Kiznaiver
«Kiznaiver» è un anime, a cura dello studio di animazione Trigger, che in maniera originale racconta una storia sui sentimenti.
Sette ragazzi subiscono un'operazione grazie alla quale condividono il dolore, non soltanto quello fisico. Si tratta di un progetto nato con l'idea di far comprendere il dolore che gli altri provano, nel tentativo di evitare conflitti inutili, in una parola un progetto sull'empatia.
I sette personaggi principali, per quanto siano presentati in un modo che potrebbe sembrare banale, non sembrano scelti a caso, ognuno porta dentro di sé una forma di dolore diversa, profonda, che può sembrare incomprensibile agli altri, solitamente non si "perde tempo" a conoscere gli altri, il dolore degli altri. I vari protagonisti agiscono in maniera molto diversa, chi cerca la solitudine per non ferirsi - del resto, evitando il contatto con gli altri, si evita ogni possibile dolore, ma poi si può definire vita quella che si vive?
Cos'è l'amicizia, cos'è un legame? Con una velata critica alla società contemporanea che ha dimenticato una cosa semplice, propria dell'essere umano, la storia propone una sua visione convincente, a tratti forte, di impatto, senza forse osare di più.
L'episodio 9 è quello che potremo definire il culmine, più della serie stessa, proprio dell'idea che la serie voleva portare, condividere un dolore anche con lo spettatore, che si sentirà partecipe, anche non volendo, della storia: l'esperimento coinvolgeva anche noi che guardiamo la serie.
Quando il dolore parla. Grazie all'esperimento, quando due persone coinvolte nell'operazione si trovano vicine e provano una forte sensazione, il loro dolore inizia a parlare, a dire quello che chi lo prova pensa, lo grida e, nel caso di una storia d'amore non corrisposta, l'effetto di queste parole può essere devastante.
Fra i personaggi, quello più interessante risulta Noriko Sonozaki, con il suo passato e con il suo dolore; il comportamento di Katsuhira Agata può sembrare strano all'inizio, ma sarà chiarito in seguito. Durante la serie, nella sua parte meno realistica, si può osservare quello che è una specie di omaggio a "Paranoia Agent".
L'opening ("Lay Your Hands on Me" di Boom Boom Satellites, ultima loro canzone per via della morte prematura del cantante Michiyuki Kawashima, avvenuta il 9 ottobre 2016) è semplicemente bella, mentre tranquilla è la ending ("Hajimari no Sokudo" di Sangatsu no Phantasia). Le OST faranno da padrone soprattutto nell'ultimo episodio, nel corso della serie non saranno all'altezza dello spettacolo che offrono i disegni e le animazioni, che sono di buon livello.
Da consigliare a coloro a cui piace una storia ricca di sentimenti, con un pizzico di fantascienza e originalità.
Sette ragazzi subiscono un'operazione grazie alla quale condividono il dolore, non soltanto quello fisico. Si tratta di un progetto nato con l'idea di far comprendere il dolore che gli altri provano, nel tentativo di evitare conflitti inutili, in una parola un progetto sull'empatia.
I sette personaggi principali, per quanto siano presentati in un modo che potrebbe sembrare banale, non sembrano scelti a caso, ognuno porta dentro di sé una forma di dolore diversa, profonda, che può sembrare incomprensibile agli altri, solitamente non si "perde tempo" a conoscere gli altri, il dolore degli altri. I vari protagonisti agiscono in maniera molto diversa, chi cerca la solitudine per non ferirsi - del resto, evitando il contatto con gli altri, si evita ogni possibile dolore, ma poi si può definire vita quella che si vive?
Cos'è l'amicizia, cos'è un legame? Con una velata critica alla società contemporanea che ha dimenticato una cosa semplice, propria dell'essere umano, la storia propone una sua visione convincente, a tratti forte, di impatto, senza forse osare di più.
L'episodio 9 è quello che potremo definire il culmine, più della serie stessa, proprio dell'idea che la serie voleva portare, condividere un dolore anche con lo spettatore, che si sentirà partecipe, anche non volendo, della storia: l'esperimento coinvolgeva anche noi che guardiamo la serie.
Quando il dolore parla. Grazie all'esperimento, quando due persone coinvolte nell'operazione si trovano vicine e provano una forte sensazione, il loro dolore inizia a parlare, a dire quello che chi lo prova pensa, lo grida e, nel caso di una storia d'amore non corrisposta, l'effetto di queste parole può essere devastante.
Fra i personaggi, quello più interessante risulta Noriko Sonozaki, con il suo passato e con il suo dolore; il comportamento di Katsuhira Agata può sembrare strano all'inizio, ma sarà chiarito in seguito. Durante la serie, nella sua parte meno realistica, si può osservare quello che è una specie di omaggio a "Paranoia Agent".
L'opening ("Lay Your Hands on Me" di Boom Boom Satellites, ultima loro canzone per via della morte prematura del cantante Michiyuki Kawashima, avvenuta il 9 ottobre 2016) è semplicemente bella, mentre tranquilla è la ending ("Hajimari no Sokudo" di Sangatsu no Phantasia). Le OST faranno da padrone soprattutto nell'ultimo episodio, nel corso della serie non saranno all'altezza dello spettacolo che offrono i disegni e le animazioni, che sono di buon livello.
Da consigliare a coloro a cui piace una storia ricca di sentimenti, con un pizzico di fantascienza e originalità.
La trama di "Kiznaiver" è particolare: i protagonisti vengono scelti per far parte del progetto Kizna System e i loro sentimenti, il loro dolore in particolare, vengono messi al centro. I sentimenti, in un certo senso, possono essere considerati come i veri protagonisti dell'anime.
La storia segue un arco narrativo preciso e un climax ben delineato che cresce di episodio in episodio; i personaggi sono ben caratterizzati, ma le loro storie e i legami che si creano tra loro sono sempre più interessanti, tali da far rimanere lo spettatore incollato allo schermo per poterli conoscere sempre più a fondo.
Sono stati dodici episodi pieni e sensati, il filo conduttore è stato seguito in maniera lineare senza perdersi strada facendo o senza arrivare agli ultimi episodi facendo una palese corsa.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, dalle animazioni al comparto audio, è molto buono, e in alcuni momenti aiuta lo spettatore a immedesimarsi maggiormente nella storia e a provare vere e intense emozioni per i vari personaggi.
In conclusione, un ottimo anime consigliato a tutti.
La storia segue un arco narrativo preciso e un climax ben delineato che cresce di episodio in episodio; i personaggi sono ben caratterizzati, ma le loro storie e i legami che si creano tra loro sono sempre più interessanti, tali da far rimanere lo spettatore incollato allo schermo per poterli conoscere sempre più a fondo.
Sono stati dodici episodi pieni e sensati, il filo conduttore è stato seguito in maniera lineare senza perdersi strada facendo o senza arrivare agli ultimi episodi facendo una palese corsa.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, dalle animazioni al comparto audio, è molto buono, e in alcuni momenti aiuta lo spettatore a immedesimarsi maggiormente nella storia e a provare vere e intense emozioni per i vari personaggi.
In conclusione, un ottimo anime consigliato a tutti.
Questa serie mi è rimasta particolarmente impressa e lo capisco dal fatto che, nonostante siano passati mesi, e io ho visto molte altre cose da allora, non riesco a non pensarci ogni tanto: mi focalizzo su qualche episodio che mi è piaciuto particolarmente o su qualche scena in particolare, in quanto la mia mente ha archiviato questa serie come la più avvincente della "Primavera 2016". Può essere un parere condivisibile oppure no, ma sono stati dodici episodi pieni e sensati, il filo conduttore è stato seguito in maniera lineare senza perdersi strada facendo o senza arrivare agli ultimi episodi facendo una palese corsa, si è preso il suo tempo ed è bastato. La storia segue un arco narrativo preciso e un climax, i personaggi sono tutti diversi e ben caratterizzati, così come i rapporti tra loro, che secondo me sono il cuore di questo anime.
Non nego che mi piacerebbe poter vedere una seconda serie di questo anime, ma solo perché mi sono affezionata ai personaggi, non perché il finale non sia stato perfettamente conclusivo.
Tecnicamente, secondo me, la serie è impeccabile, fortunatamente niente da ridire. Lo consiglio!
Non nego che mi piacerebbe poter vedere una seconda serie di questo anime, ma solo perché mi sono affezionata ai personaggi, non perché il finale non sia stato perfettamente conclusivo.
Tecnicamente, secondo me, la serie è impeccabile, fortunatamente niente da ridire. Lo consiglio!
