Days with My Stepsister
Leggendo il titolo “Days with My Stepsister”, si potrebbe pensare immediatamente a una trama ricca di cliché, con situazioni già viste e un finale prevedibile. In effetti, è proprio così. Le vicende seguono esattamente ciò che ci si aspetta, ma il modo in cui vengono raccontate mi ha fatto apprezzare la serie. Sin dall'inizio si percepisce un ritmo pacato e misurato, dove dialoghi e pensieri vengono sviluppati con la giusta calma. Il character design dei personaggi è ben costruito, ad eccezione forse di quello dei genitori, un po' troppo deboli a livello caratteriale, sembrano quasi più infantili dei loro stessi figli.
Da sfondo alle vicende c’è il tema della separazione dei genitori, che ha inevitabilmente lasciato cicatrici nell'adolescenza dei protagonisti. Saki si sente costantemente in colpa per i sacrifici che sua madre ha dovuto affrontare da sola per non farle mancare nulla, mentre Yuta ha perso fiducia nel genere femminile a causa dell'abbandono della madre quando era piccolo. Sebbene questo tema serva da pretesto per l'inizio della storia, la separazione è comunque palpabile. Ogni evento richiama l'esperienza vissuta dai ragazzi e il dramma che sono stati costretti ad affrontare. Un argomento tristemente attuale, trattato con delicatezza, senza indugiare troppo sulla sofferenza, ma piuttosto per far comprendere l'ambiente in cui stanno crescendo e maturando i loro sentimenti adolescenziali.
La storia inizia con Yuta e Saki che, da un giorno all'altro, si trovano a condividere la stessa casa. I loro genitori hanno celebrato un matrimonio lampo, e solo successivamente le due famiglie, ora unite, hanno avuto modo di conoscersi. È in questo contesto che i due ragazzi, coetanei, si incontrano per la prima volta. Dopo poche battute, si rendono subito conto di quanto siano simili, sia nel carattere che nei modi di fare. Entrambi sono estroversi, amano i momenti di solitudine, esprimono le loro opinioni in modo diretto e disprezzano l'ipocrisia. Questa somiglianza li spinge ad aprirsi l'uno con l'altro come mai avevano fatto con nessuno prima, e attraverso il loro legame, scopriremo gradualmente le loro storie passate.
Poi vabbè, il resto vien da sé…
Ho apprezzato molto i dialoghi tra Yuta e Saki ogni volta che discutono del loro rapporto; sempre caratterizzati da una compostezza e chiarezza che li rende intensi. Il silenzio di sottofondo contribuisce a far concentrare lo spettatore sulla serietà della conversazione, permettendo di cogliere meglio le emozioni che i due stanno vivendo in quel momento. Si percepisce il loro conflitto interiore, divisi tra i sentimenti profondi che iniziano lentamente a provare l’uno per l’altro e il desiderio di costruire un legame sano come fratello e sorella. La regia riesce abilmente a trasmettere le incertezze che li affliggono, mantenendo l’equilibrio senza scivolare nella banalità.
In contrasto con i caratteri estroversi dei protagonisti, i loro migliori amici, Narasaka per Saki e Yomiuri per Yuta, presentano personalità opposte. Allegri e spensierati, aggiungono una nota di leggerezza alla serie, evitando che assuma toni troppo drammatici. Entrambi, in modo a volte un po' insistente, incoraggiano i protagonisti a confessare i loro sentimenti. Questo rende sempre più chiaro a tutti ciò che sta nascendo tra di loro... tranne che ai diretti interessati, naturalmente.
Il design è ben realizzato, con una grafica accattivante, ma peccato per la mancanza di dettagli, sia negli sfondi che nei volti dei personaggi visti da lontano. Potrebbe essere stata una scelta tecnica, ma non l'ho molto apprezzata. La sceneggiatura presenta alcune lacune, come il mistero attorno a Saki, di cui si parla nelle prime puntate senza mai tornarci sopra, e il rapporto tra Yuta e Yomiuri, che inizialmente sembra promettere uno sviluppo ma non arriva mai a una vera conclusione. Inoltre, manca completamente di colpi di scena, e questo è evidente, poiché ci sono diverse opportunità che non vengono sfruttate. Il genere si presta bene a frasi non dette e situazioni ambigue, creando quella sensazione di imbarazzo e permettendo di vivere le stesse emozioni dei personaggi in quei momenti. Diciamo che si poteva osare di più.
Adesso desidero condividere alcune riflessioni su quest'opera, quindi avviso i lettori che seguiranno SPOILER.
Mi è piaciuto molto che i due cerchino in ogni modo di nascondere i sentimenti che stanno nascendo. Da un lato, hanno dei dubbi se si tratti di amore fraterno o di un vero e proprio amore (dopo tutto, a sedici anni non hanno ancora avuto esperienze simili), e dall'altro sono ben consapevoli che lasciarsi andare in quel contesto sarebbe sbagliato. Lo fanno con grande maturità, e un aspetto che evidenzia la loro crescita è il modo in cui reprimono ciò che provano, nel rispetto dei genitori, desiderosi di costruire finalmente una famiglia felice. In realtà, Saki è la prima a rendersi conto che sta nascendo qualcosa; già dalle prime puntate inizia a mettere in discussione ciò che prova, mentre Yuta sembra accorgersene solo negli episodi finali, un fatto che non mi ha entusiasmato. Questo ha dato l'impressione che la protagonista sia solo Saki, anziché entrambi.
