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Ozu76

Episodi visti: 12/12 --- Voto 6,5
Diciamo che "Taishō Otome Otogibanashi" non è il miglior anime che abbia visto e nemmeno il più entusiasmante! Però, sono molto soddisfatto di averlo visto.
È una storia carina e molto dolce che si lascia godere in questi dodici episodi.

È la storia, ambientata negli anni '20 del '900, di due ragazzini messi insieme un po' dal destino avverso e dalla brutale arroganza degli adulti, che vede crescere una tenera storia d'amore e di rinascita. In breve, il protagonista è il terzo rampollo della ricchissima e potente famiglia Shima. Il ragazzo, sedicenne, è stato vittima di un incidente automobilistico in cui ha perso la madre e l'uso del braccio destro. Tanto per non farsi mancare nulla, il padre adesso lo considera uno scarto di cui liberarsi e lo spedisce fuori dai piedi, relegandolo in una tenuta di famiglia, in una zona di campagna lontano da tutto e tutti. Addirittura, di lì a poco gli comunica che per la famiglia è considerato morto, con tanto di sceneggiata ufficiale. Il ragazzo, già provato dalla pressione del suo ruolo famigliare e dalle pochissime attenzioni ricevute dai genitori, cade in una profonda depressione, desiderando solo di scomparire del tutto. Unica cortesia che il padre gli ha concesso è l'"acquisto" di una ragazzina di quattordici anni (a fronte di un forte debito familiare), che dovrà accudirlo e diventare sua moglie in futuro. Caso vuole che questa sarà la svolta della storia: Yuzuki è una ragazzina piccoletta di statura, molto dolce e carina, ma anche forte, garbata e volenterosa. La ragazza capisce subito le difficoltà del giovane, ma rimane colpita dalla sua gentilezza d'istinto, anche nel suo essere torvo e abbattuto. Senza 'spoilerare' altro... il giovane Tamahiko troverà in lei a poco a poco una ventata di aria nuova, un raggio di sole, la motivazione per rialzarsi e affrontare una vita che credeva già terminata e senza futuro.

I toni della storia non sono così drammatici o sdolcinati come si può pensare. È una storia molto garbata di due ragazzi in cerca della propria strada. Per Tamahiko quella di diventare un uomo su cui poter fare affidamento, alla faccia di un genitore ottuso, e per Yuzu quella di donna e moglie che vive un bel matrimonio accanto alla persona che ama.
La storia è bella perché, pur trattando temi pesantini, non eccede in complessi giochi psicologici. In fondo, si tratta di due ragazzini, che devono "solo" rimettere in carreggiata la loro vita. Saranno comunque aiutati nella storia da altri personaggi, sui quali i due riusciranno a far colpo.

L'affresco storico potrebbe essere notevole, sul finale sarà presente un evento reale del Giappone... tuttavia il contesto è solo sfiorato. In realtà, l'unica cosa presente è il contesto sociale fatto di rigide regole, ma la storia non si dilunga molto in spiegazioni, bisogna farsene un'idea da sé.

In definitiva, è un buon anime da guardare, non aspettavi frizzi e lazzi, i ritmi sono blandi ma accettabili.
Ripeto, una storia carina, garbata e molto dolce, in cui è impossibile non fare il tifo per i due protagonisti.


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Atenaide

Episodi visti: 12/12 --- Voto 6,5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Giappone, anni ‘20. Tamahiko, figlio maschio di una nota famiglia, ha un incidente in auto, nel quale perde la madre e l’uso del braccio destro. Considerato una vergogna dall’ambizioso e gelido padre, che in lui vedeva il suo erede, viene esiliato nella casa del nonno, in un villaggio di campagna. L’atmosfera di questa realtà rurale si respira benissimo, tra scorci del paese, grandi boschi e sentieri battuti costeggiati dal verde e costruzioni tipiche.
Per non lasciarlo solo a sé stesso, il padre, approfittando dei debiti di un pover’uomo, compra in cambio dell’estinzione degli stessi la figlia quattordicenne, Yuzuki, per farla diventare la moglie di Tamahiko, affinché si prenda cura di lui in quell’esilio rurale. In una serata nevosa e ostile, Yuzuki arriva a casa di Tamahiko e i due si incontrano. Dubbio che mi sono posta è stato: “Come ha fatto Tamahiko, con una tale disabilità, a sopravvivere da solo una settimana senza l’ombra di un aiuto o una domestica?”

