Owarimonogatari
"Owarimonogatari" parte con una storia di debolezze umane, quali per esempio la diffidenza e l'abitudine di praticare lo scaricabarile verso il prossimo, lasciando sullo spettatore il classico velo di malinconia e tristezza comunemente presente in questo genere di archi narrativi.
Proseguendo, viene approfondito un nuovo personaggio abbastanza controverso, il tutto con la quasi costante e inquietante presenza di Ougi ad aggiungere pepe al tutto; il sopracitato personaggio, come molti altri elementi del cast della serie, mostra caratteristiche peculiari date da determinati traumi, e dona spunti per riflettere su come punti di vista diversi possano ribaltare le apparenze.
Comunque, questo arco narrativo in cui sfumature di giallo tingono la trama presenta alcuni dettagli che non potevano fare a meno di catturare la mia attenzione; come la lettera finale, il cui significato sembra interpretato piuttosto bene qua: digitando sul motore di ricerca “Solving the riddle of Sodachi letter”, dovreste trovare facilmente la giusta pagina. (Dato che nelle recensioni i link non sono ammessi, dovrete arrangiarvi, chiedo venia. Ah, ovviamente, cercatelo solo dopo aver finito l'ultimo episodio!)
Sono questi piccoli accorgimenti ad aggiungere un qualcosa di veramente speciale a una storia già di per sé piuttosto appassionante.
L'arco narrativo finale, per farla breve, mette alcuni personaggi davanti ai fantasmi del passato e li spinge ad affrontarli, il che dà spunti interessanti per il loro sviluppo. È forse la parte per cui ho impiegato più intervalli fra un episodio e l'altro, ma ciò non toglie nulla al suo valore effettivo; infatti, oltre ad apprezzare la stagione nel suo complesso, ho trovato il finale particolarmente toccante.
Per non parlare dei chiarimenti che finalmente aiutano a collegare i punti fra alcuni degli archi narrativi delle precedenti stagioni; in quest'ottica tutti i dodici episodi della stagione sono indispensabili per una maggior comprensione della serie nel suo insieme.
Proseguendo, viene approfondito un nuovo personaggio abbastanza controverso, il tutto con la quasi costante e inquietante presenza di Ougi ad aggiungere pepe al tutto; il sopracitato personaggio, come molti altri elementi del cast della serie, mostra caratteristiche peculiari date da determinati traumi, e dona spunti per riflettere su come punti di vista diversi possano ribaltare le apparenze.
Comunque, questo arco narrativo in cui sfumature di giallo tingono la trama presenta alcuni dettagli che non potevano fare a meno di catturare la mia attenzione; come la lettera finale, il cui significato sembra interpretato piuttosto bene qua: digitando sul motore di ricerca “Solving the riddle of Sodachi letter”, dovreste trovare facilmente la giusta pagina. (Dato che nelle recensioni i link non sono ammessi, dovrete arrangiarvi, chiedo venia. Ah, ovviamente, cercatelo solo dopo aver finito l'ultimo episodio!)
Sono questi piccoli accorgimenti ad aggiungere un qualcosa di veramente speciale a una storia già di per sé piuttosto appassionante.
L'arco narrativo finale, per farla breve, mette alcuni personaggi davanti ai fantasmi del passato e li spinge ad affrontarli, il che dà spunti interessanti per il loro sviluppo. È forse la parte per cui ho impiegato più intervalli fra un episodio e l'altro, ma ciò non toglie nulla al suo valore effettivo; infatti, oltre ad apprezzare la stagione nel suo complesso, ho trovato il finale particolarmente toccante.
Per non parlare dei chiarimenti che finalmente aiutano a collegare i punti fra alcuni degli archi narrativi delle precedenti stagioni; in quest'ottica tutti i dodici episodi della stagione sono indispensabili per una maggior comprensione della serie nel suo insieme.
“Owarimonogatari” è un anime di dodici episodi prodotto nel 2015 dallo studio Shaft e tratto dai volumi 15 e 16 della light novel “Monogatari”, scritta da Nisio Isin e illustrata da Vofan.
La settima stagione dedicata a Koyomi Araragi e alle “anomalie” si inaugura con una puntata della durata di circa tre quarti d’ora. Sarà possibile sostenerne la visione, visto il rinomato marchio di fabbrica dell’opera? Certo che sì, perché i dialoghi “stile Monogatari” non annoiano e non deludono quasi mai. Dopo uno splendido inizio, caratterizzato da una regia come sempre ispiratissima e da un certo livello di suspense, la serie procede con altri due archi molto simili, i quali si propongono di raccontare alcuni antefatti che ci immergono nel passato di Koyomi e della new entry Sodachi Oikura. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi a una narrazione che riesce a tenere alto il livello di attenzione dello spettatore, grazie alla magistrale interpretazione di alcuni doppiatori e ai consueti colpi di scena. La carica emotiva di alcuni passaggi si fa spesso sentire, soprattutto per le tematiche molto forti, trattate come sempre con discorsi e ragionamenti particolari, e i risvolti agrodolci che lasciano un po’ di amaro in bocca.
Gli ultimi sei episodi, appartenenti all’arco “Shinobu Mail”, si collocano invece su un piano differente, sia per la disposizione temporale che per gli argomenti affrontati. Le puntate, infatti, vanno a colmare il vuoto tra “Shinobu Time” e “Tsubasa Tiger”: le informazioni ricevute, oltre a lasciare di stucco per quelle che credevamo fossero solo coincidenze, si incastrano perfettamente tra le vicende a cui avevamo già assistito e riprendono una serie di elementi lasciati in sospeso (a cui magari non avevamo fatto neanche tanta attenzione). Peccato per gli occasionali discorsi inopportuni - che il più delle volte vedono come protagonista Suruga - che di tanto in tanto si ripresentano nelle varie “Monogatari series”.
