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Felpato12

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Radicati al crocevia del metal aggressivo e del beat-driven hip-hop, i Linkin Park sono stati una delle band di maggior successo dei primi anni duemila, incorporando nella loro musica elementi provenienti da generi diversi come l’hardcore rap, il punk, la musica elettronica e il pop. Nonostante fossero gravati dalle designazioni spesso derise del genere nu-metal e rap-rock, si evolsero presto in un qualcosa di molto più complesso, andando oltre queste etichette. Infatti, come suggerisce il nome stesso della band e il titolo del loro album di debutto, “Hybrid Theory”, i Linkin Park erano un ibrido di forze, costruito sull’interazione vocale tra il cantante Chester Bennington, il rapper e tastierista Mike Shinoda e la strumentazione massiccia della band, che stratificava la chitarra di Brad Delson, il basso di Phoenix, la batteria di Rob Bourdon e il giradischi di DJ Hahn. Nonostante l’enorme successo, il loro nucleo fu sempre caratterizzato da due elementi fondamentali: il dolore e la catarsi.

“Meteora”, da cui è tratto “Breaking the Habit”, è il secondo album in studio del gruppo musicale statunitense. Come il precedente “Hybrid Theory” l’album cerca di fondere più generi differenti tra loro, passando dal nu metal al rap rock, con l'aggiunta di elementi provenienti dal rock e dal metal alternativo. Dal punto di vista dei testi, le tematiche affrontate in “Meteora” sono molteplici, alcune più presenti di altre, come la depressione, la rabbia e la sofferenza. Lo stesso Chester Bennington, al riguardo, spiegò a MTV: «Non parliamo di situazioni, ma di emozioni celate dietro le situazioni stesse. Io e Mike siamo persone diverse, perciò non possiamo parlare delle stesse cose, ma entrambi conosciamo frustrazione, rabbia, solitudine, amore e felicità, e da questo punto di vista andiamo d'accordo.»

Tra i tredici brani che compongono il disco, è presente proprio “Breaking the Habit”, che si differenzia dai restanti dodici per la presenza di strumenti ad arco e pianoforte reali. Inoltre, Mike Shinoda ha affermato che si tratta di un brano molto importante per il gruppo, che ha richiesto ben cinque anni per la sua scrittura.

Da valido membro della Generazione Z, per me, la fruizione della musica è molto più legata a Spotify che a YouTube. D’altronde, l’app di streaming offre tutta una serie di vantaggi, che il sito rosso neanche si sogna. Quindi, nonostante mi ritenga un discreto appassionato e un buon ascoltatore dei Linkin Park, fino a qualche tempo fa, non ero minimamente a conoscenza dell’esistenza di questo video musicale. Prodotto dallo studio Gonzo, con la regia di DJ Hahn e Kazuto Nakazawa alla direzione delle animazioni, il video musicale si presenta visivamente molto bene, merito anche della versione HD fatta uscire a cinque anni di distanza dalla prima pubblicazione. Il tratto dei disegni è sporco e, pur parlando di animazioni, il dinamismo non è dominante. In più di qualche frame, questo cede il passo ad una staticità che sembra volutamente adeguarsi al contenuto del testo. Tanti i fermoimmagine e i focus sugli elementi clou della scena. L’atmosfera è cupa, così come suggerisce la quasi totale assenza di colori vivaci. La scena con tutti i membri della band sulla torre è incredibilmente suggestiva e di grandissimo impatto, ma nulla in confronto a quella immediatamente precedente, che vede il tempo riavvolgersi e Chester ripercorrere a ritroso il lancio suicida compiuto da quella stessa torre su cui un attimo dopo, o meglio prima, si ritrova a cantare. Il video è certamente molto bello, ma fa da semplice contorno ad una musica talmente potente e pregna di significato, che necessiterebbe di essere ascoltata ad occhi chiusi. Il testo parla di sofferenza e depressione, di sentirsi inadatti in un mondo che non sembra volerci accettare. Le parole di Chester, così come la sua voce, trasmettono dolore, un dolore straziante, lo stesso che gli ha spesso impedito di vivere a pieno la propria vita. Anche quando tutto è buio intorno a noi, però, c’è sempre una luce da seguire e quella luce siamo noi. Anche se nulla va per il verso giusto e il mondo sembra girare al contrario, non bisogna abbattersi e, anzi, ci si deve sforzare di cambiare e il cambiamento parte sempre prima da noi stessi.

