Taron e la pentola magica
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Un classico del ciclo arturiano tratto dalla pentalogia fantasy di ispirazione gallese "Il ciclo di Prydain" di Lloyd Alexander, "Taron e la pentola magica" è senz'ombra di dubbio una trasposizione che conquista le persone a poco a poco. Un classico moderno che affonda le proprie radici nella "materia britannica" e che trova la sua ambientazione quindi in quella Britannia primordiale a metà tra il cristianesimo e il paganesimo, fatto di stregoni, principesse, menestrelli, aspiranti eroi, creature di luce e demoni oscuri che tramano per il controllo del mondo.
Il nostro protagonista è Taron, un semplice guardiano di maiali che però non è ancora consapevole di cosa lo attende e che quantomeno se lo aspetta, che inizia un viaggio per scoprire sé stesso e contemporaneamente liberare il mondo da un male spaventoso. Egli viaggia e si trova ad affrontare pericoli terrificanti, ma anche a incontrare persone che lo sostengono e lo aiutano a portare a compimento la sua missione. A poco a poco però comprende che, per riuscire nel suo intento, dovrà scendere a non pochi compromessi. E quindi dovrà capire quali sono le priorità nella vita. Alla fine, per dimostrare il suo coraggio e salvare i suoi amici, arriverà a fare la rinuncia estrema, e qui scoprirà il suo valore...
Questa storia ci dà più di una semplice lezione: ci insegna che il valore di una persona non sta nelle sue apparenze. Ci insegna che l'amicizia è forse il potere di cui disponiamo, ed è per questo che dobbiamo preservarla, custodirla e darle sempre importanza e valore. I grandi poteri in genere non portano ai risultati sperati, e soprattutto esigono prezzi terribili. E questa ultima lezione mi fa tornare in mente "Lo Hobbit" di Tolkien, e in particolare le parole di Gandalf riguardo a Saruman e Bilbo Baggins*.
La grafica è quella inconfondibile con disegni a matita e colori a pastello che danno sempre quel tocco di realismo ai personaggi e alle ambientazioni che ha sempre caratterizzato le opere della Disney. La musica è ora allegra e andante, ora moderata e cupa, a seconda delle situazioni, ambientazioni e personaggi che occupano le scene. Questi ultimi sono già ben definiti nei loro ruoli, e quindi presentano delle personalità, atteggiamenti e caratteri precisi a rimarcare tali ruoli. Una storia semplice, che rientra nella lunga lista dei classici della letteratura e del cinema per ragazzi.
*Magari è leggermente sottotono rispetto ad altri capolavori del ciclo arturiano, perché qui il percorso che il nostro eroe deve affrontare viene un po' ridimensionato o quasi escluso. Cosa voglio dire? Intendo dire che forse si sarebbe dovuto fare luce sul suo passato così come sugli altri grandi eroi, anche per dare maggiore suspense, tensione alla vicenda, in modo da tenere vivo più a lungo l'interesse degli spettatori e anche aiutarli a immedesimarsi di più nei personaggi. Non si fa luce sul passato del re sepolto sotto il palazzo, magari depositario non solo della spada, ma anche di qualche segreto, mistero e/o profezia. Oppure sul passato di Dalven, mentore di Taron, e quindi neanche su Taron stesso. Anche i cattivi vengono un tantino ridicolizzati: nonostante Re Cornelius sia il principale cattivo dall'aspetto terrificante, la sua cattiveria e crudeltà sono un tantino ridimensionate, anche troppo, e questo non fa bene alla storia, per non parlare anche delle tre streghe creatrici della pentola magica, le quali vengono rappresentate come delle burlone da palcoscenico, quando invece dovrebbero incutere timore, terrore, spavento, orrore, e invece suscitano più ilarità e comicità. Questo spiega in parte da un punto di vista pratico come mai Tolkien non nutrisse molta simpatia e/o rispetto per le trasposizioni di Walt Disney, visto che gli elementi principali delle sue trame erano, ad avviso del professore, sempre distorte, minimizzate e/o addirittura spogliate del valore catartico, simbolico, sacro e religioso e/o spirituale... Ma, come ben sappiamo, stiamo parlando di Disney, quindi, essendo il pubblico destinatario un pubblico di bambini, non si potrebbe parlare di azioni e/o stati d'animo emotivi, mentali e/o simbolici troppo crudeli, violenti e irruenti, se non con l'apposito contegno e controllo creativo. Ciononostante, sarebbe stato opportuno farlo, magari facendo diventare "Il ciclo di Prydain" una serie di puntate in più stagioni.
