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Felpato12

Episodi visti: 23/23 --- Voto 9
La mia storia con la corsa inizia nella primavera del 2020, in piena pandemia di COVID-19. La paura per questa malattia sconosciuta, proveniente da oltreoceano e che ogni giorno faceva troppi morti, ci obbligava tutti a casa, e solo pochi eletti avevano il permesso di uscire dalle mura domestiche: i lavoratori, coloro che avevano un cane e quelli che correvano. Spinto un po’ dal bisogno impellente di aria fresca, un po’ dal desiderio di buttare giù qualche chilo, iniziai ad allenarmi, rigorosamente con la mascherina al braccio, e, a poco a poco, mi appassionai sempre di più alla corsa. Ancora oggi, infatti, alla cadenza di tre giorni a settimana, il pomeriggio, mi vesto adeguatamente e scendo di casa per fare la mia oretta e un quarto di allenamento. Nel corso degli anni, devo essere onesto, sono migliorato abbastanza e, quello che all’inizio aveva tutto l’aspetto di un effimero passatempo, ha finito col diventare un’autentica passione, qualcosa di cui oggi non potrei fare a meno. Se agli inizi era una sofferenza correre per tanti chilometri, oggi, invece, è un piacere indescrivibile, tranne quando fa così caldo come in questi giorni. Per questo motivo, quando ho scoperto dell’esistenza di un anime dedicato a questo sport stupendo, i miei occhi si sono illuminati e il mio cuore si è riempito di gioia, un po’ come quando, cercando su internet, scovai “Re-Main”, un anime incentrato sulla pallanuoto, altro sport che ho praticato per anni. Con “Run with the Wind”, quindi, è stato amore a prima vista. Dopo averne letto la trama, sapevo che non ne sarei rimasto deluso e, infatti, così è stato.

Tratto dall’omonimo romanzo del 2006 di Shion Miura, “Run with the Wind” è un anime di ventitré episodi mandato in onda dal 2018 al 2019, diretto da Kazuya Nomura e scritto da Kohei Kiyasu, con le animazioni dello studio Production I.G. La storia narra degli eventi attorno all'Hakone Ekiden, una delle più importanti maratone a staffetta universitarie del Giappone. La gara si tiene ogni anno tra il 2 e il 3 gennaio, e i partecipanti devono percorrere Tokyo-Hakone, andata e ritorno, per un totale di 271,9 km. Haiji Kiyose, all'ultimo anno dell’università Kansei, è in cerca del "decimo uomo", il decimo coinquilino che completi lo studentato in cui vive, il “Chikusei-so”. Una sera, incrocia Kakeru Kurahara, un ex corridore d’élite al liceo, inseguito per aver rubato del cibo. Kakeru corre veloce come il vento, Haiji ne rimane folgorato e decide che sarà lui il decimo uomo della sua eterogenea squadra, così lo trascina a conoscere gli altri otto coinquilini, nonché la mascotte di casa, il cane Nira. Ha così inizio uno degli exploit sportivi più belli della storia dello spokon giapponese.

La storia prende le mosse dall’incontro casuale e fortuito, a riprova del fatto che il destino tesse le sue trame sempre in silenzio, tra Haiji Kiyose e Kakeru Kurahara. Haiji è un tipo eccentrico, sempre sorridente, dotato di un’arte della persuasione da fare spavento, tant’è che i suoi stessi amici lo definiscono un orco. Da ragazzo ha praticato l’atletica, fino a quando un brutto infortunio al ginocchio non lo ha costretto a fermarsi per diversi anni. Haiji ha sempre avuto un sogno: partecipare all’ekiden di Hakone. Arrivato al quarto e ultimo anno universitario, ha quasi perso le speranze, finché non incontra il suo uomo del destino, Kakeru, uno studente al primo anno di sociologia, molto chiuso in sé stesso e diffidente nei confronti delle altre persone. Kakeru è un asso della corsa, che ha praticato durante il primo biennio del liceo con ottimi risultati, ma, durante il terzo anno, qualcosa ad un certo punto è cambiato, e di lui, in ambito sportivo liceale, non si è più sentito parlare. Nonostante le sue notevoli doti atletiche, decide di iscriversi all’università Kansei, certamente non rinomata per i suoi risultati sportivi, dove, però, fa la conoscenza di Haiji. È dall’incontro tra questi due che si innesta la storia avvincente, coinvolgente ed emozionante di “Run with the Wind”, che, più di ogni altra cosa, può contare su un ventaglio vastissimo di comprimari, il vero punto di forza dell’anime.

Shindo, lo studente modello del Chikusei-so. È stato il primo a farsi convincere da Haiji a dare una possibilità alla corsa. La sua dedizione all'allenamento deriva, originariamente, dal desiderio di ispirare e impressionare la sua famiglia, ma alla fine diventa qualcosa di completamente suo. Shindo è dotato di uno spirito ardente e indomabile, perché, quando decide di fare una cosa, la porta a termine, non importa a quale costo.
Ouji, un incallito appassionato di manga, studente al secondo anno di lettere. Avendo trascorso tutta la sua vita chiuso in casa a leggere fumetti, la resistenza fisica non è per nulla il suo forte. Inizia con riluttanza il percorso che porta ad Hakone, ma dopo aver trovato ispirazione nei suoi compagni di squadra, disposti ad aiutarlo in qualsiasi modo, Ouji riesce a spingersi oltre i suoi limiti, sorprendendo tutti, spettatore compreso. Parlando di lui, bisogna inoltre sottolineare il grande lavoro fatto dal suo doppiatore, Miyu Irino, bravissimo nel rendere questo personaggio perfettamente distinguibile sin dalle prime battute dell’anime.
Joji e Jota, i due gemelli indistinguibili e inseparabili, che al liceo praticavano calcio. Quando scoprono che, grazie alla partecipazione all’ekiden di Hakone, potrebbero diventare famosi e popolari tra le ragazze, si lasciano facilmente convincere da Haiji. Ad un certo punto, il più “basso” dell’anime, i due gemelli hanno dei ripensamenti difficili da comprendere, almeno per il sottoscritto, ma tornano subito sui propri passi.
Yuki, studente al quarto anno di giurisprudenza, che ha già superato l’esame di abilitazione alla pratica di avvocato. Un autentico genio. Yuki, insieme ad Ouji, è il più riluttante ad iniziare il duro percorso stabilito da Haiji, fatto di allenamenti ad ogni ora del giorno, ma quando tutti si fanno coinvolgere, non può certamente tirarsi indietro.
Musa, sensibile ragazzo di origine africana, continuamente “discriminato” perché nero e, quindi, secondo molti, dotato per genetica di incredibili qualità atletiche. Musa è gentile e serio, e supporta i suoi compagni di squadra in qualsiasi momento. Effettivamente, dimostrerà di essere uno dei più portati per la corsa.
King, studente al quarto anno di sociologia, per questo alla continua ricerca di lavoro, questione che lo tormenta quotidianamente. Autentico fanatico dei quiz, passa le notti sveglio a guardare programmi di questo genere. Protagonista, probabilmente, del miglior approfondimento psicologico dell’intera serie, ci insegna che essere indispensabili per qualcuno è fonte di grande motivazione.
Nico, anche conosciuto come Nico-senpai, in quanto studente fuoricorso e, per questa ragione, il più grande trai suoi compagni. Prima di entrare alla Kansei, ha corso in pista durante il liceo, ma ha smesso a causa del suo allenatore. Entrato all’università, ha iniziato a fumare, ma quando Haiji gli propone di correre ad Hakone, coglie questa seconda opportunità al volo, cambiando così il suo stile di vita.

È soprattutto nei rapporti che si instaurano tra questi personaggi che risiede la grandezza di “Run with the Wind”, serie che ho adorato sin dal primo episodio e che, nonostante i diversi impegni, ho finito nell’arco di una decina di giorni, sintomo di enorme gradimento. Insieme, i ragazzi si allenano duramente, avendo come grande obiettivo la partecipazione all’ekiden di Hakone. Come al solito, lo sport diventa il mezzo, e mai il fine, di cui servirsi per un lento e costante processo di emancipazione interiore. La corsa non cambia i ragazzi solo nell’aspetto, non li costringe soltanto ad adottare un diverso tenore di vita, ma li cambia dentro, profondamente, migliorandoli. La staffetta è uno sport di squadra, che insegna ai ragazzi a lavorare insieme, cosa che prima non avevano mai fatto, soprattutto Kakeru, che sperimenterà, per la prima volta in vita sua, la gioia di fare il tifo per i propri compagni e anche la delusione per un loro insuccesso. Gli allenamenti quotidiani, mattutini e pomeridiani, talvolta anche serali, insegnano ai ragazzi il significato della parola sacrificio, perché si può raggiungere la propria meta solo a patto di mettercela tutta. Certo, i ragazzi centrano sempre gli obiettivi principali che si prefiggono e il loro exploit sportivo procede a una velocità quasi irreale, e, in questo, l’anime adotta una visione un po’ troppo positiva dello sport, perché niente, secondo me, forgia come gli insuccessi, ma il messaggio di fondo resta stupendo: i sacrifici pagano sempre. La corsa, come metafora di vita, consente ai ragazzi di scavare nel profondo del proprio animo, in modo da conoscere meglio sé stessi e, di conseguenza, anche gli altri. Lo sport si presenta in tutta la sua magnificenza come momento di aggregazione, da cui possono nascere profonde amicizie o sane rivalità, insegnando che in realtà non esistono vincitori e vinti, perché ognuno può porsi un traguardo diverso da raggiungere, che può coincidere o meno con quello canonico. La vittoria non è in alcun modo l’unica cosa che conta, perché la bellezza vera, pura e genuina risiede nel partecipare a una competizione, qualsiasi essa sia, con gli amici e le persone a cui siamo legati, nel divertirci con loro e nel creare, in questo modo, dei ricordi indelebili.