Mi voglio soffermare su due episodi che non hanno ricevuto uno sviluppo adeguato. Il primo riguarda Saki e le voci che la accusano di “vendere il proprio corpo”. Sebbene lei sembri aver confermato queste voci più di una volta, è chiaro che lo fa più per provocare che per ammettere la verità. Nella terza puntata poi, viene rappresentata una scena in cui entra nel letto di Yuta in biancheria intima, sussurrandogli se sia disposto a comprare il suo corpo. Da quel momento, però, non se ne parla più, non accade nulla, e non si chiarisce se quelle dicerie siano vere o meno. Forse c’è un accenno nel colloquio finale tra Saki e la professoressa universitaria, in cui si intuisce che quelle voci erano solo pettegolezzi; almeno, è così che l’ho interpretato.
L'altro episodio riguarda il rapporto tra Yuta e Yomiuri. I due lavorano insieme in libreria e sembrano molto affiatati. Lei, essendo leggermente più grande e sua senpai, lo sprona più volte a dichiararsi a Saki. Si percepisce che nutre sentimenti per Yuta, infatti, dopo averlo astutamente invitato a vedere un film insieme, all'uscita dalla sala si fermano davanti a un distributore automatico. Lì, utilizzando una citazione dal film appena visto, sorprende più noi spettatori che Yuta stesso, il quale risponde con un’altra citazione. Non sono riuscito a capire se stesse parlando sul serio o se fosse solo uno scherzo, poiché l'atmosfera creata dal regista sembrava molto seria. Anche in questo caso, la sceneggiatura presenta una mancanza, non chiarendo né sviluppando mai completamente il rapporto tra i due.
In conclusione, la serie mi è piaciuta molto, l’ho recuperata a fine stagione e l'ho vista in circa tre giorni, perché, nonostante la sceneggiatura non sia il massimo, la voglia di passare subito all'episodio successivo è sempre presente.
Da sfondo alle vicende c’è il tema della separazione dei genitori, che ha inevitabilmente lasciato cicatrici nell'adolescenza dei protagonisti. Saki si sente costantemente in colpa per i sacrifici che sua madre ha dovuto affrontare da sola per non farle mancare nulla, mentre Yuta ha perso fiducia nel genere femminile a causa dell'abbandono della madre quando era piccolo. Sebbene questo tema serva da pretesto per l'inizio della storia, la separazione è comunque palpabile. Ogni evento richiama l'esperienza vissuta dai ragazzi e il dramma che sono stati costretti ad affrontare. Un argomento tristemente attuale, trattato con delicatezza, senza indugiare troppo sulla sofferenza, ma piuttosto per far comprendere l'ambiente in cui stanno crescendo e maturando i loro sentimenti adolescenziali.
La storia inizia con Yuta e Saki che, da un giorno all'altro, si trovano a condividere la stessa casa. I loro genitori hanno celebrato un matrimonio lampo, e solo successivamente le due famiglie, ora unite, hanno avuto modo di conoscersi. È in questo contesto che i due ragazzi, coetanei, si incontrano per la prima volta. Dopo poche battute, si rendono subito conto di quanto siano simili, sia nel carattere che nei modi di fare. Entrambi sono estroversi, amano i momenti di solitudine, esprimono le loro opinioni in modo diretto e disprezzano l'ipocrisia. Questa somiglianza li spinge ad aprirsi l'uno con l'altro come mai avevano fatto con nessuno prima, e attraverso il loro legame, scopriremo gradualmente le loro storie passate.
Poi vabbè, il resto vien da sé…
Ho apprezzato molto i dialoghi tra Yuta e Saki ogni volta che discutono del loro rapporto; sempre caratterizzati da una compostezza e chiarezza che li rende intensi. Il silenzio di sottofondo contribuisce a far concentrare lo spettatore sulla serietà della conversazione, permettendo di cogliere meglio le emozioni che i due stanno vivendo in quel momento. Si percepisce il loro conflitto interiore, divisi tra i sentimenti profondi che iniziano lentamente a provare l’uno per l’altro e il desiderio di costruire un legame sano come fratello e sorella. La regia riesce abilmente a trasmettere le incertezze che li affliggono, mantenendo l’equilibrio senza scivolare nella banalità.
In contrasto con i caratteri estroversi dei protagonisti, i loro migliori amici, Narasaka per Saki e Yomiuri per Yuta, presentano personalità opposte. Allegri e spensierati, aggiungono una nota di leggerezza alla serie, evitando che assuma toni troppo drammatici. Entrambi, in modo a volte un po' insistente, incoraggiano i protagonisti a confessare i loro sentimenti. Questo rende sempre più chiaro a tutti ciò che sta nascendo tra di loro... tranne che ai diretti interessati, naturalmente.