“I don't know how I got this way
I know it's not alright
So, I'm breaking the habit
I'm breaking the habit tonight”


Chester ci lascia con un messaggio di speranza, ci indica quella luce in fondo al tunnel che lui non ha mai trovato. Come dice all’inizio del brano “Memories consume” e questi ricordi, di quello che è stato e di quello che avrebbe ancora potuto essere, fanno terribilmente male.

La speranza di Chester è sempre stata una ed una soltanto, quella di poter essere, con la sua musica, d’aiuto alle persone e, onestamente, credo che con questo brano e con la sua musica in generale ci sia riuscito più che egregiamente.


 4
Vale.

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Se tu - lettore - non hai un'età molto diversa dalla mia, probabilmente sai bene che essere adolescenti a metà degli anni '00 non era esattamente una cosa semplice. Specie poi se ti trovavi in una città diversa, in una scuola nuova, con persone che non conosci.
Tu a quelle persone potevi parlaci o meno, potevano piacerti o no, ma potevi sapere per certo che tutti quanti - da qualche parte nello zaino Eastpak - avevano un lettore mp3, per ascoltare la musica con le cuffiette.
Ed era abbastanza facile prevedere che musica c'era dentro. Era facile perché un altra cosa che sapevi per certo, era che tornati a casa dalle superiori, tutti passavano del tempo davanti alla tv ad ascoltare musica. Tutti passavano del tempo davanti ad MTV.
E da una parte c'erano quelli che ascoltavano il rap di Eminem e 50 cent, poi c'erano i metallari che avevano i SOAD o i 30STM, ai rockettari piacevano i Foo Fighters, ai punk i Green Day. I fighetti si mettevano Justin Timberlake. Quelli che non sapevano cosa ascoltare avevano senz'altro qualcosa dei Red Hot nelle loro playlist, e quelli che ascoltavano pessima musica ascoltavano i Tokio Hotel... o viceversa.
Ma i Linkin Park li ascoltavamo tutti, indistintamente.
Dimostrami il contrario, avanti...
Tutti lo sapevamo. Forse nessuno lo diceva, ma a tutti piacevano.

Ed i Linkin Park li ascoltavamo perché erano perfetti. Strofa tranquilla in rap e ritornello metal urlato ed arrabbiato, era una formula che non poteva non funzionare nell'annidarsi dentro al cuore dei ragazzi.
E se mi sforzo un momento sento ancora la delusione di tanti che nel 2006, durante i primi singoli di "Minutes To Midnight", annunciavano la disfatta di un gruppo che aveva messo da parte il suono ruvido e capace di accogliere le accese sensazioni di un adolescente, a favore di una formula più accessibile e popolare, contenitore di un messaggio più universale.
Forse è per questo che i video di "Meteora" giravano ancora tra il 2005 ed il 2007. C'era ancora rabbia, disagio, malcontento, a c'era bisogno di quelle valvole di sfogo.
E se mi sforzo ancora un'attimo riesco a ripescare alcune scintille di quelle che erano le sensazioni di quando partiva quel tuono in "Breaking The Habit". Quelle scene in reverse che erano abbastanza confuse ed enigmatiche, così come pure il testo, perché non si sapeva bene cosa urlasse Chester, ma quello che sapevamo - ed era lampante - era che fosse arrabbiato. Stavolta sul serio. Stavolta con se stesso. Facile sbraitare quando hai una band che fa casino dietro, ma in questo pezzo lo sentivi chiaramente, siccome ci hanno messo poca chitarra, poco casino, tanta atmosfera. Una scura nebbia di desolazione opprimente.
Lo capivo che quelle urla erano rivolte al mio io interiore. Lo capivo che in realtà se avevo un lato di me sempre incazzato, il problema era mio, era l'incapacità di esprimermi in un periodo cosi complicato, era il voler urlare un malessere che non capivo cosa fosse... o forse erano solo i Tokio Hotel.