E, quindi, alla fine della corsa, come bisogna rispondere a tutte le domande che i ragazzi hanno posto ad Haiji nel corso della serie? Cos’è la corsa? Cosa significa correre? Qual è il traguardo, se ce n’è uno? Qual è la vetta e cosa c’è oltre di essa? Le risposte a queste domande non ce le dà nessuno, perché, per trovarle, bisogna continuare a correre, in parole ancora più semplici, bisogna continuare a vivere.


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pinah

Episodi visti: 23/23 --- Voto 8,5
È da quando ero bambina che ho iniziato a praticare sport agonistico, mi ha accompagnato per tutta la mia crescita, ma dopo aver smesso con le gare e gli allenamenti estenuanti, ho provato sollievo. È proprio per questo che ho sempre voluto evitare di guardare spokon, perché di sport e competizioni ne avevo fin sopra i capelli. Ma, passato del tempo, ho pensato che era ora di guardare qualche spokon, e mi sono imbattuta in quest'opera.

Inizialmente, parte lentamente, facendoci una grande introduzione abbozzata dello studentato e i suoi componenti, poi pian piano la trama inizia a svilupparsi e iniziamo a conoscere meglio i protagonisti e i componenti dello studentato. Poi la trama si sviluppa, mostrandoci momenti di fatica e sudore alternati da momenti di leggerezza, facendoci scoprire i lati positivi e negativi di uno sport come la corsa.
L'anime ha un'ottima storyline, la storia scorre molto fluentemente, senza essere mai noiosa o banale, anzi devo dire che sono stati molto bravi a rendere una storia sulla corsa così avvincente, da tenermi incollata allo schermo, perché rendere spettacolare uno sport di endurance come la corsa non e affatto facile.
Molto bello anche come la maratona di Hakone renda a tutti gli effetti la corsa uno sport di squadra, mostrandoci tutti i punti forti e i punti deboli di ogni componente della squadra, e quando essi corrono, affrontano una sorta di riflessione interiore, cosa che accade spesso, quando si pratica uno sport in solitudine come la corsa.

I personaggi sono molto buoni, alcuni un po' stereotipati ma ben caratterizzati, specialmente i due protagonisti, Kakeru e Haiji.
L'unica cosa che ho da ridire su quest'opera è il tempo che hanno dedicato ai personaggi: secondo me si meritavano delle storie più lunghe e approfondite, avrei voluto ci dedicassero più tempo, magari facendo qualche episodio in più.

Per il resto, quest'anime è davvero un gioiellino, e lo consiglio proprio a tutti, anche a chi non è appassionato di corsa o sport in generale.


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Manfredicus

Episodi visti: 23/23 --- Voto 9
Premetto di aver dato un voto così alto anche perché sono un atleta agonista, e devo dire che questo anime mi ha davvero emozionato.
Ha una storia che si sviluppa davvero bene dall'inizio alla fine, con le vite dei dieci protagonisti che si intrecciano, e ognuno di essi riflette su chi è e su cosa vuole dalla vita grazie alla corsa, che in qualche modo lo aiuta a superare le difficoltà; inoltre, c'è una fantastica alternanza fra momenti di allegria che ti strappano un sorriso o una risata e momenti di tensione pura che ti tengono incollato allo schermo.
Infine, personalmente, mi ha fatto ricordare il motivo per cui pratico sport ad alto livello, ma comunque è consigliato a tutti, e chissà che ai più sedentari non venga voglia di correre!


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Yaori_chan

Episodi visti: 23/23 --- Voto 8
Ottimo anime sportivo!

Gli anime sportivi per me sono ben riusciti quando riesci a sentire l'ansia delle prestazioni e quando la vittoria o la sconfitta ti fanno provare qualcosa, anche se sai che è tutto finto e irreale.
Detto ciò, quest'anime mi ha dato queste sensazioni, mi chiedevo come si potesse trasformare la corsa, uno sport senza prestazioni particolari e in più non sport di gruppo, in qualcosa di appassionante... e per me è diventato appassionante!
All'inizio il gruppo è discorde, e poi tutto inizia a cambiare, personaggio dopo personaggio, ognuno con le proprie dinamiche e tempi... e poi il gruppo si forma. Detto ciò, personaggio centrale per me è Haiji, nonché ragazzo perfetto, secondo me, ma a parte ciò è una persona che supera le proprie sconfitte e ne esce più maturo e con più voglia di fare, un ragazzo che contagia con la sua passione. Anche il percorso di Kakeru è bello, anche se il suo miglioramento non lo vediamo tanto nella corsa, in cui è un genio, ma proprio nel suo proposito iniziale, ovvero quello di voler imparare a comunicare.

Spero di non aver detto troppo, la visione è ancora a caldo e la mia è una recensione di getto.
Comunque, buona visione a tutti! À bientôt!


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Focasaggia

Episodi visti: 23/23 --- Voto 7,5
«Run with the Wind» («Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru») è un anime, a cura dello studio di animazione Production I.G., con soggetto originale di Shion Miura, che racconta in maniera superba le sensazioni di alcuni ragazzi e della loro passione, correre, in un contesto dove le emozioni supereranno la realtà.

Haiji Kiyose, un ragazzo universitario, ha un sogno: partecipare alla Hakone Ekiden, una prestigiosa maratona a staffetta universitaria del Giappone. Per cercare di qualificarsi, occorrono dieci persone, e troverà in Kakeru Kurahara, un ragazzo che aveva appena commesso un piccolo furto e che fuggiva a piedi proprio correndo veloce, il decimo. La trama si può semplificare, le continue emozioni che la serie trasmette allo spettatore no.

Haiji non vuole diventare il re dei pirati, non vuole diventare hokage e neanche imperatore magico, non ha alcuna abilità particolare, ma come tutti loro ha un sogno, solo che è un sogno semplice. Il ragazzo ha una determinazione incrollabile, tale virtù è necessaria per tentare, senza mai venire contro i propri principi, anche mettendo a rischio la propria salute, il tutto per tutto senza mai illudersi di poter far di più. Solo che il suo sogno coinvolge altre nove persone, ma, quando si corre, non si è mai davvero soli.

Quelle nove persone non possono essere più diverse fra loro (ad eccezione dei gemelli Jota e JoJi), sono tutte persone che in fondo non vogliono correre, ma che in fondo amano correre. Sono tutte persone vere, piene di difetti: la magia della corsa unita alla determinazione di Haiji saranno quel collante che renderà queste dieci persone dieci maratoneti.

Parte del fascino della serie è dovuto al forte carattere di Haiji e alla bravura del suo doppiatore, Toshiyuki Toyonaga (Mikado Ryūgamine di "Durarara!!") che, grazie alla sua performance vocale, farà guadagnare al suo personaggio il soprannome "oni", vista la sua tenacia nel convincere gli altri membri del gruppo, creando alcune delle scene più divertenti della serie. I dieci protagonisti sono squisitamente caratterizzati, tanto che facilmente si potrà empatizzare con loro, sapranno entrarvi nel cuore come gli indomabili Shindo e Yuki o il simpatico Ouji, l'otaku, e tutti gli altri.

Correre, quella sensazione di libertà che si prova mentre il vento accarezza il proprio corpo, ci sembra di domarlo, quando tutto il nostro corpo è in un frenetico e continuo movimento, ci sentiamo vivi, il tempo sembra quasi rallentare, in pochi secondi quello che vediamo in lontananza è alle nostre spalle, non vogliamo smettere. Un tale senso di libertà, una tale sensazione non è come quella che proviamo in auto, quando mettiamo la testa fuori dal finestrino, o in moto, quando si corre, no, non si deve guidare qualcosa che va veloce, devi essere tu stesso ad andare veloce. Vedendo gli episodi dell'anime, ti fa vivere l' "idea" della corsa, ti fa venire voglia di correre.

L'opera nasce come romanzo nel 2006, per poi prima essere adattata a manga nel 2007 (con disegni di Sorata Unno) e in live action nel 2009, e infine vedersi trasposta in anime. La corsa da cui prende spunto la storia è realmente una celebre gara: l'Hakone Ekiden è una manifestazione nata nel 1920 che si effettua ogni anno il 2 e il 3 gennaio. La corsa riguarda complessivamente 217,16 km, di cui 107,5 all'andata il primo giorno e 109,66 al ritorno il secondo giorno; il tragitto più breve è di 20,8 km, il più lungo di 23,1.

