La voce del cigno
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Introduzione, trama e svolgimento
Basato sul racconto "The Trumpet of the Swan" dello scrittore statunitense Elwyn Brooks White, "La voce del cigno" è un piccolo racconto sulla "diversità" e soprattutto sulla necessità di imparare ad ascoltare, per comunicare e non solo parlare. Già, perché c'è più di un singolo modo di comunicare; noi utilizziamo principalmente la componente orale del discorso, ma in realtà questa non si limita solo alla bocca. Il nostro stesso corpo parla più o meno volontariamente e involontariamente. Questo film vuole spronarci ad imparare nuovi modi di esprimersi, di comunicare, di raccontare, di essere e vivere, e quindi intendersi con le altre persone, in modo da costruire relazioni sociali molto più durature e stabili nel tempo.
Louie è un piccolo di cigno muto dalla nascita, il quale si trova a dover affrontare molti disagi a causa di questo suo "difetto". Alcuni arrivano persino a deriderlo e umiliarlo per questo. Ma altri invece prendono le sue difese, prima fra tutti la sua famiglia, e specialmente suo padre. Successivamente, anche altri animali della foresta lo difendono e lo aiutano a superare questa sua condizione, insegnandogli e dimostrandogli che avere un handicap non è necessariamente una privazione, bensì una strada per imparare qualcosa di nuovo e saperlo usare a proprio vantaggio. In più, anche un ragazzo umano si offre di aiutarlo nella sua decisione di imparare a leggere e scrivere, per non sentirsi più escluso dagli altri e poter comunicare con loro. Quindi, il nostro piccolo Louie intraprende il suo viaggio personale nel mondo della lettura, scrittura. Passa il tempo e Louie cresce e fa ritorno nel proprio stormo di cigni. Tuttavia, fa ancora fatica ad inserirsi. Prova a fare colpo su Serena, ma il padre di questa preferisce Boyd, il quale è più dotato dal punto di vista canoro. Il padre di Louie ha un incubo nel quale viene inseguito dalla polizia umana per il furto della tromba che aveva rubato per suo figlio, e si sente preso dai rimorsi e dai sensi di colpa. Per rimediare, Louie si fa assumere come trombettiere del campus estivo, dove lui e il suo amico umano Sam Beaver si aiutano nelle diverse sfide del campeggio. Louie diventa la mascotte ufficiale del campeggio, ma Sam gli fa capire di dover fare qualcosa di più per poter aiutare suo padre, e di doversi recare nelle grandi città del Paese come Boston o Philadelphia per poter "spiccare il volo" nel mondo dello spettacolo. Giunge alla prima e il pubblico rimane subito ammaliato dal nostro amico cigno, il quale conquista le folle con la sua tromba, e arriva alla vetta a poco a poco. Tutto sembra procedere nel modo migliore tra concerti, fama e gloria, ma il richiamo dell'amore è forte anche in lui, e quando viene a sapere che Serena sta per sposare Boyd, decide di tornare a Red Rock Lake nel Montana, per sfidarlo e conquistare così Serena. Infine, rimane da risarcire il commerciante del negozio di strumenti di Billings. Louie e suo padre si recano sul posto, ma il commerciante è pronto a sparare. Tuttavia, il colpo prende il padre di Louie solo di striscio e alla fine il malinteso è chiarito, perché Louie ha scritto una lettera per suo padre in allegato al sacchetto con i soldi per il risarcimento dei danni. Alla fine i nostri due cigni tornano a Red Rock Lake, e Louie e Serena convogliano a nozze e assistono alla nascita dei loro piccoli.
Grafica
La grafica è molto simile a quella di tante altre pellicole degli Anni '90 e primi Anni 2000. I disegni sono realizzati a mano e con colori ad acquarello, nei quali si riflette la naturalezza dei disegni e della distribuzione degli stessi, i quali concretizzano sempre quelle caratteristiche pertinenti al mondo reale che non devono mai mancare in una vicenda.
Colonna sonora
La colonna sonora è molto vivace, composta di diverse tracce musicali le quali permettono anche al nostro protagonista piumato di comunicare a tutti il proprio pensiero, le proprie emozioni e i propri sentimenti. Quindi, qui la colonna sonora non svolge solo la funzione di cornice per le singole scene, bensì diventa essa stessa coprotagonista della vicenda, perché fa da sostegno al protagonista stesso nella sua difficile seppur apparentemente semplice impresa.