Ottima anche stavolta l’introspezione psicologica sui personaggi. In precedenza avevo lodato il fatto che avessero messo in luce, nel corso di vari archi, aspetti sempre nuovi della personalità di Tsubasa: adesso tocca a Koyomi, del quale verranno a galla diverse e interessanti caratteristiche, dirette conseguenze di ciò che gli è accaduto in passato. Altra grande protagonista è la sopracitata Sodachi, la quale ci viene presentata non per mezzo di un’anomalia, ma utilizzando un metodo leggermente differente e altrettanto efficace. Non si può non citare, infine, l’inquietante Ougi Oshino, avvolta ancora da un certo alone di mistero.
Passando al lato tecnico, rincontriamo un character design e delle animazioni buoni ma non eccelsi, accompagnati da sfondi singolari accuratamente realizzati. Tra le OST si individuano alcuni brani abbastanza commoventi (si vedano le scene degli ultimi due episodi con protagonista Shinobu); belle tutte e tre le opening, l’ultima in particolare.
In conclusione, “Owarimonogatari” non sfigura dinanzi alle opere prodotte in precedenza. La settima stagione mantiene tutti i punti di forza della serie originale, introducendo comunque qualche novità, e presenta, seppur in quantità minime, i soliti punti di debolezza. Voto: 8.
La settima stagione dedicata a Koyomi Araragi e alle “anomalie” si inaugura con una puntata della durata di circa tre quarti d’ora. Sarà possibile sostenerne la visione, visto il rinomato marchio di fabbrica dell’opera? Certo che sì, perché i dialoghi “stile Monogatari” non annoiano e non deludono quasi mai. Dopo uno splendido inizio, caratterizzato da una regia come sempre ispiratissima e da un certo livello di suspense, la serie procede con altri due archi molto simili, i quali si propongono di raccontare alcuni antefatti che ci immergono nel passato di Koyomi e della new entry Sodachi Oikura. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi a una narrazione che riesce a tenere alto il livello di attenzione dello spettatore, grazie alla magistrale interpretazione di alcuni doppiatori e ai consueti colpi di scena. La carica emotiva di alcuni passaggi si fa spesso sentire, soprattutto per le tematiche molto forti, trattate come sempre con discorsi e ragionamenti particolari, e i risvolti agrodolci che lasciano un po’ di amaro in bocca.
Gli ultimi sei episodi, appartenenti all’arco “Shinobu Mail”, si collocano invece su un piano differente, sia per la disposizione temporale che per gli argomenti affrontati. Le puntate, infatti, vanno a colmare il vuoto tra “Shinobu Time” e “Tsubasa Tiger”: le informazioni ricevute, oltre a lasciare di stucco per quelle che credevamo fossero solo coincidenze, si incastrano perfettamente tra le vicende a cui avevamo già assistito e riprendono una serie di elementi lasciati in sospeso (a cui magari non avevamo fatto neanche tanta attenzione). Peccato per gli occasionali discorsi inopportuni - che il più delle volte vedono come protagonista Suruga - che di tanto in tanto si ripresentano nelle varie “Monogatari series”.
Ottima anche stavolta l’introspezione psicologica sui personaggi. In precedenza avevo lodato il fatto che avessero messo in luce, nel corso di vari archi, aspetti sempre nuovi della personalità di Tsubasa: adesso tocca a Koyomi, del quale verranno a galla diverse e interessanti caratteristiche, dirette conseguenze di ciò che gli è accaduto in passato. Altra grande protagonista è la sopracitata Sodachi, la quale ci viene presentata non per mezzo di un’anomalia, ma utilizzando un metodo leggermente differente e altrettanto efficace. Non si può non citare, infine, l’inquietante Ougi Oshino, avvolta ancora da un certo alone di mistero.
Passando al lato tecnico, rincontriamo un character design e delle animazioni buoni ma non eccelsi, accompagnati da sfondi singolari accuratamente realizzati. Tra le OST si individuano alcuni brani abbastanza commoventi (si vedano le scene degli ultimi due episodi con protagonista Shinobu); belle tutte e tre le opening, l’ultima in particolare.
In conclusione, “Owarimonogatari” non sfigura dinanzi alle opere prodotte in precedenza. La settima stagione mantiene tutti i punti di forza della serie originale, introducendo comunque qualche novità, e presenta, seppur in quantità minime, i soliti punti di debolezza. Voto: 8.
Ed ecco un nuovo capitolo di una delle serie più prolifiche di questi ultimi anni, capace di far innamorare lo spettatore, ma anche confonderlo, stupirlo e lasciarlo senza parole. Dopo aver concluso una serie di "Monogatari" non si può rimanere impassibili: o affascina o spaventa... non esiste una via di mezzo.
"Owarimonogatari" è una serie di dodici episodi, uscita nel 2015 e classificabile come anime scolastico/soprannaturale, sebbene, a mio avviso, limitare tale opera ad alcuni schemi fissi è pressoché impossibile.
La storia fa un piccolo salto all'indietro rispetto a dove ci eravamo lasciati (o forse in avanti... è talmente attorcigliata la trama che si fa veramente fatica a tenere il passo con gli avvenimenti). Koyomi Araragi si è ormai abituato a trattare con ogni sorta di anomalia, ma il destino gli riserverà ancora molte sorprese. Innanzitutto l'arrivo di Ougi Oshino, una ragazza poco più piccola di lui e nipote dello specialista Oshino. L'aspetto della fanciulla è tutt'altro che rassicurante, pare circondata da un'aura di mistero, che catturerà inevitabilmente il nostro protagonista. Arriva, si presenta a Koyomi, e subito rimangono intrappolati in un'aula maledetta, che non lascerà scappare i suoi prigionieri finché non risolveranno il mistero della stanza. Cosa fare? Come sfuggire a tale situazione? L'anime pare essersi infiammato fin dalla prima puntata.