Il design è ben realizzato, con una grafica accattivante, ma peccato per la mancanza di dettagli, sia negli sfondi che nei volti dei personaggi visti da lontano. Potrebbe essere stata una scelta tecnica, ma non l'ho molto apprezzata. La sceneggiatura presenta alcune lacune, come il mistero attorno a Saki, di cui si parla nelle prime puntate senza mai tornarci sopra, e il rapporto tra Yuta e Yomiuri, che inizialmente sembra promettere uno sviluppo ma non arriva mai a una vera conclusione. Inoltre, manca completamente di colpi di scena, e questo è evidente, poiché ci sono diverse opportunità che non vengono sfruttate. Il genere si presta bene a frasi non dette e situazioni ambigue, creando quella sensazione di imbarazzo e permettendo di vivere le stesse emozioni dei personaggi in quei momenti. Diciamo che si poteva osare di più.
Adesso desidero condividere alcune riflessioni su quest'opera, quindi avviso i lettori che seguiranno SPOILER.
Mi è piaciuto molto che i due cerchino in ogni modo di nascondere i sentimenti che stanno nascendo. Da un lato, hanno dei dubbi se si tratti di amore fraterno o di un vero e proprio amore (dopo tutto, a sedici anni non hanno ancora avuto esperienze simili), e dall'altro sono ben consapevoli che lasciarsi andare in quel contesto sarebbe sbagliato. Lo fanno con grande maturità, e un aspetto che evidenzia la loro crescita è il modo in cui reprimono ciò che provano, nel rispetto dei genitori, desiderosi di costruire finalmente una famiglia felice. In realtà, Saki è la prima a rendersi conto che sta nascendo qualcosa; già dalle prime puntate inizia a mettere in discussione ciò che prova, mentre Yuta sembra accorgersene solo negli episodi finali, un fatto che non mi ha entusiasmato. Questo ha dato l'impressione che la protagonista sia solo Saki, anziché entrambi.
Mi voglio soffermare su due episodi che non hanno ricevuto uno sviluppo adeguato. Il primo riguarda Saki e le voci che la accusano di “vendere il proprio corpo”. Sebbene lei sembri aver confermato queste voci più di una volta, è chiaro che lo fa più per provocare che per ammettere la verità. Nella terza puntata poi, viene rappresentata una scena in cui entra nel letto di Yuta in biancheria intima, sussurrandogli se sia disposto a comprare il suo corpo. Da quel momento, però, non se ne parla più, non accade nulla, e non si chiarisce se quelle dicerie siano vere o meno. Forse c’è un accenno nel colloquio finale tra Saki e la professoressa universitaria, in cui si intuisce che quelle voci erano solo pettegolezzi; almeno, è così che l’ho interpretato.
L'altro episodio riguarda il rapporto tra Yuta e Yomiuri. I due lavorano insieme in libreria e sembrano molto affiatati. Lei, essendo leggermente più grande e sua senpai, lo sprona più volte a dichiararsi a Saki. Si percepisce che nutre sentimenti per Yuta, infatti, dopo averlo astutamente invitato a vedere un film insieme, all'uscita dalla sala si fermano davanti a un distributore automatico. Lì, utilizzando una citazione dal film appena visto, sorprende più noi spettatori che Yuta stesso, il quale risponde con un’altra citazione. Non sono riuscito a capire se stesse parlando sul serio o se fosse solo uno scherzo, poiché l'atmosfera creata dal regista sembrava molto seria. Anche in questo caso, la sceneggiatura presenta una mancanza, non chiarendo né sviluppando mai completamente il rapporto tra i due.
In conclusione, la serie mi è piaciuta molto, l’ho recuperata a fine stagione e l'ho vista in circa tre giorni, perché, nonostante la sceneggiatura non sia il massimo, la voglia di passare subito all'episodio successivo è sempre presente.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Non ho letto né light novel né manga, mi sono approcciato alla visione di questo anime che sì, riesce in una certa misura a funzionare e avere un senso logico, ma in alcune parti crolla nella sua coerenza, facendo perdere completamente interesse ed empatia nei confronti dei personaggi.
Inutile riassumere la storia, le cui premesse non sono neanche tanto originali e ripescano un tema, quello dei sentimenti tra fratelli/fratellastri, abbastanza abusato. La componente positiva è, cosa non comune in questo genere di storia, i genitori qui hanno un ruolo abbastanza importante e una buona caratterizzazione.
Purtroppo lo stesso non si può dire dei protagonisti. Yuuta è abbastanza piatto, Saki si porta dietro delle motivazioni piuttosto pretestuose. Son degli adolescenti e gliela perdoniamo. E lo sviluppo del loro rapporto potrebbe anche starci, se non che nel corso degli episodi ci troviamo a osservare degli avvenimenti totalmente insensati, scritti in maniera becera.
