Di recente, il mio interesse verso la cultura giapponese è cresciuto - grazie ai manga, alla letteratura e agli approfondimenti come questo. È sempre bello riuscire a guardare con positiva curiosità a tutto ciò che è diverso da noi.
Con gli estranei si mostra il "tatemae" cioè un atteggiamento in cui il sè si annulla e si adatta all'altro, mentre all'interno della cerchia di persone più intime prevarrà lo "honne" cioè il poter dire esattamente quello che si pensa e si prova. Ed è questo che spesso mette a dura prova la comprensione fra lo straniero e il giapponese: chi viene da fuori si sentirà preso in giro e tradito da questa presunta mancanza di sincerità.
se ognuno facesse i propri comodi senza pensare al bene comune, gli spazi collettivi sarebbero un disastro e la situazione, soprattutto nei grandi conglomerati urbani, diventerebbe presto invivibile.
Innanzitutto ringrazio tutti per gli interventi su un argomento che mi ha sempre interessato.
La mia esperienza diretta del Giappone risale ad un viaggio per lavoro ad Osaka più di 20 anni fa (sic.) e a molte letture, ma questo aspetto della psicologia giapponese mi ha sempre incuriosito.
Mi sono sempre chiesto una cosa. Posto che qualunque convenzione sociale ha dei limiti, nel caso della cultura giapponese quali sono le valvole di sfogo per i non adattati? Esistono dei percorsi "sani" per coloro che non riescono ad integrarsi nel sistema e convivono con sofferenza questa omologazione?
So che esistono delle scuole private "speciali" per quei bambini e ragazzi che, per motivi di bullismo o altro, non riescono a frequentare scuole regolari. Ma sono appunto scuole private, quindi non tutti possono permettersele; e soprattutto, se hai frequentato una di quelle scuole invece che un istituto normale, di certo sarai sempre visto come il fallito, il diverso, l'inferiore (un po' come chi frequenta i cosiddetti "community college" in America perchè non può permettersi, a causa della sua condizione economica, della sua carriera scolastica scadente o altro, un'università vera). Su una di queste scuole è incentrato il manga Cat Street di Yoko Kamio, da cui è stato tratto anche un drama. Ricordo poi che se ne parla anche in un episodio di Magica Doremi. Nel romanzo After Dark di Haruki Murakami, la protagonista femminile non è riuscita a frequentare una scuola giapponese per via del bullismo subito, e sceglie di iscriversi ad una scuola cinese che frequentava una sua amica perchè, si dice nel libro, lì le cose erano più semplici per lei. Ovviamente, i suoi genitori non erano affatto felici di quella scelta.Mi sono sempre chiesto una cosa. Posto che qualunque convenzione sociale ha dei limiti, nel caso della cultura giapponese quali sono le valvole di sfogo per i non adattati? Esistono dei percorsi "sani" per coloro che non riescono ad integrarsi nel sistema e convivono con sofferenza questa omologazione?
2) il confucianesimo non e' una religione
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