Meet me after school
"L’amore non ha età, non ha colore, non ha generi, l’amore è libertà."
Premetto che con questa recensione andrò contro corrente rispetto ai commenti e alle recensioni di chi mi ha preceduto nella visione di questa serie disponibile sulla solita notissima piattaforma planetaria.
"Meet me after school", serie Live Action del 2018, tratta liberamente dal Manga "Chuugakusei Nikki" di Junko Kawakami (che sembra ancora in corso), parte da una premessa che, da quanto posso constatare, sembra essere piuttosto ostica da accettare, soprattutto per la società giapponese: una relazione d'amore tra uno studente delle scuole medie ed il proprio precettore.
Giusto per amore della precisione, gli studenti giapponesi frequentano le scuole medie fino all'età di 15 anni (essendo le superiori solo di tre anni, fino al raggiungimento dei 18-19 anni come in Italia) e raggiungono la maggiore età a 20.
In un contesto sociale improntato al rigido e formale rispetto delle regole come quello nipponico, una storia come quella narrata in questa serie, se vista "razionalmente", risulta di difficile comprensione e accettazione: in sé non è la differenza di età tra i protagonisti (Akira, studente di 15 anni e Hijiri, l'insegnante, di 10 anni più grande), ma il contesto in cui si sviluppa la storia in cui è chiaro che l'insegnante deve mantenere un approccio orientato non solo a insegnare nel miglior modo possibile, ma anche a favorire lo sviluppo personale e caratteriale dei propri studenti preoccupandosi, nei limiti della continenza, di supportarli nel loro percorso di crescita in un'età piuttosto critica come quella dell'adolescenza.
Pertanto tralascio ogni valutazione "razionale" e cerco di valutare dal punto di vista romantico-sentimentale la serie. E, sotto questo aspetto, purtroppo per me "casca l'asino"...
Non mi è piaciuta la storia per come è stata congegnata: complicata da una serie di fattori al limite dell'inverosimile e del surreale al solo scopo di creare una serie senza termine di ostacoli alla storia d'amore tra lo studente e l'insegnante, cui si aggiungono dei personaggi melodrammatici, eccessivamente caratterizzati e veementi nelle loro reazioni alla storia d'amore "contra legem" (non utilizzo il termine che ho trovato in alcuni commenti che citano la "pedofilia" perché lo ritengo fuori luogo).
I due protagonisti non sono costruiti bene e anche l'interpretazione non mi ha entusiasmato: lui sembra un ottuso stalker che ha in testa solo l'insegnante e va contro tutto e tutti per arrivare a coronare la sua storia. Lo definirei quasi patologico nel suo modo di affrontare i propri sentimenti. È pur vero che si tratterebbe di un ragazzo di 15 anni, un po' problematico, ma anche molto sensibile, cui manca il riferimento della figura paterna per volontà di una madre che si preoccupa solo di crescerlo nel miglior modo che reputa, e avversa in ogni modo a tutto ciò che possa rappresentare un ostacolo all'adorato figliolo su cui ha riversato tutto il suo affetto, aspettative, ecc... Ecc...
Lei (l'insegnante) sembra una ragazzina immatura, passiva al limite dell'assurdo, con un innato senso del dovere e della responsabilità che la rendono destinataria a tutte le angherie, cattiverie, malelingue di qualsiasi persona venga a conoscenza della sua storia col ragazzo.
I personaggi non protagonisti sono stati costruiti e interpretati per rappresentare a turno gli "ostacoli del cuore" dei protagonisti. Il promesso sposo di lei e la madre, la sua responsabile al lavoro, la madre di lui e il relativo compagno, il padre sparito, la ragazza innamorata di lui ma non ricambiata, alcuni amici di scuola, i nuovi colleghi di scuola di lei una volta fuggita dalla scuola media, ecc... Ecc... Tutti necessari alla costruzione di plot twist tipici di questo genere di opere che a turno intervengono per avversare in qualunque modo la storia d'amore.
Tuttavia non me la sento di cassare il tutto: mi è capitato di vedere serie romantiche in cui i personaggi erano più approfonditi e meglio realizzati, ma riconosco che anche "Meet me after school" ha avuto il coraggio di toccare (sebbene in modo un po' superficiale) alcuni temi che caratterizzano la società e la famiglia giapponesi. In più, almeno per i protagonisti, c'è anche un "chara-development" apprezzabile in cui, grazie ai "time skip", lo spettatore potrà apprezzare l'evoluzione di Akira e Hiijiri in personaggi meno mono dimensionali e più realistici, in cui provano ad affrontare l'esistenza in un contesto che non solo non perdona il loro passato (soprattutto quello dell'insegnante) ma anche non sia in grado di tollerare una storia sentimentale tra due persone di età molto differenti in cui l'età è solo un'aggravante della circostanza che Hijiri era in primo luogo l'insegnante del ragazzo.