Il primo esempio è quando Saki, nottetempo, si infila nel letto di Yuuta per "vendere" il proprio corpo. Al di là del gesto - non ci viene mai chiarito del tutto se effettivamente lo abbia fatto prima in precedenza, forse è sfuggito a me - che non ha molto senso, la cosa decade qui. I due non ne parlano davvero mai più. E capisco che ci possano essere delle remore nel farlo, ma allora perché farmelo vedere? Oppure quel dialogo ridicolo quando lui trova la biancheria di lei in bagno e confessa che avrebbe avuto l'istinto di rubarla. Bel travestimento, Happosai.
Un'altra narrazione che veramente non ha proprio senso è il contorno. Tutti, ma proprio tutti i personaggi secondari, eccezion fatta per i genitori, insinuano che ci possa essere qualcosa tra loro due. Dalla collega di lui all'amica di lei. Siccome due adolescenti vanno a vivere insieme perché i genitori si sono risposati, è automatico che debba capitare qualcosa. L'apoteosi sul finale della serie, con quel delirante dialogo tra Saki e la professoressa. Lì veramente mi sono chiesto cosa gli sceneggiatori si siano fumati perché è qualcosa che non ha il minimo senso logico, al netto della cultura d'origine. Farsi psicanalizzare da una perfetta estranea, alla quale tra l'altro la tua vita privata e il rapporto con il fratellastro è stata raccontata da una terza persona (e per questo Saki neanche se la prende, va tutto davvero benissimo) è innanzitutto deontologicamente becero. E inoltre è intromissione non richiesta alla quale chiunque avrebbe reagito duramente. Per non parlare poi di tutta la storia della giornata in piscina, una pagliacciata dal pretesto iniziale alla conclusione e alle conseguenze. E ci sarebbe tanto altro da dire.
Il finale non racconta davvero nulla di che. Perché giustamente i due non possono far altro che mettere sul tavolo i loro reciproci sentimenti, senza molto pathos, facendo un accordo... di che tipo? Si ameranno senza sfiorarsi? Faranno finta di nulla? Non che importi davvero molto.
Questa storia ha davvero così tante incoerenze che trovo davvero complicato capire il punto di vista di chi la ritiene una delle migliori serie della stagione. Peccato perché il pretesto iniziale e alcuni aspetti - i già citati genitori, finalmente personaggi tridimensionali - sono positivi. Poi però si perde in un bicchiere d'acqua.
Si salvano senz'altro alcune scelte di regia, il ritmo compassato che si prende il suo tempo, senza correre, la mancanza o quasi di fanservice, e sarebbe stato facile buttarcelo dentro. Tecnicamente è di buon livello, così come il comparto sonoro. Una sufficienza regalata solo per questi aspetti, nel complesso per me un'opera abbastanza trascurabile.
Non ho letto né light novel né manga, mi sono approcciato alla visione di questo anime che sì, riesce in una certa misura a funzionare e avere un senso logico, ma in alcune parti crolla nella sua coerenza, facendo perdere completamente interesse ed empatia nei confronti dei personaggi.
Inutile riassumere la storia, le cui premesse non sono neanche tanto originali e ripescano un tema, quello dei sentimenti tra fratelli/fratellastri, abbastanza abusato. La componente positiva è, cosa non comune in questo genere di storia, i genitori qui hanno un ruolo abbastanza importante e una buona caratterizzazione.
Purtroppo lo stesso non si può dire dei protagonisti. Yuuta è abbastanza piatto, Saki si porta dietro delle motivazioni piuttosto pretestuose. Son degli adolescenti e gliela perdoniamo. E lo sviluppo del loro rapporto potrebbe anche starci, se non che nel corso degli episodi ci troviamo a osservare degli avvenimenti totalmente insensati, scritti in maniera becera.
Il primo esempio è quando Saki, nottetempo, si infila nel letto di Yuuta per "vendere" il proprio corpo. Al di là del gesto - non ci viene mai chiarito del tutto se effettivamente lo abbia fatto prima in precedenza, forse è sfuggito a me - che non ha molto senso, la cosa decade qui. I due non ne parlano davvero mai più. E capisco che ci possano essere delle remore nel farlo, ma allora perché farmelo vedere? Oppure quel dialogo ridicolo quando lui trova la biancheria di lei in bagno e confessa che avrebbe avuto l'istinto di rubarla. Bel travestimento, Happosai.
Un'altra narrazione che veramente non ha proprio senso è il contorno. Tutti, ma proprio tutti i personaggi secondari, eccezion fatta per i genitori, insinuano che ci possa essere qualcosa tra loro due. Dalla collega di lui all'amica di lei. Siccome due adolescenti vanno a vivere insieme perché i genitori si sono risposati, è automatico che debba capitare qualcosa. L'apoteosi sul finale della serie, con quel delirante dialogo tra Saki e la professoressa. Lì veramente mi sono chiesto cosa gli sceneggiatori si siano fumati perché è qualcosa che non ha il minimo senso logico, al netto della cultura d'origine. Farsi psicanalizzare da una perfetta estranea, alla quale tra l'altro la tua vita privata e il rapporto con il fratellastro è stata raccontata da una terza persona (e per questo Saki neanche se la prende, va tutto davvero benissimo) è innanzitutto deontologicamente becero. E inoltre è intromissione non richiesta alla quale chiunque avrebbe reagito duramente. Per non parlare poi di tutta la storia della giornata in piscina, una pagliacciata dal pretesto iniziale alla conclusione e alle conseguenze. E ci sarebbe tanto altro da dire.
