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Alex Ziro

Episodi visti: 12/12 --- Voto 7,5
Tutto iniziò quando uscì la news, era impossibile prenderlo sul serio.

A Centaur’s Life è un anime disponibile su Crunchyroll e che ha come protagonista Hime, una timida e bellissima (per i canoni del suo mondo) centaura, ben voluta da tutti, perennemente accompagnata da Nozomi, la sua migliore amica alata “tomboy” e dalla bionda caprinide Kyōko. Il tutto ambientato in una sorta di mondo popolato da animali antropomorfi… ma dai, siamo seri? Ennesima assurdità giapponese, pensai. Però più il tempo passava e più ero curioso di scoprire quanto sarebbe stato strano quest’anime. Magari ne sarebbe venuto fuori uno slice of life un po’ bizzarro, con questo tema “animalesco” capace di donare un pizzico di novità.

L’ho adorato, non posso nasconderlo.

La vita di Hime è assolutamente serena e ordinaria: va a scuola, fa tiro con l’arco, si diverte con le sue amiche. Le oziose giornate scorrono velocemente, come in un Lucky Star a tema bestiale, dove superficialmente si parla del più e del meno, con sempre ben accetti (ed innocenti) ammiccamenti yuri (con un piccolo extra, in tal senso, nell'ultimo episodio).
Il primo punto a favore dell’anime è da trovare nella sua capacità di esprimere al meglio quella che deve essere una qualità imprescindibile di ogni slice of life che si rispetti: la potenza della coralità. Infatti, oltre le tre protagoniste, troveremo un numero spropositato di personaggi secondari, e ognuno darà il suo meraviglioso apporto all’opera.

L’inizio, nuovamente.

Durante la prima visione di A Centaur’s Life si è prevenuti, sei sicuro di cosa aspettarti e la prima metà del primo episodio (un canovaccio già visto di gag e situazioni ammiccanti) di certo non aiuta; ma le apparenze ingannano, c'è molto di più sotto la superficie. E lo si intuisce già prestando attenzione a ciò che viene detto nella seconda parte dell’episodio, dove la classica “home room teacher” delle scuole giapponesi fa il discorso d’inizio anno alle sue alunne. E qui scopriamo che questa è una realtà parallela alla nostra, nella quale l’evoluzione è semplicemente variata e gli "umani" sono distinguibili in quattro gruppi.

“In passato, le grandi differenze nell’aspetto di questi gruppi aveva portato a numerose guerre e a una grande discriminazione."
"Nel nostro mondo, un singolo passo falso può farci sprofondare in uno scenario infernale. Diventare un mondo in guerra, come le nazioni minori, o un mondo pacifico che ha raggiunto l’armonia, dipende dalla nostra capacità di vivere insieme accantonando le nostre differenze, perciò spesso l’uguaglianza è molto più preziosa dei diritti civili, e addirittura della vita stessa!"

L’uguaglianza è più importante della vita stessa.

Non è la frase che ci saremmo aspettati di trovare in un anime demenziale, in un qualcosa che non si dovrebbe poter prendere sul serio; invece ecco uno dei temi più forti ed allo stesso tempo il più nascosto di tutta la storia. Il mondo nel quale è ambientato il tutto ha chiaramente passato periodi bui, pieni di violenza e terrore. Un mondo che adesso ha trovato una sorta di equilibrio cercando di bandire qualsivoglia tipologia di razzismo: è sufficiente palesare un minimo di disturbo nei confronti di una razza, e vieni spedito in un “Centro Correttivo”, con allusioni alla pena di morte non troppo velati.
E attenzione: non fatevi venire la malsana idea di salire in groppa alla centaura, a quanto pare anche questo è un atto razzista che potrebbe causarvi orribili problemi.

La cosa più spaventosa è che il tutto viene vissuto con una calma stupefacente, accettato con silenzio e tranquillità, non c’è uno straccio di paura nelle voci e nei gesti, tutti sanno benissimo che bisogna rispettare determinate leggi e non osano nemmeno pensare che esse possano essere ingiuste. Basti pensare a certi alati (che somigliano a degli angeli) costretti ad avere un’aureola di capelli, rischiando la galera nel caso dovessero esserne sprovvisti senza il dovuto “Certificato di Mancanza”, che attesta che tale stato è momentaneo ed accidentale.