Chi non conosce quel momento, quei secondi che sembrano una infinità, dove il cuore batte così violentemente da far tremare il petto? Quel dolore come una lama di un rasoio che incide il nostro cuore. Una parola non basta. Non è amore, ne servono due: Amore e Amicizia. Eh sì, perché non si soffre solo per amore ma anche per essere soli e isolati da tutti. "Kiznaiver", la porta del cuore lo definirei io, è l'anime che mette a nudo i sentimenti, le emozioni, le paure e i pensieri dei nostri liceali. Qui si va davvero a scavare in un mondo pienissimo di potenzialità. Si costruisce la storia di giovani vite che non ne hanno mai avuta una, alla ricerca di una gioia che non hai mai potuto assaporare. Ma nel contempo scopri dolori nuovi, capisci cosa significa amare e soffrire per un amico. Davvero si rivive l'adolescenza di sé stessi in almeno uno degli aspetti dei Kiznaiver, se non qualcosa in tutti.
Personalmente mi sono ricordato cose che avevo voluto dimenticare della mia vita, della persona che sono ora, dei pregi e dei difetti che ho. Ma, se continuo, qua si rischia di arrivare al 10. Ma ci si ferma prima. Mi dispiace dirlo, ma l'anime non è completo, manca sotto alcuni punti, come ad esempio la corporatura della trama che alla fine si infrange troppo velocemente, come se stessero per finire le dodici puntate a disposizione e si doveva far finire la serie. Le OST potevano essere migliori, in questo senso non mi è vibrato il cuore.
"Kiznaiver" cosa è? Un diario, un diario che ciascuno di noi dovrebbe conservare per ricordarsi di cosa si è stati almeno una volta nella vita. Ma, appunto, un diario, scritto non oltre, non un ricordo, nemmeno un film di noi stessi. La serie muore sul finale come deve accadere, secondo me senza il bisogno di una seconda stagione, o perlomeno senza gli stessi protagonisti. In complesso rimane un pezzo di me stesso. Voto: 7
Personalmente mi sono ricordato cose che avevo voluto dimenticare della mia vita, della persona che sono ora, dei pregi e dei difetti che ho. Ma, se continuo, qua si rischia di arrivare al 10. Ma ci si ferma prima. Mi dispiace dirlo, ma l'anime non è completo, manca sotto alcuni punti, come ad esempio la corporatura della trama che alla fine si infrange troppo velocemente, come se stessero per finire le dodici puntate a disposizione e si doveva far finire la serie. Le OST potevano essere migliori, in questo senso non mi è vibrato il cuore.
"Kiznaiver" cosa è? Un diario, un diario che ciascuno di noi dovrebbe conservare per ricordarsi di cosa si è stati almeno una volta nella vita. Ma, appunto, un diario, scritto non oltre, non un ricordo, nemmeno un film di noi stessi. La serie muore sul finale come deve accadere, secondo me senza il bisogno di una seconda stagione, o perlomeno senza gli stessi protagonisti. In complesso rimane un pezzo di me stesso. Voto: 7
Kizuna (絆). Il legame. Un'idea che risuona con una certa enfasi nell'immaginario nipponico e che spesso nell'animazione ha trovato una sua rappresentazione sincera. E dire che i Giapponesi sono persone con le quali difficilmente sono riuscita a costruire un vero e proprio legame... Eppure, quando a parlare per loro sono gli anime o i manga, ma in generale l'arte, ho potuto percepire un sentimento che affonda le radici in un bisogno di condivisione che è comune all'umanità intera. "Kiznaiver", anime della stagione primaverile 2016 realizzato dallo Studio Trigger, parte proprio dall'assunto che gli esseri umani desiderano inconsciamente di connettersi l'un l'altro. Molto nobile come proposito quello di affondare i piedi nella psiche umana, a tratti presuntuoso e difficile da portare a conclusione, ma a suo modo "Kiznaiver" riesce a lasciare un piccolo segno, che rassomiglia alla cicatrice simbolo di quest'anime. Un po' un brutto graffio, un po' un ricettacolo di sentimenti positivi e negativi, che il fratellino di "Kill la Kill" si è lasciato dietro.
Nella città di Sugomori è in corso un grosso esperimento che dovrà condurre l'umanità verso uno stato di pace comune e duraturo. La fine di tutte le guerre e la connessione totale dei cuori: il cosiddetto Kizuna System fonda la sua esistenza sulla convinzione che attraverso la condivisione del dolore l'uomo appenderà il fucile al chiodo. Sette ragazzi sono scelti come soggetto sperimentale: Katsuhira "Kacchon" Agata, Chidori Takashiro, Hajime Tenga, Niko Niiyama, Honoka Maki, Tsuguhito Yuta e Yoshiharu Hisomu vengono convocati dalla loro compagna di classe Noriko Sonozaki per divenire dei Kiznaiver, persone in grado di condividere il proprio dolore. Attraverso la cicatrice che gli è stata impressa sulla pelle, i sette ragazzi che non hanno niente in comune se non appartenere allo stesso progetto, cominciano a sentire come propri la sofferenza, l'amore, l'amicizia, la gioia, la compassione, le emozioni degli altri membri del gruppo. All'inizio sembra tutto un continuo formicolio, accompagnato dal mal di testa, dal dolore fisico, che col tempo però diviene dolore mentale, affettivo, dolore del cuore... Il cuore che soffoca in questo caleidoscopio di sentimenti schizofrenici che è l'anime di "Kiznaiver".
Il nuovo prodotto dello Studio Trigger si presenta come una grossa metafora dell'amicizia, soffermandosi soprattutto sulla difficoltà di costruzione di questo legame riscontrata da persone che non hanno grossi punti in comune. In un continuo litigare, afferrarsi, lasciarsi, riprendersi, farsi del male, fare la pace; in una serie di "triangoli-quadrilateri-pentagoni" amorosi; tra flashback che si mescolano al presente facendo calare un alone di mistero sull'intera serie... "Kiznaiver" imbastisce un grosso barbecue e in dodici episodi non riesce a completare come si deve il discorso che ha iniziato. O meglio, arriva forte e chiaro il messaggio che amici ci si diventa anche senza esserselo detti o chiesto. Tutto bello, tutto vero. Quello che però viene perso per strada è l'obiettivo del Kizuna System, la fantomatica pace mondiale a cui Noriko Sonozaki aspira, che sul finale sembra passare in secondo piano rispetto alle love story che si instaurano fra i vari personaggi. Non nascondo che il mio lato da "shōjomane" ha prevalso in più punti, mi stavo quasi per stracciare i capelli nel vedere il fantastico (ma stereotipato) triangolo tra Kacchon, Chidori e Tenga! Ma ad onor del vero, non posso non ammettere che, se si fossero concentrati sulla caratterizzazione dei personaggi piuttosto che sugli sviluppi amorosi fra di essi, sarebbe venuto fuori qualcosa di più completo e meno ingenuo.
La caratterizzazione dei personaggi, infatti, ricalca delle tipologie già a lungo battute: il teppista, l'apatico, la santarellina, la lunatica, il 'fashionista', la scorbutica e il masochista. Addirittura è l'anime stesso a inserire i protagonisti nella categoria dei sette peccati capitali. Da un po' di tempo a questa parte noto che c'è un certo revival dei sette peccati, messi in mezzo anche quando non centrano nulla. In "Kiznaiver" poi non rassomigliano nemmeno lontanamente ai veri "nanatsu no taizai" (七つの大罪), perciò il senso di nominarli dov'è stato? Comunque, non tutti i personaggi vengono adeguatamente approfonditi. Certo non si può dire che non si impari a conoscerli, ma, mentre per alcuni c'è più attenzione, di altri non si viene a sapere il percorso precedente. Ad esempio, per me è rimasto un mistero Hisomu il masochista o Nico la lunatica, dei cui sentimenti non mi ero nemmeno accorta! Dello stesso Tenga, che è al centro del "pentagono" amoroso più importante, non si conosce molto.
Forse gli autori miravano ad altri obiettivi, ma fa rimanere l'amaro in bocca l'aver sprecato dei personaggi che funzionano da soli e insieme. Dodici episodi sono quello che sono, ma appunto perché il tempo è poco non si può pretendere di riuscire a fare l'impresa del secolo. Ecco perché, secondo la mia modesta opinione, "Kiznaiver" non ha puntato a essere l'anime ma un anime fra tanti. Avrebbe potuto, altri ci sono riusciti nello stesso arco di tempo, ma è affogato nelle dinamiche del Kizuna System, in una sceneggiatura che dà troppo poco spazio a ciò che realmente conta. Per carità, è interessante l'architrave costruito intorno ai protagonisti, ma ai fini del successo della serie ha rappresentato una scelta imprudente.
Lo Studio Trigger non avrà avuto la maestria della KyoAni, la casa di produzione che meglio riesce a mettere in animazione il sentimento puro e crudo; ma non è stato nemmeno stucchevole o esagerato, anche se in alcuni punti i sentimenti sembravano un po' schizofrenici. Nonostante l'argomento fosse piuttosto coinvolgente, per quanto mi riguarda "Kiznaiver" non è riuscito a toccare tutte le corde emotive, tant'è che - strano ma vero! - non mi sono commossa! E io sono di lacrima facile! Le espressioni dei personaggi, però, sono ben rimarcate, soprattutto grazie a un character design centrato. Ogni tanto il collo di Yuta, Tenga e Hisomu raggiungeva una lunghezza pari a quella dei cigni, ma in generale i volti e la fisicità dei personaggi ben si sono adattati al carattere di questi ultimi. Resta un design a tratti particolare, ma non riuscirei mai a dire che è brutto.