Il finale non racconta davvero nulla di che. Perché giustamente i due non possono far altro che mettere sul tavolo i loro reciproci sentimenti, senza molto pathos, facendo un accordo... di che tipo? Si ameranno senza sfiorarsi? Faranno finta di nulla? Non che importi davvero molto.
Questa storia ha davvero così tante incoerenze che trovo davvero complicato capire il punto di vista di chi la ritiene una delle migliori serie della stagione. Peccato perché il pretesto iniziale e alcuni aspetti - i già citati genitori, finalmente personaggi tridimensionali - sono positivi. Poi però si perde in un bicchiere d'acqua.
Si salvano senz'altro alcune scelte di regia, il ritmo compassato che si prende il suo tempo, senza correre, la mancanza o quasi di fanservice, e sarebbe stato facile buttarcelo dentro. Tecnicamente è di buon livello, così come il comparto sonoro. Una sufficienza regalata solo per questi aspetti, nel complesso per me un'opera abbastanza trascurabile.
L'amore tra fratellastri non consanguinei sembra essere una delle "tante" ossessioni del panorama dei manga, light novel e degli anime nipponici. Probabilmente, sono portato a ritenere che sia una conseguenza della pletora di separazioni/divorzi che affligge la società giapponese e anche per le solite nefaste tragedie che possono colpirle le famiglie (decesso i uno dei genitori con conseguente trauma della prole), eventi che portano alla formazione di nuovi nuclei familiari (sui quali si potrebbe a sua volta discutere) che "ereditano" il fardello del passato: i figli.
"Days with my stepsister" è l'ennesima produzione animata sul tema della nuova vita che un ragazzo (Yuta) e una ragazza (Saki), studenti delle superiori e guardacaso della stessa scuola, si ritrovano a dover forzosamente vivere a causa della scelta dei rispettivi genitori con i quali convivono di formare una nuova famiglia.
As usual, mentre i figli si affacciano timidamente al mondo della comprensione dei propri sentimenti con tutti gli stress, equivoci, problemi interazionali, intuizione ed affermazione del proprio ego, i genitori sembrano in un certo senso più adolescenti dei propri figli: molto carini e sensibili verso i figli acquisiti, preoccupati che questi possano socializzare e iniziare a comportarsi come "sibilings", essere accettati come genitore dal figlio del partner, iniziare ad entrare in confidenza con loro e iniziare a vivere come una famiglia "originale" senza forzature.
In "Days with my stepsister" questo contrasto di mood tra genitori e figli è accentuato da due aspetti: il primo è rappresentato dal solito e tipico formalismo esasperato e manieristico della cultura giapponese, il secondo dal carattere piuttosto spento, poco vivace dei due protagonisti della serie al limite della inespressività e dell'amorfismo, così esagerato che, in uno con il peculiare stile registico della serie, fa apparire la serie animata eccessivamente lenta e noiosa e così lontana dai soliti anime che si basano su coppie di personaggi molto standard, spesso uno imbranato e uno estroverso, uno popolare e uno sfigato, ecc. ossia i soliti cliché del genere delle rom-com scolastiche.
"In un mondo pieno di frenesia [...], sono rimasti in pochi quelli che hanno la voglia di ascoltare il rumore di una piuma che cade". (Fabrizio Caramagna)
Utilizzo una provocazione per spiegare il mio punto di vista su questa serie. Al netto di alcuni difetti, che per me non sono legati alla lentezza della trama e della regia, ma alla scelta del contesto e della sua credibilità (i protagonisti sono due liceali, ma si comportano e hanno una vitalità simile a quella di 2 anziani), "Days with my stepsister" sembra l'elegia del puro "slice of life" in cui più che i dialoghi sono le descrizioni minuziose delle attività di tutti i giorni, i singoli gesti, la comunicazione non verbale, i prolungati silenzi a caratterizzare la narrazione delle situazioni che i due protagonisti vivono in un crescendo "naturale" e realistico del pathos, rendendo la serie molto simile per scelta registica ad un film o ad un live action piuttosto che a una serie animata.
“Tutto ciò che è squisito matura lentamente.” (A. Schopenhauer)
Lo spiccato realismo del ritmo di "Days with my stepsister" (per i detrattori: "lentezza"), porta la serie a non poter essere classificata come una classica rom-com scolastica cui siamo abituati a vedere. Per come si sviluppa la serie, non tanto nella trama ma quanto nel come viene narrata, sembra un anime drammatico seinen e non una commedia con le solite venature ecchi, demenziali e molto caricaturali, giusto per stuzzicare i soliti pruriti di un certo target di pubblico.
Il mio appunto non vuol essere assolutamente critico o censorio: anche io vedo tale tipologia di opere e non me ne pento o vergogno.