Tutto sommato, rimane una buona storia. Voto: 8
Un classico del ciclo arturiano tratto dalla pentalogia fantasy di ispirazione gallese "Il ciclo di Prydain" di Lloyd Alexander, "Taron e la pentola magica" è senz'ombra di dubbio una trasposizione che conquista le persone a poco a poco. Un classico moderno che affonda le proprie radici nella "materia britannica" e che trova la sua ambientazione quindi in quella Britannia primordiale a metà tra il cristianesimo e il paganesimo, fatto di stregoni, principesse, menestrelli, aspiranti eroi, creature di luce e demoni oscuri che tramano per il controllo del mondo.
Il nostro protagonista è Taron, un semplice guardiano di maiali che però non è ancora consapevole di cosa lo attende e che quantomeno se lo aspetta, che inizia un viaggio per scoprire sé stesso e contemporaneamente liberare il mondo da un male spaventoso. Egli viaggia e si trova ad affrontare pericoli terrificanti, ma anche a incontrare persone che lo sostengono e lo aiutano a portare a compimento la sua missione. A poco a poco però comprende che, per riuscire nel suo intento, dovrà scendere a non pochi compromessi. E quindi dovrà capire quali sono le priorità nella vita. Alla fine, per dimostrare il suo coraggio e salvare i suoi amici, arriverà a fare la rinuncia estrema, e qui scoprirà il suo valore...
Questa storia ci dà più di una semplice lezione: ci insegna che il valore di una persona non sta nelle sue apparenze. Ci insegna che l'amicizia è forse il potere di cui disponiamo, ed è per questo che dobbiamo preservarla, custodirla e darle sempre importanza e valore. I grandi poteri in genere non portano ai risultati sperati, e soprattutto esigono prezzi terribili. E questa ultima lezione mi fa tornare in mente "Lo Hobbit" di Tolkien, e in particolare le parole di Gandalf riguardo a Saruman e Bilbo Baggins*.
La grafica è quella inconfondibile con disegni a matita e colori a pastello che danno sempre quel tocco di realismo ai personaggi e alle ambientazioni che ha sempre caratterizzato le opere della Disney. La musica è ora allegra e andante, ora moderata e cupa, a seconda delle situazioni, ambientazioni e personaggi che occupano le scene. Questi ultimi sono già ben definiti nei loro ruoli, e quindi presentano delle personalità, atteggiamenti e caratteri precisi a rimarcare tali ruoli. Una storia semplice, che rientra nella lunga lista dei classici della letteratura e del cinema per ragazzi.
*Magari è leggermente sottotono rispetto ad altri capolavori del ciclo arturiano, perché qui il percorso che il nostro eroe deve affrontare viene un po' ridimensionato o quasi escluso. Cosa voglio dire? Intendo dire che forse si sarebbe dovuto fare luce sul suo passato così come sugli altri grandi eroi, anche per dare maggiore suspense, tensione alla vicenda, in modo da tenere vivo più a lungo l'interesse degli spettatori e anche aiutarli a immedesimarsi di più nei personaggi. Non si fa luce sul passato del re sepolto sotto il palazzo, magari depositario non solo della spada, ma anche di qualche segreto, mistero e/o profezia. Oppure sul passato di Dalven, mentore di Taron, e quindi neanche su Taron stesso. Anche i cattivi vengono un tantino ridicolizzati: nonostante Re Cornelius sia il principale cattivo dall'aspetto terrificante, la sua cattiveria e crudeltà sono un tantino ridimensionate, anche troppo, e questo non fa bene alla storia, per non parlare anche delle tre streghe creatrici della pentola magica, le quali vengono rappresentate come delle burlone da palcoscenico, quando invece dovrebbero incutere timore, terrore, spavento, orrore, e invece suscitano più ilarità e comicità. Questo spiega in parte da un punto di vista pratico come mai Tolkien non nutrisse molta simpatia e/o rispetto per le trasposizioni di Walt Disney, visto che gli elementi principali delle sue trame erano, ad avviso del professore, sempre distorte, minimizzate e/o addirittura spogliate del valore catartico, simbolico, sacro e religioso e/o spirituale... Ma, come ben sappiamo, stiamo parlando di Disney, quindi, essendo il pubblico destinatario un pubblico di bambini, non si potrebbe parlare di azioni e/o stati d'animo emotivi, mentali e/o simbolici troppo crudeli, violenti e irruenti, se non con l'apposito contegno e controllo creativo. Ciononostante, sarebbe stato opportuno farlo, magari facendo diventare "Il ciclo di Prydain" una serie di puntate in più stagioni.