L’anime seguirà poi i diversi momenti nei quali i due ragazzi cominceranno ad armonizzare i loro opposti caratteri. Da una parte ci sarà la solare Yuzu, che, malgrado al situazione infelice in cui potrebbe sentirsi, tira fuori tutta la sua positività e il suo innocente entusiasmo per la vita, contagiando Tamahiko, la cui infanzia senza amore l’ha reso introverso e il cui incidente ha chiuso ancora di più i suoi rapporti col mondo, rendendolo distaccato fuori e sofferente di un dolore macerante dentro. Da parte sua, Tamahiko ha un carattere gentile e timido e una buona capacità di autocritica, e con queste qualità sarà per Yuzu il principe azzurro da lei desiderato.
La timidezza che entrambi hanno renderà i loro momenti assieme teneri e memorabili, e alla fine dell’anime apprezzeremo il loro percorso e la loro crescita.

La lentezza con cui si sviluppa la consapevolezza di un sentimento chiaro e l’assoluta mancanza di malizia, malgrado convivano soli, da un lato rende quest’anime tenero e romantico, dall'altra fa sì che appaia innaturale, tanto più che riferimenti al sesso ci sono, sia nelle riviste di Tamahiko, che nelle allusioni di Ryo (di cui evinciamo un passato da meretrice, ma non per colpa sua).

A livello narrativo abbiamo una prima parte in cui si creano situazioni da slice of life, nelle quali i due protagonisti creano una loro routine e in essa gettano le basi della loro relazione. A scompaginare tutto o dare supporto ai due (per il puro fatto che difficilmente un anime si regge su due personaggi, eccezioni a parte), ci sono i personaggi secondari. Ed essi sono mostruosamente invadenti e troppo macchiettati, gettando sullo sfondo Yuzu e Tamahiko, relegati a una routine affettiva tenera con pochi momenti orchestrati di dichiarazioni reciproche all’acqua di rose, che all’inizio ci possono anche stare, poi risultano davvero deboli per costruire una vera storia d’amore.

Un altro dubbio di natura pratica che è emerso è: se Tamahiko aveva a casa una Yuzu che gli faceva da compagnia e colf (ci stava, erano altri tempi), e quindi era aiutato nella sua difficoltà a fare le cose, come mai si arrangia così bene e con tale naturalezza a portarsi le cose, a maneggiarsi il materiale, che fossero libri o l’eccezionale bento di Yuzu, a vestirsi, quando decide di entrare di nuovo in un’istituzione che aveva abbandonato? Posso immaginare che storicamente non esisteva il sostegno, però tutta la disinvoltura di Tamahiko non può essere spiegata così facilmente chiamando in causa la sua abitudine ad essere disabile.

Dopo molta lentezza, sul finale c’è un’accelerazione da cardiopalma. Yuzu va a Tokyo, proprio quando si scatena lo storico terremoto, che abbatte molti edifici (all’epoca in legno) e taglia ogni via di comunicazione. Tamahiko tira fuori tutto il suo amore e tutto il suo coraggio e parte per cercarla, in una lotta disperata contro la paura di perderla, la stanchezza infinita, la sofferenza di un mondo piegato dal terremoto e la scoraggiante mancanza di ogni indizio di dove lei sia. Sono episodi ben fatti, anche a livello narrativo, nei quali emergono le sofferenze delle persone coinvolte e lo sconvolgimento di tutti verso un mondo che si è fatto tragedia ed emergenza.

Purtroppo il finale ha registrato un calo considerevole, malgrado la sua potenzialità, per due motivi.
In primo luogo, nessuno si degna di spiegare le vicende famigliari di Tamahiko come si deve. E quindi scopriamo che anche lo zio è un fuoriuscito; che un nipote suo sta male, ma le beghe famigliari sembrano insanabili e passano sopra un famigliare ferito; che, in fin dei conti, Tamahiko è un incapace nell’affrontare un padre, la cui esistenza monolitica e perfida lo rende disumano, non tanto, però, da minacciare ritorsioni al diniego del fratello alla sua richiesta. La chiusura di questi rapporti burrascosi doveva essere gestita molto meglio, ma, essendo quest’anime buonista alla massima potenza, non poteva tollerare brutture su un finale da “favoletta”.
In secondo luogo, sacrificando il tempo per affrontare le vicende più serie (e utili per capire il futuro di Tamahiko e di Yuzu), si lascia un finale melenso, in cui la claustrofobia sopracitata diventa soffocante. Abbiamo infatti la celebre coppia principale e la maggior parte dei personaggi secondari, che Tamahiko ringrazia di tutto, pure di respirare (che, scusate se lo dico, è cosa da femmine ringraziare così). I ringraziamenti risultano davvero pesanti e fuori luogo. Se, infatti, c’era stata abbastanza fiducia da affrontare assieme difficoltà davvero serie, a che pro ringraziarsi a voce? Quello che è dato, è dato, quello che è avuto, è avuto. Non c’era nulla da aggiungere.

