fortemente ridimensionato da una sceneggiatura irritante, così ripetitiva da rendere talvolta durissimo reggere la visione di più di un episodio a giornata, a cui non contribuisce anche il ritmo molto lento. Sins, fosse stato più breve e un filo più spigliato, non avrebbe avuto alcun problema a ritagliarsi un giudizio estremmamente più lusinghiero, addirittura surclassando l'originale. Così com'è venuto fuori è "solo" un ottimo titolo, ma dal potenziale non pienamente espresso.
Voto: 7,5 su 10
Introduzione
Dalla regia Shigeyasu Yamauchi (lo stesso dei film dei Saint Seiya, e già da qui è tutto un programma), con le animazioni Madhouse, ecco arrivare l'ennesimo reboot di turno, ma non di certo il poco sfruttato nome Casshern, o Kyashan in Italia).
Trama
Dopo aver ucciso "il sole che porta il nome della Luna", l'unica speranza per l'umanità di sopravvivere all'esistenza dei robot che padroneggiavano il mondo intero, Casshern ricompare dopo 100 anni senza memoria di ciò che ha fatto, di chi sia e quale sia il suo scopo di vita.
Una leggenda dice che se si divora Casshern si può ottenere la vita eterna e pertanto molti robot tenteranno di uccidere Casshern, ma lui è immortale...
In uno scenario apocalittico di un mondo ormai morto, Casshern girerà senza una meta precisa per il pianeta (almeno per la prima metà della serie) e senza la minima voglia di vivere o ambizioni per le quali vivere, finché l'idea che Luna possa essere ancora viva gli fa desiderare di cercarla.
Non mancheranno figure di accompagnamento quali la piccola Ringo, piccola robot bambina non meglio precisata, che si affeziona, guarda caso, a Casshern e che lui salverà prontamente all'occorrenza - chissà perché girano negli stessi posti -; la bella guerriera di turno Lyuze, che inizialmente vuole ucciderlo per vendicare la sorella, ma poi... Vabbé; e il cane Friender, che per nessuna ragione precisata si affeziona a Chassern e gira insieme a lui. Poi ci sono alcuni incontri che servono ben poco per la riuscita dell'anime e comparse varie.
Caratteristiche tecniche
L'anime non brilla certo né per la spettacolarità dei disegni, infatti il protagonista sembra Pegasus (Seiya) vestito da Casshern, né per le animazioni. Il disegno molto vicino ai Saint Seiya, ma in una chiave molto cupa e pastellosa/matitosa, seppur comprensibile che debba manifestare la distruzione, ambientazione che gli autori hanno scelto, spesso l'ho trovato veramente poco definito e senza una forma incisiva.
Le animazioni sono il minimo sindacale e spesso ci sono dei fermo immagine ripetuti anche più volte all'interno della stessa puntata, con le frasi ripetute più volte e con dei tempi di narrazione veramente troppo lunghi perché lo spettatore non si annoi.
Le musiche non sono nulla di speciale e una in particolare l'ho trovato anche fin troppo presente, visto che era stata introdotta per un evento particolare e quindi si poteva evitare di utilizzarla fino alo sfinimento.
Le sigle non sono certo di maggior riguardo; seppur l'opening non mi sia dispiaciuta direi che è l'unica cosa che superi la sufficienza in quest'anime.
Note sulla trama
Oltre a essere veramente lenta e annoiante, in molti casi non offre nulla di sensato tanto meno il finale. La sceneggiatura è scontata e senza senso, e rende i personaggi cupi e piatti come in pochi anime mi è capitato di vedere. Il filo conduttore dell'anime oltre a perdersi non offre nulla allo spettatore, e quando si finisce l'anime si ha quel senso di avere perso tempo che è davvero fastidioso. Non ho capito il motivo dell'utilizzo di una figura che aveva già una sua storia, anziché crearne una nata da zero; ovviamente il nome già conosciuto attira di più, ma onestamente crea ancor più delusione, perché le aspettative sono più alte visto il nome utilizzato, e non tanto perché la trama è diversa, ma perché non ha il minimo senso prendere solo i nomi da una serie e farne un reboot del genere.
Conclusione
Casshern Sins è un anime che non mi sento di consigliare a nessun tipo di pubblico, neanche ai più volenterosi nelle serie sperimentali e particolari. E' secondo me uno dei peggiori anime che abbia mai visto - e il mio repertorio è abbastanza vasto.
Tra l'altro non capisco onestamente i 10 dati dopo solo un episodio: fiducia incondizionata o cosa?