Messaggi e insegnamenti
Seppur nella sua semplicità, questa storia presenta un messaggio dalle molteplici sfumature. La prima sfumatura del messaggio che il film vuole trasmetterci è che non bisogna sentirsi abbattuti per via di un proprio handicap personale, ma che anzi esso può insegnarci molto sul nostro conto, quindi il primo messaggio riguarda l'introspezione, cioè imparare ad avere un rapporto migliore con sé stessi prima di volere un rapporto con gli altri. La seconda sfumatura del messaggio che questa storia vuole trasmetterci è che non sempre parlando si dicono cose importanti e/o interessanti. Quindi, si può pensare che la seconda sfumatura del messaggio sia che il silenzio è oro. Molti dicono tanto, credendo di essere più importanti perché hanno detto tante cose, ma questa è una visione errata e porta a conseguenze nefaste, se non si impara a tenere sotto controllo i propri pensieri. Quindi, la terza sfumatura del messaggio è che proprio nel silenzio si trova la fonte della propria consapevolezza e coscienza, insieme alla propria saggezza e sapienza. Infine, il quarto messaggio è che bisogna, come per tutte le cose, lavorare sopra la propria consapevolezza, coscienza, saggezza e sapienza, e bisogna imparare a capire di chi ci si può fidare e di chi no. Ultimo, ma non per importanza, è che molto spesso un "Mi dispiace!" e uno "Scusa!" sono le sole e uniche parole che bisogna usare per correggere uno sbaglio.
Giudizio finale
Un film semplice, ma non con questo insignificante e/o inutile. Una storia che ci ricorda che dobbiamo restare noi stessi e scoprirci giorno per giorno, al fine di capire che siamo molto di più di quello che sembriamo, e anche i gesti e i fatti sono molto più eloquenti delle parole stesse.
Voto: 8
Introduzione, trama e svolgimento
Basato sul racconto "The Trumpet of the Swan" dello scrittore statunitense Elwyn Brooks White, "La voce del cigno" è un piccolo racconto sulla "diversità" e soprattutto sulla necessità di imparare ad ascoltare, per comunicare e non solo parlare. Già, perché c'è più di un singolo modo di comunicare; noi utilizziamo principalmente la componente orale del discorso, ma in realtà questa non si limita solo alla bocca. Il nostro stesso corpo parla più o meno volontariamente e involontariamente. Questo film vuole spronarci ad imparare nuovi modi di esprimersi, di comunicare, di raccontare, di essere e vivere, e quindi intendersi con le altre persone, in modo da costruire relazioni sociali molto più durature e stabili nel tempo.
Louie è un piccolo di cigno muto dalla nascita, il quale si trova a dover affrontare molti disagi a causa di questo suo "difetto". Alcuni arrivano persino a deriderlo e umiliarlo per questo. Ma altri invece prendono le sue difese, prima fra tutti la sua famiglia, e specialmente suo padre. Successivamente, anche altri animali della foresta lo difendono e lo aiutano a superare questa sua condizione, insegnandogli e dimostrandogli che avere un handicap non è necessariamente una privazione, bensì una strada per imparare qualcosa di nuovo e saperlo usare a proprio vantaggio. In più, anche un ragazzo umano si offre di aiutarlo nella sua decisione di imparare a leggere e scrivere, per non sentirsi più escluso dagli altri e poter comunicare con loro. Quindi, il nostro piccolo Louie intraprende il suo viaggio personale nel mondo della lettura, scrittura. Passa il tempo e Louie cresce e fa ritorno nel proprio stormo di cigni. Tuttavia, fa ancora fatica ad inserirsi. Prova a fare colpo su Serena, ma il padre di questa preferisce Boyd, il quale è più dotato dal punto di vista canoro. Il padre di Louie ha un incubo nel quale viene inseguito dalla polizia umana per il furto della tromba che aveva rubato per suo figlio, e si sente preso dai rimorsi e dai sensi di colpa. Per rimediare, Louie si fa assumere come trombettiere del campus estivo, dove lui e il suo amico umano Sam Beaver si aiutano nelle diverse sfide del campeggio. Louie diventa la mascotte ufficiale del campeggio, ma Sam gli fa capire di dover fare qualcosa di più per poter aiutare suo padre, e di doversi recare nelle grandi città del Paese come Boston o Philadelphia per poter "spiccare il volo" nel mondo dello spettacolo. Giunge alla prima e il pubblico rimane subito ammaliato dal nostro amico cigno, il quale conquista le folle con la sua tromba, e arriva alla vetta a poco a poco. Tutto sembra procedere nel modo migliore tra concerti, fama e gloria, ma il richiamo dell'amore è forte anche in lui, e quando viene a sapere che Serena sta per sposare Boyd, decide di tornare a Red Rock Lake nel Montana, per sfidarlo e conquistare così Serena. Infine, rimane da risarcire il commerciante del negozio di strumenti di Billings. Louie e suo padre si recano sul posto, ma il commerciante è pronto a sparare. Tuttavia, il colpo prende il padre di Louie solo di striscio e alla fine il malinteso è chiarito, perché Louie ha scritto una lettera per suo padre in allegato al sacchetto con i soldi per il risarcimento dei danni. Alla fine i nostri due cigni tornano a Red Rock Lake, e Louie e Serena convogliano a nozze e assistono alla nascita dei loro piccoli.
