Coccinella
Questa serie, la ricordo veramente con tanta nostalgia. La storia è simpatica e divertente e, sebbene prevalga molto l'umorismo, conserva anche dei valori importanti e degli insegnamenti di vita. La buffa protagonista è la più piccola di sette fratelli e vive sempre numerose avventure. La serie non risparmia momenti tristi e drammatici che mettono in difficoltà la protagonista per farle vivere la sua semplice vita quotidiana. Il messaggio principale che prevale in questa serie è quello dell'aiuto reciproco e dell'altruismo che fanno sì che la protagonista con l'aiuto dei suoi fratelli e con grande forza e coraggio riesca a dimostrare, ai suoi genitori che non ci sono più, che riesce ad andare avanti a testa alta e a superare le difficoltà della vita quotidiana. Tutti questi elementi fanno della serie una versione assolutamente godibile da seguire. Mitica anche la sigla dei cavalieri del re. Do un bell'8.
Descrivere le tante storie che racconta quest'anime non è facile. Si parla di parecchi argomenti tuttora presenti, ovvero gli orfani, l'adozione, i disagi della crescita che può comportare una periferia, nonché il crescere subito, rispetto ad altri bambini, con un carattere piuttosto duro come il vivere sempre in mezzo a una strada.
Ma è anche vero che in mezzo a questa gente sempre definita "vera", non mancano i sentimenti, i richiami dei sogni a un mondo migliore, a una vita parallela a quella che si conduce, magari con i propri genitori vicino. Una vita senza più il problema dei soldi, del vivere bene e dello stare insieme ad altri amici che più o meno condividono le stesse passioni, ma sono soliti guardare con occhi discriminanti chi viene dalla strada e si fa da solo.
Questo avviene in una città molto grande, ma ormai anche in quelle piccole è possibile trovare queste realtà, e quest'anime ci vuole insegnare che davanti a difficoltà così pesanti come quelle presenti nel cartone ci si può sempre rimboccare le maniche e sopravvivere per un futuro meno disgraziato di quello che si è ricevuto.
In certi sensi Coccinella ricorda le famose sceneggiate napoletane, dove la famiglia viene prima di ogni cosa, dove c'è il rispetto reciproco per i propri fratelli e amici, e si ha rispetto per ogni cosa. Piccoli "credi" che oggi si tende a dimenticare, in una società dove facebook si sostituisce ormai alle strette di mano e ai citofoni.
Anche negli occhi accesi dei protagonisti si vede la diversità, si vede la protezione per i più deboli, per gli animali trovatelli, e si trova anche il tempo per pensare davvero a tante cose importanti, come il cercare lavoro senza mettersi nei guai oppure le lotte di classe, molto presenti e radicate in questo anime.
Ci sono molti spunti appartenenti a serie come "Tommy la stella dei Giants" per la descrizione della nuda realtà periferica, come "Ugo il re del judo" per gli sketch divertenti, nonché vi sono siparietti molto vicini alla trama di "Gigi la trottola", oppure al fare a pugni nella vita come in "Rocky joe" e "Forza sugar", dove il tutto e il niente non fanno differenza per chi soffre dalla nascita di un disagio non voluto.
E la serie ci vuole insegnare proprio questo, forte della grandezza dei suoi spensierati oltre 100 episodi: ovvero che più forte è la difficoltà, più grande è il cuore e la passione che ci si mette per diventare un qualcuno onesto e rispettabile nel futuro. Laddove la coccinella è simbolo in questo caso dell'allegoria della fortuna e dell'allegria di una famiglia che non si dà mai per vinta. Molti ragazzi di oggi dovrebbero imparare da Coccinella e dai suoi 7 fratelli, specie chi crede che il tutto nella vita sia dovuto.
Ma è anche vero che in mezzo a questa gente sempre definita "vera", non mancano i sentimenti, i richiami dei sogni a un mondo migliore, a una vita parallela a quella che si conduce, magari con i propri genitori vicino. Una vita senza più il problema dei soldi, del vivere bene e dello stare insieme ad altri amici che più o meno condividono le stesse passioni, ma sono soliti guardare con occhi discriminanti chi viene dalla strada e si fa da solo.
Questo avviene in una città molto grande, ma ormai anche in quelle piccole è possibile trovare queste realtà, e quest'anime ci vuole insegnare che davanti a difficoltà così pesanti come quelle presenti nel cartone ci si può sempre rimboccare le maniche e sopravvivere per un futuro meno disgraziato di quello che si è ricevuto.
In certi sensi Coccinella ricorda le famose sceneggiate napoletane, dove la famiglia viene prima di ogni cosa, dove c'è il rispetto reciproco per i propri fratelli e amici, e si ha rispetto per ogni cosa. Piccoli "credi" che oggi si tende a dimenticare, in una società dove facebook si sostituisce ormai alle strette di mano e ai citofoni.
Anche negli occhi accesi dei protagonisti si vede la diversità, si vede la protezione per i più deboli, per gli animali trovatelli, e si trova anche il tempo per pensare davvero a tante cose importanti, come il cercare lavoro senza mettersi nei guai oppure le lotte di classe, molto presenti e radicate in questo anime.
Ci sono molti spunti appartenenti a serie come "Tommy la stella dei Giants" per la descrizione della nuda realtà periferica, come "Ugo il re del judo" per gli sketch divertenti, nonché vi sono siparietti molto vicini alla trama di "Gigi la trottola", oppure al fare a pugni nella vita come in "Rocky joe" e "Forza sugar", dove il tutto e il niente non fanno differenza per chi soffre dalla nascita di un disagio non voluto.