Koji_77
Dalla regia Shigeyasu Yamauchi (lo stesso dei film dei Saint Seiya, e già da qui è tutto un programma), con le animazioni Madhouse, ecco arrivare l'ennesimo reboot di turno, ma non di certo il poco sfruttato nome Casshern, o Kyashan in Italia).
Trama
Dopo aver ucciso "il sole che porta il nome della Luna", l'unica speranza per l'umanità di sopravvivere all'esistenza dei robot che padroneggiavano il mondo intero, Casshern ricompare dopo 100 anni senza memoria di ciò che ha fatto, di chi sia e quale sia il suo scopo di vita.
Una leggenda dice che se si divora Casshern si può ottenere la vita eterna e pertanto molti robot tenteranno di uccidere Casshern, ma lui è immortale...
In uno scenario apocalittico di un mondo ormai morto, Casshern girerà senza una meta precisa per il pianeta (almeno per la prima metà della serie) e senza la minima voglia di vivere o ambizioni per le quali vivere, finché l'idea che Luna possa essere ancora viva gli fa desiderare di cercarla.
Non mancheranno figure di accompagnamento quali la piccola Ringo, piccola robot bambina non meglio precisata, che si affeziona, guarda caso, a Casshern e che lui salverà prontamente all'occorrenza - chissà perché girano negli stessi posti -; la bella guerriera di turno Lyuze, che inizialmente vuole ucciderlo per vendicare la sorella, ma poi... Vabbé; e il cane Friender, che per nessuna ragione precisata si affeziona a Chassern e gira insieme a lui. Poi ci sono alcuni incontri che servono ben poco per la riuscita dell'anime e comparse varie.
Caratteristiche tecniche
L'anime non brilla certo né per la spettacolarità dei disegni, infatti il protagonista sembra Pegasus (Seiya) vestito da Casshern, né per le animazioni. Il disegno molto vicino ai Saint Seiya, ma in una chiave molto cupa e pastellosa/matitosa, seppur comprensibile che debba manifestare la distruzione, ambientazione che gli autori hanno scelto, spesso l'ho trovato veramente poco definito e senza una forma incisiva.
Le animazioni sono il minimo sindacale e spesso ci sono dei fermo immagine ripetuti anche più volte all'interno della stessa puntata, con le frasi ripetute più volte e con dei tempi di narrazione veramente troppo lunghi perché lo spettatore non si annoi.
Le musiche non sono nulla di speciale e una in particolare l'ho trovato anche fin troppo presente, visto che era stata introdotta per un evento particolare e quindi si poteva evitare di utilizzarla fino alo sfinimento.
Le sigle non sono certo di maggior riguardo; seppur l'opening non mi sia dispiaciuta direi che è l'unica cosa che superi la sufficienza in quest'anime.
Note sulla trama
Oltre a essere veramente lenta e annoiante, in molti casi non offre nulla di sensato tanto meno il finale. La sceneggiatura è scontata e senza senso, e rende i personaggi cupi e piatti come in pochi anime mi è capitato di vedere. Il filo conduttore dell'anime oltre a perdersi non offre nulla allo spettatore, e quando si finisce l'anime si ha quel senso di avere perso tempo che è davvero fastidioso. Non ho capito il motivo dell'utilizzo di una figura che aveva già una sua storia, anziché crearne una nata da zero; ovviamente il nome già conosciuto attira di più, ma onestamente crea ancor più delusione, perché le aspettative sono più alte visto il nome utilizzato, e non tanto perché la trama è diversa, ma perché non ha il minimo senso prendere solo i nomi da una serie e farne un reboot del genere.
Conclusione
Casshern Sins è un anime che non mi sento di consigliare a nessun tipo di pubblico, neanche ai più volenterosi nelle serie sperimentali e particolari. E' secondo me uno dei peggiori anime che abbia mai visto - e il mio repertorio è abbastanza vasto.
Tra l'altro non capisco onestamente i 10 dati dopo solo un episodio: fiducia incondizionata o cosa?
Koji_77
Nella serie degli anni '70 Kyashan era un ragazzo che, per proteggere la Terra da un attacco di robot, accettava di trasformare il proprio corpo in un androide. Trentacinque anni dopo il personaggio ritorna, ma i presupposti alla base della trama sono completamente diversi: sono passati secoli e ormai il pianeta Terra è completamente devastato, abitato quasi unicamente da androidi in via di degenerazione, senza alcuna possibilità di essere riparati o di sostituire i pezzi danneggiati.
Kyashan è l'unico a non essere afflitto da questa degenerazione, e attira l'interesse di tutti gli altri androidi tra i quali si è sparsa la voce che assimilare il suo corpo equivale a ottenere la vita eterna; l'ex-umano deve così evitare gli attacchi nemici, facendo i conti anche con un passato in cui ha condotto alla rovina l'intera umanità, non avendo memoria di ciò.
