Senza famiglia
Tratto da un romanzo uscito nell’ottocento in Francia, ad opera di un certo Malot che è senz’altro figlio del suo tempo, infatti i romanzi romantici in primis trattano di orfani che in genere superano le avversità tipo Oliver Twist; a volte, -e nel romanzo francese l'ho già incontrato, muoiono parecchi personaggi… non sono orfani ma mi vengono in mente come esempi il protagonista de “Il rosso e il nero” (Julien Sorel) di Stendhal o “Papa Goriot” di Balzac.
Trovo molto più lacrimevole la versione di Remì nell’omonima serie (quello della sigla “Dolce Remì / Piccolo come sei / Per il mondo tu vai…) arrivato nel 1979 sulla Rai e prodotto dalla Tokyo Movie Shinsha che probabilmente è più fedele al romanzo e può maggiormente indulgere (per questioni di tempo) sul patetico o sul lacrimevole c’è stata poi una versione che non ho visto di Remì-bambina negli anni ‘90.
Com’è invece questo film? Dico subito che credo di aver visto la versione edulcorata uscita negli anni ‘70 in Italia e ciò mi ha sicuramente portato a non vedere alcune scene con argomenti tabù in quegli anni (mi hanno raccontato che la mamma adottiva deve vendere la sua unica mucca per dar da mangiare a Remigio – si perché il nome viene italianizzato) e probabilmente anche l’adattamento dei dialoghi lascia a desiderare.
La Toei imita in questo film lo stile Disney: animali parlanti che si fondono con scenette comiche di stampo giapponese e canzoncine (sia pur senza esagerare).
Le morti in questo film non riescono a commuovermi a differenza di quanto successo quando ero bambino forse perché mi sono abituato da bambino a scene commoventi che riescono a calcare la mano senza risultare innaturali
.
Dunque questo anime è da bocciare? No, pur non avendomi commosso, divertito o fatto riflettere su argomenti nuovi, non mi ha annoiato… direi che almeno la sufficienza se l’è guadagnata.
Trovo molto più lacrimevole la versione di Remì nell’omonima serie (quello della sigla “Dolce Remì / Piccolo come sei / Per il mondo tu vai…) arrivato nel 1979 sulla Rai e prodotto dalla Tokyo Movie Shinsha che probabilmente è più fedele al romanzo e può maggiormente indulgere (per questioni di tempo) sul patetico o sul lacrimevole c’è stata poi una versione che non ho visto di Remì-bambina negli anni ‘90.
Com’è invece questo film? Dico subito che credo di aver visto la versione edulcorata uscita negli anni ‘70 in Italia e ciò mi ha sicuramente portato a non vedere alcune scene con argomenti tabù in quegli anni (mi hanno raccontato che la mamma adottiva deve vendere la sua unica mucca per dar da mangiare a Remigio – si perché il nome viene italianizzato) e probabilmente anche l’adattamento dei dialoghi lascia a desiderare.
La Toei imita in questo film lo stile Disney: animali parlanti che si fondono con scenette comiche di stampo giapponese e canzoncine (sia pur senza esagerare).
Le morti in questo film non riescono a commuovermi a differenza di quanto successo quando ero bambino forse perché mi sono abituato da bambino a scene commoventi che riescono a calcare la mano senza risultare innaturali
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Dunque questo anime è da bocciare? No, pur non avendomi commosso, divertito o fatto riflettere su argomenti nuovi, non mi ha annoiato… direi che almeno la sufficienza se l’è guadagnata.
Quando si pensa alle trasposizioni animate del romanzo di Hector Malot "Senza famiglia", il pensiero corre immediatamente alla serie televisiva del 1977 nota in Italia come "Remì - Le sue avventure", diretta dal compianto Osamu Dezaki. In tempi più recenti è stata realizzata un'altra serie televisiva, "Dolce piccola Remy", in cui il ruolo di protagonista è ricoperto da una ragazzina. La prima versione anime è però quella di un lungometraggio cinematografico del 1970, prodotto dalla Toei Animation.