La animazioni, a cura dello studio Production I.G. (celebre per anime quali "Psycho-Pass", "Ghost Hound", "xxxHOLiC", "Eden of the East", le serie televisive di "Ghost in the Shell", per poi specializzarsi in anime sportivi quali "Kuroko no Basket" e "Haikyuu!! ") sono fluide, non vi sono cali durante gli episodi. I disegni sono notevoli, chiari, limpidi, le espressioni dei vari personaggi incisive, reali, soffriremo con loro, rideremo con loro. Le musiche sono ben ispirate, riuscite ottimamente e saggiamente agganciate ai vari contesti.

Bisogna precisare che, per quanto impegno e costanza ci siano, bisogna tenere conto che esiste anche la predisposizione: un atleta non si può improvvisare, parliamo di fare venti chilometri in un'ora circa, solitamente si può correre per qualche chilometro, ma farne ben venti, con costanza di velocità, richiede uno sforzo fisico non indifferente. Haiji e Kakeru sono due fuoriclasse, insieme a una squadra decente potrebbero anche puntare alla vittoria, ma a una vittoria (quasi certa) preferiranno l'incertezza del partecipare.

L'anime verso la fine si lascia trasportare fin troppo dai sentimenti, rendendolo in parte meno reale, solo per enfatizzare alcune scene che non avevano bisogno di un tale clamore; il risultato è che si rende meno godibile la gara nel suo intero.
(Nota a margine: nella gara reale vi sono tempi limiti da rispettare, che partono dal momento in cui il primo corridore raggiunge la fine del tratto, trascorsi i quali i compagni di squadra partono a prescindere dell'arrivo o meno del ritardatario).

Consigliato a chi ama emozionarsi con un'opera ben strutturata, a chi ama correre, che lo faccia per sport o per passione, e a chi segue gli sport in generale.


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Kotaibushi

Episodi visti: 23/23 --- Voto 6,5
Inizio col dire che non guardo praticamente quasi mai spokon, perché, personalmente, non gradisco le dinamiche che si creano all'interno delle storie, tuttavia non posso negare che "Run with the Wind" sia un anime di buon livello e tutto il resto, ma allo stesso tempo devo ammettere che non mi ha convinto fino in fondo. Probabilmente non sono riuscito io ad apprezzarlo a sufficienza, ma non sono riuscito a trovarlo così magnifico come in molti affermano.

I primi dieci/dodici episodi mi erano anche abbastanza piaciuti, nonostante i miei dubbi, ma è nella seconda parte che ho notato un leggero calo, e diversi alti e bassi nelle varie puntate, e sinceramente alcune di queste le ho trovate estremamente noiose e legnose, specie quando l'argomento corsa viene messo da parte. Inoltre, a mio avviso, verso il finale, forse anche qualcosina prima, la storia perde un po' della credibilità che l'aveva contraddistinta nella prima parte, in particolare sui miglioramenti e conseguenti risultati, al limite del miracoloso, di alcuni atleti.
I personaggi nel complesso li ho trovati buoni, in particolare i due protagonisti, mentre, per quanto riguarda i secondari, devo dire che non mi hanno fatto proprio impazzire; ovviamente ci sono anche quelli ben riusciti, ma in generale non mi hanno molto convinto, trovando diversi di loro un po' troppo impostati nei loro personaggi.

In conclusione, indubbiamente, alla fine dei conti si è davanti a una buona opera, ma in cui personalmente, sarà per limiti miei o altro, non riesco a trovargli quel qualcosa in più rispetto ad altre opere.

Voto finale: 6,5


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zettaiLara

Episodi visti: 23/23 --- Voto 10
Immaginate di essere al culmine della frustrazione in una vita da studente universitario in cui tutto dovrebbe essere finalmente semplice, ma invece nulla sta andando come dovrebbe: per la fame avete appena rubato un panino al convenience store e siete scappati via veloci come il vento, nell'oscurità, senza voltarvi indietro.
Immaginate di avere la sfortuna di venire rincorsi subito, da un giovane uomo in bicicletta che vi affianca e, tuttavia, anziché minacciarvi di denunciarvi alla polizia, vi chiede qualcosa di inaspettato, con gli occhi che brillano luminosi nella notte: "Ti piace correre?!"
L’incontro tra Kakeru Kurahara e Haiji Kiyose avviene così, imprevisto e dirompente come una folata di vento che spezza una scomoda impasse. La fuga di Kakeru muta forma, diviene una corsa verso un domani diverso, in cui il sogno di una prestigiosa maratona cui prendere parte potrebbe non essere più soltanto utopia. Potrebbe, semmai, divenire quel traguardo da spostare sempre più in là, ad ogni giorno che passa, ove i confini si smarriscono, come di un cielo pulito e di nuvole spazzate via dalla brezza.

"Run with the Wind" è il titolo internazionale scelto per l’opera "Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru" (letteralmente: 'il vento soffia forte'), prodotta e animata da Production I.G. a partire dall'omonimo romanzo dell’acclamata autrice di "Fune wo Amu" ("La grande traversata"), Shion Miura, e trasmessa in simulcast da Crunchyroll anche per l’Italia a partire dall'autunno 2018, per un totale di ventitré episodi complessivi.

Il vento è bastardo quando soffia forte. Ci illude di avere le ali ai piedi quand'è alle nostre spalle, fa credere di aver maturato d’un tratto capacità che invece non possediamo e lascia i muscoli indolenziti quand'invece a noi si frappone, facendosi un muro contro il quale lottare e talora inveire.
Correre richiede una fatica mentale, prima che fisica. Chiunque può cimentarsi a correre, ma continuare a farlo non è per tutti. Quando si corre si è soli con sé stessi, soli e indifesi di fronte al proprio io, al silenzio e al vuoto interiore generati da un piede che si muove ritmicamente dietro l'altro, muscoli in sincronia, chilometro dopo chilometro. Qual è allora il significato e la bellezza della corsa, dal momento che si tratta di uno sport solitario, privo di fascino a vedersi, che non appaga gli occhi di chi guarda e tanto meno di chi lo pratica?

"All’inizio correre non mi piaceva, ma ero costretto. Una volta iniziato ho pensato che piuttosto che essere costretto era più divertente correre per una mia scelta. Per questo ho deciso di provarci sul serio, così forse amerò la corsa." - Shindo -

Quando Kakeru viene invitato da Haiji ad alloggiare nell’unica stanza rimasta vuota nel fatiscente dormitorio Chikusei-so ribattezzato 'Aotake', condiviso con altri otto studenti universitari, il ragazzo non ha altra scelta che accettare, poiché non dispone più di un soldo né di un tetto sopra la testa. Quello che non sa è che la personalità calcolatrice di Haiji "oni" Kiyose non attendeva che lui, atleta di talento e pedina inconscia e fondamentale assieme ai compagni, per il progetto impossibile di formare una squadra di atletica leggera per correre la leggendaria maratona Tokyo-Hakone Ekiden.
Nessuno intende ovviamente sottostare alla follia di Haiji, eppure nessuno potrà sottrarsi, un po’ perché l’eccezionale carisma insito nel gongolante sorriso del 'demone' farà casualmente leva sui tasti più dolenti di ciascuno, e un po’ perché ognuno intenderà trovare da sé una propria ragione per giustificare cotanta titanica impresa. Così, non si potrà che sorridere di fronte agli sforzi immani dell'otaku Ouji (ovvero ‘principe’) la cui stanza straripa di manga, e alla frivola leggerezza dei biondi gemelli Jouta e Jouji, o venire spronati noi stessi dall'atteggiamento sereno e positivo dello studente straniero Musa e dell’universitario modello da tutti soprannominato Shindo (ovvero ‘bambino prodigio’). Oppure, ancora, sbottare indignati alla coercizione imposta da Haiji come l’esperto di quiz King e finanche arrivare a inarcare un sopracciglio allo stesso modo del caustico studente di giurisprudenza Yuki, di fronte all'atteggiamento bonario e lassista del senpai Nicochan, universitario ripetente e fumatore incallito.
Come si possa pensare di trasformare uno studentato in un vero e proprio club di atletica leggera, e di far sbocciare il sogno di Hakone in un manipolo di povere anime interessate a tutto fuorché alla corsa, solo Haiji saprà spiegarlo; e tanto i membri dell'Aotake quanto gli spettatori della serie animata si ritrovano irrimediabilmente soggiogati da un mattatore che sa muovere i fili del gruppo con delle abilità tanto eclettiche da lasciare chiunque a bocca aperta.

In qualità di anime sportivo "Run with the Wind" si colloca naturalmente all'interno di uno dei filoni sempreverdi, popolari e talora abusati dei manga e dell’animazione nipponica, quello degli 'spokon'; allo stesso tempo la serie fa affacciare lo spettatore su qualcosa di nuovo e non così banale, dapprima mediante un incipit sicuramente atipico, per poi catalizzarne l’attenzione sino all'ultimo episodio grazie a una tematica inesplorata, una sapiente realizzazione tecnica e una miscela calibrata alla perfezione di commedia, dramma, sport, umorismo e introspezione.

