Fancy Lala
"Fancy Lala" è la quinta serie di maghette realizzata dallo Studio Pierrot, dopo "L'incantevole Creamy", "Evelyn e la magia di un sogno d'amore", "Magica magica Emi" e "Sandy dai mille colori". Qualcuno l'ha definita "fuori tempo", a causa dei vari anni passati dalla realizzazione e dalla messa in onda di "Sandy dai mille colori", ma a ben vedere in quel periodo c'era già stata una rivitalizzazione del genere "majokko", grazie a "Card Captor Sakura", prodotta da un altro studio d'animazione.
La storia non presenta particolari originalità: una bambina giapponese di nome Miho acquista -per un motivo misterioso- dei poteri magici che le consentono di trasformarsi in una ragazza più grande, Lala, nei cui panni intraprenderà una carriera prima di fotomodella poi anche di cantante/idol, assistita in questo da due folletti dall'aspetto di draghetti, creduti dei semplici pupazzi da tutti gli altri. Tuttavia, non sono stati direttamente questi a conferire a Miho i suoi poteri, bensì uno strano uomo col cappello, che si mostra nei momenti più impensati ed è soprannominato dalla bambina "Mister Mistero".
A ben vedere, ci sono diversi punti in comune tra questa serie e le precedenti "pierjokko": il fatto che la protagonista entri nel mondo dello spettacolo rimanda ovviamente a Creamy, gli artefatti che fa comparire disegnandoli a Sandy (di cui condivide anche l'ambizione di diventare mangaka, sebbene il più delle volte si limiti a disegnare i vestiti che poi indosserà sotto le spoglie di Lala), la motivazione che la spinge a usare i poteri per "diventare grande" e poter fare ciò che desidera l'accomuna piuttosto a Evelyn. Un parallelismo, molto blando, con Emi si può vedere in un episodio in cui compie una "magia" insegnatale da un prestigiatore televisivo.
Sotto l'aspetto tecnico, il fatto che questa sia cronologicamente l'ultima delle serie di "pierjokko" la rende nettamente superiore alle altre, sia per la qualità delle animazioni sia per il character design che ha reso i personaggi particolarmente "kawaii" (e lo scrive uno che ha adorato "L'incantevole Creamy" e il lavoro fatto dalla character designer Akemi Takada in quella serie e nelle altre a cui ha preso parte).
Benché anche questo anime sia stato importato in Italia da Mediaset, in fase di adattamento esso è stato rimaneggiato meno delle altre serie di maghette: alcuni nomi sono stati modificati per renderli più facilmente memorizzabili dall'audience italiana, ma generalmente hanno mantenuto una fonologia giapponese. Da notare che la sigla italiana dura oltre tre minuti e propone la canzone, eseguita dall'immancabile Cristina D'Avena, nella sua interezza, anziché mostrarne una versione abbreviata come di norma. Tuttavia, il fatto che nel testo e nelle immagini ci si soffermi sull'infatuazione di Miho/Lala per il bellissimo attore Hiro risulta alquanto fuorviante per le aspettative di telespettatori e telespettatrici, in quanto la giovane protagonista sapeva benissimo che una loro eventuale storia non avrebbe avuto alcuna possibilità, sia per la differenza tra le loro età effettive sia perché i suoi poteri un giorno sarebbero potuti sparire. In questo la protagonista dimostra una notevole maturità.
"Fancy Lala" è una serie che non può essere trascurata dagli amanti di questo preciso genere, ma secondo me ha qualcosa da dire anche a chiunque ami l'animazione giapponese, in particolare degli anni Novanta.
La storia non presenta particolari originalità: una bambina giapponese di nome Miho acquista -per un motivo misterioso- dei poteri magici che le consentono di trasformarsi in una ragazza più grande, Lala, nei cui panni intraprenderà una carriera prima di fotomodella poi anche di cantante/idol, assistita in questo da due folletti dall'aspetto di draghetti, creduti dei semplici pupazzi da tutti gli altri. Tuttavia, non sono stati direttamente questi a conferire a Miho i suoi poteri, bensì uno strano uomo col cappello, che si mostra nei momenti più impensati ed è soprannominato dalla bambina "Mister Mistero".
A ben vedere, ci sono diversi punti in comune tra questa serie e le precedenti "pierjokko": il fatto che la protagonista entri nel mondo dello spettacolo rimanda ovviamente a Creamy, gli artefatti che fa comparire disegnandoli a Sandy (di cui condivide anche l'ambizione di diventare mangaka, sebbene il più delle volte si limiti a disegnare i vestiti che poi indosserà sotto le spoglie di Lala), la motivazione che la spinge a usare i poteri per "diventare grande" e poter fare ciò che desidera l'accomuna piuttosto a Evelyn. Un parallelismo, molto blando, con Emi si può vedere in un episodio in cui compie una "magia" insegnatale da un prestigiatore televisivo.