Ed allora quando il suono di un mp3 si tramutava in immagini su MTV, sapevi che non eri solo. Sapevi che anche gli altri da qualche parte non erano sempre in pace con loro stessi, e forse questo aiutava un po' tutti a farci pace con quel disagio interiore.
Che poi vattelo a ricordare cosa fosse. Forse il normale disagio di un adolescente che deve iniziare a affrontare i problemi del mondo, forse un effetto collaterale della voglia di stare soli perché cosa vuoi che ne capiscano gli altri... Ma ricordo bene che qualsiasi cosa fosse, i Linkin Park erano li, con una combinazione musicale e delle sensazioni che intercettavamo, magari senza capire tutto, ma che sentivamo nostre. Almeno fino a "Minutes to Midnight" (che tra parentesi è un buon album, ma non era più quella musica che ti parlava da coetanea).
Questa non è la recensione del video di "Breaking The Habit". E cosa ti aspettavi? che a 15 anni sapessi cosa fosse la Gonzo, Kazuto Nakazawa, o anche solo l'animazione giapponese?

Voto 8, ma per tanto per dare un numero, non puoi dare un voto alle sensazioni. Figuriamoci a quelle di un adolescente.


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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"La depressione è vivere, in un corpo che combatte per sopravvivere, con una mente che cerca di morire".

E' la prima volta che mi cimento nella recensione di un video musicale sebbene realizzato sotto forma di animazione. E ammetto che riuscire a scrivere un commento in principal modo sul video non è semplice vista la brevità della sequenza animata. Ad ogni modo, ringrazio coloro che mi hanno segnalato questo video di una delle canzoni più significative dei Linkin Park "Breaking the habit" che, alla luce di quanto accaduto ormai sette anni fa, sembra essere diventata una sorta di "epitaffio" da poter incidere sulla tomba di Chester Bennington, frontman del gruppo statunitense deceduto suicida nel luglio del 2017.

Della band di Agoura Hills si conoscono molte hit quali "In the end", "Numb", "Somewhere I belong", "What I've done", "Leave out all the rest", "Burn it down" che sono divenute, volenti o nolenti, la colonna sonora della prima decade del XXI secolo, soprattutto per coloro che hanno apprezzato il nu metal in cui al rap e al metal più estremo si sono aggiunte sonorità più melodiche e pop valorizzate dalla potenza della vocalità del cantante C. Bennington, capace di spaziare dalla dolcezza sommessa all'urlo straziante e di impreziosire i testi e le melodie delle canzoni del gruppo.

"Breaking the habit", inserita nel secondo album di studio "Meteora" del 2003, è stato comunque un successo e rappresenta a mio modesto avviso una delle canzoni più particolari e "diverse" dal genere predominante della band, scritte dal gruppo fino a quel momento. E il video non poteva in un certo senso essere da meno, in un periodo dove i video musicali erano ancora in auge e rappresentavano il complemento necessario per il successo di un brano musicale.
Infatti per un testo e un brano definibile in un certo senso "fuori dall'ordinario", la band decise di utilizzare per il video uno stile che "rompesse l'abitudine" del pubblico ai soliti videoclip, adottando lo stile delle animazioni giapponesi per illustrare e assecondare con maggiore libertà e fantasia il testo della canzone che rappresenta una sorta di urlo di dolore e anche di ribellione ad uno status di sofferenza interiore che, comunque, sembra non essere superabile.
Da quanto appurato, l'idea fu del DJ del gruppo Joe Hahn che decise di affidare il progetto a Kazuto Nakazawa e per la realizzazione allo Studio Gonzo (oggi non più esistente, ma tra quelli più in auge all'epoca e capace di realizzare serie animate apprezzate come "Full Metal Panic", "Hellsing", "Speed Grapher", "Welcome to the N.H.K.", ecc.)

Lo stile del video riesce a rendere in modo magistrale quello del testo della canzone, che rappresenta ancora oggi in modo diretto ed esplicito il c.d. "male di vivere", lo stato di limbo doloroso in cui versa l'animo di chi è affetto da depressione e l'angoscia di non riuscire "a vedere la luce in fondo al tunnel".
La sequenza delle immagini sono molto eloquenti e coerenti allo stato d'animo di sofferenza e oblio dell'anima: immagini distorte, contorte, con colori a tinte forti, scure e sature, sguardi allucinati, pregni solo di sofferenza, disagio e bisogno di aiuto.