L'unico rammarico è che nell'ultimo decennio di anime del genere ne sono usciti molti, troppi. Così tanti che alla fine la loro visione sembra un deja-vu continuo, una sorta "copia di mille riassunti" (Bersani vorrà perdonare la citazione della celeberrima "Giudizi universali") di quanto già visto e sentito.
"Days with my stepsister" non rientra nel solito canovaccio e tale circostanza può lasciar "spiazzati". È un anime che al netto dei soliti adulti più adolescenti dei figli, è "serio" e "misurato", molto orientale come certi film che mi è capitato di vedere, in cui si deve "leggere e ascoltare anche l'aria".
Si percepisce una discreta tridimensionalità oltre l'apparenza delle azioni e dei dialoghi e la visione richiede allo spettatore un certo impegno per comprendere ciò che sta osservando ed ascoltando. I sentimenti reciproci tra Yuta e Saki nascono e maturano lentamente, in modo credible e realistico, direttamente proporzionale al cammino che intraprendono per conoscersi come fratello e sorella e al loro modo di scoprirsi man mano che dialogano e si frequentano. C'è anche un accenno al loro passato di quando erano bambini e al destino che li avrebbe già fatti incontrare e maturare una certa simpatia, ovviamente disinteressata e ingenua.
Il tema dell'incesto (in senso fisico ed emotivo) è solo sfiorato e assume piuttosto il ruolo di limite "morale" per entrambi per arginare i loro sentimenti e far alimentare i loro sensi di colpa, in particolar modo verso i propri genitori e la loro felicità. A parte una scena nei primi episodi, comunque continente e ritengo anche molto bella e significativa, non ci sono scene in cui la trama degeneri in scemenze ecchi, data l'avvenenza discreta e realistica di Saki. Di per sé l'incesto è sempre una questione molto "slippery", ma in questa serie anche coloro che l'aborrono non potranno lamentarsi, in quanto la questione resta molto latente e a livello potenziale.
Piuttosto l'incesto è solo la causa scatenante del vero tema sotteso e preponderante alla serie: l'essere se stessi, vivere i propri sentimenti al di là dei limiti e convenzioni sociali e capire cosa realmente si desidera fare nella propria esistenza, nel c.d. "coming of age". Tale aspetto emerge chiaramente nella seconda parte della serie e soprattutto nel finale, assumendo il ruolo della causa scatenante della crescita dei due personaggi, senza falsi moralismi e pregiudizi.
Se la regia, con i suoi espedienti narrativi (tra tanti: utilizzare per i ricordi la visualizzazione simil filmato super 8mm o VHS alterati dal tempo in formato diverso dal classico 16:9), l'ho ho percepita pregevole ed interessante, anche il comparto tecnico è curato con un chara-design cui si da particolare risalto all'espressività dei visi e degli sguardi (molte inquadrature indugiano sulla c.d. comunicazione non verbale, sulla postura, sui movimenti degli arti, ecc.) aggiunge valore all'esperienza visiva. La lamentata lentezza della serie e la cura dei particolari dona a "Days with my stepsister" un'atmosfera vagamente malinconica, serena e tanto realistica.
A mio avviso il principale limite è rappresentato dall'aver costruito i protagonisti come due ragazzi liceali che si comportano come due adulti. Il contrasto stride maggiormente nel confronto con i 2 genitori, ma credo che tale limite sia comune a tante altre produzioni dove i ragazzi sembrano molto più grandi vista la cronica assenza dei genitori dalla loro vita.
La maturità ostentata dai ragazzi può far insorgere nello spettatore una certa artificiosità e pretenziosità che unita al ritmo estremamente lento, ad una trama meramente slice of life una forte sensazione di noia e surrealtà.
"La fretta raggiunge le cose, ma finisce per perdere la loro essenza" (F. Caramagna) e "Days with my stepsister" riesce a mio avviso a trasmettere le sensazioni, i dubbi, i sentimenti e le paranoie dei pensieri dei due protagonisti in un piccolo affresco dell'intimità di due ragazzi alla scoperta di se stessi.
"Days with my stepsister" è l'ennesima produzione animata sul tema della nuova vita che un ragazzo (Yuta) e una ragazza (Saki), studenti delle superiori e guardacaso della stessa scuola, si ritrovano a dover forzosamente vivere a causa della scelta dei rispettivi genitori con i quali convivono di formare una nuova famiglia.
As usual, mentre i figli si affacciano timidamente al mondo della comprensione dei propri sentimenti con tutti gli stress, equivoci, problemi interazionali, intuizione ed affermazione del proprio ego, i genitori sembrano in un certo senso più adolescenti dei propri figli: molto carini e sensibili verso i figli acquisiti, preoccupati che questi possano socializzare e iniziare a comportarsi come "sibilings", essere accettati come genitore dal figlio del partner, iniziare ad entrare in confidenza con loro e iniziare a vivere come una famiglia "originale" senza forzature.