Grafica
La grafica è molto simile a quella di tante altre pellicole degli Anni '90 e primi Anni 2000. I disegni sono realizzati a mano e con colori ad acquarello, nei quali si riflette la naturalezza dei disegni e della distribuzione degli stessi, i quali concretizzano sempre quelle caratteristiche pertinenti al mondo reale che non devono mai mancare in una vicenda.
Colonna sonora
La colonna sonora è molto vivace, composta di diverse tracce musicali le quali permettono anche al nostro protagonista piumato di comunicare a tutti il proprio pensiero, le proprie emozioni e i propri sentimenti. Quindi, qui la colonna sonora non svolge solo la funzione di cornice per le singole scene, bensì diventa essa stessa coprotagonista della vicenda, perché fa da sostegno al protagonista stesso nella sua difficile seppur apparentemente semplice impresa.
Messaggi e insegnamenti
Seppur nella sua semplicità, questa storia presenta un messaggio dalle molteplici sfumature. La prima sfumatura del messaggio che il film vuole trasmetterci è che non bisogna sentirsi abbattuti per via di un proprio handicap personale, ma che anzi esso può insegnarci molto sul nostro conto, quindi il primo messaggio riguarda l'introspezione, cioè imparare ad avere un rapporto migliore con sé stessi prima di volere un rapporto con gli altri. La seconda sfumatura del messaggio che questa storia vuole trasmetterci è che non sempre parlando si dicono cose importanti e/o interessanti. Quindi, si può pensare che la seconda sfumatura del messaggio sia che il silenzio è oro. Molti dicono tanto, credendo di essere più importanti perché hanno detto tante cose, ma questa è una visione errata e porta a conseguenze nefaste, se non si impara a tenere sotto controllo i propri pensieri. Quindi, la terza sfumatura del messaggio è che proprio nel silenzio si trova la fonte della propria consapevolezza e coscienza, insieme alla propria saggezza e sapienza. Infine, il quarto messaggio è che bisogna, come per tutte le cose, lavorare sopra la propria consapevolezza, coscienza, saggezza e sapienza, e bisogna imparare a capire di chi ci si può fidare e di chi no. Ultimo, ma non per importanza, è che molto spesso un "Mi dispiace!" e uno "Scusa!" sono le sole e uniche parole che bisogna usare per correggere uno sbaglio.
Giudizio finale
Un film semplice, ma non con questo insignificante e/o inutile. Una storia che ci ricorda che dobbiamo restare noi stessi e scoprirci giorno per giorno, al fine di capire che siamo molto di più di quello che sembriamo, e anche i gesti e i fatti sono molto più eloquenti delle parole stesse.
Voto: 8
Quando si rivede dopo molti anni un film che ha caratterizzato una piccola parte della propria infanzia, si spera sempre di riuscire ad apprezzarlo nuovamente, magari guardandolo con un’ottica diversa, valutando attentamente il lato tecnico dell’opera o prestando più considerazione per i dialoghi. Il rischio però è sempre quello di rovinarsi un bel ricordo, specie quando si tratta di un prodotto chiaramente destinato ai bambini che almeno in parte fa leva su una sospensione dell’incredulità che da adulti diventa impossibile.