Nella prima parte del video sono contenute le sequenze molto cupe che cercano di seguire il testo del brano: inquietante l'adolescente che scrive su uno specchio col sangue “I’m nothing!” oppure la ragazza che torna a casa e scopre che il suo compagno che la tradisce con un’altra donna; psichedelica e disturbante la sequenza al contrario in cui un ragazzo si getta dalla cima di un edificio, per poi scoprire che è proprio il cantante Chester Bennington e che costituisce il trait d'union con l'ultima parte del video in cui la band si esibisce nella performance del brano fino al termine di esso.

In questo caso è interessante la tecnica utilizzata nel video, utilizzata anche nella serie animata "Aku no Hana", tratta dal manga di Shuzo Oshimi: l'utilizzo del rotoscoping, che consiste nell'impiego di riprese video vere per creare sequenze animate ricalcando immagini girate dal vivo fotogramma per fotogramma, consentendo la creazione di personaggi realistici che si muovono come persone vere.

Lo stile adottato dallo Studio Gonzo riesce molto bene a valorizzare e accentuare l'oscurità, la desolazione e il pessimismo del testo che resta il punto di forza della canzone: estremamente introspettivo e quasi uno strumento per i compositori Mike Shinoda e, soprattutto, Chester Bennington per esternare a modo di sfogo l'oscurità che può pervadere l'anima di chi soffre di depressione. Non è un caso che nel video è proprio Bennington a compiere il salto nel vuoto dall'edificio come se volesse dimostrare che la volontà di farla finita (applicata 15 anni dopo) rappresentasse il suo demone costante e via di fuga definitiva.

"Breaking the habit" rappresenta anche un'eccezione dal punto di vista musicale: predominano le basi pop e melodiche rispetto alle sonorità più dure. La chitarra non è per nulla aggressiva o graffiante senza distorsioni e parte ritmica sembra regolare e tranquilla senza eccessi. Senza parti rap affidate in genere a Mike Shinoda, tutta la canzone si affida alla vocalità straordinaria di Chester Bennington che riesce a "colorare" il testo attribuendogli la disperazione interiore di cui soffriva.

E nel testo si capisce chiaramente che, nonostante la volontà descritta nello stesso titolo, "breaking the habit" rappresenta comunque la difficoltà di rompere un'"abitudine" che resta insuperabile:

"I don’t know what’s worth fighting for
Or why I have to scream
I don’t know why I instigate
And say what I don’t mean
I don’t know how I got this way

I’ll never be alright

So, I’m breaking the habit
I’m breaking the habit
Tonight"

“La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione.” (Vittorino Andreoli). Purtroppo Chester Bennington, al pari di tanti altri anche meno famosi, non è riuscito a resistere alla seduzione del "farla finita".


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Miriam22

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Credo che ognuno di noi abbia conosciuto, e magari canticchiato, almeno una canzone dei Linkin Park, anche non sapendo esattamente che la paternità del brano fosse la loro. Ma chi è questo gruppo?

I Linkin Park, gruppo statunitense formatori nel 1996, simbolo del nu-metal e rock alternativo dei primi anni 2000, hanno conquistato milioni di fan con la loro fusione di rock, rap e melodie elettroniche. Il loro secondo album, "Meteora" del 2003, consolidó il loro status, e il pezzo "Breaking the Habit" rappresenta uno dei brani più introspettivi e toccanti.

La canzone combina elementi elettronici con melodie sottili, e il ritornello esplode in una carica emotiva intensa: la voce di Chester Bennington trasmette una vulnerabilità palpabile, rispecchiando il tormento interiore espresso nei testi. Pare che Mike Shinoda (chitarrista e tastierista del gruppo), scrisse "Breaking The Habit" per salvare Chester Bennington (voce principale del gruppo) dal baratro. Ne lessi tempo fa questa notizia in rete.
Chi conosce la storia dei componenti del gruppo sa che Bennington soffriva di alcolismo e tossicodipendenza fin dall'adolescenza. Shinoda dichiarò in un intervista che i problemi di droga del collega, in quegli anni, si erano aggravati ulteriormente e visto che la band, oltre ad essere un gruppo di lavoro era anche un gruppo di amici, per il suo bene, volle comunicargli che si stava facendo del male con le proprie mani.
Tempo addietro Shinoda aveva iniziato a scrivere un brano, ma per mancanza di ispirazione non riuscì a completarlo. A distanza di anni, però, quando trovò ritmo e note convincenti pensò che per mezzo di quel brano si potesse aiutare Bennington ad uscire dai suoi problemi, quindi riprese in mano il testo e lo riadattò in modo tale da comunicare al suo amico che doveva e poteva riprendersi e ricominciare. Nasceva così "Breaking the Habit".
A sua volta Bennington dichiarò che leggendo per la prima volta il testo della canzone si commosse a tal punto da scoppiare in lacrime. Commentò con queste parole: "Era come se fosse stato scritto un brano sulla mia vita".
Ci volle molto tempo perché Bennington uscisse dal tunnel, ma il gruppo lo sostenne e restò unito superando insieme quel grande problema.