Analizzando la serie (cosa effettivamente complicata), si possono distinguere due sezioni interne all'opera: le prime sei puntate che narrano la vicenda di Sodachi Oikura, un'amica d'infanzia di Koyomi ritrovata dopo molti anni, mentre la seconda parte ritorna finalmente sul tema "Shinobu". La piccola vampira che aveva affascinato in passato era passata un po' in secondo piano, ma ecco che ritorna, e con uno stile veramente magnifico.
Non saprei dire effettivamente quale delle due parti mi sia piaciuta maggiormente. La prima è molto più misteriosa, un racconto che si articola su diversi piani temporali e che, introducendo un nuovo personaggio, Sodachi, tenta di scoprire un lato nascosto del protagonista. Il suo rapporto con la ragazza è fin da subito controverso, ma come mai Koyomi si era dimenticato completamente di questa loro antica relazione?
Le ultime sei puntate, invece, mostrano un andamento più dinamico e attivo. Koyomi deve affrontare il ritorno di Shinobu, ma, ancora di più, quello del primo servitore della vampira. Uno scontro? Una chiacchierata amichevole? Chissà a cosa porterà la ricomparsa di questo personaggio...
I protagonisti, per il resto, non mostrano molte variazioni. Abbiamo avuto il piacere (o il dispiacere) di conoscerli nelle serie precedenti e, a grosse linee, rimangono costanti, con l'unica eccezione di Koyomi, che riesce a variare continuamente, sorprendendo sempre. La "new entry" Sodachi non delude e, in un arco narrativo tutto sommato ristretto, riesce ad assumere una psicologia completa e contorta, capace di affascinare e sorprendere. Shinobu è magnifica come sempre, mentre mi ha deluso leggermente Senjougahara che, dopo la prima serie, pare essersi fatta da parte. Ha conquistato il cuore del protagonista e poi è sparita, salvo qualche veloce comparsa, troppo veloce per un personaggio del suo calibro.
La grafica è quella tipica di "Monogatari", o meglio, della Shaft. Dopo otto serie non ho ancora capito se mi piaccia o meno. E' particolare, che altro dire? Confonde e ipnotizza, grazie soprattutto a un uso sconsiderato dei colori, a un andamento lento e cadenzato e anche a una colonna sonora ben studiata.
I personaggi paiono fregarsene delle leggi della fisica, sono disegnati in maniera quasi approssimativa, ma, improvvisamente, migliorano e sorprendono.
Il doppiaggio è fatto veramente bene, ma, d'altronde, in una serie dove si parla pressoché sempre, i doppiatori devono per forza svolgere un lavoro adeguato e accurato.
Ottima la regia, che non si perde in mezzo a tutti questi salti nel tempo e costruisce una storia nel complesso ordinata. Ora, chiedo scusa al buon vecchio Italo Svevo (e perdonatemi anche voi per il confronto assolutamente azzardato), ma queste continue forzature temporali e la libertà con cui l'autore salta da un giorno all'altro senza seguire il normale corso degli eventi ricordano molto "La coscienza di Zeno".
Il finale è la ciliegina sulla torta: commuove e stupisce allo stesso tempo. Se da un lato conclude questo breve arco narrativo, dall'altro introduce degli spunti per gli avvenimenti futuri (alcuni dei quali già vissuti). "Owarimonogatari" può essere dunque considerata un'esperienza del tutto particolare: affascina, intriga, sconvolge. In perfetto stile "Monogatari".
Voto finale: 8
"Owarimonogatari" è una serie di dodici episodi, uscita nel 2015 e classificabile come anime scolastico/soprannaturale, sebbene, a mio avviso, limitare tale opera ad alcuni schemi fissi è pressoché impossibile.
La storia fa un piccolo salto all'indietro rispetto a dove ci eravamo lasciati (o forse in avanti... è talmente attorcigliata la trama che si fa veramente fatica a tenere il passo con gli avvenimenti). Koyomi Araragi si è ormai abituato a trattare con ogni sorta di anomalia, ma il destino gli riserverà ancora molte sorprese. Innanzitutto l'arrivo di Ougi Oshino, una ragazza poco più piccola di lui e nipote dello specialista Oshino. L'aspetto della fanciulla è tutt'altro che rassicurante, pare circondata da un'aura di mistero, che catturerà inevitabilmente il nostro protagonista. Arriva, si presenta a Koyomi, e subito rimangono intrappolati in un'aula maledetta, che non lascerà scappare i suoi prigionieri finché non risolveranno il mistero della stanza. Cosa fare? Come sfuggire a tale situazione? L'anime pare essersi infiammato fin dalla prima puntata.
Analizzando la serie (cosa effettivamente complicata), si possono distinguere due sezioni interne all'opera: le prime sei puntate che narrano la vicenda di Sodachi Oikura, un'amica d'infanzia di Koyomi ritrovata dopo molti anni, mentre la seconda parte ritorna finalmente sul tema "Shinobu". La piccola vampira che aveva affascinato in passato era passata un po' in secondo piano, ma ecco che ritorna, e con uno stile veramente magnifico.
Non saprei dire effettivamente quale delle due parti mi sia piaciuta maggiormente. La prima è molto più misteriosa, un racconto che si articola su diversi piani temporali e che, introducendo un nuovo personaggio, Sodachi, tenta di scoprire un lato nascosto del protagonista. Il suo rapporto con la ragazza è fin da subito controverso, ma come mai Koyomi si era dimenticato completamente di questa loro antica relazione?