In un Giappone che in generale difficilmente brilla o viene ricordato per riconoscimenti più o meno prestigiosi ottenuti nello sport, "Run with the Wind" spalanca una finestra realistica e molto ben curata sul mondo della maratona universitaria, e in particolare sull'evento mediatico rappresentato dalla Tokyo-Hakone-Tokyo Ekiden: si tratta di una corsa a staffetta della durata complessiva di 217,90 chilometri corsi in dieci sezioni divise in due parti, tra il 2 e il 3 gennaio di ogni anno, il tutto trasmesso in diretta televisiva da Nippon Television con gli occhi dell'intero Giappone puntati addosso. Sì, perché la Hakone Ekiden è l'evento sportivo più atteso dell'anno nella terra del Sol Levante, che pure richiama di regola maggiore attenzione attorno al baseball: quando è tempo di Ekiden tuttavia, il piccolo grande mondo racchiuso all'interno dell'arcipelago giapponese si ferma, e osserva i suoi più veloci esponenti correre per una vittoria dal significato più importante di una medaglia olimpica.

Ecco perché questo Paese può incredibilmente vantare alcuni tra i più veloci atleti del mondo nella disciplina della corsa su lunga distanza, grazie a una tradizione che risale al periodo post-atomico. Per rimettersi in piedi in una nazione devastata nella terra e nell'animo, il Giappone ha infatti iniziato a istituire maratone ed Ekiden (letteralmente 'maratona a staffetta') già negli anni '40 e a goderne di un boom negli anni '50, là dove il mondo occidentale vi giunge invece tra gli anni '70 e '80 e quello africano solo agli inizi del '90. I tempi fatti registrare dagli atleti giapponesi di oggi non sono paragonabili a quelli dei migliori maratoneti di origine africana, essendo collocati spesso appena fuori dal podio, e tuttavia il fascino dello sport rimane concreto, vivido e tangibile.
Arriva poi il momento, nell'anno 2006, in cui l'acclamata autrice Shion Miura raccoglie il testimone dell'evento per stendere l'opera originale "Kaze ka Tsuyoku Fuiteiru" in forma di lungo romanzo, da cui poi deriva dapprima un film live action nel 2009, quindi la fedele trasposizione animata di "Run with the Wind" del 2018 per NTV.
Le opere della Miura, conosciute e tradotte nel mondo in varie lingue, non sono invero nuove ad adattamenti, sia in forma animata che di serie TV e film live action; la scrittrice si è laureata in regia presso la prestigiosa università Waseda di Tokyo, ed è stata insignita del celebre Premio Naoki nel 2006 per il libro "Mahoro Ekimae Tada Benriken", trasposto poi in una serie di film, uno spettacolo per la televisione e un manga. Medesima felice sorte ha avuto il romanzo "Fune wo Amu" del 2011, divenuto un film live action nel 2013 vincitore di svariati Japan Academy Prize, ovvero i Premi Oscar nipponici, quindi una serie animata di Fuji TV nel 2016, infine pubblicato anche in Italia nel 2018 per Einaudi con il titolo "La grande traversata".
"Run with the Wind" ha dunque origine dal cuore profondo dell'arte e dello sport del Giappone, e al cuore dei Giapponesi e non solo ci arriva da una parte tramite un gruppo di personaggi calzanti, straordinari nella loro ordinarietà, e dall'altra cercando di rispondere a domande che tutti noi prima o poi ci poniamo, rosi dal dubbio: "Per che cosa sto correndo? Dove sto andando? Che cosa voglio raggiungere nella vita? C'è qualcosa che voglio dimostrare a me stesso? C'è addirittura bisogno che io cerchi di dimostrare qualcosa a me stesso?"

Una delle chiavi di lettura fondamentali di "Run with the Wind" risiede proprio negli eletti chiamati giocoforza a divenire atleti: un gruppo di protagonisti universitari, innanzitutto, non più liceali e dunque alle prese con i problemi legati alla necessità di entrare nel mondo del lavoro o comunque di trovare la propria strada nella vita. Si tratta di una schiera di personaggi del tutto diversi tra loro eppure ordinari come chiunque, accomunati da quell'ingenua allergia all'inutile fatica fisica che li rende umanissimi. Così umani che risulta impossibile non fare il tifo per ciascuno, sperando non troppo segretamente che il sogno di qualificarsi alla maratona non resti davvero tale.

E se la matricola Kakeru sembra il classico protagonista taciturno, ombroso e introverso, gravato dal peso di un passato di cui non va fiero, la figura di Haiji gli funge da perfetto contraltare: studente intelligente, trascinatore costante, infaticabile uomo di casa che sforna pasti attentamente equilibrati per tutti, capitano acuto, manager insostituibile e fieramente orgoglioso di una squadra fatta letteralmente nascere dal nulla. Al suo quarto anno di lettere presso l’Università Kansei, Haiji non vuole sentire parlare di scuse per nessuno, nemmeno per sé stesso dopo l’infortunio che lo ha costretto a separarsi a lungo dalla corsa; il suo atteggiamento d’incrollabile fiducia e la sua verve, uniti alle velate ombre del suo passato, delineano un personaggio multicolore incredibilmente sfaccettato, ottimamente caratterizzato e davvero imprescindibile nella riuscita di una serie come "Run with the Wind".
L'intero Aotake rassomiglia addirittura quasi a un piccolo sistema solare che gravita interamente attorno alla forza attrattiva ed espansiva di Haiji, suo fulcro e luce, sua vera emblematica stella.
"Per quanto tu possa correre da solo, non sei mai davvero - solo -." - Haiji -

Basterebbero dunque già questi dieci singolari uomini per accorgersi che affezionarsi a un anime sulla corsa è cosa fin troppo facile anche per chi di sport nella vita reale è a digiuno, o di anime sportivi non ne apprezza; "Run with the Wind" sa fare però molto più di questo, poiché, per quanto nessun episodio lasci mai l’atletica in secondo piano e anzi si spinga anche a cenni piuttosto tecnici in merito, ognuno scorre in scioltezza e sa regalare un motivo diverso e sempre nuovo per distinguersi. Spesso è proprio una sottile vena umoristica o il tono da scanzonata commedia a irrompere là dove la tensione sta sobbollendo e il dramma pronto ad esplodere, sovvertendo abilmente la situazione. Non accade poi sovente di assistere a serie animate recanti dialoghi tutto sommato concisi eppure sempre efficaci, in cui nessuna parola è sprecata né di troppo, e da cui si possono anzi trarre significati che vanno oltre quello apparente, per non parlare del gioco citazionistico del mondo di anime e manga che ci regala la personalità flemmatica dell’otaku Ouji.
"E allora parlami alla mia velocità (cit.)"
"Non c'è niente che gli altri possano fare e tu no.
By Doraemon." - Ouji -

L’anime segue i dieci ragazzi passo dopo passo, accompagnandoli nella loro crescita sia personale che sportiva attraverso le innumerevoli difficoltà tecniche e pratiche del percorso, e qui la corsa si fa anche metafora, divenendo un viaggio di ciascuno verso il proprio obiettivo; così, una disciplina nata per essere un qualcosa di profondamente solitario diviene un lavoro di gruppo e, al tempo stesso, una vittoria proclamata innanzitutto nei confronti di sé stessi, prima di qualsivoglia traguardo. Nel fare questo, "Run with the Wind" ben esprime uno dei concetti più forti e radicati della società nipponica, a riguardo della preponderanza del gruppo a dispetto del singolo, e della possibilità di riuscire in qualcosa proprio in quanto gruppo, piuttosto che in qualità di qualcuno che voglia emergere e distinguersi a tutti i costi dalla massa.

Allo stesso modo, un gruppetto di sconosciuti che con il proprio vicino di stanza non condivide nulla ad eccezione di un tetto sopra la testa, inizia in verità a guardarsi l'un l'altro per davvero, a far caso ai nuovi abiti o scarpe da corsa del compagno, alla postura altrui e alle piccole grandi cose che conducono all'interessarci della persona per chi è, oltre che per come è. Una condivisione che diviene quasi un concetto di famiglia e aiuto reciproco, preponderante rispetto alla mera velocità rincorsa, letteralmente, da chi si prepara per un evento come la Ekiden.
"L'unica cosa che ti interessa è la velocità?
Allora correre non ha senso. Prendi lo shinkansen o un aereo! Sono più veloci!
Apri gli occhi, Kakeru. Non basta rincorrere la velocità. Quella è... una cosa futile." - Haiji -

Haiji, che pure ha sperimentato sulla propria pelle che cosa significhi il lasciarsi dominare puramente dall'istinto, capisce sin dal primo istante che Kakeru è il tassello che manca per ricomporre la propria vita, e lo prende per mano con la sicurezza e il volto fiero di chi guarda finalmente dritto con certezza davanti a sé.
Kakeru di contro ha la corsa nel nome, dal momento che 'kakeru' è proprio una lettura del kanji del verbo correre 'hashiru - 走る', ma di fatto serba uno sguardo rivolto sempre a terra, di colui che quando corre in realtà davanti a sé non vede e non comprende nulla, men che meno l'accettazione della debolezza.