Il character design è interessante (anche se Kyashan senza cappuccio ricorda fin troppo Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco), le animazioni sono di livello medio/alto per una produzione giapponese odierna, ma la serie si caratterizza particolarmente per la colorazioni, con colori accesi arricchiti da un effetto "sfocato".
La storia è altalenante, nei primi due episodi non è riuscita a catturarmi, mentre la terza puntata (in cui Kyashan viaggia per un tratto del suo vagabondare assieme a uno dei rari umani sopravvissuti) mi è piaciuta un bel po'.
Kyashan è l'unico a non essere afflitto da questa degenerazione, e attira l'interesse di tutti gli altri androidi tra i quali si è sparsa la voce che assimilare il suo corpo equivale a ottenere la vita eterna; l'ex-umano deve così evitare gli attacchi nemici, facendo i conti anche con un passato in cui ha condotto alla rovina l'intera umanità, non avendo memoria di ciò.
Il character design è interessante (anche se Kyashan senza cappuccio ricorda fin troppo Pegasus dei Cavalieri dello Zodiaco), le animazioni sono di livello medio/alto per una produzione giapponese odierna, ma la serie si caratterizza particolarmente per la colorazioni, con colori accesi arricchiti da un effetto "sfocato".
La storia è altalenante, nei primi due episodi non è riuscita a catturarmi, mentre la terza puntata (in cui Kyashan viaggia per un tratto del suo vagabondare assieme a uno dei rari umani sopravvissuti) mi è piaciuta un bel po'.
Promette ma non mantiene... I combattimenti interessanti saranno 4 o 5 in tutta la serie. La trama è inconsistente, noiosa, e a volte si contraddice pure. Verso metà si vede un brusco calo qualitativo (provate a confrontare da metà serie le animazioni con quelle delle prime puntate). Sinceramente mi è sembrata una presa di giro, tra l'altre cose chi non ha visto la vecchia serie certi personaggi e il loro ruolo gli saranno oscuri.
Bello, non c'è che dire.
Tecnicamente siamo messi bene.
Bel character design, un po' shoujo e un po' araki.
Le animazioni sono discrete anche se si ha l'impressione che durante i combattimenti si ripetano un po' (che sia un richiamo alla serie storica?).
Le musiche sono anch'esse poche ma ben realizzate, alcune delle quali anche cantate e piuttosto d'atmosfera.
Passando alla trama devo dire di essere stato colpito dall'impostazione di questo Casshern sins.
Mi aspettavo un remake o qualcosa del genere, ed invece è tutto stravolto... i personaggi si ricollocano in maniera assolutamente nuova rispetto a come eravamo abituati.
Ovviamente in tutto questo si inseriscono personaggi nuovi e molto interessanti, che riescono ad acchiappare lo spettatore in quanto ben caratterizzati e valorizzati dalla sceneggiatura.
Unico appunto che mi ha impedito di dare di più alla serie è che parte dell'interesse e del mistero che aleggia durante i 24 episodi è da ricondursi al fatto che io conoscessi perfettamente la serie originale.
Uno spettatore a digiuno di tali conoscenze potrebbe non apprezzare alcuni passaggi o non porsi alcune domande come ho fatto io, fan della serie storica.
In definitiva credo che chi si avvicinerà per la prima volta alle vicende di Casshern le apprezzerà sicuramente, un fan ne rimarrà coinvolto pienamente.
Perciò credo che un 8 sia un voto giusto, da ritenere un 9 se siete fan di Casshern e compagni.
Alla prossima!
Tecnicamente siamo messi bene.
Bel character design, un po' shoujo e un po' araki.
Le animazioni sono discrete anche se si ha l'impressione che durante i combattimenti si ripetano un po' (che sia un richiamo alla serie storica?).
Le musiche sono anch'esse poche ma ben realizzate, alcune delle quali anche cantate e piuttosto d'atmosfera.
Passando alla trama devo dire di essere stato colpito dall'impostazione di questo Casshern sins.
Mi aspettavo un remake o qualcosa del genere, ed invece è tutto stravolto... i personaggi si ricollocano in maniera assolutamente nuova rispetto a come eravamo abituati.
Ovviamente in tutto questo si inseriscono personaggi nuovi e molto interessanti, che riescono ad acchiappare lo spettatore in quanto ben caratterizzati e valorizzati dalla sceneggiatura.
Unico appunto che mi ha impedito di dare di più alla serie è che parte dell'interesse e del mistero che aleggia durante i 24 episodi è da ricondursi al fatto che io conoscessi perfettamente la serie originale.