Se tutto ciò sia veritiero, o solo una leggenda metropolitana, non lo sapremo mai, di certo le correlazioni tra le parole del testo e la realtà vissuta non mancano.
Sembra che questo brano fosse tra i preferiti del frontman, chi ricorda la band di quel periodo si ricorda anche come la canzone venisse interpretata e vissuta sentitamente anche sul palco. Molte sono state le volte in cui la performance live superò di gran lunga le aspettative del pubblico riuscendo a trasmettere tutte le loro emozioni più intense.

Ad oggi, dopo l'infausto epilogo (Bennington si suicidó nel 2017) è inevitabile pensare a questo brano dandogli un significato ancora più profondo e doloroso. Ironia della sorte, le tematiche che si toccano nella canzone non sono tra le più felici, si parla di rompere comportamenti che creano dipendenza, di non lasciare che la paura abbia il controllo sulla propria vita. Non parlerei, quindi, di "sconfitte", ma di "riscatti": come avviene nel video che va a ritroso, fino a ritrovare i membri della band che cantano sul tetto di un palazzo (il gruppo fu ripreso in un primo momento e poi "rivisitato" in versione animata), anche nella vita bisognerebbe scavare nel proprio passato per capire il proprio vero "io interiore", i propri sbagli, e guardare al futuro con fiducia ed ottimismo nonostante gli ostacoli. Questo è il messaggio che ci si può leggere.
Tuttavia la trama del video potrebbe essere interpretata in modi diversi a seconda del punto di vista. Dato il suo carattere astratto e simbolico, la narrazione potrebbe risultare difficile da capire per una certa fetta di pubblico, soprattutto per coloro che non conoscono bene il background del gruppo, necessitando di una riflessione più approfondita per comprendere appieno il suo significato.

Ciò non toglie che il video musicale, creato dallo studio Gonzo (con disegni realizzati da Hahn e Nakazawa), aggiunge una dimensione visiva che amplifica ciò che la canzone vorrebbe comunicare. L'uso sapiente di colori tenui e contrasti netti, poi, contribuisce ulteriormente ad enfatizzare il messaggio del video.
Le animazioni, con il loro stile distintivo e surreale, riflettono il tumulto emotivo del protagonista. Come ottimamente raffigurato nel video, la vita è un ingranaggio e basta davvero poco per bloccare un sistema perfettamente funzionante.
Il video è una vera e propria rappresentazione di una lotta interiore attraverso immagini astratte e simboliche che riesce a tradurre in forma visiva il tema del brano.
Sin dalle prime immagini si percepisce un senso di angoscia e isolamento. Il protagonista del video attraversa un viaggio visivo che riflette i suoi conflitti personali, simboleggiando la ricerca di liberazione da abitudini distruttive. Le sequenze animate sono accompagnate da una colonna sonora potente e malinconica, con la voce di Bennington che esprime una grande vulnerabilità toccando corde profonde e rendendo la canzone non solo un pezzo musicale, ma un vero e proprio sfogo emotivo.

Un'altra caratteristica fondamentale del video è la perfetta coordinazione con la musica. I movimenti armoniosi dell'animazione si combinano perfettamente con le dinamiche della musica, generando una sinergia che intensifica l'emozione: il ritmo rapido del montaggio tiene davvero alta l'attenzione. Questa fusione tra musica e animazione crea un’atmosfera avvolgente, trasformando il video in un’esperienza quasi catartica.