Corrono vere e proprie scintille tra i due, e lo scontro è inevitabile, così come la forza e la ricchezza che scaturiscono dal confronto e dal dover infine fermarsi per guardare oltre, ben più in là di noi stessi. L’abilità di Kakeru alla corsa non è dunque discriminante in quanto tale, bensì nel momento in cui diviene sprone e ispirazione per i compagni alle sue spalle, e la cosa si fa curiosamente reciproca, tanto che risulterà commovente l' "avanti, guarda avanti!!" che proprio Kakeru griderà al compagno di squadra che più di tutti deve arrivare a superare le fatiche degli allenamenti.
Sarà dunque proprio attraverso il percorso di crescita che potremo leggere nel cambiamento nello sguardo di Kakeru che la storia propone a lui come a noi una chiave di lettura sul significato di correre, sulla possibilità di rincorrere un sogno rialzandosi da terra dopo averci sbattuto il fondoschiena, di guardare avanti senza vergogna di sé, senza paura del passato né del domani, senza più voltarsi indietro col rimorso.
"So che ti sfugge cosa significa davvero correre.
Fermati. Guarda il panorama. E poi ricomincia lentamente a correre." -Haiji -

Il vento che soffia forte è dunque un sobillatore dell'animo.
Se nessuna disciplina sportiva può dirsi banale, la corsa è tuttavia forse lo sport più primordiale che ci sia, che esiste da quando esiste l’umanità. Correre fa parte di quelle abilità insite nell'uomo almeno quanto il nutrirsi o il reggersi in piedi; è in noi naturalmente, senza che alcuno debba fare alcunché per apprendere come mettere un piede dopo l’altro incrementando un po’ alla volta la velocità. Si corre per spostarsi, fuggire o difendersi, per raggiungere qualcosa o qualcuno. Raggiungere infine uno scopo. Chiunque goda di una discreta salute può cimentarsi a farlo, oggi con fatica e il fiato corto, domani magari soffrendo un po' meno se l'allenamento persevera e la costanza d’impegno anche. Improvvisarsi maratoneti è, ovviamente, tutto fuorché naturale, ma il principio non varia: se vuoi correre, puoi farlo, e lo strumento non sei altro che tu stesso.
"Accidenti... quando mi guardano così... non posso far altro che mettercela tutta." - Ouji -
Nella figura di Ouji tale assunto si sublima come in nessun altro, e allo stesso tempo può forse diventare motivo di critica nei confronti della serie o quantomeno farci aggrottare la fronte perplessi di fronte ai tanti e notevoli miglioramenti del giovane. Indubbiamente il 'miracolo' di Ouji risulta forse un po' forzato se rapportato al tutto sommato breve lasso di tempo in cui viene compiuto, tuttavia è arduo essere pignoli su quest'aspetto notando come l'anime non risparmi mai di rimarcare l'importanza delle sfiancanti routine di allenamenti, e che, se si desidera rinvenire un elemento martellante, questo è proprio quello dell'incredibile fatica che trasuda dagli sforzi compiuti da ciascuno.
"Se vogliamo correre ad Hakone, non possiamo sperare di uscirne incolumi." - Haiji -

Pescando dall'ottimo materiale di base fornito dalla Miura, Production I.G. riesce a tradurre brillantemente in immagini, suoni, colori e sequenze animate tutto ciò che nel romanzo si può soltanto immaginare; lo fa con la solida competenza di chi già in serie animate come "Haikyuu!!" ha dato prova del meglio di sé.
Non stupiamoci dunque affatto di fronte a sfondi riprodotti dalla realtà dei sobborghi di Tokyo con una fedeltà e una precisione straordinarie, o vedendo come la luce si soffermi diversamente sugli stessi oggetti e luoghi nelle varie ore del giorno, o ancora nella fluidità del movimento che si coglie nelle muscolature o negli attimi più fuggevoli, come la brezza che s'insinua leggera fra i capelli di Kakeru, o della ciocca portata dietro l'orecchio dalla giovane manager Hanako.
Non stupiamoci nemmeno di rinvenire Hiromi Kikuta ("Haikyuu!!", "Mr. Osomatsu") alla direzione del suono, e alle magistrali musiche orchestrali il compositore Yuki Hayashi di "My Hero Academia", che infondono nello spettatore un coinvolgimento emotivo talmente intenso ed efficace, da far scaturire persino le lacrime. Non sono da meno in tal senso le sigle di apertura e chiusura, affidate alle sonorità rock del gruppo j-pop Unison Square Garden con l'incalzante "Catch up, Latency" prima, e la più adrenalinica "Kaze Tsuyoku, Kimi Atsuku" dei Q-MHz poi; pregevolissimi e calzanti anche a livello di testi i temi di chiusura interamente scritti, composti e arrangiati da Taichi Mukai, la cui limpida voce in "Reset" posa l'attenzione su quell'aspetto di Haiji lasciato tra le righe, mentre in "Michi" si evoca il sogno di Hakone con l'intera squadra al completo.
La regia di Kazuya Nomura ("Ghost in the Shell - The Rising", "Joker Game", "Sengoku Basara 2") è impeccabile almeno quanto il lavoro alla sceneggiatura di Kohei Kiyasu ("The Kirishima Thing") e le animazioni dirette da Takashi Mukouda ("Tengen Toppa Gurren Lagann", "Space Dandy") e Hideki Takahashi ("Haikyuu!!", "Neon Genesis Evangelion"), unitamente al character design pulito, preciso e privo di fronzoli di Takahiro Chiba, direttore generale delle animazioni in "Ballroom e Youkoso" e ancora una volta in "Haikyuu!!".
Rimane decisamente impresso, in effetti, come né la storia né i singoli episodi registrino mai alcuna sbavatura e nemmeno cali tecnici; e non solo la narrazione non si smarrisce né si disgrega col passare del minutaggio, ma si assiste piuttosto qui invece a un tangibile crescendo emotivo, che nel sorprendente finale ci fa constatare come nessuna aspettativa sia stata tradita o delusa e che, semmai, il vento ci è rimasto accanto sostenendoci con una tenerezza ben maggiore di quella che credevamo possibile.

"Run with the Wind" è però anche una serie la cui bellezza si apprezza attraverso tanti piccoli dettagli, taluni apparentemente insignificanti: un caldo hanten (casacca) lasciato sulle spalle, le occhiaie di qualcuno, il cielo grigio e greve che rimanda la mente di Haiji a ricordi indesiderati, e che è ricorrente nel rimarcare il realismo impresso alle situazioni, di come cioè non si possa correre soltanto quando fuori splende il sole e la brezza è rinfrescante.
Alla pregevole fattura tecnica si affianca poi il lavoro del doppiaggio, qui davvero di altissimo livello, considerato che Takeo Ōtsuka giunge su Kakeru pressoché da esordiente, mentre Toshiyuki Toyonaga (Yuuri Katsuki di "Yuri!!! on Ice") regala una prova mirabile e decisamente istrionica sulla figura di Haiji, così come Miyu Irino (Shoya Ishida de "La Forma della voce") su Akane 'Ouji' Kashiwazaki. Accanto a loro ricordiamo anche l'ottima esecuzione di Kouki Uchiyama (Kei Tsukishima di "Haikyuu!!", Soul di "Soul Eater", Raku Ichijou di "Nisekoi") su Takashi 'Shindo' Sugiyama, Kazuyuki Okitsu (Saku Hagita di "Orange", Reiji Andou di "Prison School") su Yukihiko 'Yuki' Iwakura, Takanori Hoshino (Kugaha di "Noragami Aragoto", Goro Mine di "Ballroom e Yokoso", Reji Nitta di "Uchuu Kyodai") su Akihiro 'Nicochan' Hirata e Satoshi Hino (Hayato Shinkai in "Yowamushi Pedal") su Fujioka, quindi Junya Enoki (Keisuke Tsuji di "Tsuredure Children!") e Yūto Uemura (Hiro di "Darling in the FRANXX", Atsushi Nakajima di "Bungo Stray Dogs") sui gemelli Jōta e Jōji Kizuki dalla parlata decisamente giovanile, il bravo Hideaki Kabumoto sullo studente straniero Musa Kamala alle prese con un giapponese non sempre sciolto e Riki Kitazawa su Yohei Sakaguchi.
"Mi è capitato di disperarmi.
Mi sentivo tradito da me stesso e dal mondo intero.
Però mi sbagliavo.
La corsa è tornata da me in una forma ancora più bella.
Si può essere così fortunati?" - Haiji -

"Run with the Wind" è un'incredibile sorpresa, un anime che convince e stupisce a più riprese, un gioiellino che brilla di luce propria: è una storia a ben vedere semplice eppure accattivante, narrata in maniera piuttosto coinvolgente e finemente curata in ogni suo lato. Se già la trasposizione dal romanzo è rispettosa, la serie animata va anche oltre, amplificando quanto presente del libro originale e illuminandone la resa.
Non c'è da aver remora ad affezionarsi ai membri dell'Aotake, temendo che prima o poi qualcuno venga inevitabilmente messo in ombra da altri o dalla storia stessa, perché proprio la Ekiden consente a ciascuno di ricavarsi il proprio adeguato spazio all'interno delle vicende che conducono ad Hakone. Ognuno di loro tocca il proprio punto più basso per poi risalire. Ognuno di loro, ciascuno con le proprie debolezze e punti di forza, è riflesso e metafora di ciascuno di noi, di dolore e di rinascita.
Davvero pare ironico affermare che nell'ambito di una serie sullo sport il risultato non sia ciò che più conti, ma in effetti non lo è, perché esiste sempre qualche cosa di più importante di questo, qualcosa per cui valga la pena sforzarci sino al limite anche quando l'orizzonte appare grigio o fumoso.
Cadere sette volte e rialzarsi otto, recita un celebre proverbio giapponese. Per poi vedere la vetta, stavolta per davvero.
"Le montagne di Hakone...
sono le più ripide del mondo!!!"