Uno spettatore a digiuno di tali conoscenze potrebbe non apprezzare alcuni passaggi o non porsi alcune domande come ho fatto io, fan della serie storica.
In definitiva credo che chi si avvicinerà per la prima volta alle vicende di Casshern le apprezzerà sicuramente, un fan ne rimarrà coinvolto pienamente.
Perciò credo che un 8 sia un voto giusto, da ritenere un 9 se siete fan di Casshern e compagni.
Alla prossima!
Terribilmente evocativo. Disegni retrò, colori pastello, tratti marcati...può non piacere, ma di sicuro non lascia indifferenti. L'uso della luce a mio modesto parere è straordinario. Puntate buie si alternano a puntate dove il mondo distrutto appare invaso da una luce violenta, il sole in un deserto. A livello visivo io l'ho trovato fantastico.
Però la trama è decisamente inconsistente. Molti episodi sono autoconclusivi, ma così troviamo personaggi interessanti che scompaiono nell'arco di un unico episodio, mentre i personaggi principali appaiono meno significativi.
Le scene di combattimento sono ottime, ma la regia non rende merito a mio avviso. Straordinaria invece l'onnipresente ruggine, le particelle portate dal vento che rivelano la portata della desolazione che corrompe il mondo intero. Sicuramente è un anime che può non piacere, ma sicuramente non lascia indifferenti. A suo favore gioca l'impatto visivo, a suo sfavore però una generale lentezza che rende la visione piuttosto pesante. Nonostante tutto il mio parere è positivo.
Però la trama è decisamente inconsistente. Molti episodi sono autoconclusivi, ma così troviamo personaggi interessanti che scompaiono nell'arco di un unico episodio, mentre i personaggi principali appaiono meno significativi.
Le scene di combattimento sono ottime, ma la regia non rende merito a mio avviso. Straordinaria invece l'onnipresente ruggine, le particelle portate dal vento che rivelano la portata della desolazione che corrompe il mondo intero. Sicuramente è un anime che può non piacere, ma sicuramente non lascia indifferenti. A suo favore gioca l'impatto visivo, a suo sfavore però una generale lentezza che rende la visione piuttosto pesante. Nonostante tutto il mio parere è positivo.
La scena si apre su un mondo in disfacimento in cui un essere perfetto vaga in mezzo a questa desolazione. Un gruppo di robot malandati dichiara di volere uccidere questo essere, ovverosia Casshern, credendo che nutrendosi della sua carcassa si salveranno dalla distruzione. Infatti il mondo è infettato da una distruzione inesorabile che sgretola lentamente ogni forma di vita non umana.
Il rimedio alla distruzione è anche la causa della stessa, perché con le sue stesse mani Casshern uccise Luna e divenne immortale. Ma l'unico che non è cosciente di ciò è proprio lui, infatti sembra essere colpito da un amnesia che ha cancellato completamente ogni suo ricordo. Le nebbie che offuscano la sua mente vanno dipanandosi molto lentamente lungo il suo cammino, e più il suo passato viene a galla più il suo terribile peccato diviene chiaro.
La distruzione diventa lo spazio esistenziale di tutti quegli esseri che fino a quel momento erano vissuti nella convinzione dell'immortalità. Questo spazio è estremo, non lascia posto a sfumature, e può essere riempito solo dall'assoluta rassegnazione o dalla speranza più cieca. In mezzo a questa disperazione dicotomica spiccano degli individui che attirano l'attenzione del nostro protagonista, smuovono la sua coscienza. Queste persone, che Casshern incontrerà lungo il suo cammino, più o meno aggredite dalla distruzione continuano a vivere nel senso più forte della parola. Alcuni hanno degli obbiettivi, altri cercano o credono in qualcosa, tutti sono animati da una passione che non indietreggia di fronte ad una quasi certa mancanza di futuro. Tramite questi incontri Casshern subisce o compie un'evoluzione spirituale, che per molti episodi occupa l'intera scena lasciando in secondo piano la trama principale.
L'estraneità per Casshern verso questo mondo è assoluta. L'immortalità lo pone in un piedistallo in cui la vita arriva sbiadita, avvolta da un mistero impenetrabile. Il suo tormento nasce esattamente da questa posizione e solo alla fine dell'opera troverà pace, se così la vogliamo chiamare.