Tutto sommato, rimane una buona storia. Voto: 8
Continuo a non capire perché a molti non piaccia questo film. O meglio, continuo a non capire perché a molti fan de “Il signore degli anelli” non piaccia questo film. Eppure le analogie tra “Taron e la pentola magica” e la celebre trilogia ambientata nella Terra di Mezzo sono molteplici. Il venticinquesimo classico Disney, appunto “Taron e la pentola magica” non è stato un semplice flop. E’ stato il film che ha incassato di meno in tutta la storia della casa del papà di Topolino. Questo perché “Taron e la pentola magica” usciva in un periodo non molto buono per la Disney: il vecchio Walt era morto e lo studio stava facendo diversi esperimenti, al fine di trovare la formula perfetta, capace di soddisfare i gusti sia della critica sia del pubblico. Formula poi applicata in maniera molto riuscita in quel periodo che verrà chiamato “Rinascimento Disney”. Tra i film-esperimento vi è proprio “Taron e la pentola magica”, il quale, trattandosi di qualcosa di troppo diverso e innovativo per l’epoca in cui uscì, non è riuscito a fare breccia nel cuore degli spettatori.
La storia ruota attorno a Taron, il cui unico desiderio è quello di diventare un grande guerriero. Il ragazzo non è molto lieto della sua vita: infatti, è l’aiutante di un guardiano di maiali e il suo compito è quello di badare in particolare a una maialina, Ewy. Un giorno, mentre si sta occupando di Ewy, Taron viene a scoprire che quella semplice maialina in realtà ha un grande dono, ossia quello di prevedere il futuro. Taron, dunque, assiste a una delle visioni di Ewy, in cui si vede la maialina inseguita da re Cornelius, il quale ha intenzione di rapirla con lo scopo di sapere dove poter trovare la pentola magica. Con questo oggetto, il re avrebbe resuscitato i morti e creato un invincibile esercito capace di dominare il mondo. Per impedire che ciò accada, Taron viene incaricato di nascondere Ewy, perché non venga trovata e rapita dal perfido re. Nel corso della storia, Taron incontrerà altre persone, con le quali farà amicizia e formerà una “compagnia” per poter trovare la pentola magica prima del re Cornelius.
Come scritto prima, il film è stato pesantemente criticato. Era impensabile, infatti, che un classico Disney non presentasse nessuno degli elementi tipici disneyani, come la presenza di canzoni e di animali parlanti. Invece, è proprio per tale motivo che questo film deve essere visto e apprezzato. Non c’è nessuno che si metta a cantare all’improvviso dal nulla. Vi è solo la colonna sonora, che riesce ad essere perfetta nell’enfatizzare le varie scene, gestite da una regia sempre impeccabile (indimenticabile a questo proposito l’entrata in scena di re Cornelius). L’ambientazione fantasy è degna di nota e dai toni dark, tanto che a nessuno verrebbe da pensare che questo film lo abbia fatto la Disney.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Nonostante fino adesso ho praticamente elogiato “Taron e la pentola magica” non posso negare il fatto che il film presenti alcune pecche. La sceneggiatura l’ho trovata un po’ troppo semplice, nel senso che alcuni ostacoli vengono superati dai protagonisti in maniera banale. Ad esempio, Taron e i suoi amici a un certo punto finiscono nel regno dei folletti, in cui ritrovano la maialina Ewy che si era smarrita. Qui vengono a sapere da parte dei folletti in quale luogo si trovi precisamente la pentola magica. Dunque, “la compagnia della pentola” (chiamiamola pure così, ogni riferimento è palese) decide di partire, ma lascia Ewy ai folletti, che si prendono l’incarico di riportare a casa la maialina. A questo punto sorgono diverse domande: come fanno a sapere i folletti dove si trovi la casa di Taron e di Ewy? Come fa Taron a fidarsi dei folletti che li conosce solo da appena dieci minuti? Chi gli garantisce che i folletti riporteranno a casa Ewy? Ma, sebbene ci sia qualche piccola mancanza, la storia è gestita molto bene, il film scorre che è un piacere fino ad arrivare al finale, per nulla prevedibile e in cui il pathos regna sovrano.