In generale, sembra ben fatto tecnicamente. Le animazioni sono naturali, i toni accesi, gli sfondi colorati e caldi. L'ambientazione è particolare e suggestiva, la città di Sugomori mi ha ricordato il complesso edochiano di Odaiba. C'è una buona cura ai dettagli dello scenario, la rappresentazione dei luoghi non sembra lasciata al caso.
Il doppiaggio è buono, soprattutto ho adorato Yūki Kaji nei panni di Kacchon. La voce di Eren de "L'Attacco dei Giganti", così dinamica e energica, che si adatta a un personaggio apatico, mogio e silenzioso come Katsuhira, fa comprendere la bravura di Kaji fin dove arriva.
Tuttavia, ciò che più spicca è la colonna sonora. Molto bella l'opening "Lay Your Hands on Me" dei BOOM BOOM SATELLITES, con un sound misto tra quello dei Sigur Ros e quello degli STEREO DIVE FOUNDATION. La sto ascoltando in loop da giorni! Carina anche l'ending "Hajimari no Sokudo" dei Sangatsu no Phantasia.
Fra i temi di accompagnamento il più centrato è quello legato alla presenza dei Gomorin, le mascotte della città di Sugomori e del Kizuna System. In teoria all'interno dei costumi vi sarebbero degli esseri umani, ma per come si comportano sembrano uscire dall'immaginario di Yasutaka Tsutsui in "Paprika": hanno movimenti isterici, sbucano dai posti più impensati, sono veloci e un po' aggressivi, morbidi ma misteriosi. Provocano lo stesso grado di inquietudine dei bambolotti della polizia di "Psycho Pass"! Tutto sommato, però, un Gomorin come strap per il cellulare lo comprerei!
Concludendo, "Kiznaiver" è un anime carino, ben fatto tecnicamente, ma che vola basso nonostante l'argomento delicato e profondo. Ha un sacco di potenziale sprecato, perso com'è nella sua stessa trama. Si fa seguire come un qualcosa di semplice e intriga per il fattore romantico, ma alla fine lascia una sensazione di incompletezza. Non posso dire che non mi sia piaciuto, mi ha a suo modo appassionata, perché un anime che parla di amicizia non può non toccarmi. Ma davanti ai difetti la mia anima di recensore non può non tacere. E ritengo di essere stata buona nell'assegnargli un voto discreto, dato più alla gestione delle love story che alla sceneggiatura in sé. Decisamente lo Studio Trigger poteva fare di più!
Nella città di Sugomori è in corso un grosso esperimento che dovrà condurre l'umanità verso uno stato di pace comune e duraturo. La fine di tutte le guerre e la connessione totale dei cuori: il cosiddetto Kizuna System fonda la sua esistenza sulla convinzione che attraverso la condivisione del dolore l'uomo appenderà il fucile al chiodo. Sette ragazzi sono scelti come soggetto sperimentale: Katsuhira "Kacchon" Agata, Chidori Takashiro, Hajime Tenga, Niko Niiyama, Honoka Maki, Tsuguhito Yuta e Yoshiharu Hisomu vengono convocati dalla loro compagna di classe Noriko Sonozaki per divenire dei Kiznaiver, persone in grado di condividere il proprio dolore. Attraverso la cicatrice che gli è stata impressa sulla pelle, i sette ragazzi che non hanno niente in comune se non appartenere allo stesso progetto, cominciano a sentire come propri la sofferenza, l'amore, l'amicizia, la gioia, la compassione, le emozioni degli altri membri del gruppo. All'inizio sembra tutto un continuo formicolio, accompagnato dal mal di testa, dal dolore fisico, che col tempo però diviene dolore mentale, affettivo, dolore del cuore... Il cuore che soffoca in questo caleidoscopio di sentimenti schizofrenici che è l'anime di "Kiznaiver".
Il nuovo prodotto dello Studio Trigger si presenta come una grossa metafora dell'amicizia, soffermandosi soprattutto sulla difficoltà di costruzione di questo legame riscontrata da persone che non hanno grossi punti in comune. In un continuo litigare, afferrarsi, lasciarsi, riprendersi, farsi del male, fare la pace; in una serie di "triangoli-quadrilateri-pentagoni" amorosi; tra flashback che si mescolano al presente facendo calare un alone di mistero sull'intera serie... "Kiznaiver" imbastisce un grosso barbecue e in dodici episodi non riesce a completare come si deve il discorso che ha iniziato. O meglio, arriva forte e chiaro il messaggio che amici ci si diventa anche senza esserselo detti o chiesto. Tutto bello, tutto vero. Quello che però viene perso per strada è l'obiettivo del Kizuna System, la fantomatica pace mondiale a cui Noriko Sonozaki aspira, che sul finale sembra passare in secondo piano rispetto alle love story che si instaurano fra i vari personaggi. Non nascondo che il mio lato da "shōjomane" ha prevalso in più punti, mi stavo quasi per stracciare i capelli nel vedere il fantastico (ma stereotipato) triangolo tra Kacchon, Chidori e Tenga! Ma ad onor del vero, non posso non ammettere che, se si fossero concentrati sulla caratterizzazione dei personaggi piuttosto che sugli sviluppi amorosi fra di essi, sarebbe venuto fuori qualcosa di più completo e meno ingenuo.
La caratterizzazione dei personaggi, infatti, ricalca delle tipologie già a lungo battute: il teppista, l'apatico, la santarellina, la lunatica, il 'fashionista', la scorbutica e il masochista. Addirittura è l'anime stesso a inserire i protagonisti nella categoria dei sette peccati capitali. Da un po' di tempo a questa parte noto che c'è un certo revival dei sette peccati, messi in mezzo anche quando non centrano nulla. In "Kiznaiver" poi non rassomigliano nemmeno lontanamente ai veri "nanatsu no taizai" (七つの大罪), perciò il senso di nominarli dov'è stato? Comunque, non tutti i personaggi vengono adeguatamente approfonditi. Certo non si può dire che non si impari a conoscerli, ma, mentre per alcuni c'è più attenzione, di altri non si viene a sapere il percorso precedente. Ad esempio, per me è rimasto un mistero Hisomu il masochista o Nico la lunatica, dei cui sentimenti non mi ero nemmeno accorta! Dello stesso Tenga, che è al centro del "pentagono" amoroso più importante, non si conosce molto.
Forse gli autori miravano ad altri obiettivi, ma fa rimanere l'amaro in bocca l'aver sprecato dei personaggi che funzionano da soli e insieme. Dodici episodi sono quello che sono, ma appunto perché il tempo è poco non si può pretendere di riuscire a fare l'impresa del secolo. Ecco perché, secondo la mia modesta opinione, "Kiznaiver" non ha puntato a essere l'anime ma un anime fra tanti. Avrebbe potuto, altri ci sono riusciti nello stesso arco di tempo, ma è affogato nelle dinamiche del Kizuna System, in una sceneggiatura che dà troppo poco spazio a ciò che realmente conta. Per carità, è interessante l'architrave costruito intorno ai protagonisti, ma ai fini del successo della serie ha rappresentato una scelta imprudente.
Lo Studio Trigger non avrà avuto la maestria della KyoAni, la casa di produzione che meglio riesce a mettere in animazione il sentimento puro e crudo; ma non è stato nemmeno stucchevole o esagerato, anche se in alcuni punti i sentimenti sembravano un po' schizofrenici. Nonostante l'argomento fosse piuttosto coinvolgente, per quanto mi riguarda "Kiznaiver" non è riuscito a toccare tutte le corde emotive, tant'è che - strano ma vero! - non mi sono commossa! E io sono di lacrima facile! Le espressioni dei personaggi, però, sono ben rimarcate, soprattutto grazie a un character design centrato. Ogni tanto il collo di Yuta, Tenga e Hisomu raggiungeva una lunghezza pari a quella dei cigni, ma in generale i volti e la fisicità dei personaggi ben si sono adattati al carattere di questi ultimi. Resta un design a tratti particolare, ma non riuscirei mai a dire che è brutto.
In generale, sembra ben fatto tecnicamente. Le animazioni sono naturali, i toni accesi, gli sfondi colorati e caldi. L'ambientazione è particolare e suggestiva, la città di Sugomori mi ha ricordato il complesso edochiano di Odaiba. C'è una buona cura ai dettagli dello scenario, la rappresentazione dei luoghi non sembra lasciata al caso.