Punto debole di quest'opera è la sua pesantezza. Una pesantezza che non deriva tanto dall'atmosfera o dalla drammaticità delle esistenze in scena, che anzi grazie una realizzazione tecnica ottima si scrollano di dosso anche una certa banalità, ma dalla ripetizione. Il cammino travagliato di Casshern prosegue almeno per metà della serie senza uno svolgimento lineare, balza qua e là da una situazione disperata all'altra, presentando diversi personaggi che però confluiscono sempre nello stesso schema di opposizione tra vita-morte/paura-speranza che quasi immediatamente diventa prevedibile.
Il vero punto forte è la realizzazione tecnica. Mantiene una qualità pressoché alta per tutto il suo svolgimento, eccezion fatta per pochi episodi. Gli scenari creano un atmosfera di desolazione e disperazione in perfetta sintonia con lo spirito del protagonista, ma talvolta anche nella loro freddezza sanno offrire visioni maestose. Suoni e immagini si fondono perfettamente fino a creare momenti di estrema liricità.
Casshern Sins è un'opera sicuramente degna di nota, in cui la riflessione e l'indagine spirituale spesso prendono il sopravvento su ogni altra cosa, e scatenano in chi segue numerosi dubbi e domande (anche grazie a dialoghi ermetici) sulla natura profonda e complessa dei protagonisti.
Il rimedio alla distruzione è anche la causa della stessa, perché con le sue stesse mani Casshern uccise Luna e divenne immortale. Ma l'unico che non è cosciente di ciò è proprio lui, infatti sembra essere colpito da un amnesia che ha cancellato completamente ogni suo ricordo. Le nebbie che offuscano la sua mente vanno dipanandosi molto lentamente lungo il suo cammino, e più il suo passato viene a galla più il suo terribile peccato diviene chiaro.
La distruzione diventa lo spazio esistenziale di tutti quegli esseri che fino a quel momento erano vissuti nella convinzione dell'immortalità. Questo spazio è estremo, non lascia posto a sfumature, e può essere riempito solo dall'assoluta rassegnazione o dalla speranza più cieca. In mezzo a questa disperazione dicotomica spiccano degli individui che attirano l'attenzione del nostro protagonista, smuovono la sua coscienza. Queste persone, che Casshern incontrerà lungo il suo cammino, più o meno aggredite dalla distruzione continuano a vivere nel senso più forte della parola. Alcuni hanno degli obbiettivi, altri cercano o credono in qualcosa, tutti sono animati da una passione che non indietreggia di fronte ad una quasi certa mancanza di futuro. Tramite questi incontri Casshern subisce o compie un'evoluzione spirituale, che per molti episodi occupa l'intera scena lasciando in secondo piano la trama principale.
L'estraneità per Casshern verso questo mondo è assoluta. L'immortalità lo pone in un piedistallo in cui la vita arriva sbiadita, avvolta da un mistero impenetrabile. Il suo tormento nasce esattamente da questa posizione e solo alla fine dell'opera troverà pace, se così la vogliamo chiamare.
Punto debole di quest'opera è la sua pesantezza. Una pesantezza che non deriva tanto dall'atmosfera o dalla drammaticità delle esistenze in scena, che anzi grazie una realizzazione tecnica ottima si scrollano di dosso anche una certa banalità, ma dalla ripetizione. Il cammino travagliato di Casshern prosegue almeno per metà della serie senza uno svolgimento lineare, balza qua e là da una situazione disperata all'altra, presentando diversi personaggi che però confluiscono sempre nello stesso schema di opposizione tra vita-morte/paura-speranza che quasi immediatamente diventa prevedibile.
Il vero punto forte è la realizzazione tecnica. Mantiene una qualità pressoché alta per tutto il suo svolgimento, eccezion fatta per pochi episodi. Gli scenari creano un atmosfera di desolazione e disperazione in perfetta sintonia con lo spirito del protagonista, ma talvolta anche nella loro freddezza sanno offrire visioni maestose. Suoni e immagini si fondono perfettamente fino a creare momenti di estrema liricità.
Casshern Sins è un'opera sicuramente degna di nota, in cui la riflessione e l'indagine spirituale spesso prendono il sopravvento su ogni altra cosa, e scatenano in chi segue numerosi dubbi e domande (anche grazie a dialoghi ermetici) sulla natura profonda e complessa dei protagonisti.