E la serie ci vuole insegnare proprio questo, forte della grandezza dei suoi spensierati oltre 100 episodi: ovvero che più forte è la difficoltà, più grande è il cuore e la passione che ci si mette per diventare un qualcuno onesto e rispettabile nel futuro. Laddove la coccinella è simbolo in questo caso dell'allegoria della fortuna e dell'allegria di una famiglia che non si dà mai per vinta. Molti ragazzi di oggi dovrebbero imparare da Coccinella e dai suoi 7 fratelli, specie chi crede che il tutto nella vita sia dovuto.
Quando si parla della Tatsunoko si pensa sempre ai suoi classici kodomo. Tentoomushi no Uta, Coccinella in Italia, è un anime del 1974 in linea con le produzioni sue contemporanee. Coccinella, la nostra protagonista (il cui nome originale è Yoko) è una bambina di cinque anni che vive con i sei fratelli nella casa lasciata dai genitori trapassati di recente. Un nugolo di personaggi più o meno sensati (alcuni proprio no) si alterna nella sua vita, fatta di piccole gioie e piccoli dolori, ed in ogni puntata, lei, la nostra piccola protagonista, diventa il perno risolutore (spesso involontario) dei problemi di qualcuno. Vuoi del fratello Kaji, perennemente nei guai e che come character design ricorda un po’ Rocky Joe. Vuoi di Kuma, l’amico paterno che gestisce lo zoo di Ueno a Tokyo, dove la serie è ambientata.
La sceneggiatura è un po’ scarna e confrontata con le produzioni del tempo (Heidi sopra tutte) sfigura e non poco. La maggior parte degli eventi sono regolati dalle azioni del potente e ricchissimo nonno dei fratelli Ishou, che rifiutano categoricamente gli aiuti del vecchio in preda ad impeti di un’altezzosa smania di orgoglio. È il 1974 s’è detto e va ricordato che in Giappone il genere “Orfano che si fa con le sue mani” tira e parecchio. I motivi sono piuttosto palesi. Il boom sta creando bolle di povertà abissali in cui i pochi arricchiti (perché il benessere arriverà fra qualche annetto) mordono la pagnotta anche degli altri. In questo clima spopolano due generi di format: l’orfano che si riscatta e lo yakuza che non perde l’onore. Siccome lo yakuza in formato kodomo non è un bel vedere le produzioni anime per bambini si fiondano sul primo genere.
Coccinella arriverà in Italia all’inizio degli anni ’80 trasmessa da tv locali e passerà un po’ in sordina con le sue 100 puntate, infatti per qualche ragione oscura nel nostro paese non arriveranno mai gli ultimi episodi. Io la ricordo con una certa nostalgia, ma per scrivere la recensione ho dovuto darle un’occhiata per rinfrescarmi le idee e c’è da dire che il prodotto è alquanto mediocre. Tuttavia di sicuro in Italia ha avuto poco mordente in quanto è uno specchio abbastanza veritiero del Giappone di quegl’anni, troppo distante dal paese di Zoff e di Andreotti.
Il disegno è in linea con la Tatsunoko degli anni ’70 e ricorda molto Ugo il re del Judo. Forse per il fatto che sono entrambe opere di Noboru Kawasa, sceneggiate e dirette dal grande Hiroshi Sasagawa. Colore interessante, pastellato, caldo. Sfondi risibili, luce assente, key animation in linea col periodo.
In poche parole un kodomo shojo evitabile, che non ha detto molto e che non è destinato a far parlare ancora di sé. Sei.
La sceneggiatura è un po’ scarna e confrontata con le produzioni del tempo (Heidi sopra tutte) sfigura e non poco. La maggior parte degli eventi sono regolati dalle azioni del potente e ricchissimo nonno dei fratelli Ishou, che rifiutano categoricamente gli aiuti del vecchio in preda ad impeti di un’altezzosa smania di orgoglio. È il 1974 s’è detto e va ricordato che in Giappone il genere “Orfano che si fa con le sue mani” tira e parecchio. I motivi sono piuttosto palesi. Il boom sta creando bolle di povertà abissali in cui i pochi arricchiti (perché il benessere arriverà fra qualche annetto) mordono la pagnotta anche degli altri. In questo clima spopolano due generi di format: l’orfano che si riscatta e lo yakuza che non perde l’onore. Siccome lo yakuza in formato kodomo non è un bel vedere le produzioni anime per bambini si fiondano sul primo genere.
Coccinella arriverà in Italia all’inizio degli anni ’80 trasmessa da tv locali e passerà un po’ in sordina con le sue 100 puntate, infatti per qualche ragione oscura nel nostro paese non arriveranno mai gli ultimi episodi. Io la ricordo con una certa nostalgia, ma per scrivere la recensione ho dovuto darle un’occhiata per rinfrescarmi le idee e c’è da dire che il prodotto è alquanto mediocre. Tuttavia di sicuro in Italia ha avuto poco mordente in quanto è uno specchio abbastanza veritiero del Giappone di quegl’anni, troppo distante dal paese di Zoff e di Andreotti.
Il disegno è in linea con la Tatsunoko degli anni ’70 e ricorda molto Ugo il re del Judo. Forse per il fatto che sono entrambe opere di Noboru Kawasa, sceneggiate e dirette dal grande Hiroshi Sasagawa. Colore interessante, pastellato, caldo. Sfondi risibili, luce assente, key animation in linea col periodo.
In poche parole un kodomo shojo evitabile, che non ha detto molto e che non è destinato a far parlare ancora di sé. Sei.