Sotto l'aspetto tecnico, il fatto che questa sia cronologicamente l'ultima delle serie di "pierjokko" la rende nettamente superiore alle altre, sia per la qualità delle animazioni sia per il character design che ha reso i personaggi particolarmente "kawaii" (e lo scrive uno che ha adorato "L'incantevole Creamy" e il lavoro fatto dalla character designer Akemi Takada in quella serie e nelle altre a cui ha preso parte).
Benché anche questo anime sia stato importato in Italia da Mediaset, in fase di adattamento esso è stato rimaneggiato meno delle altre serie di maghette: alcuni nomi sono stati modificati per renderli più facilmente memorizzabili dall'audience italiana, ma generalmente hanno mantenuto una fonologia giapponese. Da notare che la sigla italiana dura oltre tre minuti e propone la canzone, eseguita dall'immancabile Cristina D'Avena, nella sua interezza, anziché mostrarne una versione abbreviata come di norma. Tuttavia, il fatto che nel testo e nelle immagini ci si soffermi sull'infatuazione di Miho/Lala per il bellissimo attore Hiro risulta alquanto fuorviante per le aspettative di telespettatori e telespettatrici, in quanto la giovane protagonista sapeva benissimo che una loro eventuale storia non avrebbe avuto alcuna possibilità, sia per la differenza tra le loro età effettive sia perché i suoi poteri un giorno sarebbero potuti sparire. In questo la protagonista dimostra una notevole maturità.
"Fancy Lala" è una serie che non può essere trascurata dagli amanti di questo preciso genere, ma secondo me ha qualcosa da dire anche a chiunque ami l'animazione giapponese, in particolare degli anni Novanta.
"Fancy Lala" è un anime appartenente al genere delle majokko (le cosuddette maghette) tanto caro allo Studio Pierrot (di cui cito solo Creamy e Magica Emi) rivisto in chiave piú moderna, soprattutto dal punto di vista grafico, che si è rivelato a causa delle sue-evidenti- debolezze un prodotto di scarso successo.
La trama è il trionfo della banalitá: Miho è una bambina normale che trova due "pupazzi" che si rivelano essere le sue "mascotte" da maghetta e che le permetteranno di trasformarsi di colpo in un'adulta. Cosa fará una volta adulta Miho? Ovviamente verrá notata da dei talent scout e diventerá un'idol! E ancora piú banalmente nella stessa compagnia del suo amato Hiroya, che è il suo attore preferito.
Se, nonostante la semplicitá della trama, si profilavano interessanti sviluppi (una love story che valica i confini del tempo e la falsa identitá di Miho e colpi di scena a non finire) state tranquilli perché ció non accade minimamente e viene lasciato tutto all'aria, non capendo neanche bene cosa succeda durante gli episodi. Prendete tutti i possibili sviluppi interessanti o i personaggi che in potenza potevano offrire qualcosa e dimenticateli: tutto rimane in un angolo o appeso, nessun personaggio viene caratterizzato bene e il vuoto cosmico aumenta minuto dopo minuto.
Quello che piú di tutti rende questo progetto un vero spreco imperdonabile è il character design di Akemi Takada, geniale character designer che spesso in passato ha collaborato con la Pierrot (lavoró ai personaggi di Patlabor, Creamy, Orange Road e tanti altri). Come si possono sprecare e umiliare a questa maniera personaggi cosí magnificamente disegnati, lasciandoli senza una storia alle spalle e un minimo di caratterizzazione?
Se dal punto di vista tecnico "Fancy Lala" è interessante, con una scelta di colori a mio avviso azzeccatissima, il soggetto stesso e la sceneggiatura sono talmente pietosi da renderlo inguardabile.
L'anime originale (cioé non era tratto da un manga, ma era tutta farina del sacco dello Studio Pierrot) arrivó anche in Italia grazie a Mediaset, nella solita edizione censurata e raffazzonata nel rimontaggio, con un doppiaggio che subí dure critiche (nel ruolo di Miho troviamo la Karphoff, a mio avviso una delle migliori doppiatrici di anime in assoluto, e che tuttavia venne ampiamente criticata perché il suo timbro forse non era adatto a doppiare una bambina).
Serie di tagli e censure che sicuramente non ha contribuito a rendere "Fancy Lala" (che in seguito è stato raramente replicato) un prodotto migliore di quanto non fosse originariamente.
Un anime che doveva celebrare il successo delle majokko riproponendolo alla fine degli anni '90 e che tuttavia mancava del tutto di dialoghi e sceneggiatura degni di questo nome.
L'unica cosa buona che ha da offrire sono le illustrazioni di Akemi Takada, che sono tra le migliori che abbia mai realizzato in tutta la sua carriera.
La trama è il trionfo della banalitá: Miho è una bambina normale che trova due "pupazzi" che si rivelano essere le sue "mascotte" da maghetta e che le permetteranno di trasformarsi di colpo in un'adulta. Cosa fará una volta adulta Miho? Ovviamente verrá notata da dei talent scout e diventerá un'idol! E ancora piú banalmente nella stessa compagnia del suo amato Hiroya, che è il suo attore preferito.