Antartidiani e Razzismo

Gli antartidiani sono coloro che probabilmente hanno offerto a Centaur la possibilità di fare un vero salto di qualità. Loro rappresentano una figura estremamente particolare, sono visti con sospetto, sono chiusi nella loro società e su di loro ci sono più dicerie che fatti concreti. Solo negli ultimi anni si sono aperti agli umani. Si sa solo che sono molto avanzati tecnologicamente, che la loro società ed il loro modo di vivere è molto diverso e che abbiano problemi con gli Stati Uniti. Se ci pensate un po’ non è strano, vero?
Sass, un’antartidiana, entrerà nella classe di Hime & co. e, superati i traumi iniziali, si integrerà per bene nella classe, non lesinando dimostrazioni su quanto la sua etnia sia diversa. Incapaci di comprendere la società e quali sono i sentimenti di chi ne fa parte, vivono il loro rapporto con gli altri come una sorta di esperimento scientifico, causando dei problemi che vengono solo accennati, o che devono essere letti tra le righe dallo spettatore.

“Non credo dovresti chiamarlo uomo rana”
“E allora come?”
“Anfibiano, direi!”
“Se dovessi chiamarlo in qualche modo, direi francese”.

Una lezione rapida e (forse) indolore su come trattare chi sia diverso da noi, arrivata proprio dalla nostra antartidiana preferita. Si riferiscono a Jean Rousseau, un anfibiano che viveva nella giungla come tutti i suoi simili e che venne educato da umani in Francia, dove ricevette un’educazione di primissimo livello che gli permise di mettere in mostra delle qualità innate, facendolo divenire un diplomatico celebre in tutto il mondo, occupato nella lotta contro il razzismo e per le integrazioni delle varie razze. Ricordiamo che Jean-Jacques Rousseau è un filosofo del 700 che, tra le altre cose, ha pubblicato “Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini”, quindi possiamo comprendere come il nome del francese non sia stato scelto a caso. Un personaggio che ci permette di comprendere ancora di più il mondo dell’opera.

Col procedere degli episodi, ci verrà narrato anche il passato di questo mondo. Non dirò troppo, ma sarà evidente come quel che abbiamo di fronte non sia altro che un mondo che vive sulle cicatrici del proprio passato: le atrocità subite da molte razze (soprattutto gli alati/angeli, coloro maggiormente attaccati alla propria religione) nei campi di concentramento ci portano a vivere qualcosa che potrebbe sembrare una distopia, ma allo stesso tempo fanno pensare quanto diritto davvero abbiamo di giudicare le scelte di questa società alternativa.

Il tutto viene intervallato da bellissime sirene, da discorsi assurdi sulla vagina delle mucche e chi più ne ha più ne metta, ma slice of life cosa vuol dire? Spicchi di vita, anime che parlano del quotidiano. Spesso questo genere viene visto come sinonimo di noia, solo tante scemenze e nessuna sostanza. A Centaur’s Life può invece benissimo portarsi avanti come un meraviglioso esempio del genere, mostrandoci come le leggerezze di amiche che vogliono avere una vita tranquilla e fuori dai guai possono essere accompagnate da problematiche più serie ed un sistema politico terrificante. Non è questo quello che la maggior parte di noi vive davvero ogni giorno?

La Emon Animation Company non ha di certo fatto un lavoro magistrale, alcuni episodi hanno delle animazioni mediocri a dir poco, seguendo un trend di questi ultimi anni non proprio positivo. Ottima la ending: Edelweiss, di Asaka, che ruota su Tama, forse il personaggio strutturato meglio di tutta la serie.

Kei Murayama ha creato non una semplice frivolezza ma un mondo complesso, sorretto da una solida base narrativa che permette di cambiare più volte tono senza sentirci nemmeno lontanamente spaesati, ma anzi arricchiti dalla corposità contenutistica del suo messaggio.
Un anime sorprendente che ho adorato più di quanto mi sarei mai aspettato. Consiglio caldamente di vederlo, perlomeno per dargli quella speranza che gli è stata negata per via di un giudizio affrettato (per quanto sicuramente comprensibile).


 3
giacgiac

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5
Ci sono anime che analizzano la crescita e le insicurezze dell’adolescenza, i problemi a relazionarsi con il sesso opposto, le difficoltà nell’accettare il proprio aspetto e il proprio carattere, il tutto tentando di mettere in scena un’evoluzione credibile dei personaggi. Altri anime si focalizzano più sulla diversità, su come ogni individuo la percepisce e su come reagisca all’interazione con essa; lo fanno anche attraverso gli occhi dei più piccoli, bocche della verità, meno influenzati dalla società in quanto non ancora ben formati caratterialmente. Infine esistono anime che, a differenza dei sopracitati, preferiscono puntare tutto sull’intrattenimento, la comicità e le scene un po’ spinte e piccanti, quello che nell’ambito è generalmente chiamato “fanservice”. “Centaur no Nayami”, imboccando la via recentemente in voga delle “ragazze mostro”, fonde i tre filoni sopra elencati e altri ancora, per cercare di far riflettere, mettere in scena una storia di crescita personale e al contempo non annoiare a morte lo spettatore.