"Stai scappando da una cosa che non vuoi, o stai scappando da una cosa che hai paura di volere?"
Il tema della fuga è un aspetto ricorrente nelle animazioni e nei Live Action del far east. E' una reazione molto umana (e di comodo) per superare le situazioni più difficili da risolvere. Ho apprezzato la circostanza che la protagonista decida di affrontare in modo diretto le difficoltà facendo "ordine" dentro se stessa prima che con il suo grande amore. E in un certo senso vedere sul finale Ritsu (la responsabile al lavoro dell'ex fidanzato di Hijiri) capire e apprezzare la dignità di Hijiri nell'affrontare tutte le difficoltà legate più o meno direttamente alla sua storia, risolleva il livello della serie verso un livello che purtruppo non reputo pienamente sufficiente.
Ed è un vero peccato. Bastava non rendere la serie infarcita di troppi cliché e renderla un po' più introspettiva e meno grottesca per confezionare una trama/sceneggiatura profonda che rendesse il tutto più intrigante e coinvolgente non solo a livello puramente emotivo.
E il finale ne è la dimostrazione: dopo una sorta di odissea, si verifica il cosidetto lieto fine che tuttavia mi ha lasciato la sensazione di vuoto e incompletezza: ma in fondo perché i due protagonisti si amavano?
Premetto che con questa recensione andrò contro corrente rispetto ai commenti e alle recensioni di chi mi ha preceduto nella visione di questa serie disponibile sulla solita notissima piattaforma planetaria.
"Meet me after school", serie Live Action del 2018, tratta liberamente dal Manga "Chuugakusei Nikki" di Junko Kawakami (che sembra ancora in corso), parte da una premessa che, da quanto posso constatare, sembra essere piuttosto ostica da accettare, soprattutto per la società giapponese: una relazione d'amore tra uno studente delle scuole medie ed il proprio precettore.
Giusto per amore della precisione, gli studenti giapponesi frequentano le scuole medie fino all'età di 15 anni (essendo le superiori solo di tre anni, fino al raggiungimento dei 18-19 anni come in Italia) e raggiungono la maggiore età a 20.
In un contesto sociale improntato al rigido e formale rispetto delle regole come quello nipponico, una storia come quella narrata in questa serie, se vista "razionalmente", risulta di difficile comprensione e accettazione: in sé non è la differenza di età tra i protagonisti (Akira, studente di 15 anni e Hijiri, l'insegnante, di 10 anni più grande), ma il contesto in cui si sviluppa la storia in cui è chiaro che l'insegnante deve mantenere un approccio orientato non solo a insegnare nel miglior modo possibile, ma anche a favorire lo sviluppo personale e caratteriale dei propri studenti preoccupandosi, nei limiti della continenza, di supportarli nel loro percorso di crescita in un'età piuttosto critica come quella dell'adolescenza.
Pertanto tralascio ogni valutazione "razionale" e cerco di valutare dal punto di vista romantico-sentimentale la serie. E, sotto questo aspetto, purtroppo per me "casca l'asino"...
Non mi è piaciuta la storia per come è stata congegnata: complicata da una serie di fattori al limite dell'inverosimile e del surreale al solo scopo di creare una serie senza termine di ostacoli alla storia d'amore tra lo studente e l'insegnante, cui si aggiungono dei personaggi melodrammatici, eccessivamente caratterizzati e veementi nelle loro reazioni alla storia d'amore "contra legem" (non utilizzo il termine che ho trovato in alcuni commenti che citano la "pedofilia" perché lo ritengo fuori luogo).
I due protagonisti non sono costruiti bene e anche l'interpretazione non mi ha entusiasmato: lui sembra un ottuso stalker che ha in testa solo l'insegnante e va contro tutto e tutti per arrivare a coronare la sua storia. Lo definirei quasi patologico nel suo modo di affrontare i propri sentimenti. È pur vero che si tratterebbe di un ragazzo di 15 anni, un po' problematico, ma anche molto sensibile, cui manca il riferimento della figura paterna per volontà di una madre che si preoccupa solo di crescerlo nel miglior modo che reputa, e avversa in ogni modo a tutto ciò che possa rappresentare un ostacolo all'adorato figliolo su cui ha riversato tutto il suo affetto, aspettative, ecc... Ecc...