In sintesi, "Breaking the Habit" rappresenta l’essenza dei Linkin Park: la capacità di unire sonorità potenti a testi profondi e sinceri. La collaborazione con lo studio Gonzo ha poi dato vita ad un video che esalta ulteriormente la musica, rendendo la canzone ancora più memorabile. Questo pezzo è un chiaro esempio di come la musica possa essere un rifugio e un incentivo per affrontare le proprie paure e debolezze.

"...I don't know how I got this way, I'll never be alright
So I'm breaking the habit...".

Ora non vi resta che guardarlo, ascoltarlo e assaporare le significative parole del testo.


 3
Mirokusama

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Non sono un esperto di musica, ma avendo vissuto quegli anni posso dire che i Linkin Park hanno probabilmente due meriti: il primo è aver avvicinato giovani generazioni di ascoltatori all’inizio del nuovo millennio coi loro primi bellissimi due album a un sound commerciale, ma allo stesso tempo più duro e graffiante della media proposta dal mainstream dell’epoca, principalmente radiofonico mancando tutti gli sbocchi sul web che esistono ora; il secondo è aver fatto la fortuna, insieme a “It’s my life” di Bon Jovi, di migliaia di creatori di AMV su Dragon Ball che impazzavano in quegli anni e che erano pronti ad esplodere da lì a poco con l’avvento di Youtube.

Ma i Linkin Park non hanno incrociato l’animazione giapponese solo per queste vie traverse, ma anche in chiave ufficiale grazie al video musicale del loro ultimo singolo estratto dal secondo album in studio, “Breaking the Habit”, opera dello studio Gonzo e diretto dal DJ membro stesso della band, Joe Hahn. Curiosamente “Breaking the Habit” è un pezzo più ‘morbido’ della media del loro repertorio, melodico e dall’ampia strumentazione tra chitarre, basso, pianoforte, ma privo dei riff distorti o delle parti rappate di Mike Shinoda (autore comunque del testo) visto che il peso vocale è affidato tutto alla buonanima del frontman Chester Bennington. La canzone in sé è una stregua di grido d’aiuto da parte di chi soffre senza capirne davvero il motivo, come in preda a una tipica depressione, di chi “non riesce a capire se c’è qualcosa per cui valga la pena lottare o urlare per ribellarsi” ma alla fine prova comunque a destarsi, spezzare il cerchio, rompere la routine o, appunto, “Breaking the Habit”.

Il video musicale riflette questi contenuti mostrando diverse figure alle prese con problemi più o meno gravi della loro esistenza concentrandosi alla fine proprio sulla figura del frontman Chester, o meglio sui suoi ultimi momenti prima di suicidarsi, evento che viene fatto intuire ma non mostrato direttamente, nei quali è impegnato a cantare la canzone sul tetto di un edificio insieme ai membri della band, una sequenza notevole realizzata al rotoscopio, ricalcando quindi i movimenti fatti effettivamente dai Linkin Park esibendosi nel loro pezzo e registrati dal vivo. La resa grafica del video è molto scura, sporca, con colori opprimenti che trasmettono immediatamente un senso di pesantezza e sofferenza, mentre il design dei personaggi sembra poco ‘giapponese’ passatemi il termine, più realistico che stilizzato con classici occhioni e poche linee del viso.
Il risultato di questo lavoro è un video musicale di grande impatto, non per niente vincitore di un MTV Video Music Awards come più apprezzato dal pubblico nel 2004, che ancora oggi rende fama e giustizia a una canzone non tra le più famose e celebrate della band, ma comunque meritevole di apprezzamento oggi come allora, un lascito a ricordo dell’unico membro oggi scomparso che ironicamente muore anche nel video e un’ulteriore testimonianza dell’impronta lasciata dai Linkin Park sulla scena musicale mondiale con quei due indimenticabili album di inizio millennio.


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ALUCARD80

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Conosciuto come uno dei cavalli di battaglia dei celeberrimi Linkin park - rimasti orfani della tormentata buonanima di Chester Bennington – "Breakin’ the Habit" è un pezzo che incarna perfettamente lo spirito di questo storico, innovativo e amatissimo gruppo, e che ha un posto più che speciale nel cuore del sottoscritto.

Inconfutabile, innanzi tutto, il fatto che tale opera appaia tutt’oggi d’altissimo impatto sia visivo che emotivo. Un sorprendente dinamismo animato, una clip che venne fuori quasi a sorpresa e fece scalpore, da subito apprezzatissima, e che a distanza di quindici anni, non è invecchiata di un solo giorno.