Confrontando questo film con le sue controparti televisive, si può notare come la narrazione sia stata portata su un piano meno realistico e, per certi versi, volto maggiormente verso un pubblico infantile: ne è emblema il fatto che gli animali ammaestrati dal vecchio Vitali (l'artista girovago, già famoso cantante d'opera che prende Rémi/Remigio - ah, la mania di italianizzare i nomi! - sotto le sue ali per farne il proprio apprendista e successore) parlino, tra di loro e persino con gli umani. A loro sono spesso affidati dei siparietti comici che alleggeriscono momentaneamente l'atmosfera drammatica dell'opera. Vitali, del resto, appare come un personaggio molto più amabile che nella serie di Dezaki, in cui per molte puntate manteneva un contegno severo e arcigno: qui Remigio gli si affeziona subito e ben presto arriva a considerarlo il proprio nonno.
Un'altra differenza che balza agli occhi è quella nel character design: in questo film ci si rifà molto agli altri lungometraggi coevi della Toei ("Il Gatto con gli Stivali" sopra tutti), mentre nella serie televisiva degli anni Settanta era influenzato da quelli di altri anime meisaku dell'epoca, uno su tutti "Heidi".
Il film è comunque una visione piacevole se non si hanno troppe ambizioni. Non una pietra miliare della storia dell'animazione, ma un prodotto onesto realizzato con mestiere e buona competenza tecnica.
Confrontando questo film con le sue controparti televisive, si può notare come la narrazione sia stata portata su un piano meno realistico e, per certi versi, volto maggiormente verso un pubblico infantile: ne è emblema il fatto che gli animali ammaestrati dal vecchio Vitali (l'artista girovago, già famoso cantante d'opera che prende Rémi/Remigio - ah, la mania di italianizzare i nomi! - sotto le sue ali per farne il proprio apprendista e successore) parlino, tra di loro e persino con gli umani. A loro sono spesso affidati dei siparietti comici che alleggeriscono momentaneamente l'atmosfera drammatica dell'opera. Vitali, del resto, appare come un personaggio molto più amabile che nella serie di Dezaki, in cui per molte puntate manteneva un contegno severo e arcigno: qui Remigio gli si affeziona subito e ben presto arriva a considerarlo il proprio nonno.
Un'altra differenza che balza agli occhi è quella nel character design: in questo film ci si rifà molto agli altri lungometraggi coevi della Toei ("Il Gatto con gli Stivali" sopra tutti), mentre nella serie televisiva degli anni Settanta era influenzato da quelli di altri anime meisaku dell'epoca, uno su tutti "Heidi".
Il film è comunque una visione piacevole se non si hanno troppe ambizioni. Non una pietra miliare della storia dell'animazione, ma un prodotto onesto realizzato con mestiere e buona competenza tecnica.
Ennesima riduzione animata del romanzo di Malot, assisteremo alle drammatiche vicende del piccolo Remi, cresciuto in una famiglia povera e costretto, quando la sua famiglia diventerà ancora più povera, ad andare a vivere con il signor Vitalis e a guadagnarsi da vivere come cantante girovago. E cercando, altresì, la sua vera famiglia. Alla base data dal romanzo ottocentesco si aggiunge il tema tutto giapponese dell’orfano solo contro mille difficoltà ma che deve affrontare perché scegliere la via facile di vivere con una ricca signora non sarebbe “giapponese”. In più ci si mette il tema tutto disneyano degli animali parlanti. Il coprotagonista sarà appunto il cane Capì, parlante, almeno con gli altri animali e che sarà al fianco di Remì fino alla fine. Aggiungiamo le storie di fantasmi con l’anima della scimmietta che incoraggerà fino all’ultimo Capì e avremo un quadro completo del melting pot realizzato da questo film. Il risultato finale è comunque bello e gradevole, per quanto possa spiacere ai puristi l’eliminazione del personaggio di Mattia. La colonna sonora e la regia sono buone. Unico neo la grafica che può sembrare troppo legnosa nei volti dei personaggi, come se fossimo in un teatro delle marionette. Il risultato finale è comunque valido e l’opera merita davvero un sette, anche dopo tanti anni.