Lei (l'insegnante) sembra una ragazzina immatura, passiva al limite dell'assurdo, con un innato senso del dovere e della responsabilità che la rendono destinataria a tutte le angherie, cattiverie, malelingue di qualsiasi persona venga a conoscenza della sua storia col ragazzo.
I personaggi non protagonisti sono stati costruiti e interpretati per rappresentare a turno gli "ostacoli del cuore" dei protagonisti. Il promesso sposo di lei e la madre, la sua responsabile al lavoro, la madre di lui e il relativo compagno, il padre sparito, la ragazza innamorata di lui ma non ricambiata, alcuni amici di scuola, i nuovi colleghi di scuola di lei una volta fuggita dalla scuola media, ecc... Ecc... Tutti necessari alla costruzione di plot twist tipici di questo genere di opere che a turno intervengono per avversare in qualunque modo la storia d'amore.
Tuttavia non me la sento di cassare il tutto: mi è capitato di vedere serie romantiche in cui i personaggi erano più approfonditi e meglio realizzati, ma riconosco che anche "Meet me after school" ha avuto il coraggio di toccare (sebbene in modo un po' superficiale) alcuni temi che caratterizzano la società e la famiglia giapponesi. In più, almeno per i protagonisti, c'è anche un "chara-development" apprezzabile in cui, grazie ai "time skip", lo spettatore potrà apprezzare l'evoluzione di Akira e Hiijiri in personaggi meno mono dimensionali e più realistici, in cui provano ad affrontare l'esistenza in un contesto che non solo non perdona il loro passato (soprattutto quello dell'insegnante) ma anche non sia in grado di tollerare una storia sentimentale tra due persone di età molto differenti in cui l'età è solo un'aggravante della circostanza che Hijiri era in primo luogo l'insegnante del ragazzo.
"Stai scappando da una cosa che non vuoi, o stai scappando da una cosa che hai paura di volere?"
Il tema della fuga è un aspetto ricorrente nelle animazioni e nei Live Action del far east. E' una reazione molto umana (e di comodo) per superare le situazioni più difficili da risolvere. Ho apprezzato la circostanza che la protagonista decida di affrontare in modo diretto le difficoltà facendo "ordine" dentro se stessa prima che con il suo grande amore. E in un certo senso vedere sul finale Ritsu (la responsabile al lavoro dell'ex fidanzato di Hijiri) capire e apprezzare la dignità di Hijiri nell'affrontare tutte le difficoltà legate più o meno direttamente alla sua storia, risolleva il livello della serie verso un livello che purtruppo non reputo pienamente sufficiente.
Ed è un vero peccato. Bastava non rendere la serie infarcita di troppi cliché e renderla un po' più introspettiva e meno grottesca per confezionare una trama/sceneggiatura profonda che rendesse il tutto più intrigante e coinvolgente non solo a livello puramente emotivo.
E il finale ne è la dimostrazione: dopo una sorta di odissea, si verifica il cosidetto lieto fine che tuttavia mi ha lasciato la sensazione di vuoto e incompletezza: ma in fondo perché i due protagonisti si amavano?
"Meet Me After School" è un drama giapponese di 11 episodi del 2018, live action del manga Chuugakusei Nikki; già presente sulla piattaforma Viki, è uscito da poco anche su Netflix e io non ho potuto fare a meno di cogliere l’occasione per l’ennesimo rewatch.
Inizialmente attratta dal cast, soprattutto dalla eccezionale Kasumi Arimura come protagonista, mi sono ritrovata a guardare una serie che mi ha emozionato puntata dopo puntata; ogni volta ne rivedo un episodio, inoltre, trovo sfaccettature e particolari che non avevo notato prima, rendendo ogni visione sempre interessante.
La storia parla di Hijiri, una giovane insegnante che comincia a lavorare in una scuola di un piccolo paese, lontano dal suo fidanzato. Il rapporto che sembra ormai dover portare a un matrimonio certo, viene incrinato dalla presenza di uno studente che è nella classe assegnata a Hijiri: si chiama Akira e presto si innamorerà della sua insegnante.