Se, nonostante la semplicitá della trama, si profilavano interessanti sviluppi (una love story che valica i confini del tempo e la falsa identitá di Miho e colpi di scena a non finire) state tranquilli perché ció non accade minimamente e viene lasciato tutto all'aria, non capendo neanche bene cosa succeda durante gli episodi. Prendete tutti i possibili sviluppi interessanti o i personaggi che in potenza potevano offrire qualcosa e dimenticateli: tutto rimane in un angolo o appeso, nessun personaggio viene caratterizzato bene e il vuoto cosmico aumenta minuto dopo minuto.
Quello che piú di tutti rende questo progetto un vero spreco imperdonabile è il character design di Akemi Takada, geniale character designer che spesso in passato ha collaborato con la Pierrot (lavoró ai personaggi di Patlabor, Creamy, Orange Road e tanti altri). Come si possono sprecare e umiliare a questa maniera personaggi cosí magnificamente disegnati, lasciandoli senza una storia alle spalle e un minimo di caratterizzazione?
Se dal punto di vista tecnico "Fancy Lala" è interessante, con una scelta di colori a mio avviso azzeccatissima, il soggetto stesso e la sceneggiatura sono talmente pietosi da renderlo inguardabile.
L'anime originale (cioé non era tratto da un manga, ma era tutta farina del sacco dello Studio Pierrot) arrivó anche in Italia grazie a Mediaset, nella solita edizione censurata e raffazzonata nel rimontaggio, con un doppiaggio che subí dure critiche (nel ruolo di Miho troviamo la Karphoff, a mio avviso una delle migliori doppiatrici di anime in assoluto, e che tuttavia venne ampiamente criticata perché il suo timbro forse non era adatto a doppiare una bambina).
Serie di tagli e censure che sicuramente non ha contribuito a rendere "Fancy Lala" (che in seguito è stato raramente replicato) un prodotto migliore di quanto non fosse originariamente.
Un anime che doveva celebrare il successo delle majokko riproponendolo alla fine degli anni '90 e che tuttavia mancava del tutto di dialoghi e sceneggiatura degni di questo nome.
L'unica cosa buona che ha da offrire sono le illustrazioni di Akemi Takada, che sono tra le migliori che abbia mai realizzato in tutta la sua carriera.
Negli anni '80, le parole "maghette" e "Studio Pierrot" andavano a braccetto. In quattro anni, dal 1983 al 1986, il famoso studio d'animazione aveva infatti lanciato un nuovo modo di intendere le ragazze magiche, realizzando quattro serie che, chi più chi meno, si sarebbero imposte nella storia dell'animazione giapponese in un modo o nell'altro. Ragazzine comuni, con i poteri a loro concessi da simpatici folletti, ottenevano la facoltà di trasformarsi in affascinanti adolescenti, di dar vita a qualsiasi cosa disegnassero, di regalare gioia e sogni alla gente aiutandola nei campi più disparati, cullandola sulle note di belle canzoni o facendole palpitare il cuore con meravigliosi spettacoli. Ragazzine nel pieno della loro infanzia che, assaporata per magia un'effimera adolescenza, ne traevano importanti lezioni di vita che le avrebbero condotte verso la loro personale e naturale crescita.
L'ascesa e il declino di un modo tutto particolare di concepire le maghette, del resto, poteva funzionare soltanto in quegli scintillanti e appariscenti anni '80, con i loro capelli vaporosi e colorati, i loro abiti pacchiani, la loro musica accattivante e i loro cartoni animati segnati dallo stile aggraziato di Akemi Takada, responsabile di gran parte delle majokko Pierrot e di molti altri grandi successi animati di quel periodo.
La decade successiva, infatti, avrebbe cambiato completamente le carte in tavola. In un mondo fatto di vestiti larghi, videogiochi sempre più moderni e musica dance, le maghette degli anni '90 non sono più bambine, ma adolescenti innamorate, che hanno già un fisico da avvenente top model e perciò si trasformano non in belle cantanti, ma in agguerrite paladine in gonnella, che lottano contro alieni e demoni a rischio della vita.
E' il 1998, e il modello di Sailor Moon è ormai completamente sdoganato, soppiantando quasi completamente l'idea classica delle maghette e quella tutta anni '80 delle maghette Pierrot. Il quale, tuttavia, realizza in quell'anno un'ultima serie per il suo filone di ragazzine magiche: "Fancy Lala".
Ciò che si nota subito, di "Fancy Lala", è la sua pressoché totale mancanza di originalità. Difatti, la trama della serie non fa altro che ricalcare e riprendere elementi da tutte e quattro le maghette Pierrot degli anni '80: Miho, una ragazzina delle elementari, acquisisce da due folletti (maschio e femmina, come quelli che accompagnavano Creamy e Yumi) il potere di poter rendere reale per breve tempo qualsiasi cosa disegni (come Yumi) e di potersi trasformare in una bellissima adolescente (Creamy, Persha, Emi) dai capelli corti e blu (Emi) che viene scoperta da una produttrice televisiva e lanciata come idol (Creamy, Emi).