Il finale rosa, poi, era prevedibile, ma doveva essere in linea con la traccia romantica già seguita. Forse era meglio una passeggiata al tempietto della volpe con una tenera dichiarazione reciproca e forse un bacio meno fuori luogo e fuori tempo. Invece, per fare un finale corale all’acqua di rose, hanno dedicato troppo tempo a far ripetere a Yuzu cose già sapute e tutto è culminato in maniera brutta e impropria. Sospetto che il focus narrativo volesse concentrarsi non tanto su Yuzu e Tamahiko, quanto su come Yuzu abbia cambiato Tamahiko stesso.

È l’eccessivo buonismo a distruggere una narrazione che poteva essere più efficace, togliendo, con l’eccessiva allegria e tanta accettazione dei mali inflitti dagli altri, quella profondità sofferta che avrebbe reso tutti più umani e il racconto più credibile. Cito con sofferenza la storia di Ryo, che è allegra, malgrado sia stata venduta una volta e abbia i fratellini da crescere con un padre violento e ubriacone. Purtroppo questa cosa è emersa per un episodio, per poi sparire “pacificamente”. Altro esempio è il fratellino di Ryo, che prima scappa di casa impaurito dalla possibilità che, se va a lavorare a Tokyo, sarà incatenato lì senza possibilità di tornare mai a casa, scoprendo poi una cosa banale e che nessuno si è degnato di spiegargli: esistono delle ferie. Tanta tragedia per nulla, ma è una tragedia annacquata.
Se lo scopo dell’anime era puntare sulla leggerezza romantica, hanno scelto il contesto sbagliato, mutilando una narrazione che meritava più profondità e aggiungendo personaggi che andavano calibrati meglio.

A proposito di personaggi, buona la coppia principale. Emerge molto poco, purtroppo, a parte i primi episodi in cui è la protagonista indiscussa, poi avremmo qualche evoluzione, ma sarà un menage da vecchia coppia sposata con rari momenti di tenero romanticismo senza troppe evoluzioni significative (segnalate solo da rapidi dialoghi o monologhi e scene “costruite”). Tamahiko è un buonissimo personaggio, la cui evoluzione è significativa: da depresso misantropo, frutto di un educazione anaffettiva e così sensibile da essere stato fortemente segnato sia dall’incidente, che dalla sdegnosa considerazione che il padre ha di lui, grazie a Yuzu si apre al mondo, manifestando le sue qualità migliori, come il coraggio, la costanza, la pazienza, l’altruismo. Peccato non sia riuscito a prendere posizione col padre, dichiarandogli di essere vivo e voglioso di realizzazione. La sua, così, sarebbe stata una vittoria completa.
Yuzu è un personaggio controverso. Rappresentata sempre come positiva, solare, disponibile ai sacrifici per gli altri, accomodante e mai negativa, è la classica personalità felice e trascinante che fa da stimolo a personalità chiuse. La sua allegria e la sua esagerazione (ha troppi capelli, troppo seno) la rendono un personaggio innaturale, tipo una mascotte. Per fare la cattivella, potrei dire che, comunque, Yuzu, aveva tutto il diritto, in alcune situazioni, di alzare un muro dal mondo, o almeno disperarsi, ma la madre, sospetto, l’ha “maledetta” con una frase che è un’ingiusta prigione emotiva, tanto più che i desideri vanno espressi per sé, non impegnando terzi.
Aggiungo che a livello musicale Yuzu è fastidiosa. Canta sempre la solita canzone, che, se da una parte le dà un’aura di dolcezza, dall’altra risulta alla lunga sonoramente fastidiosa.