In "Days with my stepsister" questo contrasto di mood tra genitori e figli è accentuato da due aspetti: il primo è rappresentato dal solito e tipico formalismo esasperato e manieristico della cultura giapponese, il secondo dal carattere piuttosto spento, poco vivace dei due protagonisti della serie al limite della inespressività e dell'amorfismo, così esagerato che, in uno con il peculiare stile registico della serie, fa apparire la serie animata eccessivamente lenta e noiosa e così lontana dai soliti anime che si basano su coppie di personaggi molto standard, spesso uno imbranato e uno estroverso, uno popolare e uno sfigato, ecc. ossia i soliti cliché del genere delle rom-com scolastiche.
"In un mondo pieno di frenesia [...], sono rimasti in pochi quelli che hanno la voglia di ascoltare il rumore di una piuma che cade". (Fabrizio Caramagna)
Utilizzo una provocazione per spiegare il mio punto di vista su questa serie. Al netto di alcuni difetti, che per me non sono legati alla lentezza della trama e della regia, ma alla scelta del contesto e della sua credibilità (i protagonisti sono due liceali, ma si comportano e hanno una vitalità simile a quella di 2 anziani), "Days with my stepsister" sembra l'elegia del puro "slice of life" in cui più che i dialoghi sono le descrizioni minuziose delle attività di tutti i giorni, i singoli gesti, la comunicazione non verbale, i prolungati silenzi a caratterizzare la narrazione delle situazioni che i due protagonisti vivono in un crescendo "naturale" e realistico del pathos, rendendo la serie molto simile per scelta registica ad un film o ad un live action piuttosto che a una serie animata.
“Tutto ciò che è squisito matura lentamente.” (A. Schopenhauer)
Lo spiccato realismo del ritmo di "Days with my stepsister" (per i detrattori: "lentezza"), porta la serie a non poter essere classificata come una classica rom-com scolastica cui siamo abituati a vedere. Per come si sviluppa la serie, non tanto nella trama ma quanto nel come viene narrata, sembra un anime drammatico seinen e non una commedia con le solite venature ecchi, demenziali e molto caricaturali, giusto per stuzzicare i soliti pruriti di un certo target di pubblico.
Il mio appunto non vuol essere assolutamente critico o censorio: anche io vedo tale tipologia di opere e non me ne pento o vergogno.
L'unico rammarico è che nell'ultimo decennio di anime del genere ne sono usciti molti, troppi. Così tanti che alla fine la loro visione sembra un deja-vu continuo, una sorta "copia di mille riassunti" (Bersani vorrà perdonare la citazione della celeberrima "Giudizi universali") di quanto già visto e sentito.
"Days with my stepsister" non rientra nel solito canovaccio e tale circostanza può lasciar "spiazzati". È un anime che al netto dei soliti adulti più adolescenti dei figli, è "serio" e "misurato", molto orientale come certi film che mi è capitato di vedere, in cui si deve "leggere e ascoltare anche l'aria".
Si percepisce una discreta tridimensionalità oltre l'apparenza delle azioni e dei dialoghi e la visione richiede allo spettatore un certo impegno per comprendere ciò che sta osservando ed ascoltando. I sentimenti reciproci tra Yuta e Saki nascono e maturano lentamente, in modo credible e realistico, direttamente proporzionale al cammino che intraprendono per conoscersi come fratello e sorella e al loro modo di scoprirsi man mano che dialogano e si frequentano. C'è anche un accenno al loro passato di quando erano bambini e al destino che li avrebbe già fatti incontrare e maturare una certa simpatia, ovviamente disinteressata e ingenua.
Il tema dell'incesto (in senso fisico ed emotivo) è solo sfiorato e assume piuttosto il ruolo di limite "morale" per entrambi per arginare i loro sentimenti e far alimentare i loro sensi di colpa, in particolar modo verso i propri genitori e la loro felicità. A parte una scena nei primi episodi, comunque continente e ritengo anche molto bella e significativa, non ci sono scene in cui la trama degeneri in scemenze ecchi, data l'avvenenza discreta e realistica di Saki. Di per sé l'incesto è sempre una questione molto "slippery", ma in questa serie anche coloro che l'aborrono non potranno lamentarsi, in quanto la questione resta molto latente e a livello potenziale.
Piuttosto l'incesto è solo la causa scatenante del vero tema sotteso e preponderante alla serie: l'essere se stessi, vivere i propri sentimenti al di là dei limiti e convenzioni sociali e capire cosa realmente si desidera fare nella propria esistenza, nel c.d. "coming of age". Tale aspetto emerge chiaramente nella seconda parte della serie e soprattutto nel finale, assumendo il ruolo della causa scatenante della crescita dei due personaggi, senza falsi moralismi e pregiudizi.
Se la regia, con i suoi espedienti narrativi (tra tanti: utilizzare per i ricordi la visualizzazione simil filmato super 8mm o VHS alterati dal tempo in formato diverso dal classico 16:9), l'ho ho percepita pregevole ed interessante, anche il comparto tecnico è curato con un chara-design cui si da particolare risalto all'espressività dei visi e degli sguardi (molte inquadrature indugiano sulla c.d. comunicazione non verbale, sulla postura, sui movimenti degli arti, ecc.) aggiunge valore all'esperienza visiva. La lamentata lentezza della serie e la cura dei particolari dona a "Days with my stepsister" un'atmosfera vagamente malinconica, serena e tanto realistica.