Si tratta di un vero e proprio remake successivo d'una decina d'anni, che non aggiunge nulla di nuovo al panorama delle maghette, ma che poteva comunque risultare piacevole, nella sua semplicità. Le tematiche su cui si basa, ossia l'incertezza dei bambini riguardo la vita e il futuro, sono infatti sempre attuali e possono generare serie molto interessanti, se ben sfruttate.
Non è stato, purtroppo, il caso di "Fancy Lala", che ha sì i suoi pregi, ma anche parecchi difetti, al di là della mancanza d'originalità iniziale, che purtroppo li sovrastano, rendendo l'opera solo "carina" e ben lontana dall'ottima serie che poteva essere.
L'incipit da cui parte la serie è invero piuttosto fumoso, e tale rimarrà lungo tutto il suo svolgimento, perché non saranno mai date spiegazioni definite (come invece fu per le maghette precedenti) riguardo al perché proprio a Miho siano stati dati quei poteri, cosa sia il mondo dei due folletti e chi realmente sia il pacioso omone ("Fushigi-san", "il signor Mistero", lo chiama Miho, e noi non sapremo mai quale sia il suo vero nome e chi realmente sia) che si fa silenzioso osservatore delle gesta di Miho e motore di tutta la vicenda.
Vicenda che si basa praticamente tutta su Miho, scavalcando anche la stessa Lala, che compare sulla scena per un tempo decisamente inferiore rispetto alla sua vera identità, nonostante dia il titolo alla serie, ed è praticamente assente in tutti gli episodi finali. Non è, di per sé, un problema. In fondo, è Miho la vera protagonista, ed è del suo percorso che la serie ci racconta. Diventa un problema nel momento in cui Miho da sola non riesce a reggere la scena. Non che sia effettivamente colpa sua, Miho è una bambina come tante altre, una bambina normale, in fondo. Talmente normale, però, che la sua vita risulta essere poco interessante da trasporre in un anime e che il suo carattere infantile e capriccioso, se giustificato per una bambina della sua età, non la rende molto amabile come protagonista di una serie animata.
La maggior parte degli episodi sono dedicati a Miho e alla sua vita quotidiana, e, purtroppo, ciò li rende assai noiosi, perché non è molto interessante vedere Miho che litiga con gli amichetti, Miho che si perde per strada, Miho che è gelosa della sorella, Miho che va a scuola, Miho che fa un viaggio in campagna dai nonni, considerando anche che il carattere capriccioso e lagnoso della bimba non la rende particolarmente simpatica.
Servono dei personaggi di contorno che sopperiscano all'antipatia di Miho, dunque. Del resto, le maghette Pierrot degli anni '80 basavano gran parte della loro fortuna anche su un folto cast di personaggi di contorno azzeccati, simpatici e sopra le righe, capaci spesso e volentieri di rubare la scena alle protagoniste e di restare indimenticati nel cuore dello spettatore. Chi, infatti, pensando alle maghette dello Studio Pierrot, non ricorda immediatamente il simpatico gattone con il vocione o i tre litigiosi kappa che accompagnavano Persha nelle sue magie, la sua bellissima e burrascosa amica e rivale Sayo, i suoi simpatici compagni di scuola o il bonario professore suo amico e mentore? E che dire del nonno avventuriero di Yumi, la spassosa e spocchiosa riccastra che le metteva i bastoni tra le ruote e il suo buffo maggiordomo, o tutti i vari, simpaticissimi, produttori televisivi e manager che gravitavano intorno alle belle maghette-idol degli anni '80?
"Fancy Lala", purtroppo, fallisce anche in questo, presentando dei personaggi di contorno poco ispirati, che al massimo strappano occasionalmente un sorriso, quando non sono irritanti - l'amichetto d'infanzia di Miho o i due folletti, dal design eccessivamente semplice e dal carattere piatto e fastidioso -, ma che non riescono affatto a sopperire all'antipatia di Miho e non si fanno ricordare troppo. Sono, inoltre, troppo freddi nelle loro relazioni quasi a voler suggerire che nemmeno loro ci credono più di tanto, alla vicenda che stanno vivendo. Miho chiama il suo amico d'infanzia che conosce da sempre con nome e cognome, come fosse un estraneo qualunque; i genitori di Miho si chiamano per nome e non "caro" e "cara", cosa stranissima per una coppia giapponese, tanto da far dubitare della loro unione coniuigale finché non viene effettivamente ribadito dai personaggi.
Anche la tematica amorosa, sempre presente e trattata in maniera leggera e sobria nelle serie precedenti, qui viene quasi completamente accantonata, in quanto il fighissimo Hiroya, idolo amoroso di tutti i personaggi femminili della serie, non instaura una relazione con nessuno di essi (e men che meno con la protagonista) e gli antipatici litigi fra Miho e Tarou sono ancora ben lungi dal diventare amore.