AleNeko-chan

Episodi visti: 23/23 --- Voto 10
Cos'è la corsa? Un inutile spreco di tempo? Un buon modo per buttar giù qualche chiletto? O forse un tentativo di fuga dai problemi di tutti i giorni?

Haiji Kiyose, un giovane studente universitario, vuole scoprire il vero significato di questa sua passione profonda e inestinguibile, e per trovare le risposte che cerca è disposto a rivoltare da cima a fondo il mondo che lo circonda. A tal fine "incastrerà" con ingegnosi ed esilaranti stratagemmi nove povere anime dell'Università Kansei che, un po' per obbligo, un po' per curiosità e un po' perché trascinati dall'irresistibile fervore di Haiji, si ritroveranno a puntare "alle montagne più ripide del mondo"; in altre parole alla gara a staffetta più importante dell'ambiente universitario giapponese, la Ekiden di Hakone. Dopo quattro lunghi anni di segreto lavoro, Haiji ha raggruppato i primi otto uomini, del tutto inconsapevoli degli ambiziosi piani del ragazzo. La vicenda si apre con l'incontro del destino fra Haiji e "il decimo uomo", Kurahara Kakeru, corridore talentuosissimo tormentato da un oscuro passato.

Quella di "Run With The Wind" è una storia completa e strutturata meticolosamente, dove niente viene lasciato al caso. Una storia che sa della vita stessa per il suo essere intessuta di gioie e dolori, di soddisfazioni e cadute, per il suo essere sempre in bilico fra l'entusiasmo e lo sconforto, fra l'ambizione alla vittoria e la paura del fallimento.
Una storia che racconta l'incontro di dieci teste, dieci cuori, dieci modi di vedere la realtà e dieci atteggiamenti verso la vita, raccontandone la difficoltà nel raggiungere la coesione, ma anche l'impagabile arricchimento personale che ne deriva. L'impegno per un obiettivo comune ti costringe a sacrificare l'egoismo, ma, in cambio, ti fa scoprire la meraviglia della condivisione e dell'amicizia.

La squadra protagonista e i suoi componenti sono la punta di diamante della serie: perfettamente caratterizzati con le loro peculiarità, i loro punti di forza e i loro limiti. Personaggi vitali le cui anime pulsanti giungono dritte al cuore dello spettatore, il quale difficilmente potrà astenersi da un tifo sfegatato per la loro vittoria.
Tutti i personaggi sono validi e tridimensionali, ma non posso non fare una menzione d'onore al personaggio di Haiji: carismatico, poliedrico, ispirante e indimenticabile, il capitano del club di atletica della Kansei è un vero fenomeno. È un tipo ambizioso, uno che sogna davvero in grande, ma anche uno che impiega ogni briciola della sua linfa vitale per realizzare le sue grandi aspirazioni; sentimentale e istintivo nel buttarsi a capofitto nella sua grande passione, ma freddo calcolatore nel concepire piani (a volte un po' subdoli) per raggiungere i suoi obiettivi; un po' egoista nel trascinare tutti i personaggi nel suo sogno, ma sempre pronto a dare tutto sé stesso per i suoi compagni, così sincero nell'affetto che prova per loro, così attento ad ogni piccolo impercettibile cambiamento nel loro comportamento, sempre pronto a sostenerli se si sentono turbati e a complimentarsi con loro se fanno del loro meglio; è giovane ma saggio, equilibrato e affidabile come un grande capitano.
Il viaggio in cui si incammineranno tirerà fuori la loro energia e grinta, ma metterà in evidenza anche le loro incapacità e debolezze. È questo che li farà crescere e maturare come atleti, ma soprattutto come esseri umani.

Oltre a tutto questo, "Run With The Wind" ha molto altro da offrire allo spettatore. Da una parte la serie è incredibilmente divertente con la sua comicità che promette grasse risate anche agli spettatori più pretenziosi. Dall'altra la componente sportiva è anch'essa efficace e interessante, in perfetto equilibro e sintonia con la componente "slice of life" di vita quotidiana. La serie punta molto sulla verosimiglianza, ma non mancano forzature ed elementi inverosimili. Infatti, a parte rare eccezioni, tutti i componenti della squadra partono da zero con l'atletica (o con lo sport in generale) e in pochi mesi hanno margini di crescita talmente ampi e risultati così brillanti, da risultare abbastanza improbabili. Sottolineare l'incredibile costanza e intensità degli allenamenti semplifica l'accettazione di elementi irrealistici, ma essi potrebbero comunque disturbare gli spettatori più fiscali.
Tuttavia, anche se ritengo giusto farlo presente, la mia è solo una constatazione e non una vera e propria critica. Penso che il non realismo sia un difetto quando banalizza o sminuisce il valore delle situazioni narrate. Ma in "Run With The Wind" ciò non può accadere, in quanto, come già accennato, la crescita come atleta (che è la parte un po' più inverosimile) è assolutamente secondaria rispetto alla crescita come persona. Ciò che resta a fine serie non è una squadra di atletica che ha partecipato a una gara ottenendo determinati risultati, ma un gruppo di ragazzi che grazie a un esperienza di vita sono cresciuti, maturati e sono persone diverse e migliori di quelle che erano prima di buttarsi in questa folle impresa. Perciò, se la storia riesce con successo a passare i suoi messaggi e riesce a coinvolgere ed emozionare come in effetti fa, ritengo che gli elementi inverosimili non siano che dettagli trascurabili.

Anche l'aspetto tecnico visivo e sonoro è piacevole e curato, perciò serie promossa sotto ogni punto di vista.

E dunque, dopo questo mio discorso certamente prolisso ma doveroso, voglio premiare i più perseveranti fra voi che sono giunti fino a qui con una conclusione rapida e indolore che riassuma perfettamente quanto detto fin ad ora: correte subito a vedere "Run With The Wind"!


 2
Elam

Episodi visti: 23/23 --- Voto 9
Se avete qualche annetto come il sottoscritto e fate fatica a trovare piacevoli molte delle produzioni moderne, non potete lasciarvi sfuggire questo "Run with the Wind", una piccola perla preziosa con molti punti a favore, nonostante alcuni cliché che sottolineerò.

I protagonisti sono dieci studenti universitari (questa è già una bella novità rispetto ai soliti spokon) di un club di atletica chiuso da tempo e senza fondi. Uno dei due protagonisti, Haiji, il ragazzo più maturo e avveduto (quasi un Gary Stu), coltiva il sogno di riaprire il club e anche di partecipare a una difficilissima gara in cui corrono tutte le università del Paese. Nel corso degli anni ha radunato sotto allo stesso tetto (la palazzina del club usata come dormitorio) otto ragazzi, e l'occasione arriva quando incontra Kakeru, un autentico fuoriclasse, ma che incarna lo stereotipo del protagonista di molti anime di successo: si esprime a monosillabi, ha un caratteraccio, ha un forte conflitto interiore e delle ombre oscure nel suo passato che emergeranno ben presto.
Haiji con le buone e con le cattive convincerà i coinquilini ad allenarsi e a partecipare alle gare di qualifica. L'obiettivo è ambizioso, poiché iniziano ad allenarsi ad aprile e la gara si disputerà ai primi di gennaio dell'anno successivo. L'obiettivo non sarà solo la preparazione fisica e le gare di qualifica, ma anche la preparazione mentale, anzi motivazionale.

"Che senso ha correre? Qual è il senso della nostra impresa?" Queste sono le domande che si pongono spesso i protagonisti impegnati in un'impresa impari contro squadre di atletica molto più allenate della loro. Chi pratica jogging in solitaria, anche senza pretese, sa che i pensieri viaggiano e si riflette molto. Non tutte le motivazioni che si daranno cadranno nell'abusato tema dell'amicizia, ma ognuno avrà le sue piccole sfaccettature. Questo è uno degli aspetti che ho apprezzato di più dell'opera.
I caratteri dei dieci protagonisti sono tagliati con l'accetta, del resto non si può dare ampio spazio a tutti in soli ventitré episodi. Nonostante ciò ho apprezzato molto il tempo dedicato ad ognuno di essi durante la "staffetta" degli episodi finali.
E non ho potuto che commuovermi ed esultare "Eureka!" per uno spokon con un finale finalmente maturo e per nulla scontato, e una narrazione leggera ma non superficiale.
Anche l'unica ragazza presente per una volta non si innamora dei due protagonisti, ma guarda altrove.