Riguardando “La voce del cigno”, sicuramente non sono riuscito a farmelo piacere come quando avevo sei anni, ma non è stata neanche una visione spiacevole, e credo che, pur goffamente, questo lungometraggio animato distribuito dalla TriStar Pictures nel 2001 e ispirato dal libro di E. B. White “The Trumpet of the Swan”, abbia qualcosa da dire.
Ciò in cui il film riesce meglio è sicuramente la trattazione di alcuni temi interessanti e gestiti discretamente bene. Il protagonista soffre infatti di mutismo, e questo dà spazio ad alcuni argomenti validi e delicati. Si parla di discriminazione, emarginazione e di incomunicabilità. Questi aspetti vengono affrontati discretamente bene dalla pellicola, che gode oltretutto di alcune buone musiche di sottofondo.
Tuttavia, il film fallisce sotto altri punti di vista. Quando i temi sopracitati sono al centro dell’attenzione, la trama gira e riesce ad avere un senso. Ciò non toglie che vi siano comunque degli escamotage narrativi discutibili e a volte ridicoli. Nello specifico, la storia d’amore che invade sempre più la narrazione è parecchio banale e abbastanza superflua. Anche sul piano dei personaggi non c’è molto da dire. Louie si salva, ma tutti gli altri sono un buco nell’acqua. Inoltre, un film d’animazione americano che parla di un personaggio che impara ad esprimersi con una trombetta in un contesto di cigni trombettieri non poteva perdere occasione di dare sfogo a un lato musical non propriamente riuscito. Ho sentito di peggio, ma le canzoni del film sono poca roba. Si passa dal mediocre al discreto per le più ispirate di esse, ma non oltre. Quantomeno però qui avevano una buona scusa, in altre produzioni simili dell’epoca le canzoni venivano incollate a forza un po’ ovunque su questo genere di produzioni.
In definitiva, “La voce del cigno” è un film carino, abbastanza ambizioso nei temi, ma un po’ rattoppato su tutto il resto. Anche sul piano tecnico non è una meraviglia, considerando che si tratta pur sempre di un prodotto per il grande schermo e non un film per l’home video o simili. Una visione passabile che alterna buoni spunti argomentativi a scelte narrative banali e stereotipate.
Riguardando “La voce del cigno”, sicuramente non sono riuscito a farmelo piacere come quando avevo sei anni, ma non è stata neanche una visione spiacevole, e credo che, pur goffamente, questo lungometraggio animato distribuito dalla TriStar Pictures nel 2001 e ispirato dal libro di E. B. White “The Trumpet of the Swan”, abbia qualcosa da dire.
Ciò in cui il film riesce meglio è sicuramente la trattazione di alcuni temi interessanti e gestiti discretamente bene. Il protagonista soffre infatti di mutismo, e questo dà spazio ad alcuni argomenti validi e delicati. Si parla di discriminazione, emarginazione e di incomunicabilità. Questi aspetti vengono affrontati discretamente bene dalla pellicola, che gode oltretutto di alcune buone musiche di sottofondo.
Tuttavia, il film fallisce sotto altri punti di vista. Quando i temi sopracitati sono al centro dell’attenzione, la trama gira e riesce ad avere un senso. Ciò non toglie che vi siano comunque degli escamotage narrativi discutibili e a volte ridicoli. Nello specifico, la storia d’amore che invade sempre più la narrazione è parecchio banale e abbastanza superflua. Anche sul piano dei personaggi non c’è molto da dire. Louie si salva, ma tutti gli altri sono un buco nell’acqua. Inoltre, un film d’animazione americano che parla di un personaggio che impara ad esprimersi con una trombetta in un contesto di cigni trombettieri non poteva perdere occasione di dare sfogo a un lato musical non propriamente riuscito. Ho sentito di peggio, ma le canzoni del film sono poca roba. Si passa dal mediocre al discreto per le più ispirate di esse, ma non oltre. Quantomeno però qui avevano una buona scusa, in altre produzioni simili dell’epoca le canzoni venivano incollate a forza un po’ ovunque su questo genere di produzioni.
In definitiva, “La voce del cigno” è un film carino, abbastanza ambizioso nei temi, ma un po’ rattoppato su tutto il resto. Anche sul piano tecnico non è una meraviglia, considerando che si tratta pur sempre di un prodotto per il grande schermo e non un film per l’home video o simili. Una visione passabile che alterna buoni spunti argomentativi a scelte narrative banali e stereotipate.