"Fancy Lala" ha una trama che fa acqua, poiché non si pone dei paletti. Si sa come inizia, ma non si sa come finisce, in quanto Miho non ha un limite temporale entro cui usare i suoi poteri, non ha una missione da adempiere con essi né un sogno che questi poteri la aiuteranno a realizzare - all'inzio della storia dice che il suo sogno è fare la fumettista, ma poi finisce per fare la idol. Ottiene i poteri per un motivo non tanto chiaro, li usa un pochino in maniera casuale - non tutti gli episodi sono incentrati su Lala, che spesso e volentieri viene dimenticata per far spazio all'ennesima volta in cui Miho si perde in città o frigna, inoltre non cambierà mai oggetti magici nel corso della storia - e, sempre in maniera casuale e anche un po' stupida, li perde per sempre, senza che questo porti a un'effettiva crescita del personaggio, che fino all'ultima puntata continua a frignare e a essere passiva e casuale spettatrice dell'incredibile storia che ha brevemente vissuto.
Cosa resta impresso, dunque, di questo "Fancy Lala"? La principale risposta è presto detta: "Lala", un'idol fresca, affascinante, bellissima, del cui aspetto fisico (una Magica Emi i cui capelli all'occorrenza strizzano l'occhio a Sailor Mercury e Madoka Ayukawa) qualsiasi spettatore di sesso maschile si innamorerà immediatamente, qualsiasi vestito indossi: canotta estiva, costume da bagno, uniforme da baseball, costume da pagliaccio, meraviglioso vestito da concerto con extension ai capelli.
E, in effetti, se un pregio c'è, in "Fancy Lala", questo è innanzitutto l'elevatissima qualità del disegno e della grafica. Pulitissimi, realistici, i disegni di "Fancy Lala" raffigurano un mondo anni '90 indubbiamente molto reale, popolato da personaggi di vario genere, di idol di incomparabile bellezza (Miki Yumeno, la idol rivale di Lala, riesce addirittura a essere più gnocca di lei, e ce ne vuole!) e di personaggi tutto sommato molto sobri, per quanto un po' freddi. Questa è una delle serie meglio disegnate che mi siano mai capitate sotto gli occhi, con una colonna sonora orchestrata molto raffinata e d'atmosfera a far da sottofondo alle varie scene, begli effetti speciali e buone soluzioni registiche.
Non basta, però, a salvare la baracca, in quanto ci sono delle pecche anche da questo punto di vista. Il buon confezionamento tecnico, infatti, è messo al servizio di una narrazione piuttosto lenta, che indugia sulle (bellissime, chiariamo, ma noiose alla lunga) inquadrature paesaggistiche con musica al piano in sottofondo, che tolgono tempo alla narrazione rallentando e rendendo pesanti gli episodi, le cui trame già di per sé non brillano nella maggior parte dei casi.
Decisamente poco ispirato è, inoltre, il doppiaggio, che purtroppo contribuisce a creare problemi anche ai personaggi e alla colonna sonora. Reiko Ohmori, la doppiatrice di Miho/Lala, era all'epoca della serie una idol emergente di tredici anni, con una sgraziatissima voce da bambina isterica e capricciosa. Perfetta per accentuare l'insopportabile carattere della Miho delle elementari, anche se la cosa non le fa affatto onore, ma soprattutto fastidiosissima quando invece dà la voce a Lala. Abbiamo così una stangona mozzafiato che fa girar la testa ai maschietti ma parla e canta (e, purtroppo, si comporta, in qualche caso) come una seccante mocciosa, ammazzando sul nascere il grande sex appeal che il personaggio suscita a livello di disegno e rendendo inascoltabili le due sigle della serie, da lei cantate, di base carine sia come musica sia come testo.
Di gran lunga superiore, per una volta, è la versione doppiata in italiano, che purtroppo porta con sé diverse censure alla storia e cambiamenti nei nomi dei personaggi, ma perlomeno ci dona una sempre splendida Alessandra Karpoff (già Mai/Emi negli anni '80 e dunque perfettamente a suo agio) nel doppio ruolo della protagonista e, di conseguenza, una Lala sensuale come non mai anche a livello vocale.
"Fancy Lala" è una serie potenzialmente molto bella, che ha dalla sua un grande fascino grafico, ma che alla lunga risulta essere un compitino svolto con freddezza e poca convinzione, giusto per strappare una sufficienza. "Fancy Lala" è come un sogno, come un'esperienza estiva, piacevole ma effimero. E' breve, ti intrattiene quel tanto che basta durante la sua durata, ma poi finisce, e nulla ti resta di lui, tranne un sentimento d'affetto, una piccola e infantile cotta per quella bellissima modella dai capelli blu con cui hai avuto un fugace incontro e che mai più reincontrerai nella tua vita.