Fine parte contenente spoiler
I personaggi sono prevalentemente delle macchiette. Tuttavia, ho apprezzato la caratterizzazione di alcuni di loro. Lo stesso Taron, sebbene sia abbastanza stereotipato, nel corso della storia ha una maturazione. Ailin, nonostante sia una principessa, non è una svampita qualsiasi, anzi lei sarà un elemento fondamentale della maturazione di Taron. Non tanto quanto lo sarà Gurghi, una creatura magica che si rivolge continuamente a Taron chiamandolo “padrone” (ho catturato abbastanza la vostra attenzione, fan di Tolkien?) e giocherà un ruolo importantissimo nel finale. Per non dimenticare il re Cornelius, che sin da quando ero piccola ha sempre destato in me una paura che a distanza di anni non si è ancora del tutto sopita.
In conclusione, “Taron e la pentola magica” è un film diverso che fa della sua diversità il punto più forte. Lo consiglio sia ai fan della Disney, sia ai fan de “Il signore degli anelli” più volte citato in questa recensione, sia a coloro che si sono stancati di vedere sempre le "stesse cose" da parte dello studio d’animazione più famoso al mondo.
La storia ruota attorno a Taron, il cui unico desiderio è quello di diventare un grande guerriero. Il ragazzo non è molto lieto della sua vita: infatti, è l’aiutante di un guardiano di maiali e il suo compito è quello di badare in particolare a una maialina, Ewy. Un giorno, mentre si sta occupando di Ewy, Taron viene a scoprire che quella semplice maialina in realtà ha un grande dono, ossia quello di prevedere il futuro. Taron, dunque, assiste a una delle visioni di Ewy, in cui si vede la maialina inseguita da re Cornelius, il quale ha intenzione di rapirla con lo scopo di sapere dove poter trovare la pentola magica. Con questo oggetto, il re avrebbe resuscitato i morti e creato un invincibile esercito capace di dominare il mondo. Per impedire che ciò accada, Taron viene incaricato di nascondere Ewy, perché non venga trovata e rapita dal perfido re. Nel corso della storia, Taron incontrerà altre persone, con le quali farà amicizia e formerà una “compagnia” per poter trovare la pentola magica prima del re Cornelius.
Come scritto prima, il film è stato pesantemente criticato. Era impensabile, infatti, che un classico Disney non presentasse nessuno degli elementi tipici disneyani, come la presenza di canzoni e di animali parlanti. Invece, è proprio per tale motivo che questo film deve essere visto e apprezzato. Non c’è nessuno che si metta a cantare all’improvviso dal nulla. Vi è solo la colonna sonora, che riesce ad essere perfetta nell’enfatizzare le varie scene, gestite da una regia sempre impeccabile (indimenticabile a questo proposito l’entrata in scena di re Cornelius). L’ambientazione fantasy è degna di nota e dai toni dark, tanto che a nessuno verrebbe da pensare che questo film lo abbia fatto la Disney.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Nonostante fino adesso ho praticamente elogiato “Taron e la pentola magica” non posso negare il fatto che il film presenti alcune pecche. La sceneggiatura l’ho trovata un po’ troppo semplice, nel senso che alcuni ostacoli vengono superati dai protagonisti in maniera banale. Ad esempio, Taron e i suoi amici a un certo punto finiscono nel regno dei folletti, in cui ritrovano la maialina Ewy che si era smarrita. Qui vengono a sapere da parte dei folletti in quale luogo si trovi precisamente la pentola magica. Dunque, “la compagnia della pentola” (chiamiamola pure così, ogni riferimento è palese) decide di partire, ma lascia Ewy ai folletti, che si prendono l’incarico di riportare a casa la maialina. A questo punto sorgono diverse domande: come fanno a sapere i folletti dove si trovi la casa di Taron e di Ewy? Come fa Taron a fidarsi dei folletti che li conosce solo da appena dieci minuti? Chi gli garantisce che i folletti riporteranno a casa Ewy? Ma, sebbene ci sia qualche piccola mancanza, la storia è gestita molto bene, il film scorre che è un piacere fino ad arrivare al finale, per nulla prevedibile e in cui il pathos regna sovrano.