A mio avviso il principale limite è rappresentato dall'aver costruito i protagonisti come due ragazzi liceali che si comportano come due adulti. Il contrasto stride maggiormente nel confronto con i 2 genitori, ma credo che tale limite sia comune a tante altre produzioni dove i ragazzi sembrano molto più grandi vista la cronica assenza dei genitori dalla loro vita.
La maturità ostentata dai ragazzi può far insorgere nello spettatore una certa artificiosità e pretenziosità che unita al ritmo estremamente lento, ad una trama meramente slice of life una forte sensazione di noia e surrealtà.
"La fretta raggiunge le cose, ma finisce per perdere la loro essenza" (F. Caramagna) e "Days with my stepsister" riesce a mio avviso a trasmettere le sensazioni, i dubbi, i sentimenti e le paranoie dei pensieri dei due protagonisti in un piccolo affresco dell'intimità di due ragazzi alla scoperta di se stessi.
Insieme a "Makeine: Too Many Losing Heroines!", "Days with My Stepsister" è, per me, il miglior anime questo periodo.
Uno svolgimento maturo e riflessivo, uno studio della regia fenomenale e una poesia dietro ogni gesto come non ne vedevo da tanto tempo.
La trama è incredibilmente semplice, Yuuta, ragazzo calmo e riflessivo, senza più la mamma, si ritrova da un giorno all'altro con una sorellastra, Saki, figlia della nuova compagna del padre. Come Yuuta, anche Saki è silenziosa, solitaria e riflessiva. I due vanno subito d'accordo ma pur mantenendo le distanze... distanze che però col passare del tempo e conoscendosi meglio vanno via via svanendo, fino a dare il posto ad un sentimento che nessuno dei due ha mai provato prima e con il problema di essere ormai fratello e sorella.
La bellezza di questa storia, va ricercata nel modo in cui viene raccontata, ossia con gentilezza e con calma. Non ci sono gag, non ci sono personaggi che cambiano espressione diventando delle caricature, non ci sono festival scolastici o guance rosse. C'è solo la storia di Yuuta e Saki, la loro intimità e le loro riflessioni che compongono questo fantastico rapporto fatto di silenzi, di parole non dette e di gentilezza.
In una marea di anime scolastici tutti uguali, con le solite situazioni, gli amori, i momenti fan service, finalmente uno si stacca dal coro, e lo fa in punta di piedi.
Ne stra-consiglio la visione a tutti gli amanti del genere, in particolare forse a quelli che vogliono qualcosa di diverso.
Uno svolgimento maturo e riflessivo, uno studio della regia fenomenale e una poesia dietro ogni gesto come non ne vedevo da tanto tempo.
La trama è incredibilmente semplice, Yuuta, ragazzo calmo e riflessivo, senza più la mamma, si ritrova da un giorno all'altro con una sorellastra, Saki, figlia della nuova compagna del padre. Come Yuuta, anche Saki è silenziosa, solitaria e riflessiva. I due vanno subito d'accordo ma pur mantenendo le distanze... distanze che però col passare del tempo e conoscendosi meglio vanno via via svanendo, fino a dare il posto ad un sentimento che nessuno dei due ha mai provato prima e con il problema di essere ormai fratello e sorella.
La bellezza di questa storia, va ricercata nel modo in cui viene raccontata, ossia con gentilezza e con calma. Non ci sono gag, non ci sono personaggi che cambiano espressione diventando delle caricature, non ci sono festival scolastici o guance rosse. C'è solo la storia di Yuuta e Saki, la loro intimità e le loro riflessioni che compongono questo fantastico rapporto fatto di silenzi, di parole non dette e di gentilezza.
In una marea di anime scolastici tutti uguali, con le solite situazioni, gli amori, i momenti fan service, finalmente uno si stacca dal coro, e lo fa in punta di piedi.
Ne stra-consiglio la visione a tutti gli amanti del genere, in particolare forse a quelli che vogliono qualcosa di diverso.
Droppato al terzo episodio. L'impostazione è lenta, pesante, come se cercassero a tutti i costi di farla sembrare una serie sofisticata e intellettuale.
Un sacco di scene dal materiale originale tagliate senza motivo, comprese alcune fondamentali come l'incontro con Maya, e un tono che non mi piace affatto, senza contare i personaggi che hanno sempre la stessa espressione e, quindi, non esprimono mai emozioni.
Molto meglio il manga, peccato solo che i manga tratti dalle light novels impieghino una vita ad uscire...
Un sacco di scene dal materiale originale tagliate senza motivo, comprese alcune fondamentali come l'incontro con Maya, e un tono che non mi piace affatto, senza contare i personaggi che hanno sempre la stessa espressione e, quindi, non esprimono mai emozioni.
Molto meglio il manga, peccato solo che i manga tratti dalle light novels impieghino una vita ad uscire...