Tra i punti a favore della storia narrata metto: la narrazione leggera, la ricerca delle motivazioni, l'attenzione ai particolari, il senso della misura negli aspetti e risultati agonistici (niente 'giapponesate'), l'età dei protagonisti, il mix ben assemblato di caratteri, dialoghi quasi sempre abbastanza buoni.
Tra i cliché: il carattere di Kakeru, il suo vecchio compagno testimone delle sue ombre che capita sempre a fagiolo, Haiji un po' troppo perfetto.

Il reparto grafico è fenomenale, per uno stile asciutto, con qualche infarcitura 3D, ma senza mai strafare. Mentre per le sigle, le due ending sono nettamente superiori alle due opening.

Cosa aggiungere di più, lo consiglio a tutti!

Shiho Miyano

Episodi visti: 23/23 --- Voto 9
«Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru», nota anche con il titolo inglese «Run with the Wind», è una serie di ventitré episodi distribuita fra l’autunno 2018 e l’inverno 2019. Si tratta della trasposizione animata di un romanzo di Shion Miura, ed è proprio il suo nome che ha attirato la mia attenzione: avevo molto apprezzato la serie animata «Fune wo Amu», tratta da un romanzo della stessa autrice, e ho voluto così dare un’opportunità a questa serie (anche se gli “spokon”, in linea di massima, non mi attirano troppo). Non sono rimasta delusa. L’impianto è solido e ne esce un’opera che è, soprattutto, una narrazione corale che riesce a dare risalto, uno per uno, a tutti i personaggi.

La trama ruota intorno a un gruppo di dieci giovani universitari accomunati, inizialmente, dalla sola coabitazione nello stesso, economico, pensionato; studenti che verranno coinvolti, da uno di loro - il protagonista Haiji -, nella partecipazione all'Hakone-Ekiden, prestigiosa gara universitaria di maratona a staffetta.
Il gruppo di giovani uomini, ciascuno con il suo vissuto alle spalle, è rappresentato in modo da donare allo spettatore l’impressione di trovarsi davanti a persone a tutto tondo, come quelle che si incontrano nella vita reale. L’intento non è quello del realismo, quanto quello dell’esaltazione del concetto che, più di quanto ci accade, abbia importanza il modo con cui guardiamo le persone e gli avvenimenti che ci attorniano.

Se «Fune wo Amu» è una storia sull’importanza delle parole «Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru» è un racconto sull’importanza degli sguardi: è lo sguardo di Haiji che dà il via alla vicenda.
Lo sguardo di Haiji che individua il talento di quel ragazzo incrociato per caso una sera, mentre fugge dopo aver rubato del cibo, e che trasforma questo incontro fortuito nel punto di partenza per la realizzazione del suo obiettivo: la matricola Kakeru diventerà il decimo abitante del pensionato e decimo uomo della squadra.
Lo sguardo di Haiji su ognuno dei componenti della squadra (in ordine di mia preferenza personale): il talentuoso, ombroso e difficile Kakeru, il brillante e “ruvido” Yuki, il riservato otaku Ouji, il malinconico e maturo Nico-chan senpai, Musa laborioso e sereno, Shindo volitivo e dolcissimo, King con la sua ansia per il futuro, i gemelli Jota e Joji, allegri e (troppo) spensierati.
E lo sguardo di ciascuno su sé stesso, sulle proprie aspirazioni, sul proprio passato e sul proprio futuro.
E ancora: gli sguardi dei ragazzi su ognuno dei compagni, sguardi che mutano e si fanno più profondi nel corso dei ventitré episodi; sguardi che iniziano a vedere al di sotto della superficie, che arrivano a interpretare i silenzi e i non detti.

Il comparto tecnico è ottimo, a partire dalla regia, di Kazuya Nomura, che parte con un primo episodio con narrazione non lineare a catturare immediatamente l’attenzione, che rende avvincente ogni gara con inquadrature originali e molto dinamiche, gestisce sapientemente i flashback che ci mostrano il passato degli atleti e elargisce qui e là momenti di pura poesia (un riflesso della luna nell’acqua fra le mani di Musa, uno sguardo commosso di Haiji proposto in soggettiva).
Il character design, di Takahiro Chiba, è bello alla vista, efficace (si riescono a distinguere agevolmente i gemelli), e esalta le diversità dei personaggi anche nella struttura fisica, particolare non secondario per la trama.
Le animazioni sono dello studio Production I.G (“Psycho-Pass”), sono fluide e integrano piacevolmente la computer grafica, la OST di Yūki Hayashi è adattissima ed emozionante, forse il tratto che più caratterizza quest’opera come un qualcosa di legato all’immaginario sportivo.
Le opening sono accattivanti, ma le due ending, entrambe cantate da Taichi Mukai, sono anche più belle, soprattutto se viste in sequenza, grazie anche a immagini significative.

Difetti? Secondo me tre: alcuni miglioramenti sul piano sportivo un po’ troppo irrealistici, una eccessiva propensione a chiudere gli episodi con un cliffhanger, la narrazione non lineare presentata solo nel primo episodio (ma qui sono di parte: è la mia modalità preferita e mi è spiaciuto non fosse maggiormente utilizzata, l’ho sentita un po’ come una promessa mancata).

A chi consiglio la visione di questa serie basata su un gruppo così ben costruito, fra affinità e contrasti?
Sicuramente a un pubblico molto più vasto degli appassionati di spokon. Chi ama la corsa, e le maratone in particolare, non potrà che apprezzare il focus sui monologhi interiori dei corridori.
Ma piacerà anche a chi ama i toni tranquilli, perché la serie riesce abilmente a tenersi lontana dalle sovra-drammatizzazioni, anche quando le difficoltà sono presenti. Lo consiglio anche a chi apprezza i bei fanciulli, anche se la serie non indugia nel fanservice, perché Haiji è il compagno (ma anche il figlio, l’amico, il collega e pure il proprietario di cane) perfetto.
Agli amanti delle storie corali, a quelli delle storie sull’amicizia, a quelli delle trame ben costruite, a tutti quelli che sono interessati al modo di narrare le storie e non solo alla storia in sé, a tutti quelli che pensano che il nostro modo di guardare il mondo non sia un particolare secondario.

Mirokusama

Episodi visti: 23/23 --- Voto 8,5
Lo sport è da sempre un catalizzatore d’attenzione universale, sia quando viene preso per sé stesso sia quando viene sfruttato in un altro media quale la letteratura, il cinema e, perché no, l’animazione, per raccontare le storie più varie; innumerevoli sono quindi le serie animate sportive nate in Giappone negli anni, tanto da poterle racchiudere ormai in un genere riconoscibilissimo con tutti i suoi aspetti positivi ma anche clichè più o meno fastidiosi a farne parte. E se, come possiamo vedere nella stessa stagione in cui è iniziato l’anime qui recensito, le formule fisse hanno ancora successo e riescono a produrre serie comunque valide, non può passare inosservata una serie che prova a proporre qualcosa di nuovo, o al limite a sfruttare in modo diverso i meccanismi più consolidati, come fa appunto “Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru” (lett. “Il vento soffia forte”, conosciuta anche col titolo inglese di “Run with the Wind” e da qui in poi contratta in “Kazetsuyo”), anime che adatta l’omonimo romanzo di Shion Miura e che racconta la storia di un gruppo di uomini, universitari adulti quindi, e non i classici studenti di scuole medie o superiori, trovatisi a praticare lo sport in questione per "obbligo e per caso", oserei dire, e dei loro sforzi nel seguire un sogno apparentemente impossibile che aiuterà a farli riflettere sulle loro vite, sulla loro amicizia, sul significato dello sport praticato e sui loro scopi futuri in un contesto che cerca di mantenersi, per quanto possibile, più realistico di quanto opere simili ci hanno invece abituato a vedere.