Be’, che dire, non è che inizi proprio alla grande… insomma quella opening non si può sentire proprio, però… le immagini ti lasciano a bocca aperta. Il disegno superstilizzato del character design di Saint Seya (e si vede, è uguale!) è accompagnato da dei colori che mozzano il fiato. A volte viene da pensare che si può guardare un anime solo per la bellezza e la fascinazione visiva che lo ammantano di una patina di magnificenza. E Cassher Sins è senza alcun dubbio la magnificenza visiva allo stato puro. Ogni episodio soffuso di un tono dominante, che sia il fuoco del tramonto, che sia il blu del crepuscolo, che sia il colore della desolazione, o quello dell’oceano – la tavolozza di Casshern è un’intensa metafora coloristica, una forza di tono e luce che sa essere delicata e potente e che dice e crea molto più di quello che si vede: che avvolge tutto nell’atmosfera e nella suggestione. Ma non è solo questo. Casshern è complesso, denso di significato; molto più profondo di quanto il disegno relativamente semplice faccia pensare. Tutto si gioca su delle inquadrature magistrali, su dei silenzi che contengono tutta l’essenza di quel mondo, sugli sfondi di desolazione pura, sulla polvere della distruzione che aleggia perennemente in ogni luogo. Musiche bellissime e a tratti struggenti ci accompagnano per le lande desolate, attraverso gli incontri fuggevoli, seguendo le presenze che combattono mosse dal dolore della morte che grava sul mondo. Certo qualche difetto ce l’ha pure lui, così i robottoni sono monotoni e poco curati, il mecha design in generale non è il massimo, i combattimenti alla fine sembrano un po’ troppo ispirati a Dragonball (che francamente ci ha davvero rotto le palle) e le animazioni sono a tratti imprecise e legnose. È pure vero che in alcuni frangenti (specialmente nella parte centrale) l’anime si perde un po’ in se stesso, smarrendosi nella sua lentezza che diviene poco-poco pesante, e che alcuni personaggi non sono propriamente eccelsi (Dio è un bluff per tutta le serie – meno male che alla fine si riprende… ), ma man mano che si arriva alla fine del viaggio e che si vanno scoprendo i misteri nascosti dietro l’essenza di Luna, di Casshern e della condizione stessa della Terra, l’opera diventa intensa, malinconica, e toccante, con dei personaggi che restano profondamente nel cuore (Lyuze e Leda su tutti) e con un contenuto latente – e intuibile chiaramente solo alla fine – davvero tristissimo, amaro e struggente. Mai visto Casshern prima d’ora, ma questo Sins mi ha davvero lasciato il segno, anche inaspettatamente, per la bellezza visiva, i dialoghi profondissimi e il suo significato crepuscolare venato di una nostalgia intima e di un dolore eterno come il mondo, come la vita e come la morte. Un otto davvero abbondante per un anime che tocca ed emoziona in modo soffuso e delicato.
Assolutamente da non perdere. Disegni, fondali animazioni (poche ma perfette), una trama incredibilmente coinvolgente. L'episodio numero 8 è cosi bello che l'ho rivisto 3 volte. Dimenticatevi assolutamente il vecchio Kyashan, non è né un remake né un prequel/sequel, è qualcosa di incredibilmente più profondo. Forse i ritmi iniziali e l'ambientazione cupa e desolata potrebbero indurre qualcuno a mollare dopo i primi episodi, ma sarebbe un grande errore. Da non perdere assolutamente
Io vado controcorrente.
Ho impiegato quasi sei episodi per convincermi che "Kyashan Sins" non fosse una boiata... e ora, anzi, ha preso ad appassionarmi come e più di tante altre serie contemporanee (diciamo che la mancanza di "Lelouch of the Rebellion" e l'attesa di "Full Metal Alchemist 2" si sente meno grazie a KS).
Ma andiamo con ordine.
Conoscete la storia originale di Kyashan? Bene, dimenticatela. Conoscete la storia di Kyashan remixata in quella discutibile serie OAV anni '90? Bene, dimenticate pure quella.
KS è una riscrittura completa e integrale, che dell'originale conserva solo il canovaccio. Alle armate di androidi che girano sulle città umane come soldati di armate naziste (o di altre dittature proprie degli anni '70) in trionfo, si sostituisce un mondo desolato, prossimo alla distruzione totale.
Riassumendo: molti anni (cento e più a quanto pare) prima dei fatti narrati, fra umani e robot scoppia una guerra per il dominio del mondo. O per meglio dire: da una parte, chi vuole che il mondo fosse dominato dai soli robot, e chi cerca una forma di convivenza. Alla fine, la fazione che cerca l'integrazione fra umani e cibernetici, guidata da Luna (che nelle serie precedenti era la "ragazza" di Kyashan) viene sconfitta grazie alla morte della stessa Luna per mano di Kyashan, uno dei tre più potenti androidi al servizio di Braikin Boss, il capo dei robot.