Il doppiaggio è buono, soprattutto ho adorato Yūki Kaji nei panni di Kacchon. La voce di Eren de "L'Attacco dei Giganti", così dinamica e energica, che si adatta a un personaggio apatico, mogio e silenzioso come Katsuhira, fa comprendere la bravura di Kaji fin dove arriva.
Tuttavia, ciò che più spicca è la colonna sonora. Molto bella l'opening "Lay Your Hands on Me" dei BOOM BOOM SATELLITES, con un sound misto tra quello dei Sigur Ros e quello degli STEREO DIVE FOUNDATION. La sto ascoltando in loop da giorni! Carina anche l'ending "Hajimari no Sokudo" dei Sangatsu no Phantasia.
Fra i temi di accompagnamento il più centrato è quello legato alla presenza dei Gomorin, le mascotte della città di Sugomori e del Kizuna System. In teoria all'interno dei costumi vi sarebbero degli esseri umani, ma per come si comportano sembrano uscire dall'immaginario di Yasutaka Tsutsui in "Paprika": hanno movimenti isterici, sbucano dai posti più impensati, sono veloci e un po' aggressivi, morbidi ma misteriosi. Provocano lo stesso grado di inquietudine dei bambolotti della polizia di "Psycho Pass"! Tutto sommato, però, un Gomorin come strap per il cellulare lo comprerei!
Concludendo, "Kiznaiver" è un anime carino, ben fatto tecnicamente, ma che vola basso nonostante l'argomento delicato e profondo. Ha un sacco di potenziale sprecato, perso com'è nella sua stessa trama. Si fa seguire come un qualcosa di semplice e intriga per il fattore romantico, ma alla fine lascia una sensazione di incompletezza. Non posso dire che non mi sia piaciuto, mi ha a suo modo appassionata, perché un anime che parla di amicizia non può non toccarmi. Ma davanti ai difetti la mia anima di recensore non può non tacere. E ritengo di essere stata buona nell'assegnargli un voto discreto, dato più alla gestione delle love story che alla sceneggiatura in sé. Decisamente lo Studio Trigger poteva fare di più!
Sconsiglio vivamente di incominciare “Kiznaiver” a chiunque non piacciano i triangoli amorosi. In questa serie ce ne saranno un bel po’ e, dunque, il tasso di drammaticità (almeno sul fronte sentimentale) sarà volutamente e chiaramente marcato.
Per quanto mi riguarda, li amo e li odio allo stesso tempo. Ho sempre apprezzato quel pizzico di dinamicità in più che alle volte può anche distaccarsi dalla trama di fondo, ma che, in fin dei conti, porta (o comunque dovrebbe) condurre a una maggiore caratterizzazione dei vari personaggi. Tuttavia, mannaggia a me, ne esco sempre “sconfitto”. Perché devono sempre finire allo stesso modo?!
“Kiznaiver” è una serie della stagione estiva 2016 e, nelle sue dodici puntate, si dimostra comunque all’altezza delle aspettative. Un anime d’azione/fantascienza, che riesce in ogni caso a cogliere quel brivido di drammaticità e sentimentalismo adeguato a rendere il tutto molto più movimentato.
Un gruppo di sette ragazzi, apparentemente divisi l’uno dall’altro (salvo forse Katsuhira e la sua “amica d’infanzia” Chidori), vengono costretti da una misteriosa ragazza dai capelli celesti, Noriko Sonozaki, a partecipare a uno strano esperimento. Tutti quanti saranno collegati tra loro: proveranno e dovranno dividersi il dolore, con l’unica eccezione di Katsuhira che, chissà per quale ragione, da anni non riesce più a provarlo. Ed ecco allora che, in un modo o nell’altro, verranno messi alla prova, costretti a mostrare le loro emozioni recondite, fino a che, inevitabilmente, qualcuno non finirà per spezzarsi. Sarà Chidori, costretta a vedere il suo amato Katsuhira innamorarsi sempre di più della bella Noriko? Oppure Honoka Maki che, a quanto pare, sembra nascondere un passato piuttosto tormentato?
Chissà. Eppure una cosa è certa, l’esperimento continuerà fino alla fine. Lo scopo è quello di assicurare la “pace mondiale”; un obiettivo palesemente impossibile, che condurrà i vari protagonisti a una serie di tormenti e sofferenze senza fine. Ma, forse, in tutto ciò, nascerà pure qualcosa di bello. Un’amicizia?
Parto dai personaggi. Perché, al di là della trama, dovrebbero essere loro il punto nevralgico di tutta la storia. Dopo che viene data l’impostazione di base, con l’avvio dell’esperimento, tutta la serie giocherà proprio sui loro sentimenti e su come questi devono inevitabilmente cambiare nel corso delle puntate. Amicizia, ma ancor di più amore. Ed ecco allora che compaiono i tanto famigerati “triangoli amorosi”. Non sto qui a descrivere tutta la conformazione del “grafico amoroso” che si verrebbe a creare, ma dico solo una cosa: può essere un classico, ma fa sempre effetto.
Mari Okada, colei che ha scritto la storia, non è nuova a queste tattiche, anzi, ci ha spesso abituato a relazioni ancor più complesse. E’ una tecnica molto vecchia, che porta lacrime facili e contribuisce ad avvicinare lo spettatore a determinati soggetti. Beh, nel mio caso ci riesce sempre.
Tra tutti, ho amato Chidori, un personaggio che, a differenza degli altri, è forse il più stereotipato in assoluto. Classica amica d’infanzia che prova un certo tipo d’affetto verso il protagonista di turno, classica santarellina che si preoccupa sempre per la salute degli altri e, per finire, anche un po’ tsundere. Eppure, in tutto ciò, si può vedere una piccola nota di normalità, che negli altri sette (includo pure Noriko) non è presente per ovvi motivi di impatto scenico. So già come andrà a finire la sua storia, eppure non ho potuto che sperare, per tutte e dodici le puntate, che, almeno per una volta, le cose andassero in modo diverso.
Katsuhira, d’altra parte, è un personaggio misterioso e silenzioso; una perfetta controparte alla rossa Chidori e, invece, una bella accoppiata con l’altrettanto taciturna Noriko. Molto interessante il personaggio di Nico che, dietro un velo di apparente “svampitaggine”, mostra sempre un comportamento maturo e ben più saggio dei suoi amici. Tenga, il solito gorilla con una mezza tacca di cervello, non mi ha detto niente di particolare, mentre la coppia Yuta-Honoka, sebbene ricordi altre celebri coppie, è riuscita comunque a svolgere adeguatamente il proprio lavoro.
L’ultimo accenno è dedicato a quel masochista di Hisomu: un buon personaggio che avrebbe meritato più spazio (come la stessa Nico).
Dunque, in seguito a questa analisi generale, non posso che arrivare a due conclusioni. La prima è che quasi tutti i personaggi mostrano un frequente utilizzo di stereotipi, forse eccessivo, forse no. Più che delle persone sono dei “tipi”, riscontrabili in moltissimi anime sentimentali, ma che (e qui si giunge alla seconda conclusione) riescono sempre a coinvolgere. C’è un motivo per cui vengono utilizzati e, se sfruttati in maniera diligente, possono portare a ottimi risultati.
La grafica mi ha entusiasmato a tratti, e in alcuni momenti mi ha fatto storcere il naso non poco. Non sono proprio un grande appassionato dello studio Trigger e credo che, con uno stile diverso, l’intera storia avrebbe reso forse qualcosina di più (la P.A. Works sarebbe stata perfetta).
Molto meglio il comparto audio, con un’opening veramente molto bella e una colonna sonora capace di infiammare al massimo lo spirito degli spettatori. La regia ha svolto un buon lavoro, portando al massimo il senso di ansia e commozione riscontrabile in ogni puntata.
E allora, come giudicare “Kiznaiver”? A essere onesti, proprio non saprei. La storia di fondo non è chissà quanto articolata e alcuni sviluppi dimostrano una certa forzatura, ma sono convinto che non sia lì il fulcro dell’opera. La forza con cui ci vengono mostrati i sentimenti dei vari ragazzi e tutte le loro passioni mostrano una carica e un pathos incredibile. Come non commuoversi di fronte a determinate situazioni?
Molto belle anche le varie frasi “a effetto”. Create apposta per colpire, ovvio, ma in fin dei conti necessarie per rendere un prodotto veramente gradevole a un pubblico di massa.
Peccato che abbia odiato con tutto me stesso il finale.
Non perché sia brutto, anzi... Eppure manca di cinismo. Doveva rispecchiare la drammaticità riscontrata nel corso della serie, e invece si sceglie una svolta molto più buonista. Sul fronte sentimentale, dico solo che lo sviluppo scontato mi ha lasciato ancora una volta insoddisfatto. Forse molti apprezzeranno le mosse di Katsuhira nei confronti di Noriko, e forse sono semplicemente io ad avere gusti strani. Eppure, con una lacrima di malinconia, non posso che domandarmi: “Perché succede sempre così? Perché?”