Rimane comunque una buona serie da mostrare a un pubblico infantile, che potrà facilmente rispecchiarsi senza troppi problemi nei piccoli travagli e capricci della giovane Miho, intrattenersi, sognare e imparare un po' con lei, anche se dubito la ricorderà a lungo. La visione è consigliabile, dunque, a una bambina o a qualche nostalgico degli anni '90, che però, uomo avvisato mezzo salvato, probabilmente resterà deluso da una narrazione lenta e troppo infantile, che dà poco spazio, per una volta, all'idol sensuale, a scapito dei capricci della bambina protagonista.
L'ascesa e il declino di un modo tutto particolare di concepire le maghette, del resto, poteva funzionare soltanto in quegli scintillanti e appariscenti anni '80, con i loro capelli vaporosi e colorati, i loro abiti pacchiani, la loro musica accattivante e i loro cartoni animati segnati dallo stile aggraziato di Akemi Takada, responsabile di gran parte delle majokko Pierrot e di molti altri grandi successi animati di quel periodo.
La decade successiva, infatti, avrebbe cambiato completamente le carte in tavola. In un mondo fatto di vestiti larghi, videogiochi sempre più moderni e musica dance, le maghette degli anni '90 non sono più bambine, ma adolescenti innamorate, che hanno già un fisico da avvenente top model e perciò si trasformano non in belle cantanti, ma in agguerrite paladine in gonnella, che lottano contro alieni e demoni a rischio della vita.
E' il 1998, e il modello di Sailor Moon è ormai completamente sdoganato, soppiantando quasi completamente l'idea classica delle maghette e quella tutta anni '80 delle maghette Pierrot. Il quale, tuttavia, realizza in quell'anno un'ultima serie per il suo filone di ragazzine magiche: "Fancy Lala".
Ciò che si nota subito, di "Fancy Lala", è la sua pressoché totale mancanza di originalità. Difatti, la trama della serie non fa altro che ricalcare e riprendere elementi da tutte e quattro le maghette Pierrot degli anni '80: Miho, una ragazzina delle elementari, acquisisce da due folletti (maschio e femmina, come quelli che accompagnavano Creamy e Yumi) il potere di poter rendere reale per breve tempo qualsiasi cosa disegni (come Yumi) e di potersi trasformare in una bellissima adolescente (Creamy, Persha, Emi) dai capelli corti e blu (Emi) che viene scoperta da una produttrice televisiva e lanciata come idol (Creamy, Emi).
Si tratta di un vero e proprio remake successivo d'una decina d'anni, che non aggiunge nulla di nuovo al panorama delle maghette, ma che poteva comunque risultare piacevole, nella sua semplicità. Le tematiche su cui si basa, ossia l'incertezza dei bambini riguardo la vita e il futuro, sono infatti sempre attuali e possono generare serie molto interessanti, se ben sfruttate.
Non è stato, purtroppo, il caso di "Fancy Lala", che ha sì i suoi pregi, ma anche parecchi difetti, al di là della mancanza d'originalità iniziale, che purtroppo li sovrastano, rendendo l'opera solo "carina" e ben lontana dall'ottima serie che poteva essere.
L'incipit da cui parte la serie è invero piuttosto fumoso, e tale rimarrà lungo tutto il suo svolgimento, perché non saranno mai date spiegazioni definite (come invece fu per le maghette precedenti) riguardo al perché proprio a Miho siano stati dati quei poteri, cosa sia il mondo dei due folletti e chi realmente sia il pacioso omone ("Fushigi-san", "il signor Mistero", lo chiama Miho, e noi non sapremo mai quale sia il suo vero nome e chi realmente sia) che si fa silenzioso osservatore delle gesta di Miho e motore di tutta la vicenda.
Vicenda che si basa praticamente tutta su Miho, scavalcando anche la stessa Lala, che compare sulla scena per un tempo decisamente inferiore rispetto alla sua vera identità, nonostante dia il titolo alla serie, ed è praticamente assente in tutti gli episodi finali. Non è, di per sé, un problema. In fondo, è Miho la vera protagonista, ed è del suo percorso che la serie ci racconta. Diventa un problema nel momento in cui Miho da sola non riesce a reggere la scena. Non che sia effettivamente colpa sua, Miho è una bambina come tante altre, una bambina normale, in fondo. Talmente normale, però, che la sua vita risulta essere poco interessante da trasporre in un anime e che il suo carattere infantile e capriccioso, se giustificato per una bambina della sua età, non la rende molto amabile come protagonista di una serie animata.
La maggior parte degli episodi sono dedicati a Miho e alla sua vita quotidiana, e, purtroppo, ciò li rende assai noiosi, perché non è molto interessante vedere Miho che litiga con gli amichetti, Miho che si perde per strada, Miho che è gelosa della sorella, Miho che va a scuola, Miho che fa un viaggio in campagna dai nonni, considerando anche che il carattere capriccioso e lagnoso della bimba non la rende particolarmente simpatica.