Le ultime sei puntate, invece, mostrano un andamento più dinamico e attivo. Koyomi deve affrontare il ritorno di Shinobu, ma, ancora di più, quello del primo servitore della vampira. Uno scontro? Una chiacchierata amichevole? Chissà a cosa porterà la ricomparsa di questo personaggio...
I protagonisti, per il resto, non mostrano molte variazioni. Abbiamo avuto il piacere (o il dispiacere) di conoscerli nelle serie precedenti e, a grosse linee, rimangono costanti, con l'unica eccezione di Koyomi, che riesce a variare continuamente, sorprendendo sempre. La "new entry" Sodachi non delude e, in un arco narrativo tutto sommato ristretto, riesce ad assumere una psicologia completa e contorta, capace di affascinare e sorprendere. Shinobu è magnifica come sempre, mentre mi ha deluso leggermente Senjougahara che, dopo la prima serie, pare essersi fatta da parte. Ha conquistato il cuore del protagonista e poi è sparita, salvo qualche veloce comparsa, troppo veloce per un personaggio del suo calibro.
La grafica è quella tipica di "Monogatari", o meglio, della Shaft. Dopo otto serie non ho ancora capito se mi piaccia o meno. E' particolare, che altro dire? Confonde e ipnotizza, grazie soprattutto a un uso sconsiderato dei colori, a un andamento lento e cadenzato e anche a una colonna sonora ben studiata.
I personaggi paiono fregarsene delle leggi della fisica, sono disegnati in maniera quasi approssimativa, ma, improvvisamente, migliorano e sorprendono.
Il doppiaggio è fatto veramente bene, ma, d'altronde, in una serie dove si parla pressoché sempre, i doppiatori devono per forza svolgere un lavoro adeguato e accurato.
Ottima la regia, che non si perde in mezzo a tutti questi salti nel tempo e costruisce una storia nel complesso ordinata. Ora, chiedo scusa al buon vecchio Italo Svevo (e perdonatemi anche voi per il confronto assolutamente azzardato), ma queste continue forzature temporali e la libertà con cui l'autore salta da un giorno all'altro senza seguire il normale corso degli eventi ricordano molto "La coscienza di Zeno".
Il finale è la ciliegina sulla torta: commuove e stupisce allo stesso tempo. Se da un lato conclude questo breve arco narrativo, dall'altro introduce degli spunti per gli avvenimenti futuri (alcuni dei quali già vissuti). "Owarimonogatari" può essere dunque considerata un'esperienza del tutto particolare: affascina, intriga, sconvolge. In perfetto stile "Monogatari".
Voto finale: 8
Nuovo adattamento anime delle "Monogatari Series", "Owarimonogatari" si prefigge il compito di portare su schermo un'altra porzione della fortunata serie di light novel di NisiOisiN; anche stavolta, l'obiettivo è stato raggiunto in maniera egregia.
Proprio come suggerisce il nome, ci stiamo avvicinando alle battute finali dell'intera opera; ironicamente, tuttavia, ogni evento descritto accade cronologicamente prima di "Tsukimonogatari", tra gli avvenimenti della "Second Season". Sembra una sorta di controsenso, ma in realtà ciò è dovuto al fatto che quest'anime copre soltanto i primi due volumi dell'omonima novel "Owarimonogatari", mentre è il terzo a proseguire la storia dal punto in cui si era fermata.
Confusi? Io certamente lo sono stato, ma abituarsi a seguire questi continui salti temporali è essenziale per godere appieno dell'intera serie, la cui narrazione discontinua e ad alta densità di dialoghi può renderne, altrimenti, ostica e faticosa la visione.
Il fine di questo capitolo, dunque, è di fornirci i pezzi per completare il puzzle riguardante precedenti storie inconcluse e di far luce su quegli elementi che non erano stati chiariti nella nebbiosa "Second Season". Per essere più chiaro, ritengo utile considerare la narrazione come divisa in due parti.
Gli episodi 1-6 trattano il primo volume della novel e gli eventi sono collocati subito dopo "Nekomonogatari: Shiro", ossia il primo arco della "Second Season". Finalmente, il criptico personaggio di Oshino Ougi viene introdotto come si deve, dopo essere comparso sporadicamente nei capitoli precedenti; appare inoltre una nuova ragazza, Oikura, che sarà il fulcro di una storia abbastanza a sé stante, ma di grande importanza per scavare nel passato del nostro protagonista Koyomi.
La seconda parte, invece, è posta cronologicamente prima, contemporanea a "Shinobu Time" e "Nekomonogatari: Shiro". Anche qui, farà la sua comparsa un nuovo personaggio proveniente dal passato, questa volta riguardante Shinobu, e si cercherà di chiarire la situazione rimasta precedentemente in sospeso.
Molti non saranno d'accordo, ma considero la prima parte nettamente superiore al resto dell'anime: le scelte registiche sono veramente azzeccate e gli episodi risultano scorrevoli al punto giusto, riuscendo a intrigare e appassionare per tutta la durata della visione. Probabilmente, è finora l'arco migliore di tutta la trasposizione delle "Monogatari Series", subito dopo "Bakemonogatari".
Nella seconda parte, invece, il ritmo cala vertiginosamente e l'atmosfera si fa purtroppo più stantia; evitabili le scene inutilmente protratte come quella del discorso sulla verginità di Kanbaru. Tutto risulta dunque più lento, eccezion fatta per l'ultima puntata, che risolleva abbastanza un susseguirsi di episodi non proprio così facile da seguire rispetto ai precedenti.