La morte di Luna scatena la distruzione finale del mondo, che diventa una landa sempre più inospitale a causa della degenerazione progressiva dell'atmosfera. Diventata dapprima inospitale agli umani, ora lo sta diventando anche ai Robot, che quindi vanno incontro alla progressiva degenerazione e infine alla distruzione. Un panorama disastroso, per farla breve... in cui improvvisamente ricompare il disperso Kyashan, completamente dimentico di essere stato la causa scatenante di tutto... di più preferisco non dire, anche perché se queste premesse sono centellinate e caoticamente spiegate nei primi episodi, il resto della trama si ricava abbastanza bene dalla fruizione degli episodi.
Passiamo alla realizzazione tecnica, assai sorprendente. Dopo avermi lasciato a bocca storta dopo i primi episodi - fondali scarni, ma necessari all'impostazione della trama, un tratto a metà strada fra il retrò ed il moderno... - l'animazione si sta rivelando assai appropriata alla storia, nobilitandosi oltre le più rosee aspettative nelle scene di combattimento.
Più discontinuo il chara design, che talvolta lascia un po' a desiderare ed appare - soprattutto nella rappresentazione dei robot, molto ripetitivo e talora fuori luogo e semplicistico (un difetto comunque accettabile a fronte del complesso dello sforzo produttivo).
La scrittura della serie è invece abbastanza buona, anche se a "parlare" sono più spesso i lunghi silenzi o scene di azione decisamente non dialogate, e vari aspetti della storia devono essere per così dire dedotti...
Insomma, per farla breve: Kyashan Sins non si iscrive nella recente ondata di remake di mediocre qualità, ma rappresenta un riuscito esempio di rinnovamento di un brand realmente mai dimenticato. E che, per i vecchietti come il sottoscritto, ha l'assoluto merito di non sfigurare nei confronti dei ricordi dell'infanzia... impresa mai riuscita a precedenti tentativi Tatsunoko (vedasi Tekkaman e la stessa serie OAV di Kyashan).
Bello.
Ho impiegato quasi sei episodi per convincermi che "Kyashan Sins" non fosse una boiata... e ora, anzi, ha preso ad appassionarmi come e più di tante altre serie contemporanee (diciamo che la mancanza di "Lelouch of the Rebellion" e l'attesa di "Full Metal Alchemist 2" si sente meno grazie a KS).
Ma andiamo con ordine.
Conoscete la storia originale di Kyashan? Bene, dimenticatela. Conoscete la storia di Kyashan remixata in quella discutibile serie OAV anni '90? Bene, dimenticate pure quella.
KS è una riscrittura completa e integrale, che dell'originale conserva solo il canovaccio. Alle armate di androidi che girano sulle città umane come soldati di armate naziste (o di altre dittature proprie degli anni '70) in trionfo, si sostituisce un mondo desolato, prossimo alla distruzione totale.
Riassumendo: molti anni (cento e più a quanto pare) prima dei fatti narrati, fra umani e robot scoppia una guerra per il dominio del mondo. O per meglio dire: da una parte, chi vuole che il mondo fosse dominato dai soli robot, e chi cerca una forma di convivenza. Alla fine, la fazione che cerca l'integrazione fra umani e cibernetici, guidata da Luna (che nelle serie precedenti era la "ragazza" di Kyashan) viene sconfitta grazie alla morte della stessa Luna per mano di Kyashan, uno dei tre più potenti androidi al servizio di Braikin Boss, il capo dei robot.
La morte di Luna scatena la distruzione finale del mondo, che diventa una landa sempre più inospitale a causa della degenerazione progressiva dell'atmosfera. Diventata dapprima inospitale agli umani, ora lo sta diventando anche ai Robot, che quindi vanno incontro alla progressiva degenerazione e infine alla distruzione. Un panorama disastroso, per farla breve... in cui improvvisamente ricompare il disperso Kyashan, completamente dimentico di essere stato la causa scatenante di tutto... di più preferisco non dire, anche perché se queste premesse sono centellinate e caoticamente spiegate nei primi episodi, il resto della trama si ricava abbastanza bene dalla fruizione degli episodi.
Passiamo alla realizzazione tecnica, assai sorprendente. Dopo avermi lasciato a bocca storta dopo i primi episodi - fondali scarni, ma necessari all'impostazione della trama, un tratto a metà strada fra il retrò ed il moderno... - l'animazione si sta rivelando assai appropriata alla storia, nobilitandosi oltre le più rosee aspettative nelle scene di combattimento.
Più discontinuo il chara design, che talvolta lascia un po' a desiderare ed appare - soprattutto nella rappresentazione dei robot, molto ripetitivo e talora fuori luogo e semplicistico (un difetto comunque accettabile a fronte del complesso dello sforzo produttivo).