Servono dei personaggi di contorno che sopperiscano all'antipatia di Miho, dunque. Del resto, le maghette Pierrot degli anni '80 basavano gran parte della loro fortuna anche su un folto cast di personaggi di contorno azzeccati, simpatici e sopra le righe, capaci spesso e volentieri di rubare la scena alle protagoniste e di restare indimenticati nel cuore dello spettatore. Chi, infatti, pensando alle maghette dello Studio Pierrot, non ricorda immediatamente il simpatico gattone con il vocione o i tre litigiosi kappa che accompagnavano Persha nelle sue magie, la sua bellissima e burrascosa amica e rivale Sayo, i suoi simpatici compagni di scuola o il bonario professore suo amico e mentore? E che dire del nonno avventuriero di Yumi, la spassosa e spocchiosa riccastra che le metteva i bastoni tra le ruote e il suo buffo maggiordomo, o tutti i vari, simpaticissimi, produttori televisivi e manager che gravitavano intorno alle belle maghette-idol degli anni '80?
"Fancy Lala", purtroppo, fallisce anche in questo, presentando dei personaggi di contorno poco ispirati, che al massimo strappano occasionalmente un sorriso, quando non sono irritanti - l'amichetto d'infanzia di Miho o i due folletti, dal design eccessivamente semplice e dal carattere piatto e fastidioso -, ma che non riescono affatto a sopperire all'antipatia di Miho e non si fanno ricordare troppo. Sono, inoltre, troppo freddi nelle loro relazioni quasi a voler suggerire che nemmeno loro ci credono più di tanto, alla vicenda che stanno vivendo. Miho chiama il suo amico d'infanzia che conosce da sempre con nome e cognome, come fosse un estraneo qualunque; i genitori di Miho si chiamano per nome e non "caro" e "cara", cosa stranissima per una coppia giapponese, tanto da far dubitare della loro unione coniuigale finché non viene effettivamente ribadito dai personaggi.
Anche la tematica amorosa, sempre presente e trattata in maniera leggera e sobria nelle serie precedenti, qui viene quasi completamente accantonata, in quanto il fighissimo Hiroya, idolo amoroso di tutti i personaggi femminili della serie, non instaura una relazione con nessuno di essi (e men che meno con la protagonista) e gli antipatici litigi fra Miho e Tarou sono ancora ben lungi dal diventare amore.
"Fancy Lala" ha una trama che fa acqua, poiché non si pone dei paletti. Si sa come inizia, ma non si sa come finisce, in quanto Miho non ha un limite temporale entro cui usare i suoi poteri, non ha una missione da adempiere con essi né un sogno che questi poteri la aiuteranno a realizzare - all'inzio della storia dice che il suo sogno è fare la fumettista, ma poi finisce per fare la idol. Ottiene i poteri per un motivo non tanto chiaro, li usa un pochino in maniera casuale - non tutti gli episodi sono incentrati su Lala, che spesso e volentieri viene dimenticata per far spazio all'ennesima volta in cui Miho si perde in città o frigna, inoltre non cambierà mai oggetti magici nel corso della storia - e, sempre in maniera casuale e anche un po' stupida, li perde per sempre, senza che questo porti a un'effettiva crescita del personaggio, che fino all'ultima puntata continua a frignare e a essere passiva e casuale spettatrice dell'incredibile storia che ha brevemente vissuto.
Cosa resta impresso, dunque, di questo "Fancy Lala"? La principale risposta è presto detta: "Lala", un'idol fresca, affascinante, bellissima, del cui aspetto fisico (una Magica Emi i cui capelli all'occorrenza strizzano l'occhio a Sailor Mercury e Madoka Ayukawa) qualsiasi spettatore di sesso maschile si innamorerà immediatamente, qualsiasi vestito indossi: canotta estiva, costume da bagno, uniforme da baseball, costume da pagliaccio, meraviglioso vestito da concerto con extension ai capelli.
E, in effetti, se un pregio c'è, in "Fancy Lala", questo è innanzitutto l'elevatissima qualità del disegno e della grafica. Pulitissimi, realistici, i disegni di "Fancy Lala" raffigurano un mondo anni '90 indubbiamente molto reale, popolato da personaggi di vario genere, di idol di incomparabile bellezza (Miki Yumeno, la idol rivale di Lala, riesce addirittura a essere più gnocca di lei, e ce ne vuole!) e di personaggi tutto sommato molto sobri, per quanto un po' freddi. Questa è una delle serie meglio disegnate che mi siano mai capitate sotto gli occhi, con una colonna sonora orchestrata molto raffinata e d'atmosfera a far da sottofondo alle varie scene, begli effetti speciali e buone soluzioni registiche.
Non basta, però, a salvare la baracca, in quanto ci sono delle pecche anche da questo punto di vista. Il buon confezionamento tecnico, infatti, è messo al servizio di una narrazione piuttosto lenta, che indugia sulle (bellissime, chiariamo, ma noiose alla lunga) inquadrature paesaggistiche con musica al piano in sottofondo, che tolgono tempo alla narrazione rallentando e rendendo pesanti gli episodi, le cui trame già di per sé non brillano nella maggior parte dei casi.