Stilisticamente, ci troviamo davanti a un altro capitolo che grida "Monogatari" da ogni sua parte: le inconfondibili ambientazioni surreali, i lunghi monologhi e l'atmosfera soprannaturale rimangono elementi fortemente caratteristici dell'anime, che non mancheranno di soddisfare le esigenze di chi lo ama anche per questo stile peculiare e fuori dagli schemi. Saranno ovviamente presenti anche i soliti flash di scritte su schermo.
Tecnicamente, i disegni e le animazioni si rivelano all'altezza delle aspettative, grazie al lavoro dello studio SHAFT che sembra proprio non voler deludere. Buone anche le musiche, in particolare mi è piaciuta molto la ending, che ricorda tanto la "Kimi no Shiranai Monogatari" della primissima serie.
Ottimo dunque questo seguito, capace di appassionare e mantenere alto il nome "Monogatari", e brillante l'idea della Dynit di portare quest'opera in Italia; rimango tuttavia spiazzato dalla scelta di partire proprio con "Owarimonogatari", e spero dunque che il progetto sia in realtà più ampio, o non capirei davvero le ragioni dietro a questa scelta.
Naturalmente, l'intera opera non è adatta a tutti, ma, trattandosi questa della settima trasposizione televisiva, sono convinto che chi legge la mia recensione non sia nuovo all'universo in questione; mi sento dunque sicuro nel consigliare la visione di quest'anime a tutti i fan della serie "Monogatari".
Non ne sarete delusi, lo garantisco.
Proprio come suggerisce il nome, ci stiamo avvicinando alle battute finali dell'intera opera; ironicamente, tuttavia, ogni evento descritto accade cronologicamente prima di "Tsukimonogatari", tra gli avvenimenti della "Second Season". Sembra una sorta di controsenso, ma in realtà ciò è dovuto al fatto che quest'anime copre soltanto i primi due volumi dell'omonima novel "Owarimonogatari", mentre è il terzo a proseguire la storia dal punto in cui si era fermata.
Confusi? Io certamente lo sono stato, ma abituarsi a seguire questi continui salti temporali è essenziale per godere appieno dell'intera serie, la cui narrazione discontinua e ad alta densità di dialoghi può renderne, altrimenti, ostica e faticosa la visione.
Il fine di questo capitolo, dunque, è di fornirci i pezzi per completare il puzzle riguardante precedenti storie inconcluse e di far luce su quegli elementi che non erano stati chiariti nella nebbiosa "Second Season". Per essere più chiaro, ritengo utile considerare la narrazione come divisa in due parti.
Gli episodi 1-6 trattano il primo volume della novel e gli eventi sono collocati subito dopo "Nekomonogatari: Shiro", ossia il primo arco della "Second Season". Finalmente, il criptico personaggio di Oshino Ougi viene introdotto come si deve, dopo essere comparso sporadicamente nei capitoli precedenti; appare inoltre una nuova ragazza, Oikura, che sarà il fulcro di una storia abbastanza a sé stante, ma di grande importanza per scavare nel passato del nostro protagonista Koyomi.
La seconda parte, invece, è posta cronologicamente prima, contemporanea a "Shinobu Time" e "Nekomonogatari: Shiro". Anche qui, farà la sua comparsa un nuovo personaggio proveniente dal passato, questa volta riguardante Shinobu, e si cercherà di chiarire la situazione rimasta precedentemente in sospeso.
Molti non saranno d'accordo, ma considero la prima parte nettamente superiore al resto dell'anime: le scelte registiche sono veramente azzeccate e gli episodi risultano scorrevoli al punto giusto, riuscendo a intrigare e appassionare per tutta la durata della visione. Probabilmente, è finora l'arco migliore di tutta la trasposizione delle "Monogatari Series", subito dopo "Bakemonogatari".
Nella seconda parte, invece, il ritmo cala vertiginosamente e l'atmosfera si fa purtroppo più stantia; evitabili le scene inutilmente protratte come quella del discorso sulla verginità di Kanbaru. Tutto risulta dunque più lento, eccezion fatta per l'ultima puntata, che risolleva abbastanza un susseguirsi di episodi non proprio così facile da seguire rispetto ai precedenti.
Stilisticamente, ci troviamo davanti a un altro capitolo che grida "Monogatari" da ogni sua parte: le inconfondibili ambientazioni surreali, i lunghi monologhi e l'atmosfera soprannaturale rimangono elementi fortemente caratteristici dell'anime, che non mancheranno di soddisfare le esigenze di chi lo ama anche per questo stile peculiare e fuori dagli schemi. Saranno ovviamente presenti anche i soliti flash di scritte su schermo.
Tecnicamente, i disegni e le animazioni si rivelano all'altezza delle aspettative, grazie al lavoro dello studio SHAFT che sembra proprio non voler deludere. Buone anche le musiche, in particolare mi è piaciuta molto la ending, che ricorda tanto la "Kimi no Shiranai Monogatari" della primissima serie.
Ottimo dunque questo seguito, capace di appassionare e mantenere alto il nome "Monogatari", e brillante l'idea della Dynit di portare quest'opera in Italia; rimango tuttavia spiazzato dalla scelta di partire proprio con "Owarimonogatari", e spero dunque che il progetto sia in realtà più ampio, o non capirei davvero le ragioni dietro a questa scelta.
Naturalmente, l'intera opera non è adatta a tutti, ma, trattandosi questa della settima trasposizione televisiva, sono convinto che chi legge la mia recensione non sia nuovo all'universo in questione; mi sento dunque sicuro nel consigliare la visione di quest'anime a tutti i fan della serie "Monogatari".