Senza contare il “contentino” finale nei confronti di Chidori. Una mossa che avrei assolutamente evitato di fare e che odio con tutto me stesso.
Ma questa è solo frustrazione... “Kiznaiver” è un anime molto bello, che poteva essere un capolavoro, ma che, purtroppo, non è riuscito a far scoppiare la scintilla finale. Lo consiglio sicuramente a tutti, soprattutto se si è in vena di qualche piccola lacrima facile.
Voto finale: 8 meno meno
Per quanto mi riguarda, li amo e li odio allo stesso tempo. Ho sempre apprezzato quel pizzico di dinamicità in più che alle volte può anche distaccarsi dalla trama di fondo, ma che, in fin dei conti, porta (o comunque dovrebbe) condurre a una maggiore caratterizzazione dei vari personaggi. Tuttavia, mannaggia a me, ne esco sempre “sconfitto”. Perché devono sempre finire allo stesso modo?!
“Kiznaiver” è una serie della stagione estiva 2016 e, nelle sue dodici puntate, si dimostra comunque all’altezza delle aspettative. Un anime d’azione/fantascienza, che riesce in ogni caso a cogliere quel brivido di drammaticità e sentimentalismo adeguato a rendere il tutto molto più movimentato.
Un gruppo di sette ragazzi, apparentemente divisi l’uno dall’altro (salvo forse Katsuhira e la sua “amica d’infanzia” Chidori), vengono costretti da una misteriosa ragazza dai capelli celesti, Noriko Sonozaki, a partecipare a uno strano esperimento. Tutti quanti saranno collegati tra loro: proveranno e dovranno dividersi il dolore, con l’unica eccezione di Katsuhira che, chissà per quale ragione, da anni non riesce più a provarlo. Ed ecco allora che, in un modo o nell’altro, verranno messi alla prova, costretti a mostrare le loro emozioni recondite, fino a che, inevitabilmente, qualcuno non finirà per spezzarsi. Sarà Chidori, costretta a vedere il suo amato Katsuhira innamorarsi sempre di più della bella Noriko? Oppure Honoka Maki che, a quanto pare, sembra nascondere un passato piuttosto tormentato?
Chissà. Eppure una cosa è certa, l’esperimento continuerà fino alla fine. Lo scopo è quello di assicurare la “pace mondiale”; un obiettivo palesemente impossibile, che condurrà i vari protagonisti a una serie di tormenti e sofferenze senza fine. Ma, forse, in tutto ciò, nascerà pure qualcosa di bello. Un’amicizia?
Parto dai personaggi. Perché, al di là della trama, dovrebbero essere loro il punto nevralgico di tutta la storia. Dopo che viene data l’impostazione di base, con l’avvio dell’esperimento, tutta la serie giocherà proprio sui loro sentimenti e su come questi devono inevitabilmente cambiare nel corso delle puntate. Amicizia, ma ancor di più amore. Ed ecco allora che compaiono i tanto famigerati “triangoli amorosi”. Non sto qui a descrivere tutta la conformazione del “grafico amoroso” che si verrebbe a creare, ma dico solo una cosa: può essere un classico, ma fa sempre effetto.
Mari Okada, colei che ha scritto la storia, non è nuova a queste tattiche, anzi, ci ha spesso abituato a relazioni ancor più complesse. E’ una tecnica molto vecchia, che porta lacrime facili e contribuisce ad avvicinare lo spettatore a determinati soggetti. Beh, nel mio caso ci riesce sempre.
Tra tutti, ho amato Chidori, un personaggio che, a differenza degli altri, è forse il più stereotipato in assoluto. Classica amica d’infanzia che prova un certo tipo d’affetto verso il protagonista di turno, classica santarellina che si preoccupa sempre per la salute degli altri e, per finire, anche un po’ tsundere. Eppure, in tutto ciò, si può vedere una piccola nota di normalità, che negli altri sette (includo pure Noriko) non è presente per ovvi motivi di impatto scenico. So già come andrà a finire la sua storia, eppure non ho potuto che sperare, per tutte e dodici le puntate, che, almeno per una volta, le cose andassero in modo diverso.
Katsuhira, d’altra parte, è un personaggio misterioso e silenzioso; una perfetta controparte alla rossa Chidori e, invece, una bella accoppiata con l’altrettanto taciturna Noriko. Molto interessante il personaggio di Nico che, dietro un velo di apparente “svampitaggine”, mostra sempre un comportamento maturo e ben più saggio dei suoi amici. Tenga, il solito gorilla con una mezza tacca di cervello, non mi ha detto niente di particolare, mentre la coppia Yuta-Honoka, sebbene ricordi altre celebri coppie, è riuscita comunque a svolgere adeguatamente il proprio lavoro.
L’ultimo accenno è dedicato a quel masochista di Hisomu: un buon personaggio che avrebbe meritato più spazio (come la stessa Nico).
Dunque, in seguito a questa analisi generale, non posso che arrivare a due conclusioni. La prima è che quasi tutti i personaggi mostrano un frequente utilizzo di stereotipi, forse eccessivo, forse no. Più che delle persone sono dei “tipi”, riscontrabili in moltissimi anime sentimentali, ma che (e qui si giunge alla seconda conclusione) riescono sempre a coinvolgere. C’è un motivo per cui vengono utilizzati e, se sfruttati in maniera diligente, possono portare a ottimi risultati.
La grafica mi ha entusiasmato a tratti, e in alcuni momenti mi ha fatto storcere il naso non poco. Non sono proprio un grande appassionato dello studio Trigger e credo che, con uno stile diverso, l’intera storia avrebbe reso forse qualcosina di più (la P.A. Works sarebbe stata perfetta).
Molto meglio il comparto audio, con un’opening veramente molto bella e una colonna sonora capace di infiammare al massimo lo spirito degli spettatori. La regia ha svolto un buon lavoro, portando al massimo il senso di ansia e commozione riscontrabile in ogni puntata.
E allora, come giudicare “Kiznaiver”? A essere onesti, proprio non saprei. La storia di fondo non è chissà quanto articolata e alcuni sviluppi dimostrano una certa forzatura, ma sono convinto che non sia lì il fulcro dell’opera. La forza con cui ci vengono mostrati i sentimenti dei vari ragazzi e tutte le loro passioni mostrano una carica e un pathos incredibile. Come non commuoversi di fronte a determinate situazioni?
Molto belle anche le varie frasi “a effetto”. Create apposta per colpire, ovvio, ma in fin dei conti necessarie per rendere un prodotto veramente gradevole a un pubblico di massa.
Peccato che abbia odiato con tutto me stesso il finale.
Non perché sia brutto, anzi... Eppure manca di cinismo. Doveva rispecchiare la drammaticità riscontrata nel corso della serie, e invece si sceglie una svolta molto più buonista. Sul fronte sentimentale, dico solo che lo sviluppo scontato mi ha lasciato ancora una volta insoddisfatto. Forse molti apprezzeranno le mosse di Katsuhira nei confronti di Noriko, e forse sono semplicemente io ad avere gusti strani. Eppure, con una lacrima di malinconia, non posso che domandarmi: “Perché succede sempre così? Perché?”
Senza contare il “contentino” finale nei confronti di Chidori. Una mossa che avrei assolutamente evitato di fare e che odio con tutto me stesso.
Ma questa è solo frustrazione... “Kiznaiver” è un anime molto bello, che poteva essere un capolavoro, ma che, purtroppo, non è riuscito a far scoppiare la scintilla finale. Lo consiglio sicuramente a tutti, soprattutto se si è in vena di qualche piccola lacrima facile.
Voto finale: 8 meno meno
"Kiznaiver" è una serie di dodici episodi prodotta dallo studio Trigger, famoso per il suo magnifico apparato grafico, ed è proprio questo che mi ha spinto a vedere questo anime.
Trama: 7
Katsuhira Agata è un ragazzo che per un motivo misterioso non sembra più sentire dolore; viene preso come "ostaggio" da Sonosaki, una ragazza misteriosa che lo sottopone a un esperimento per la pace nel mondo, che consiste nel connettere le persone tra loro per condividere il proprio dolore, e farle diventare amici.
Personaggi: 4
Katshuira: migliore amico di Chidori, una caratterizzazione a mio avviso inesistente.
Yuta: personaggio odioso per il suo comportamento subdolo. A mio parere è l'unico personaggio che subisce un buona evoluzione caratteriale durante l'anime.
Hisomu: un ragazzo che adora soffrire, riconoscibile per i piercing e i vestiti stracciati, è il personaggio migliore insieme a Nico.
Maki: una ragazza arrogante, acida e asociale, che ha subito un trauma qualche anno prima.
Chidori: ha una cotta per Katsuhira (il suo migliore amico) e nell' anime non fa altro che piagnucolare; uno dei personaggi peggiori a mio avviso.
Nico: una ragazza con il Q.I. più basso di Peppa Pig, uno dei migliori personaggi della serie; anche se un po' stereotipata, è l'unica che mette un po' di allegria alla serie.