Decisamente poco ispirato è, inoltre, il doppiaggio, che purtroppo contribuisce a creare problemi anche ai personaggi e alla colonna sonora. Reiko Ohmori, la doppiatrice di Miho/Lala, era all'epoca della serie una idol emergente di tredici anni, con una sgraziatissima voce da bambina isterica e capricciosa. Perfetta per accentuare l'insopportabile carattere della Miho delle elementari, anche se la cosa non le fa affatto onore, ma soprattutto fastidiosissima quando invece dà la voce a Lala. Abbiamo così una stangona mozzafiato che fa girar la testa ai maschietti ma parla e canta (e, purtroppo, si comporta, in qualche caso) come una seccante mocciosa, ammazzando sul nascere il grande sex appeal che il personaggio suscita a livello di disegno e rendendo inascoltabili le due sigle della serie, da lei cantate, di base carine sia come musica sia come testo.
Di gran lunga superiore, per una volta, è la versione doppiata in italiano, che purtroppo porta con sé diverse censure alla storia e cambiamenti nei nomi dei personaggi, ma perlomeno ci dona una sempre splendida Alessandra Karpoff (già Mai/Emi negli anni '80 e dunque perfettamente a suo agio) nel doppio ruolo della protagonista e, di conseguenza, una Lala sensuale come non mai anche a livello vocale.
"Fancy Lala" è una serie potenzialmente molto bella, che ha dalla sua un grande fascino grafico, ma che alla lunga risulta essere un compitino svolto con freddezza e poca convinzione, giusto per strappare una sufficienza. "Fancy Lala" è come un sogno, come un'esperienza estiva, piacevole ma effimero. E' breve, ti intrattiene quel tanto che basta durante la sua durata, ma poi finisce, e nulla ti resta di lui, tranne un sentimento d'affetto, una piccola e infantile cotta per quella bellissima modella dai capelli blu con cui hai avuto un fugace incontro e che mai più reincontrerai nella tua vita.
Rimane comunque una buona serie da mostrare a un pubblico infantile, che potrà facilmente rispecchiarsi senza troppi problemi nei piccoli travagli e capricci della giovane Miho, intrattenersi, sognare e imparare un po' con lei, anche se dubito la ricorderà a lungo. La visione è consigliabile, dunque, a una bambina o a qualche nostalgico degli anni '90, che però, uomo avvisato mezzo salvato, probabilmente resterà deluso da una narrazione lenta e troppo infantile, che dà poco spazio, per una volta, all'idol sensuale, a scapito dei capricci della bambina protagonista.
"Fancy Lala" è un'opera dello studio Pierrot, sicuramente sulla falsa riga di "Creamy" ed "Emi" - prodotte sempre dallo stesso studio - ma dal sapore più sognante e introspettivo. L'elemento più incantevole di quest'anime è che tutto ci viene mostrato come filtrato dagli occhi della protagonista, Miho, una ragazzina che sta iniziando ad affacciarsi all'adolescenza e il cui mondo è ovviamente costituito dalla famiglia e dai compagni di scuola. Potrebbe sembrare fortemente irrealistico il fatto che, una volta trasformatasi in Lala e dopo avere cominciato a lavorare come modella (questo nell'edizione italiana: ma il fatto che si esibisca poi come cantante, e che presenzi ad eventi come partite di baseball, ci fa capire che quello di Lala è il percorso per diventare una vera e propria idol), il mondo non le sembri poi tanto diverso da quello casa-scuola-amici a cui è abituata. A parte alcuni problemi con dei paparazzi, non c'è il minimo accenno alla falsità di un mondo spietato come quello dello spettacolo, contro il quale tecnicamente una ragazzina di dieci anni dovrebbe sbattere. Tutto è come una nuova, bellissima esperienza, che ha sì le sue difficoltà ma anche le sue soddisfazioni: ed è questo, a mio parere, il punto di forza di "Fancy Lala". Un mondo di adulti visto con gli occhi di una ragazzina piena di sogni e speranze che fantastica sul proprio futuro, come in fondo abbiamo fatto tutti, che non sa di stare vivendo l'età più bella.
Rivisto qualche anno dopo, quando ormai, quest'età, la si è passata, quest'anime è come una boccata d'aria fresca.
Rivisto qualche anno dopo, quando ormai, quest'età, la si è passata, quest'anime è come una boccata d'aria fresca.
Devo dire che questa serie è caratterizzata da una storia piuttosto semplice e, a primo acchito, potrebbe sembrare un bel fritto misto di vecchie serie dello stesso filone. Abbiamo la protagonista che è sempre in ritardo e sempre costretta a dire piccole bugie per giustificare le sue azioni. Anche la trasformazione non è delle più originali perché ricorda, come anche l'idea stessa dei folletti, Creamy e Magica Emi. Insomma di interessante, almeno per me, c'è lo sfondo shoujo che la fa da padrone, molto introspettivo rispetto ad altre serie di maghette.