Non ne sarete delusi, lo garantisco.
Nuovo capitolo, nuovi personaggi... nuovamente consigliato!
Ovviamente, i fan della famosa serie di light novel di Nisio Isin non potranno sottrarsi dal visionare anche questo capitolo della saga, che non dà un seguito alle succose vicende che maggiormente avevano attirato e scatenato l'aspettativa del pubblico, ossia quelle accennate in "Tsukimonogatari", ma che, d'altra parte, ha il pregio di focalizzare l'attenzione su uno dei personaggi più enigmatici degli ultimi tempi: Oshino Ougi.
D'altronde, chi si è avvicinato a questo prodotto e al suo adattamento animato affidato alla buona regia di Akiyuki Shinbo sarà abituato ad essere sballottato avanti e indietro nel tempo attraverso la continuity di questa storia. La trama verticale è frammentata anacronologicamente: infatti, piuttosto che fare ricorso a figure come l'analessi (o flashback), è come se la trama fosse stata scomposta per poi essere ricomposta in modo non cronologico, ma certamente non casuale, creando un unicum veramente raro e sorprendente ai fini della narrazione.
E' facile però perdersi in questa frammentazione, per cui è utile specificare come le vicende trattate nella prima parte di "Owarimonogatari" si colleghino temporalmente tra l'arco "Nekomonogatari Shiro" e quello "Nadeko Medusa", mentre nella seconda parte i fatti vanno a incastrarsi tra l'arco "Mayoi Jianshi" e ancora "Nekomonogatari Shiro".
Anche questa serie vanta, o soffre (a seconda dei punti di vista), dei pregi e difetti dei suoi predecessori. Premettendo subito che il livello qualitativo di "Bakemonogatari" non è stato più rispecchiato nei suoi sequel animati, è comunque possibile affermare che ci sono alcuni parametri/caratteristiche che sono diventati canonici per questa saga, e che anche quest'ultima stagione rispecchia in pieno.
La regia ispirata di Shinbo fa sempre il suo dovere come in passato; ancora una volta i dialoghi tra i personaggi occupano uno spazio privilegiato, risultando, come d'abitudine, talvolta molto profondi, maturi, non scontati, e a tratti fuori dagli schemi. Talvolta però saranno anche fini a sé stessi, di una maturità e innovazione effimera, un'originalità e profondità che ricadono su loro stesse, se questi ricercano nella complessità dell'esposizione un espediente per mascherare proseliti di utilità dubbia e che nascondono tematiche in realtà banali e scambi di battute di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno.
Come sempre, quindi, questo tentativo di innalzare il livello dei dialoghi è un fiore all'occhiello e un limite allo stesso tempo.
Gli immancabili frame testuali si riscoprono in una nuova veste grafica, risultando più freschi, e i personaggi, vecchi e nuovi, sono caratterizzati nel modo ammaliante che abbiamo imparato a conoscere. Il caro vecchio filo conduttore dei problemi familiari fa anche qui capolino, non sfigurando rispetto alle sue precedenti apparizioni. Stavolta inoltre sembra esserci pochissimo spazio per il fanservice, che tante e doverose critiche ha attirato in passato.
Col passare degli anni il miglioramento grafico, nell'uso dell'illuminazione, nei disegni e animazioni, nel pattern di colori, si nota e risulta molto piacevole.
Passiamo però ad analizzare le due "monogatari", o storie, che dir si voglia, separatamente.
Nella prima parte assistiamo a un prepotente tentativo di Oshino Ougi di prendersi un posto su quel palcoscenico su cui si sono susseguite numerose storie, che altro non è che la quotidiana vita di Araragi Koyomi. Il primo episodio consta di una durata straordinaria di ben quarantacinque minuti, che trascorrono attraverso uno scambio di battute tra i due personaggi appena citati, senza lasciare spazio alla noia. Ciò fungerà sia da preludio all'introduzione di un nuovo personaggio, Sodachi, sia a un focus sulla misteriosa personalità di Ougi-chan. Il risultato è senz'altro positivo.
Il primo arco è incentrato su un nuovo personaggio che frequenta la stessa classe di Araragi, assentatasi però per alcuni anni per vicende su cui verrà repentinamente fatta luce. Parliamo di Sodachi, una ragazza dalla personalità alquanto lunatica e irascibile, che sembra avercela a morte con Koyomi. Ben presto si scoprirà che i due erano, in passato, legati da un rapporto ben più stretto, di cui però il nostro protagonista stenta a ricordarsi. Tutto ciò può, ragionando a freddo, sembrare una forzatura, un escamotage per "allungare il brodo" con una storia tralasciabile, in quanto, essendo la giovane così presente (in più occasioni) nel passato di Araragi, è strano che quest' ultimo se ne sia dimenticato. Anche se proprio sull'essersene dimenticato l'autore gioca molto, rendendolo centrale nella trama di questo arco. Inoltre sarà Ougi stessa a rivelare di aver voluto mettere alla prova il protagonista nel rapportarsi con una amica d'infanzia in vista di un simile, ma ben più catastrofico, evento futuro, ovvero la storia di Nadeko Medusa che ben conosciamo. Quindi tutto sembra avere una spiegazione, e il modo di trasporla su schermo non è affatto male, anzi. Nel complesso la narrazione è ben sviluppata e assume delle tinte investigative, con ammiccamenti all'aritmetica e all'enigmistica, che ben figurano, lasciando spazio a un bel colpo di scena finale (anche se abbastanza telefonato) e a trovate narrative molto riuscite (come il caso della lettera).