Definire mostri i protagonisti della serie, però, è una contraddizione in termini. Nell’universo in questione l’evoluzione ha semplicemente privilegiato caratteri diversi da quelli del mondo reale, quali, nello specifico, sei arti nei progenitori di rettili e mammiferi invece di quattro; l’adattamento agli ambienti terrestri e marini, di conseguenza, è stato tale per cui l’aspetto degli abitanti di tale mondo sembri a noi normali esseri umani mostruoso. Una ragazza centauro, una metà pipistrello e una metà capra sono le principali protagoniste del racconto, vivono una normale vita da adolescenti e frequentano il liceo statale. La serie si concentra sui piccoli problemi che condiscono le loro vite, come quelle di qualsiasi ragazzo e ragazza a quell’età, inserendoli però in un contesto che ha canoni e regole diversi da quelli a cui siamo abituati.
Le differenze tra le diverse razze del mondo di “Centaur no Nayami” hanno portato nel corso del tempo a diversi tipi di abuso nei confronti di alcune categorie di individui. Di conseguenza, per dirne una, Himeno, la protagonista, non può portare sul proprio dorso le amiche Nozomi e Kyōko perché esse potrebbero essere accusate di discriminazione nei suoi confronti. Allo stesso modo Himeno che sviene di fronte a una ragazza serpente quando questa cerca di sorriderle – e nel fare ciò le spalanca le fauci a due parli dal naso – può essere accusata di razzismo verso la rettiliana. L’idea di base è che questo mondo ha le sue regole particolari, ha un governo che tenta con ogni mezzo di garantire a tutti un pari trattamento, ma non sempre pari possibilità, talvolta a scapito delle particolarità del singolo. L’inquadramento e l’evoluzione dell’individualità, delle relazioni interpersonali e degli affetti in un contesto che potremmo definire multietnico sono tra le peculiarità di questa serie.
Dove sta il problema, quindi? Se si pensa all’introduzione, la risposta è abbastanza lampante. La commistione di generi diversi è un espediente che non di rado si vede utilizzato nelle serie animate giapponesi, un tentativo come un altro di attrarre una fetta quanto maggiore di pubblico e vendere quanto basta per non dover chiudere baracca e burattini. L’elemento comico e il fanservice hanno più o meno questa finalità all’interno di “Centaur no Nayami”, ma il loro apporto alla serie animata non è dei migliori: se da un lato strappano effettivamente qualche sorriso e contribuiscono a rendere meno noioso un prodotto che altrimenti avrebbe poco con cui intrattenere, è altrettanto vero che stonano di frequente con l’atmosfera riflessiva che le vicende stesse tentano di proporre. Viene da chiedersi, poi, quali siano i vantaggi dell’avere un buco tra gambe e coda per le sirene – se non infilarci un paio di slip e stimolare i feticismi dei più porcellini – o per quale motivo “osservare” la forma della vagina di un centauro possa trasmettere allo spettatore il senso di insicurezza dell’adolescente in questione meglio di tanti altri possibili aspetti fisici.

In parole povere, la confusione è tale che diventa difficile capire dove la serie voglia andare a parare: se voglia far ridere, riflettere, o scaldare il cuoricino dello spettatore. E tale contraddizione viene enfatizzata con l’avanzare degli episodi, alcuni dei quali interamente dedicati a personaggi comparsa, totalmente slegati dalla trama principale, per quanto utili a descrivere e caratterizzare l’universo narrativo in cui si svolge la vicenda.
È come se lo staff fosse ubriaco nella stesura dell’intreccio e l’avesse poi mandato direttamente in produzione: c’è da riconoscere che lo stato di ebbrezza permette di uscire facilmente dagli schemi e, in taluni casi, semplifica notevolmente la fase di brain storming, per così dire, ma il risultato non potrà mai essere una storia coesa e ben ideata; avrà spunti interessanti, magari innovativi, ma mai una logica ben definita o un obiettivo chiaro dietro alle scelte operate. In questo senso, per quanto in buona fede e non con eccessiva malizia, lo staff di “Centaur no Nayami” era ubriaco durante la progettazione e la realizzazione della serie. Insomma, né carne né pesce, o, se preferite, né uomo né animale: alla fine resta solo il rimpianto per una serie che, a parte aver confezionato uno scenario interessante, peculiare e innovativo nel panorama dell’animazione giapponese, non ha fatto altro che confondere e, alla lunga, annoiare lo spettatore per la fastidiosa mancanza di risoluzione nel selezionare e sviluppare solo un paio di temi a fronte della miriade di motivi proposti.