Haiji Kiyose e Kakeru Kurahara sono i due protagonisti principali della serie, due facce opposte di una medaglia che pone l’atletica leggera, e la corsa in particolare, come interesse principale delle loro vite; Haiji è uno studente al quarto anno della facoltà di lettere dell’Università Kansei, che ha dovuto abbandonare la carriera sportiva in seguito a un grave infortunio, ma non del tutto il suo sogno, che continua a coltivare in gran segreto finché non incontra fortuitamente Kakeru, matricola spiantata senza dimora della facoltà di sociologia della stessa Università, che dimostra un talento eccezionale nella corsa e che Haiji costringe, tra virgolette, a diventare inquilino dello stesso dormitorio che divide con altri otto studenti universitari, il Chikuseiso, da loro soprannominato anche Aotake. Quella che può sembrare una semplice storia di studenti fuori sede che condividono la stessa abitazione si rivela tutt’altro invece, quando Haiji dichiara il motivo per cui ha riunito tutti i ragazzi in quel modo: provare a qualificarsi per correre tutti insieme la celebre Ekiden di Hakone, ovvero una maratona a staffetta universitaria corsa in due giorni e lunga dieci tappe e 217,9 km tra Tokyo e Hakone, che si terrà il Capodanno successivo.
Normalmente mi fermerei qua nell’accennare la trama e i personaggi principali, ma trovo che in “Kazetsuyo” il cast completo sia il vero punto di forza, per cui, anche se brevemente, voglio dilungarmi nel presentare gli altri otto studenti inquilini del Chikuseiso, utilizzando i soprannomi che loro stessi si sono assegnati piuttosto che il nome originale, sia per facilitare la lettura sia perché nel 90% dei casi lungo la serie vengono usati solo quelli; in ordine di apparizione quindi abbiamo:
- I fratelli gemelli Jota e Joji, matricole come Kakeru, appassionati di sport ma di calcio in particolare, due ragazzi solari e vivaci dal carattere molto frivolo e apparentemente più interessati alle ragazze che allo studio o altro.
- Shindo, lett. ‘bambino prodigio’, studente al terzo anno di scienze aziendali, una persona mite e un po’ insicura ma dotato di grandissima forza di volontà quando si pone un obiettivo davanti.
- King, in quanto autoproclamatosi ‘Re dei quiz’ di cui è appassionato, studente al quarto anno di sociologia dall’aria un po’ burbera ma dal cuore tenero, in procinto di laurearsi e preoccupato quindi dalla futura ricerca di un lavoro.
- Ouji, ossia ‘principe’, studente al secondo anno della facoltà di letteratura, ragazzo esile e remissivo ma soprattutto otaku incallito, tanto da avere la stanza stracolma di manga dai quali non si separa mai, l’antitesi vera dello sportivo.
- Nico-chan senpai, da nicotina, visto che è un accanito fumatore, lo studente più grande d’età del dormitorio ma ripetente e, per questo, ancora fermo al terzo anno di scienze e ingegneria, un uomo robusto dal carattere socievole e sornione, con un passato da praticante di atletica leggera.
- Yuki, che è semplicemente il diminutivo del nome Yukihiro, brillante studente al quarto anno di legge che ha già passato l’esame di avvocato, persona capace e sicura di sé al limite dell’arroganza.
- Musa Kamara, unico personaggio non giapponese, uno studente straniero originario della Tanzania al secondo anno di scienze e ingegneria, ragazzo spontaneo e tranquillo già integrato ormai nella società giapponese dove, oltre a frequentare l’università, grazie a una borsa di studio, lavora anche part-time per mantenersi.

Questo gruppo variegato di personaggi, costretti loro malgrado a darsi alla corsa pena l’espulsione dal dormitorio, è una chiave vincente per la serie, visto che fornisce immediatamente tanti caratteri a cui affezionarsi, con una varietà tale che per lo spettatore è facilissimo ritrovarsi in uno di loro e condividerne quindi entusiasmi così come dubbi e paure.
Dato quest’incipit, la serie, che ricordo è lunga ventitré episodi, risulta divisibile grossomodo in tre momenti principali. Nel primo vediamo gli sforzi di Haiji nel convincere, ma sarebbe giusto dire anche costringere, tutti gli inquilini dell’Aotake a darsi alla corsa e seguire quindi il suo sogno, sforzo tutt’altro che facile, visto che nessuno degli inquilini ha mai avuto esperienza sportiva ad alti livelli né ha mai pensato di cimentarsi in una prova simile. Il secondo, quello più lungo, è dedicato in gran parte al massacrante allenamento al quale saranno costretti i nostri protagonisti, un segmento lungo ma necessario soprattutto per sottolineare gli sforzi di quelli più inadatti allo sport in questione, vedi Ouji, ma anche per riallacciare i frammenti del passato di Kakeru, autentica promessa nazionale dell’atletica che ha misteriosamente accantonato, e di Haiji, che è stato invece costretto ad abbandonare giocoforza la corsa. L’ultimo segmento della serie infine è dedicato alla Ekiden vera e propria, l’estenuante prova di corsa su strada che si dipanerà in diversi episodi dedicati ai personaggi impegnati nel tratto di loro competenza che, detto francamente, sono l’esperienza più bella di tutta la serie: sport, sforzo fisico e volontà si fondono in un crogiolo di emozioni che produce sequenze eccezionali cariche di riflessioni personali sul significato della corsa, del loro impegno, del futuro che li attende, delle relazioni affettive intraprese in quell’arco della loro vita e come potrebbero influenzare i successivi, senza dimenticare comunque lo sforzo fisico mostrato in tutta la sua durezza, finanche in tutta la sua drammaticità nelle circostanze più estreme e, nei limiti della finzione scenica che comunque calca la mano in alcuni momenti, in modo tutto sommato credibile. “Kazetsuyo” è quindi una storia classica e diversa allo stesso tempo, sfrutta l’idea di un grande sogno da raggiungere, ma lo affida a un manipolo di sprovveduti chiamati allo sforzo più grande della loro vita per raggiungerlo, e, per quanto ponga ovviamente in primo piano il risultato sportivo da ottenere, non trasmette mai la sensazione che sia l’unica cosa che conta, quanto, piuttosto, un accessorio, un optional da aggiungere all’esperienza vissuta insieme.

Al giudizio positivo che riservo a “Kazetsuyo” partecipa certamente anche il lato tecnico della serie, di un livello complessivamente più che buono. L’anime è prodotto dal prolifico studio Production I.G., un nome conosciutissimo e di quasi sicura garanzia, recentemente impegnato nella realizzazione di un’altra serie sportiva molto convincente e piuttosto atipica come “Ballroom e Youkoso”, che infatti condivide più di una similitudine grafica con “Kazetsuyo”. Alla regia della serie in questo caso però c’è Kazuya Nomura, alla prima prova in un anime sportivo, che non gli ha impedito comunque di fornire un lavoro convincente, anche nel raccontare il semplice evento agonistico in sé che a volte ha dato la parvenza di una gara quasi reale; il character design invece è opera di Takahiro Chiba, già direttore generale delle animazioni in “Ballroom e Youkoso” e “Haikyuu!!”, un disegno originale che si discosta nettamente dalla trasposizione manga già realizzata per questo titolo, per avvicinarsi alle altre opere dello studio, uno stile pulito e preciso che ci regala personaggi piacevoli, di facile presa e con una notevole cura dedicata al fisico dei ragazzi, convincente in tutte le corporature diverse mostrate nei dieci protagonisti. Convincenti sono anche le animazioni, qui dirette da Takashi Mukoda e Hideki Takahashi, soprattutto nelle tante sequenze di corsa presenti nella serie e che solo nei momenti in cui la scena è occupata da diverse decine di atleti utilizzano della CGI a integrazione, senza risultare comunque mai eccessiva o fuori luogo. Efficace è poi senza dubbio l’apporto delle musiche di un ispirato Yūki Hayashi, composizioni che magari non resteranno nell’immaginario collettivo quanto quelle di serie più celebri a cui ha lavorato come “My Hero Academia”, per esempio, ma che supportano egregiamente ogni scena dell’anime aumentando notevolmente il coinvolgimento emotivo di chi guarda, come fa anche il doppiaggio giapponese, del resto, una prova corale incisiva e appassionante di un cast numeroso diviso tra veterani del ruolo e nuove leve, dove spiccano, a mio parere almeno, le interpretazioni di Toshiyuki Toyonaga, che doppia Haiji, e Miyu Irino che invece doppia Ouji, il protagonista ‘nascosto’ di questa serie, simbolo come nessun altro della capacità di cambiare completamente grazie alla propria forza di volontà e al supporto degli altri, persino nelle condizioni più disperate. In chiusura del commento al comparto sonoro vale la pena citare poi le quattro sigle utilizzate lungo la serie, due opening e due ending, tra l’altro molto simili tra loro, sia dal punto di vista visivo che musicale: la prima opening è “Catch up, Latency” degli Unison Square Garden, rodato gruppo j-pop che ci offre un’opening con un sound rock leggero ma incalzante, a seguire i tanti personaggi che da lì a poco conosceremo impegnati ad allenarsi ancora un po’ goffamente, mentre la seconda si intitola “Kaze Tsuyoku, Kimi Atsuku”, ed è cantata dai Q-MHz, un brano simile ma leggermente più aggressivo del precedente, che ci fa immergere ancora di più nelle atmosfere agonistiche che vedremo da lì a poco. Entrambe le ending sono affidate invece alla calda voce di Taichi Mukai (“Reset” la prima, “Michi” la seconda), due canzoni orecchiabili e rilassanti che sembrano suggerire quasi di riposarsi dopo lo sforzo profuso, accompagnate da due video semplici, gradevoli, il primo che si focalizza solo su Kakeru e Haiji, il secondo invece con tutto il cast al completo.

Difficile dunque per me chiudere questa recensione senza consigliare caldamente questo titolo, già disponibile nel nostro Paese grazie alla trasmissione in simulcast su Crunchyroll; “Kaze ga Tsuyoku Fuiteru” è stata una serie elementare nella struttura ma estremamente coinvolgente nel suo svolgimento, nonostante un inizio un po’ sottotono dovuto soprattutto alle paturnie di Kakeru, che lo rendono quasi lo stereotipo del protagonista ‘sfigato’ della situazione. Ma passati i primi dubbi, e spazzati via i timori di una storia con punti di esagerato dramma ad appesantirla, basta davvero poco per lasciarsi trascinare dall’obiettivo e dai sacrifici di questi ragazzi alla conquista delle montagne di Hakone, “le più ripide del mondo!”.