L'interpretazione della doppiatrice che presta la voce a Sodachi è meritevole di applausi, molto credibile nei discorsi a cui la ragazza si presta e che lasciano trasparire follia, nostalgia, angoscia, ansia e irrequietezza, tanto da risultare in alcuni passaggi disturbante, quanto apprezzabile dal punto di vista della recitazione.
Il secondo arco vede protagonisti l'irrinunciabile Koyomi, Kanbaru, Shinobu e Gaen, alle prese con una misteriosa entità dotata di energy drain che sembra attentare alla vita del nostro protagonista.
Ovviamente l'identità di quest'ultima sarà svelata da Gaen, non a caso essa stessa è solita appellarsi come 'colei che sa tutto'. La sua spiegazione rappresenterà uno dei discorsi più affascinanti e con più riferimenti dell'intera serie, uno di quelli per cui molti sono spinti e invogliati a seguire questi titoli. Questo arco ha un sapore maggiormente action e soprannaturale, con una storia dalle tinte sentimentali e nostalgiche per la vampira millenaria Kiss-shot, che dovrà fare i conti con il suo passato. Il tutto sarà condito da un crescente hype per l'ultima puntata, solo in parte ripagato. Questa infatti risulta un po' amara, ma in senso buono, con ottimi spunti riflessivi soprattutto nel finale, quando il discorso si concentra sull'indolenza del nostro protagonista. Vengono gettate le basi per risvolti futuri, e ancora una volta Ougi viene delineata come la vera nemesi di Koyomi. Se il ragazzo è il cantastorie designato dalla penna dell'autore, questa misteriosa figura femminile è colei che è pronta ad ascoltare queste storie e, molto probabilmente, a stravolgerle a suo piacimento.
Il fluire di questi episodi è intervallato, all'inizio e alla fine, da ben tre opening e da una ending molto calzanti con l'atmosfera, che riescono ad affermare un carattere proprio e a ritagliarsi uno spazio in sede di giudizio complessivo dell'opera.
E, se è appunto un giudizio che si vuol esprimere, risulta difficile partorire un feedback negativo.
Le tematiche trattate, gli spunti offerti e la realizzazione complessiva trasportano lo spettatore in un vortice di eventi, colori, sentimenti e battute che a volte non si lasciano, volutamente, comprendere, ma che riescono nel difficile compito di affascinare il fruitore finale, ammaliandolo piuttosto che intrattenendolo, rapendolo in una narrazione che prova leggermente a discostarsi dai soliti prodotti. Tutto ciò comunque senza essere esente da colpe o difetti, ma affermando almeno una propria identità individuale.
Ricapitolando, questo anime ripropone tematiche e caratteristiche che hanno fatto la fortuna della "Monogatari Series", offre un nuovo tassello del puzzle che ben si incastra con le vicende passate, non costituisce passi in avanti a livello di trama, ma approfondisce personaggi vecchi e nuovi, e racconta due storie che vale la pena ascoltare. Ancora una volta promosso, merita la visione.
Voto: 8 - -
Ovviamente, i fan della famosa serie di light novel di Nisio Isin non potranno sottrarsi dal visionare anche questo capitolo della saga, che non dà un seguito alle succose vicende che maggiormente avevano attirato e scatenato l'aspettativa del pubblico, ossia quelle accennate in "Tsukimonogatari", ma che, d'altra parte, ha il pregio di focalizzare l'attenzione su uno dei personaggi più enigmatici degli ultimi tempi: Oshino Ougi.
D'altronde, chi si è avvicinato a questo prodotto e al suo adattamento animato affidato alla buona regia di Akiyuki Shinbo sarà abituato ad essere sballottato avanti e indietro nel tempo attraverso la continuity di questa storia. La trama verticale è frammentata anacronologicamente: infatti, piuttosto che fare ricorso a figure come l'analessi (o flashback), è come se la trama fosse stata scomposta per poi essere ricomposta in modo non cronologico, ma certamente non casuale, creando un unicum veramente raro e sorprendente ai fini della narrazione.
E' facile però perdersi in questa frammentazione, per cui è utile specificare come le vicende trattate nella prima parte di "Owarimonogatari" si colleghino temporalmente tra l'arco "Nekomonogatari Shiro" e quello "Nadeko Medusa", mentre nella seconda parte i fatti vanno a incastrarsi tra l'arco "Mayoi Jianshi" e ancora "Nekomonogatari Shiro".
Anche questa serie vanta, o soffre (a seconda dei punti di vista), dei pregi e difetti dei suoi predecessori. Premettendo subito che il livello qualitativo di "Bakemonogatari" non è stato più rispecchiato nei suoi sequel animati, è comunque possibile affermare che ci sono alcuni parametri/caratteristiche che sono diventati canonici per questa saga, e che anche quest'ultima stagione rispecchia in pieno.
La regia ispirata di Shinbo fa sempre il suo dovere come in passato; ancora una volta i dialoghi tra i personaggi occupano uno spazio privilegiato, risultando, come d'abitudine, talvolta molto profondi, maturi, non scontati, e a tratti fuori dagli schemi. Talvolta però saranno anche fini a sé stessi, di una maturità e innovazione effimera, un'originalità e profondità che ricadono su loro stesse, se questi ricercano nella complessità dell'esposizione un espediente per mascherare proseliti di utilità dubbia e che nascondono tematiche in realtà banali e scambi di battute di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno.
Come sempre, quindi, questo tentativo di innalzare il livello dei dialoghi è un fiore all'occhiello e un limite allo stesso tempo.