Tenga: semplicemente un bulletto.
Sonosaki: una ragazza strana e misteriosa, artefice dell'unione dei sette elencati in precedenza.
Apparato grafico: 8
Anche se l'anime non è stato uno dei migliori della stagione, l'apparato grafico non è niente male, anzi è una gioia per gli occhi, disegni e animazioni sono di altissimo livello. I design dei personaggi sono molto belli, anche se sanno di già visto, e, come gli sfondi, sono molto colorati: ottimo lavoro, come al solito lo studio Trigger non delude.
Apparato musicale: 7
Se l'apparato grafico fa il suo lavoro, anche quello musicale fa il suo, con un'opening tra le migliori della stagione, molto orecchiabile, che non puoi fare a meno di ascoltare prima di ogni episodio; l'ending invece è molto bella, ma non è ai livelli dell'opening: mentre l'una punta sul divertimento, qui si punta sul sentimentale e viene adattata molto bene al finale di serie come musica di sottofondo. Le OST sono nella media e non si possono paragonare minimamente all'opening.
Opinione personale sugli episodi: 4
L'anime a mio parere poteva essere veramente un buon prodotto, ma, a parte l'apparato tecnico, non ha tantissimo da offrire, a partire dai personaggi molto stereotipati e a volte anche infantili che fanno scendere drasticamente la qualità dell'anime a causa del loro comportamento abbastanza idiota.
Nei primi quattro episodi non capivo se fosse un capolavoro o una grande stupidata, e l'unica parola che mi veniva in mente per descrivere questo prodotto era "strano", ma, anche se non capivo abbastanza a causa delle poche spiegazioni sul "Kizna System", continuavo ad andare avanti per scoprire cosa fosse; dopo nove episodi non ci viene ancora detto nulla, ma solo rivelazioni inutili sul passato di uno dei protagonisti, e negli ultimi episodi la serie viene buttata in troppi sentimentalismi, con un finale abbastanza banale che termina alla "vogliamoci bene".
Che dire di "Kiznaiver", un anime che sembrava uno dei migliori della stagione, rivelatosi poi un prodotto abbastanza mediocre? Anche se mediocre, riesce comunque a intrattenere lo spettatore con gag abbastanza divertenti e disegni molto colorati.
Voto: 6 (avrei dato 5, se non fosse stato per l'apparato tecnico)
Trama: 7
Katsuhira Agata è un ragazzo che per un motivo misterioso non sembra più sentire dolore; viene preso come "ostaggio" da Sonosaki, una ragazza misteriosa che lo sottopone a un esperimento per la pace nel mondo, che consiste nel connettere le persone tra loro per condividere il proprio dolore, e farle diventare amici.
Personaggi: 4
Katshuira: migliore amico di Chidori, una caratterizzazione a mio avviso inesistente.
Yuta: personaggio odioso per il suo comportamento subdolo. A mio parere è l'unico personaggio che subisce un buona evoluzione caratteriale durante l'anime.
Hisomu: un ragazzo che adora soffrire, riconoscibile per i piercing e i vestiti stracciati, è il personaggio migliore insieme a Nico.
Maki: una ragazza arrogante, acida e asociale, che ha subito un trauma qualche anno prima.
Chidori: ha una cotta per Katsuhira (il suo migliore amico) e nell' anime non fa altro che piagnucolare; uno dei personaggi peggiori a mio avviso.
Nico: una ragazza con il Q.I. più basso di Peppa Pig, uno dei migliori personaggi della serie; anche se un po' stereotipata, è l'unica che mette un po' di allegria alla serie.
Tenga: semplicemente un bulletto.
Sonosaki: una ragazza strana e misteriosa, artefice dell'unione dei sette elencati in precedenza.
Apparato grafico: 8
Anche se l'anime non è stato uno dei migliori della stagione, l'apparato grafico non è niente male, anzi è una gioia per gli occhi, disegni e animazioni sono di altissimo livello. I design dei personaggi sono molto belli, anche se sanno di già visto, e, come gli sfondi, sono molto colorati: ottimo lavoro, come al solito lo studio Trigger non delude.
Apparato musicale: 7
Se l'apparato grafico fa il suo lavoro, anche quello musicale fa il suo, con un'opening tra le migliori della stagione, molto orecchiabile, che non puoi fare a meno di ascoltare prima di ogni episodio; l'ending invece è molto bella, ma non è ai livelli dell'opening: mentre l'una punta sul divertimento, qui si punta sul sentimentale e viene adattata molto bene al finale di serie come musica di sottofondo. Le OST sono nella media e non si possono paragonare minimamente all'opening.
Opinione personale sugli episodi: 4
L'anime a mio parere poteva essere veramente un buon prodotto, ma, a parte l'apparato tecnico, non ha tantissimo da offrire, a partire dai personaggi molto stereotipati e a volte anche infantili che fanno scendere drasticamente la qualità dell'anime a causa del loro comportamento abbastanza idiota.
Nei primi quattro episodi non capivo se fosse un capolavoro o una grande stupidata, e l'unica parola che mi veniva in mente per descrivere questo prodotto era "strano", ma, anche se non capivo abbastanza a causa delle poche spiegazioni sul "Kizna System", continuavo ad andare avanti per scoprire cosa fosse; dopo nove episodi non ci viene ancora detto nulla, ma solo rivelazioni inutili sul passato di uno dei protagonisti, e negli ultimi episodi la serie viene buttata in troppi sentimentalismi, con un finale abbastanza banale che termina alla "vogliamoci bene".
Che dire di "Kiznaiver", un anime che sembrava uno dei migliori della stagione, rivelatosi poi un prodotto abbastanza mediocre? Anche se mediocre, riesce comunque a intrattenere lo spettatore con gag abbastanza divertenti e disegni molto colorati.
Voto: 6 (avrei dato 5, se non fosse stato per l'apparato tecnico)
La trama di "Kiznaiver" è particolare: i protagonisti vengono scelti per far parte del progetto Kizna System e i loro sentimenti, il loro dolore in particolare, vengono messi al centro. I sentimenti, in un certo senso, possono essere considerati come i protagonisti dell'anime.
I personaggi sono ben caratterizzati, anche se qualcuno può sembrare "un personaggio già visto" (Chidori, per esempio), ma le loro storie e i legami che si creano tra di loro sono sempre più interessanti, tali da far rimanere lo spettatore incollato allo schermo per scoprire sempre di più di loro.
I doppiatori hanno fatto un eccellente lavoro, facendo emergere alla perfezione i loro personaggi, sia per quanto riguarda i loro caratteri sia per quanto concerne le loro storie.
Le animazioni sono ben fatte: l'anime ha uno stille alla "Kill la Kill" (per ovvie ragioni, dato lo studio di produzione); i colori sgargianti dei protagonisti, dei personaggi secondari e della città sono meravigliosi. Le ambientazioni mi sono piaciute molto: a seconda del contesto, lo studio Trigger è riuscito a renderle ben armonizzate con esso.
Opening ed ending sono interessanti: la prima dato che è cantata in inglese (abbastanza buono, direi) e che, ad ogni episodio, si conclude con un colore diverso per lo sfondo dove appare il titolo dell'anime; la seconda è molto delicata, con un significato che rimanda ai sentimenti.
A chi consiglio "Kiznaiver"? A chi cerca qualcosa di originale, fresco, che sappia intrattenere e... un po' stravagante!
I personaggi sono ben caratterizzati, anche se qualcuno può sembrare "un personaggio già visto" (Chidori, per esempio), ma le loro storie e i legami che si creano tra di loro sono sempre più interessanti, tali da far rimanere lo spettatore incollato allo schermo per scoprire sempre di più di loro.
I doppiatori hanno fatto un eccellente lavoro, facendo emergere alla perfezione i loro personaggi, sia per quanto riguarda i loro caratteri sia per quanto concerne le loro storie.
Le animazioni sono ben fatte: l'anime ha uno stille alla "Kill la Kill" (per ovvie ragioni, dato lo studio di produzione); i colori sgargianti dei protagonisti, dei personaggi secondari e della città sono meravigliosi. Le ambientazioni mi sono piaciute molto: a seconda del contesto, lo studio Trigger è riuscito a renderle ben armonizzate con esso.
Opening ed ending sono interessanti: la prima dato che è cantata in inglese (abbastanza buono, direi) e che, ad ogni episodio, si conclude con un colore diverso per lo sfondo dove appare il titolo dell'anime; la seconda è molto delicata, con un significato che rimanda ai sentimenti.
A chi consiglio "Kiznaiver"? A chi cerca qualcosa di originale, fresco, che sappia intrattenere e... un po' stravagante!
Annunciato nell'ottobre 2015, "Kiznaiver" appariva come il primo progetto dello studio Trigger con un budget degno di nota per il comparto tecnico. Il che suscitò particolare interesse, in quanto i precedenti lavori del recente gruppo erano stati particolarmente apprezzati per lo stile utilizzato (anche se ci furono diverse criticità su certe componenti, in particolare nelle animazioni).