Fine parte contenente spoiler
I personaggi sono prevalentemente delle macchiette. Tuttavia, ho apprezzato la caratterizzazione di alcuni di loro. Lo stesso Taron, sebbene sia abbastanza stereotipato, nel corso della storia ha una maturazione. Ailin, nonostante sia una principessa, non è una svampita qualsiasi, anzi lei sarà un elemento fondamentale della maturazione di Taron. Non tanto quanto lo sarà Gurghi, una creatura magica che si rivolge continuamente a Taron chiamandolo “padrone” (ho catturato abbastanza la vostra attenzione, fan di Tolkien?) e giocherà un ruolo importantissimo nel finale. Per non dimenticare il re Cornelius, che sin da quando ero piccola ha sempre destato in me una paura che a distanza di anni non si è ancora del tutto sopita.
In conclusione, “Taron e la pentola magica” è un film diverso che fa della sua diversità il punto più forte. Lo consiglio sia ai fan della Disney, sia ai fan de “Il signore degli anelli” più volte citato in questa recensione, sia a coloro che si sono stancati di vedere sempre le "stesse cose" da parte dello studio d’animazione più famoso al mondo.
Un classico controverso e molto poco conosciuto, io stesso nonostante da piccolo divorassi di tutto lo vidi solo all'alba del nuovo millennio. Tratto da "The chronicles of Prydain" di Lloyd Alexander, "Taron" fu un progetto piuttosto ambizioso, da parte di un team che in quel momento stava cominciando a occupare i posti vacanti dei veterani di casa Disney. Gente che, dopo essersi fatta le ossa e aver dimostrato il proprio valore in lavori "minori" quali "Red & Toby", voleva dare un segnale forte del proprio valore, uno scossone, forse fin troppo. "Taron e la pentola magica" infatti voleva essere un gran classico, è importante sottolinearlo, una rinascita che spazzasse via il passato grazie alle sue atmosfere realmente cupe, adatte solo a un pubblico maturo o come minimo adolescente. Re Cornelius, infatti, come boss di fine livello è l'unico cattivo Disney (serio) che, insieme al corruttore diabolico di Fantasia, riesce a ridimensionare il carisma affilato di Malefica, la fata malvagia della Bella Addormentata, annoverata in quasi tutte le classifiche come la miglior villain della casa d'animazione (il secondo posto è spesso attribuito ad Ade, ma lui è già un cattivo di stampo comico). Insomma, le buone intenzioni c'erano e poteva essere un lavoro indimenticabile... Sì! Se non avessero voluto arrogantemente comprimere di una saga di cinque volumi almeno tre di questi, e in un solo film. Un'operazione del genere, come intuibile, sarebbe stata veramente ardua anche per una casa nel pieno del suo splendore, figurarsi per una Disney allora in pieno periodo di letargo pre-rinascimentale.
Va detto anche, per correttezza, che la saga di Lloyd Alexander fu un ripiego, infatti il primo intento fu quello di ottenere i diritti della trilogia tolkeniana, diritti a lungo corteggiati, come quelli di "Mary Poppins", ma fortunatamente senza lo stesso successo. In un periodo in cui molti vecchi grandi autori guardavano ancora con sfiducia al grande schermo, l'animazione, e in particolar modo le rivisitazioni happy end della casa di Mickey Mouse, venivano a buona ragione viste con ancor maggiore severità, perché l'essenza dell'opera originale era fortemente a rischio. Il maestro Tolkien condivideva fondamentalmente la stessa sfiducia dei colleghi C. S. Lewis per la trasposizione del leone Aslan (temeva un costume alla OZ) e di P. L. Travers per quella dei pinguini. Alla fine Tolkien concesse a un'altra casa ben più modesta i permessi per la trasposizione della "Compagnia dell'Anello", probabilmente perché convinto proprio dal taglio realistico/barbaro accentuato dall'uso del rotoscopio.