La scrittura della serie è invece abbastanza buona, anche se a "parlare" sono più spesso i lunghi silenzi o scene di azione decisamente non dialogate, e vari aspetti della storia devono essere per così dire dedotti...
Insomma, per farla breve: Kyashan Sins non si iscrive nella recente ondata di remake di mediocre qualità, ma rappresenta un riuscito esempio di rinnovamento di un brand realmente mai dimenticato. E che, per i vecchietti come il sottoscritto, ha l'assoluto merito di non sfigurare nei confronti dei ricordi dell'infanzia... impresa mai riuscita a precedenti tentativi Tatsunoko (vedasi Tekkaman e la stessa serie OAV di Kyashan).
Bello.
Per il momento ho visto 9 episodi e le aspettative, da parte mia, sono molto alte. Nei primi 6 episodi la telecamera viene usata esclusivamente sui personaggi senza far intravedere nulla per quanto riguarda il mondo circostante. Una scelta azzeccata per far capire allo spettatore che intorno ai personaggi stessi c'è solo desolazione o per lo meno c'è IL NIENTE/NULLA. La storia è ancora tutta da scoprire le animazioni sono fluide ed i movimenti di Kyashan superlativi. L'uso dei colori è fantastico e a volte si ha l'impressione di guardare un quadro dove la malinconia e la tristezza la fanno da padrone ben evidenziate anche dagli sguardi ed i sentimenti del protagonista! Per quanto riguarda la realizzazione di Kyashan mi dispiace vederlo un po' Pegasus e un po' Kojiro (per il valore di Kyashan dovrebbe essere il contrario). Un ottimo lavoro, indubbiamente, ma che non supera il suo predecessore!
P.S. dimenticatevi la prima serie perché questa non è ne il remake ne il continuo... è tutta un'altra storia!
NOTA AGGIUNTIVA: il rumore che emette FRIENDER/FLENDER da buon cane-cyborg è stupendo! La sigla pur essendo gradevole è nettamente inferiore a quella del primo Kyashan!
P.S. dimenticatevi la prima serie perché questa non è ne il remake ne il continuo... è tutta un'altra storia!
NOTA AGGIUNTIVA: il rumore che emette FRIENDER/FLENDER da buon cane-cyborg è stupendo! La sigla pur essendo gradevole è nettamente inferiore a quella del primo Kyashan!
Non è mia abitudine dare opinioni così premature (4 episodi sono pochini) ma questo anime mi ha preso dalla prima inquadratura :)
Kyashan è tornato (buona occasione di rispolverare la vecchia mitica serie per capire certi annessi & connessi) la terra sta morendo e Kyashan è considerato un dio della morte... quindi benvengano i toni cupi e quel senso di nichilismo che pervade i primi episodi...
Mi piace la grafica XD e la venatura "saintseiyana" XD... del resto produce MadHouse che ha sfornato sempre ottimi prodotti.
Spero continui visto che le premesse sono ottime...
Kyashan è tornato (buona occasione di rispolverare la vecchia mitica serie per capire certi annessi & connessi) la terra sta morendo e Kyashan è considerato un dio della morte... quindi benvengano i toni cupi e quel senso di nichilismo che pervade i primi episodi...
Mi piace la grafica XD e la venatura "saintseiyana" XD... del resto produce MadHouse che ha sfornato sempre ottimi prodotti.
Spero continui visto che le premesse sono ottime...
Che dire? Semplicemente fantastico!
Animazioni, fondali, chara e mecha design di altissimo livello, contornati da musiche degne di un un film.
Il primo episodio fa nascere tante domande riguardanti la trama, chi ha in mente la vecchia storica serie, o il recente lungometraggio o anche gli oav di qualche anno fa, questo non c'entra nulla!
Animazione Mad House.
Regia superba di Shigeyasu Yamauchi, lo stesso dei film dei Saint Seiya, di cui se ne riscontrano le affinita', come pure nel character design e le classiche pose elastiche e movimenti dei personaggi nelle scene di azione qui maggiormante implementate a favore della spettacolarita'!
Animazioni, fondali, chara e mecha design di altissimo livello, contornati da musiche degne di un un film.
Il primo episodio fa nascere tante domande riguardanti la trama, chi ha in mente la vecchia storica serie, o il recente lungometraggio o anche gli oav di qualche anno fa, questo non c'entra nulla!
Animazione Mad House.
Regia superba di Shigeyasu Yamauchi, lo stesso dei film dei Saint Seiya, di cui se ne riscontrano le affinita', come pure nel character design e le classiche pose elastiche e movimenti dei personaggi nelle scene di azione qui maggiormante implementate a favore della spettacolarita'!