Gli immancabili frame testuali si riscoprono in una nuova veste grafica, risultando più freschi, e i personaggi, vecchi e nuovi, sono caratterizzati nel modo ammaliante che abbiamo imparato a conoscere. Il caro vecchio filo conduttore dei problemi familiari fa anche qui capolino, non sfigurando rispetto alle sue precedenti apparizioni. Stavolta inoltre sembra esserci pochissimo spazio per il fanservice, che tante e doverose critiche ha attirato in passato.
Col passare degli anni il miglioramento grafico, nell'uso dell'illuminazione, nei disegni e animazioni, nel pattern di colori, si nota e risulta molto piacevole.
Passiamo però ad analizzare le due "monogatari", o storie, che dir si voglia, separatamente.
Nella prima parte assistiamo a un prepotente tentativo di Oshino Ougi di prendersi un posto su quel palcoscenico su cui si sono susseguite numerose storie, che altro non è che la quotidiana vita di Araragi Koyomi. Il primo episodio consta di una durata straordinaria di ben quarantacinque minuti, che trascorrono attraverso uno scambio di battute tra i due personaggi appena citati, senza lasciare spazio alla noia. Ciò fungerà sia da preludio all'introduzione di un nuovo personaggio, Sodachi, sia a un focus sulla misteriosa personalità di Ougi-chan. Il risultato è senz'altro positivo.
Il primo arco è incentrato su un nuovo personaggio che frequenta la stessa classe di Araragi, assentatasi però per alcuni anni per vicende su cui verrà repentinamente fatta luce. Parliamo di Sodachi, una ragazza dalla personalità alquanto lunatica e irascibile, che sembra avercela a morte con Koyomi. Ben presto si scoprirà che i due erano, in passato, legati da un rapporto ben più stretto, di cui però il nostro protagonista stenta a ricordarsi. Tutto ciò può, ragionando a freddo, sembrare una forzatura, un escamotage per "allungare il brodo" con una storia tralasciabile, in quanto, essendo la giovane così presente (in più occasioni) nel passato di Araragi, è strano che quest' ultimo se ne sia dimenticato. Anche se proprio sull'essersene dimenticato l'autore gioca molto, rendendolo centrale nella trama di questo arco. Inoltre sarà Ougi stessa a rivelare di aver voluto mettere alla prova il protagonista nel rapportarsi con una amica d'infanzia in vista di un simile, ma ben più catastrofico, evento futuro, ovvero la storia di Nadeko Medusa che ben conosciamo. Quindi tutto sembra avere una spiegazione, e il modo di trasporla su schermo non è affatto male, anzi. Nel complesso la narrazione è ben sviluppata e assume delle tinte investigative, con ammiccamenti all'aritmetica e all'enigmistica, che ben figurano, lasciando spazio a un bel colpo di scena finale (anche se abbastanza telefonato) e a trovate narrative molto riuscite (come il caso della lettera).
L'interpretazione della doppiatrice che presta la voce a Sodachi è meritevole di applausi, molto credibile nei discorsi a cui la ragazza si presta e che lasciano trasparire follia, nostalgia, angoscia, ansia e irrequietezza, tanto da risultare in alcuni passaggi disturbante, quanto apprezzabile dal punto di vista della recitazione.
Il secondo arco vede protagonisti l'irrinunciabile Koyomi, Kanbaru, Shinobu e Gaen, alle prese con una misteriosa entità dotata di energy drain che sembra attentare alla vita del nostro protagonista.
Ovviamente l'identità di quest'ultima sarà svelata da Gaen, non a caso essa stessa è solita appellarsi come 'colei che sa tutto'. La sua spiegazione rappresenterà uno dei discorsi più affascinanti e con più riferimenti dell'intera serie, uno di quelli per cui molti sono spinti e invogliati a seguire questi titoli. Questo arco ha un sapore maggiormente action e soprannaturale, con una storia dalle tinte sentimentali e nostalgiche per la vampira millenaria Kiss-shot, che dovrà fare i conti con il suo passato. Il tutto sarà condito da un crescente hype per l'ultima puntata, solo in parte ripagato. Questa infatti risulta un po' amara, ma in senso buono, con ottimi spunti riflessivi soprattutto nel finale, quando il discorso si concentra sull'indolenza del nostro protagonista. Vengono gettate le basi per risvolti futuri, e ancora una volta Ougi viene delineata come la vera nemesi di Koyomi. Se il ragazzo è il cantastorie designato dalla penna dell'autore, questa misteriosa figura femminile è colei che è pronta ad ascoltare queste storie e, molto probabilmente, a stravolgerle a suo piacimento.
Il fluire di questi episodi è intervallato, all'inizio e alla fine, da ben tre opening e da una ending molto calzanti con l'atmosfera, che riescono ad affermare un carattere proprio e a ritagliarsi uno spazio in sede di giudizio complessivo dell'opera.
E, se è appunto un giudizio che si vuol esprimere, risulta difficile partorire un feedback negativo.
Le tematiche trattate, gli spunti offerti e la realizzazione complessiva trasportano lo spettatore in un vortice di eventi, colori, sentimenti e battute che a volte non si lasciano, volutamente, comprendere, ma che riescono nel difficile compito di affascinare il fruitore finale, ammaliandolo piuttosto che intrattenendolo, rapendolo in una narrazione che prova leggermente a discostarsi dai soliti prodotti. Tutto ciò comunque senza essere esente da colpe o difetti, ma affermando almeno una propria identità individuale.
Ricapitolando, questo anime ripropone tematiche e caratteristiche che hanno fatto la fortuna della "Monogatari Series", offre un nuovo tassello del puzzle che ben si incastra con le vicende passate, non costituisce passi in avanti a livello di trama, ma approfondisce personaggi vecchi e nuovi, e racconta due storie che vale la pena ascoltare. Ancora una volta promosso, merita la visione.
Voto: 8 - -