Da queste condizioni di ripiego, da cui si era ereditata l'intenzione di fondere tre libri, ne conseguì un lavoro inevitabilmente confuso, che costò molto più tempo e risorse del previsto, senza però ripagare adeguatamente gli investimenti. Non stupisce quindi che "Taron" sia attualmente tra i lavori meno pubblicizzati dalla casa d'animazione. Indicativo infatti che nel vecchio programma satellitare "House of Mouse", che fu un contenitore di storia disneyana, esso non fosse citato o, perlomeno, lo fu così di sfuggita da non essere stato notato quasi da nessuno. Persino i due registi dovettero in seguito dimostrare di saper fare di meglio in altri studi, con lavori gradevoli e più umili quali "L'incantesimo del lago". Ma perché "Taron" è così disastroso? Perlopiù per la compressione e le varie incongruenze visibili. Ad esempio possiamo annoverare: la bolla magica della "principessa" (figura regale non approfondita e messa pure in dubbio dal cattivo), che dopo un accenno non viene più usata; il rapporto lunatico delle streghe barattatrici e troppo di passaggio con i benevoli gnomi (nel nostro caso doppiati dagli storici e defunti doppiatori di Paperone, Mr. Angelillo, e da uno dei principali di Grande Puffo, Mr. Dominici). Anche Taron, il protagonista, risente un po' di ciò, infatti a volte muta in un tipo sgradevole, e in generale nel film c'è un fortissimo senso di velocità degli eventi, in particolar modo dopo la liberazione di Sospirello, non propria dei vecchi e rifiniti classici Disney. Se "Taron" fosse stato diviso in due atti, probabilmente oggi staremmo parlando di una perla del passato, ma, viste le condizioni, e complici anche alcuni elementi fantasy non proprio originalissimi, possiamo solo dare a "Taron" la sufficienza per averci provato e dato un cattivo davvero pauroso. Non di più.
Va detto anche, per correttezza, che la saga di Lloyd Alexander fu un ripiego, infatti il primo intento fu quello di ottenere i diritti della trilogia tolkeniana, diritti a lungo corteggiati, come quelli di "Mary Poppins", ma fortunatamente senza lo stesso successo. In un periodo in cui molti vecchi grandi autori guardavano ancora con sfiducia al grande schermo, l'animazione, e in particolar modo le rivisitazioni happy end della casa di Mickey Mouse, venivano a buona ragione viste con ancor maggiore severità, perché l'essenza dell'opera originale era fortemente a rischio. Il maestro Tolkien condivideva fondamentalmente la stessa sfiducia dei colleghi C. S. Lewis per la trasposizione del leone Aslan (temeva un costume alla OZ) e di P. L. Travers per quella dei pinguini. Alla fine Tolkien concesse a un'altra casa ben più modesta i permessi per la trasposizione della "Compagnia dell'Anello", probabilmente perché convinto proprio dal taglio realistico/barbaro accentuato dall'uso del rotoscopio.
Da queste condizioni di ripiego, da cui si era ereditata l'intenzione di fondere tre libri, ne conseguì un lavoro inevitabilmente confuso, che costò molto più tempo e risorse del previsto, senza però ripagare adeguatamente gli investimenti. Non stupisce quindi che "Taron" sia attualmente tra i lavori meno pubblicizzati dalla casa d'animazione. Indicativo infatti che nel vecchio programma satellitare "House of Mouse", che fu un contenitore di storia disneyana, esso non fosse citato o, perlomeno, lo fu così di sfuggita da non essere stato notato quasi da nessuno. Persino i due registi dovettero in seguito dimostrare di saper fare di meglio in altri studi, con lavori gradevoli e più umili quali "L'incantesimo del lago". Ma perché "Taron" è così disastroso? Perlopiù per la compressione e le varie incongruenze visibili. Ad esempio possiamo annoverare: la bolla magica della "principessa" (figura regale non approfondita e messa pure in dubbio dal cattivo), che dopo un accenno non viene più usata; il rapporto lunatico delle streghe barattatrici e troppo di passaggio con i benevoli gnomi (nel nostro caso doppiati dagli storici e defunti doppiatori di Paperone, Mr. Angelillo, e da uno dei principali di Grande Puffo, Mr. Dominici). Anche Taron, il protagonista, risente un po' di ciò, infatti a volte muta in un tipo sgradevole, e in generale nel film c'è un fortissimo senso di velocità degli eventi, in particolar modo dopo la liberazione di Sospirello, non propria dei vecchi e rifiniti classici Disney. Se "Taron" fosse stato diviso in due atti, probabilmente oggi staremmo parlando di una perla del passato, ma, viste le condizioni, e complici anche alcuni elementi fantasy non proprio originalissimi, possiamo solo dare a "Taron" la sufficienza per averci provato e dato un cattivo davvero pauroso. Non di più.