“I don't want to be the one the battles always choose
'Cause inside, I realize that I'm the one confused”


Magia sonora piena di furia. Un'esplosione di note potentissime, scaturita dall’album “Meteora”; illustrato con animazioni che spaziano dal cyber steampunk stilizzato al dramma contemporaneo delle grigie metropoli senz’anima, ci regala animazioni volutamente confuse, aggressive, ultradinamiche, pregne di immagini allegoriche in perfetto stile Studio Gonzo, autore di una perla indimenticabile e indimenticata.
È un mix di emozioni forti ed intense: rabbia e sofferenza che sono proprie dei primi testi con cui i Linkin park hanno raggiunto l’anima di milioni di fans, rimbalzano istericamente ai margini del video, trasmettendo difficoltà adolescenziali (ma soprattutto sociali) di una generazione che si è specchiata in un gruppo capace di reinventare un genere musicale, plasmando la propria leggenda su pezzi storici dei primi due album e raggiungendo l’immortalità, come purtroppo spesso succede, dopo la tragica dipartita del suo amatissimo frontman.

“I don't know what's worth fighting for or why I have to scream
I don't know why I instigate and say what I don't mean”


Diciamolo senza tanti giri di parole: i testi e le parole delle loro canzoni sono nei cuori e nelle menti di milioni di noi, capaci di accompagnarci anche – e soprattutto - in momenti (particolarmente) difficili della vita. Il video ne è la riprova, la messa in animazione di queste emozioni contrastanti e dolorose, purtroppo comuni in molti nuclei familiari, nel cuore di persone sole che in mezzo a tanta gente si sentono ancora più sole, disagio sociale che oggi potremmo addirittura dire essersi inasprito, un continuo lottare contro le difficoltà dei rapporti interpersonali sempre più alla deriva, fra anaffettività, gravi dipendenze, degrado. Il lato orrendo che non vediamo sui social, il disagio di una società che sappiamo tutti esistere. Vite disperate, situazioni dolorose.
Un racconto di droga, un disastro annunciato. Un giorno di ordinario anonimato.
Dalle animazioni pungenti e rabbiose, lo svolgersi del pezzo accompagna il testo straziante e pieno di rabbia in una storia confusa, e dalla metà in poi viene letteralmente riavvolto all’indietro, come se si volesse sfuggire (con estremo affanno) da queste “cattive abitudini”, altrimenti “ill never be all right”: non saremo mai davvero a posto. Come potremo uscirne da tutto questo? Come potremo trovare la tranquillità se non cambieremo queste dannate abitudini?

“I don't know how I got this way, I know it's not alright
So I'm breaking the habit
I'm breaking the habit tonight!”


Dapprima il volto di Chester, poi l’intero gruppo appaiono verso l’epilogo di questi tormentatissimi tre minuti, realizzati con appagante aggressività; il fulcro di tutta la breve vicenda si manifesta però nella prima parte. Possiamo quindi osservare vari elementi di degrado: una donna incinta, persa, dallo sguardo sconfitto e disperato; un litigio, un tradimento, un ambiente malsano, tossico. Sostanze stupefacenti, un quadro sociale aberrante. Non v’è niente di esplicito, ma è possibile comprendere, tristemente, ogni cosa.
Il video si chiude con la band che canta in cima ad un grattacielo, le animazioni sempre più confuse e spigolose, come ad inasprire questo dolore, e mentre le grida di Chester ci arrivano addosso come cazzotti, comprendiamo che lottare nei momenti difficili è un istinto di sopravvivenza che abbiamo l’obbligo di ascoltare, e che non sempre risulta qualcosa di scontato.

Ancora una volta, il messaggio del testo accompagna un video di eccezionale intensità che colpisce sia al cuore che allo stomaco.
Non c’erano dubbi al tempo, non ce ne sono ora, e non ce ne saranno mai: Studio Gonzo, a distanza di anni, dimostra di aver realizzato uno dei video musicali più belli, significativi, intensi ed esplicativi di tutta la musica moderna ed in particolare nu-metal.
E che, per ogni fan dei Linkin Park, oggi, è un sussulto al cuore.
Quasi come una terapia.
Spezzate le cattive abitudini, ricordate: ne avete sempre il potere.