Anche il soggetto pareva interessante: l'opera è ambientata in una città che funge da “terreno sperimentale” per il Kizna System, un progetto che ha come scopo il miglioramento della comunicazione fra individui per mezzo di una cicatrice che crea legami, i quali permettono a due o più individui di condividere il dolore sopportato (“Kizu” significa proprio “cicatrice, “Kizuna” significa legame, mentre “naive” sta per ingenuo, in riferimento alla gioventù). Di contro, lo scopo del progetto non è ben definito, e riguarda qualcosa di vago come “la pace nel mondo”, che appare un po' banale.
L'opera inizia proprio con il lancio dell'esperimento, con il quale sette studenti del liceo locale, che non hanno quasi nulla in comune fra di loro, vengono coattivamente “legati” con una cicatrice situata sul braccio di ognuno.
L'idea alla base del Kizna System è veramente interessante, e permette parecchi sbocchi: da un lato è utilizzabilissima in fasi di combattimento, in quanto la condivisione del dolore fra più persone permette agli eventuali combattenti di sostenere più danni del normale, mentre dall'altro la si può usare per uno scopo maggiormente psicologico, per mezzo della comprensione del dolore altrui.
Apparentemente la seconda via è quella più battuta, ma ci si accorge fin dalle primissime fasi che qualcosa non quadra: l'opera, nelle prime battute, sembra tergiversare decisamente troppo. Qual è il motivo di questo stallo? Ebbene, bisogna risalire agli albori dell'opera, quando essa era ancora un progetto in stesura. Apparentemente la sceneggiatura originale, scritta dalla prolifica Mari Odaka, era decisamente incentrata sull'idea di un battle shonen, e verteva sulle peculiarità del Kizna System sfruttabili nei combattimenti. Tuttavia il regista, che desiderava dirigere qualcosa di più ambizioso, decise che sarebbe stato meglio realizzare un'opera maggiormente incentrata sull'introspezione e sui rapporti interpersonali, il che diede il via a una profonda riscrittura della sceneggiatura.
Vista in quest'ottica, si possono comprendere appieno le profonde divergenze fra le varie componenti dell'opera, nonché le differenze fra la prima e la seconda parte.
L'opera si apre fondamentalmente con una lunga presentazione dei personaggi, il che apre la prima perplessità: perché impiegare così tanto tempo quando si hanno a disposizione solamente dodici episodi? Tale criticità non sussisterebbe, se ci fosse una profonda analisi affiancata alle presentazioni, ma il problema risiede nel fatto che gli autori hanno deciso di far avvenire tutto ciò in una sorta di substrato pseudo-comedy assai fuori luogo e inappropriato per gli scopi finali. Il dubbio che questa sezione sia figlia dell'antica stesura da battle shonen (opportunamente diluita e attenuata) è davvero forte.
Anche il cast in sé presenta dei problemi, visto che non è particolarmente adatto per un'opera dai forti tratti introspettivi. Purtroppo una certa parte del cast è decisamente troppo stereotipata, e si scoprirà che solo gli elementi meno sui generis sono in grado di ricevere una caratterizzazione appropriata. Temo che ciò sia dovuto alla mancata sincronia fra la volontà di applicare lo “stile Trigger” a tutti i costi e il rimaneggiamento della sceneggiatura.
Ma il cast è solo una parte del problema e, come avevo già accennato, l'opera tergiversa decisamente troppo nella prima parte. Vengono fatti continui accenni al Kizna Project e al suo significato, ma la delucidazione sullo scopo di tutta l'operazione viene continuamente posposta e inframezzata da avvenimenti di dubbia utilità. Infatti questa sezione è dominata da delle “missioni” (altro probabile retaggio della stesura originale) che i possessori della cicatrice devono portare a termine, e che allungano decisamente troppo l'impasse. Spesso tali missioni riguardano uno dei sette membri del gruppetto di “legati coatti”, quindi in teoria dovrebbero almeno in parte avere valenza di approfondimento, ma raramente questo compito viene portato avanti nella maniera corretta, risultando frequentemente uno spreco di minutaggio (anche a causa delle inutilissime gag che coinvolgono i protagonisti e il personale del Kizna Project, i quali sono completamente bardati da buffe mascotte).
L'atto di rimandare le cose importanti è un difetto che troppo spesso la Odaka ha dimostrato come sceneggiatrice: in diverse opere ha atteso la seconda metà dell'opera per concentrare le rivelazioni, molto spesso perché l'idea alla base del soggetto era mediocre e avrebbe bruciato il tutto troppo presto, imponendo allo spettatore una prima parte decisamente attendista.
Anche qui si assiste alla medesima evoluzione, ed è un vero peccato, in quanto l'idea di base non era affatto pessima, ma risulterà comunque sfruttata malissimo anche a causa della perdita di tempo nella prima sezione.
Nella seconda parte le cose iniziano a farsi apparentemente più serie: i toni diventano effettivamente più introspettivi (con tutti i limiti precedentemente citati), vengono eliminate quasi del tutto le gag e le parti pseudo-comedy, e vengono date informazioni sul progetto. Tuttavia avviene la cosa peggiore che uno potesse auspicare: purtroppo tutto il concetto alla base delle cicatrici viene subordinato a mero supporto delle vicissitudini che si generano a causa del “troppo avvicinamento” dei personaggi. Ebbene sì, viene imbastito un fastidioso “shipping game” dove le cicatrici servono solo ad avvicinare e allontanare i personaggi. Purtroppo, col senno di poi, bisogna ammettere che questo problema era riscontrabile in minima parte anche nelle prime battute, ma poi erompe in modo decisamente esagerato.
Ovviamente non giudico pessima l'idea in sé, ma la sua applicazione in un'opera con un'ambientazione del genere e con spunti che sarebbero stati valorizzati in modo decisamente maggiore compiendo scelte più appropriate. Senza contare che, in tutta franchezza, ciò fa un po' a botte con lo “stile Trigger”.
E, come se non bastasse, nelle battute finali assistiamo a una svolta decisamente forzosa che stona decisamente con ciò che era stato mostrato precedentemente, e che sfocia in un finale abbastanza insipido. Onestamente è davvero difficile comprendere il motivo per questa ennesima svolta, ma di certo farla a un episodio dalla fine era un qualcosa da evitare.
Se c'è qualcosa di decisamente salvabile dell'anime, quello è il comparto tecnico. Lo Studio Trigger ha dato una buona prova di sé, e l'opera è molto gradevole nel comparto visivo (probabilmente la migliore dello studio finora), che risulta efficace sia nelle sezioni calme sia in quelle più movimentate. La colonna sonora fa discretamente il suo compito e, pur non brillando, mostra una certa duttilità. Ma sono le sigle che la fanno da padrone in questo comparto: la ending è abbastanza orecchiabile, ma la opening è un interessante brano supportato da un'ottima coreografia. Se volevano colpire positivamente attraverso il connubio dei due fattori, direi che l'obiettivo è stato centrato (peccato per tutto il resto...).
E ora le conclusioni: purtroppo quest'opera non ha saputo valorizzare bene i suoi elementi, ed è stata portata avanti in modo decisamente confuso. Senza contare che il cast, in parte inadatto per lo scopo dell'opera, non ha certo aiutato a rendere il tutto più gradevole.
Mi è dunque davvero difficile trovare un pubblico adatto a cui consigliarla. Gli amanti delle commedie romantiche difficilmente ne saranno soddisfatti, in quanto devono superare troppi episodi per arrivare a qualcosa di loro gradimento. Chi ama lo “stile Trigger” invece deve essere messo in guardia dal fatto che diverse idee presenti in quest'opera fanno a botte con ciò che loro amano.
Mentre chi ama lo sci-fi e l'action sci-fi invece avrà ben poco pane per i propri denti.
Purtroppo, con grande rammarico per via della buona perizia tecnica con cui è stata sviluppata, a questo “Kiznaiver” non posso assegnare la sufficienza.
Anche il soggetto pareva interessante: l'opera è ambientata in una città che funge da “terreno sperimentale” per il Kizna System, un progetto che ha come scopo il miglioramento della comunicazione fra individui per mezzo di una cicatrice che crea legami, i quali permettono a due o più individui di condividere il dolore sopportato (“Kizu” significa proprio “cicatrice, “Kizuna” significa legame, mentre “naive” sta per ingenuo, in riferimento alla gioventù). Di contro, lo scopo del progetto non è ben definito, e riguarda qualcosa di vago come “la pace nel mondo”, che appare un po' banale.
L'opera inizia proprio con il lancio dell'esperimento, con il quale sette studenti del liceo locale, che non hanno quasi nulla in comune fra di loro, vengono coattivamente “legati” con una cicatrice situata sul braccio di ognuno.