I personaggi secondari, anziché essere riempitivi, si ha l’impressione che si prendano tutto lo spazio e che non ne lascino ai fidanzati.
Il fatto, poi, che i personaggi secondari emergano colorati, divertenti, macchie di colore accanto a una coppia principale che deve prendere la giusta sfumatura, sbilancia il tutto, rendendo claustrofobica la narrazione e riempiendola di inutili distrazioni.
Un esempio sono i bambini del villaggio. A parte la nipponica voglia di studiare, prima sequestrano Tamahiko, poi gli invadono casa. Ryo farà lo stesso, dopo un inizio che avrebbe minato qualunque relazione futura positiva (e, malgrado la sua condotta poco limpida e il suo modo d’agire diretto, risulterà sempre ben accetta). La casa viene sequestrata da tutti e diventa albergo, luogo di studio, spazio per ospiti che non sanno stare al loro posto. I due fratelli canterini e la loro aura musicale, diventati amici in tempo zero, non si possono vedere. La loro personalità fagocita la coppia principale negli episodi in cui sono presenti tutti e quattro.

Merita menzione Tamako, la sorellina di Tamahiko, la cui personalità in evoluzione disegna una bella parabola narrativa, vedere per credere. Anche lei deve ringraziare Yuzu per la sua transizione, ma penso che a certi caratteri basta una spintarella e l’occasione per fiorire.

Il padre è quel personaggio così totemico che pare pure lui o completamente coerente o completamente innaturale, e senza né dialoghi a manifestarne il pensiero né motivazioni ribadite. Lui è così perché è così, punto, in una visione infantile e un po' freudiana del genitore tiranno. Si possono evincere le sue motivazioni, ma pecca di profondità, nascosto per bene da troppi personaggi buonisti.
Io sono dell’idea che, se vuoi fare un anime come si deve, l’antagonista deve emergere e manifestare la sua personalità, non essere solo il convitato di pietra. Stesso discorso vale per la sorella maggiore, che ha una scenetta poco edificante alla fine, che nasce e muore così.

A livello di grafica, gli sfondi meritano davvero, che sia un villaggio rurale con i boschi bucolici o che presenti una Tokyo pre e post terremoto. Ho apprezzato tantissimo le stampe dei kimono e la casa di Tamahiko, così tradizionale sia negli interni sia negli spazi esterni. Il chara design è gradevole, alla lunga, ma innaturale. Ci sono occhi grandi, capelli tipo parrucche, personaggi con capelli rosa o blu e occhi di un marcatissimo viola vivo.

L’opening è davvero orecchiabile e descrive bene l’evoluzione dell’anime, presentandolo in modo migliore di quello che è: potere dei trailer!

Concludendo, questo anime, se visto con leggerezza, può essere davvero gradevole, purtroppo la componente romantica mal gestita, i personaggi secondari invadenti, il buonismo così pervicace da censurare ogni bruttura del mondo (seppur necessaria a portare avanti la trama e a dare profondità ad eventi e personaggi), la trattazione quasi infantile dei personaggi, il finale melenso e corale hanno fatto decadere molto il valore di un contesto storico che poteva essere un’ottima trave portante (tra cui il terremoto). Il voto finale è un 6,5.


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menelito

Episodi visti: 12/12 --- Voto 6,5
Si tratta forse di un capolavoro? No.
Si tratta di una storia inaspettatamente avvincente? Sì. Cioè, a tratti.
Il rapporto fra i due è abbastanza prevedibile e all'inizio sembra effettivamente abbastanza forzato, ma eventi particolari stravolgeranno la quotidianità della coppia e daranno abbastanza pepe a tutto il racconto, rendendo anche una storia così controversa tenera e godibile.
Non c'è chissà quale sviluppo nel carattere dei personaggi, ma il protagonista fra il primo e il dodicesimo episodio fa passi da gigante, quindi nulla di trascendentale, però piuttosto buono, dai. Le uniche parti che ho trovato davvero noiose (ma lì sono gusti personali) sono state quelle in cui compariva la cantante, abbastanza fini a sé stesse.

Attenzione: la parte seguente contiene spoiler

Alcuni lati della storia non mi sono totalmente chiari. Per esempio, che fine ha fatto il padre alcolizzato di Ryo? Perché Yuzu continua a sognare i genitori come se fossero santi, nonostante l'abbiano venduta? Perché alla fine Tamahiko sembra volersi riappacificare con quell'immondo essere che è suo padre? Sinceramente, il rapporto fra lui e la sorella piccola è l'unico barlume di speranza in quella famiglia disastrata.

Fine parte contenente spoiler

I disegni sono così così, il comparto sonoro abbastanza anonimo.

In sostanza, non lo rivedrei una seconda volta, ma sono contento di avergli dato una possibilità. Discreto.