L'idea alla base del Kizna System è veramente interessante, e permette parecchi sbocchi: da un lato è utilizzabilissima in fasi di combattimento, in quanto la condivisione del dolore fra più persone permette agli eventuali combattenti di sostenere più danni del normale, mentre dall'altro la si può usare per uno scopo maggiormente psicologico, per mezzo della comprensione del dolore altrui.
Apparentemente la seconda via è quella più battuta, ma ci si accorge fin dalle primissime fasi che qualcosa non quadra: l'opera, nelle prime battute, sembra tergiversare decisamente troppo. Qual è il motivo di questo stallo? Ebbene, bisogna risalire agli albori dell'opera, quando essa era ancora un progetto in stesura. Apparentemente la sceneggiatura originale, scritta dalla prolifica Mari Odaka, era decisamente incentrata sull'idea di un battle shonen, e verteva sulle peculiarità del Kizna System sfruttabili nei combattimenti. Tuttavia il regista, che desiderava dirigere qualcosa di più ambizioso, decise che sarebbe stato meglio realizzare un'opera maggiormente incentrata sull'introspezione e sui rapporti interpersonali, il che diede il via a una profonda riscrittura della sceneggiatura.
Vista in quest'ottica, si possono comprendere appieno le profonde divergenze fra le varie componenti dell'opera, nonché le differenze fra la prima e la seconda parte.
L'opera si apre fondamentalmente con una lunga presentazione dei personaggi, il che apre la prima perplessità: perché impiegare così tanto tempo quando si hanno a disposizione solamente dodici episodi? Tale criticità non sussisterebbe, se ci fosse una profonda analisi affiancata alle presentazioni, ma il problema risiede nel fatto che gli autori hanno deciso di far avvenire tutto ciò in una sorta di substrato pseudo-comedy assai fuori luogo e inappropriato per gli scopi finali. Il dubbio che questa sezione sia figlia dell'antica stesura da battle shonen (opportunamente diluita e attenuata) è davvero forte.
Anche il cast in sé presenta dei problemi, visto che non è particolarmente adatto per un'opera dai forti tratti introspettivi. Purtroppo una certa parte del cast è decisamente troppo stereotipata, e si scoprirà che solo gli elementi meno sui generis sono in grado di ricevere una caratterizzazione appropriata. Temo che ciò sia dovuto alla mancata sincronia fra la volontà di applicare lo “stile Trigger” a tutti i costi e il rimaneggiamento della sceneggiatura.
Ma il cast è solo una parte del problema e, come avevo già accennato, l'opera tergiversa decisamente troppo nella prima parte. Vengono fatti continui accenni al Kizna Project e al suo significato, ma la delucidazione sullo scopo di tutta l'operazione viene continuamente posposta e inframezzata da avvenimenti di dubbia utilità. Infatti questa sezione è dominata da delle “missioni” (altro probabile retaggio della stesura originale) che i possessori della cicatrice devono portare a termine, e che allungano decisamente troppo l'impasse. Spesso tali missioni riguardano uno dei sette membri del gruppetto di “legati coatti”, quindi in teoria dovrebbero almeno in parte avere valenza di approfondimento, ma raramente questo compito viene portato avanti nella maniera corretta, risultando frequentemente uno spreco di minutaggio (anche a causa delle inutilissime gag che coinvolgono i protagonisti e il personale del Kizna Project, i quali sono completamente bardati da buffe mascotte).
L'atto di rimandare le cose importanti è un difetto che troppo spesso la Odaka ha dimostrato come sceneggiatrice: in diverse opere ha atteso la seconda metà dell'opera per concentrare le rivelazioni, molto spesso perché l'idea alla base del soggetto era mediocre e avrebbe bruciato il tutto troppo presto, imponendo allo spettatore una prima parte decisamente attendista.
Anche qui si assiste alla medesima evoluzione, ed è un vero peccato, in quanto l'idea di base non era affatto pessima, ma risulterà comunque sfruttata malissimo anche a causa della perdita di tempo nella prima sezione.
Nella seconda parte le cose iniziano a farsi apparentemente più serie: i toni diventano effettivamente più introspettivi (con tutti i limiti precedentemente citati), vengono eliminate quasi del tutto le gag e le parti pseudo-comedy, e vengono date informazioni sul progetto. Tuttavia avviene la cosa peggiore che uno potesse auspicare: purtroppo tutto il concetto alla base delle cicatrici viene subordinato a mero supporto delle vicissitudini che si generano a causa del “troppo avvicinamento” dei personaggi. Ebbene sì, viene imbastito un fastidioso “shipping game” dove le cicatrici servono solo ad avvicinare e allontanare i personaggi. Purtroppo, col senno di poi, bisogna ammettere che questo problema era riscontrabile in minima parte anche nelle prime battute, ma poi erompe in modo decisamente esagerato.
Ovviamente non giudico pessima l'idea in sé, ma la sua applicazione in un'opera con un'ambientazione del genere e con spunti che sarebbero stati valorizzati in modo decisamente maggiore compiendo scelte più appropriate. Senza contare che, in tutta franchezza, ciò fa un po' a botte con lo “stile Trigger”.
E, come se non bastasse, nelle battute finali assistiamo a una svolta decisamente forzosa che stona decisamente con ciò che era stato mostrato precedentemente, e che sfocia in un finale abbastanza insipido. Onestamente è davvero difficile comprendere il motivo per questa ennesima svolta, ma di certo farla a un episodio dalla fine era un qualcosa da evitare.
Se c'è qualcosa di decisamente salvabile dell'anime, quello è il comparto tecnico. Lo Studio Trigger ha dato una buona prova di sé, e l'opera è molto gradevole nel comparto visivo (probabilmente la migliore dello studio finora), che risulta efficace sia nelle sezioni calme sia in quelle più movimentate. La colonna sonora fa discretamente il suo compito e, pur non brillando, mostra una certa duttilità. Ma sono le sigle che la fanno da padrone in questo comparto: la ending è abbastanza orecchiabile, ma la opening è un interessante brano supportato da un'ottima coreografia. Se volevano colpire positivamente attraverso il connubio dei due fattori, direi che l'obiettivo è stato centrato (peccato per tutto il resto...).
E ora le conclusioni: purtroppo quest'opera non ha saputo valorizzare bene i suoi elementi, ed è stata portata avanti in modo decisamente confuso. Senza contare che il cast, in parte inadatto per lo scopo dell'opera, non ha certo aiutato a rendere il tutto più gradevole.
Mi è dunque davvero difficile trovare un pubblico adatto a cui consigliarla. Gli amanti delle commedie romantiche difficilmente ne saranno soddisfatti, in quanto devono superare troppi episodi per arrivare a qualcosa di loro gradimento. Chi ama lo “stile Trigger” invece deve essere messo in guardia dal fatto che diverse idee presenti in quest'opera fanno a botte con ciò che loro amano.
Mentre chi ama lo sci-fi e l'action sci-fi invece avrà ben poco pane per i propri denti.
Purtroppo, con grande rammarico per via della buona perizia tecnica con cui è stata sviluppata, a questo “Kiznaiver” non posso assegnare la sufficienza.
Chi non si è mai sentito solo almeno una volta nella vita?
Chi non si è mai chiesto: "A cosa servono i social network, se le persone non provano empatia tra loro?".
A questi interrogativi prova a dare una risposta "Kiznavier". Lo fa attraverso un'analisi che parte da una storia sci-fi, ma che in realtà è un pretesto per un dramma esistenziale che ha come protagonisti sette ragazzi; ognuno coi propri problemi e insicurezze, ognuno "legato all'altro" dal misterioso "progetto Kizna".
Mari Okada scrive una sceneggiatura esemplare: non analizza uno ad uno i personaggi, ma li unisce tramite le loro solitudini e disagi. Di tutto rispetto il comparto visivo, con fondali estremamente realistici e scenografie molto curate nei dettagli.
Concludendo, si può valutare questa serie anime come un prodotto maturo e sufficientemente fruibile. Una serie "fresca" e intelligente; uno dei migliori anime della stagione primaverile 2016.
Chi non si è mai chiesto: "A cosa servono i social network, se le persone non provano empatia tra loro?".
A questi interrogativi prova a dare una risposta "Kiznavier". Lo fa attraverso un'analisi che parte da una storia sci-fi, ma che in realtà è un pretesto per un dramma esistenziale che ha come protagonisti sette ragazzi; ognuno coi propri problemi e insicurezze, ognuno "legato all'altro" dal misterioso "progetto Kizna".
Mari Okada scrive una sceneggiatura esemplare: non analizza uno ad uno i personaggi, ma li unisce tramite le loro solitudini e disagi. Di tutto rispetto il comparto visivo, con fondali estremamente realistici e scenografie molto curate nei dettagli.
Concludendo, si può valutare questa serie anime come un prodotto maturo e sufficientemente fruibile. Una serie "fresca" e intelligente; uno dei migliori anime della stagione primaverile 2016.