Una delle prime caratteristiche che mi ha colpito in questo drama, è la presenza di figure femminili che risultano essere tutti personaggi forti, con una grande personalità, a partire dalla protagonista: una delle scene più belle è quando la vediamo rispondere ai futuri suoceri di non voler lasciare il suo amato lavoro nonostante il matrimonio. Non è la prima volta che vediamo nei drama questa mentalità conservatrice, ma allo stesso tempo attuale, in cui la donna, una volta sposata, deve rinunciare alla sua carriera. Hijiri risponde con educazione e garbo ai genitori del suo fidanzato, ma anche molto fermamente, in quanto lei non vuole essere una casalinga, ma continuare ad essere un’insegnante.
Lei, però, non è il solo e unico esempio. Sempre all’interno dell’istituzione scolastica, abbiamo una preside un po’ in là con l’età, ma capiamo fin da subito che è una donna che ha sempre lavorato, rinunciando anche alla sua vita sentimentale e a un possibile matrimonio per questo.
Anche la mamma del protagonista non è da meno avendo cresciuto da sola un figlio portando avanti un’attività. Nonostante sia la persona che più si oppone alla relazione tra i due protagonisti, non risulta mai sgradevole o troppo dura, ma una semplice mamma che fa di tutto per proteggere suo figlio Akira.
La carrellata si chiude con Yoshida, una donna tosta, forte che non ha paura di esprimere ciò che pensa e che fin dai primi episodi non si vergogna a parlare della sua sessualità, ammettendo di essere bisessuale.
Per quanto riguarda i personaggi maschili non possiamo dire lo stesso: ironicamente, quello più forte e deciso sembra essere proprio Akira, il personaggio più giovane. Lui sa quale è il suo obbiettivo e fa di tutto per raggiungerlo nonostante tutti intorno a lui non facciano altro che scoraggiarlo. E quando deve fare un passo indietro per il bene di Hijiri, è lui quello maturo che cerca di proteggerla in tutti i modi, anche rinunciando a lei.
Questo drama è stato il debutto per l’attore Kenshi Okada che interpreta Akira e io l’ho trovato magistrale. Aveva un compito non proprio semplice, dovendo recitare vari step dell’età di un ragazzo, partendo dai quindici anni, arrivando all’età adulta.
Nei primi episodi è stato magnifico interpretando un ragazzotto difficile che all’inizio non sa nemmeno gestire i sentimenti che prova per la sua insegnante. Non ha filtri, fa e dice tutto quello che gli passa per la testa: critica ad Hijiri di non essere adatta a fare l’insegnante, ma allo stesso tempo dimostra di seguire le sue lezioni con grande interesse e passione. Forse, per un’insegnante che non ha tanta autostima come lei, è proprio questo atteggiamento diretto e questo seguirla con trasporto che fa vacillare i sentimenti della professoressa.
Alcune sono le divergenze con il manga (purtroppo non edito in Italia) dovuto soprattutto al fatto che questo è ancora in corso.
La differenza che mi ha colpito maggiormente non è tanto nella storia, ma nelle inquadrature: nel drama si dà tantissima attenzione ai piccoli gesti. Non sono pochi, infatti, i primi piani di mani che si sfiorano o si accarezzano. Il tocco così diventa un focus importante nella trama, particolare che non si evince nelle vignette dell’opera cartacea.
Questo rende la trama molto tenera e per questo dobbiamo ringraziare l’incredibile lavoro dei registi.
Il tema trattato è un argomento difficile, quasi ostico, ma è affrontato con molta delicatezza e allo stesso tempo con molta serietà: la professoressa è la prima a rendersi conto di star facendo qualcosa contro la “normale” morale della società e cerca in tutti i modi di allontanarsi da questi sentimenti. Anzi, all’inizio Akira è solo un normalissimo studente. Lui si dichiara più volte, ma lei lo rifiuta sempre. Quando Hijiri si rende conto che i suoi sentimenti stanno cambiando, cerca in tutti i modi di prendere distanza dal ragazzo. Non solo perché minorenne; oltre alla legge, infatti, l’etica è uno dei motivi principali per cui i protagonisti non possono stare insieme fin da subito: i pettegolezzi negativi circolano immediatamente e diventano dannosi per la reputazione e la carriera di Hijiri.
"Meet Me After School" non è solo una storia d’amore, ma anche una storia di crescita personale. La protagonista tenta di far coincidere i propri sentimenti con la voglia di diventare un’insegnante e Akira deve crescere e trovare la propria strada.
Tutti i personaggi sono sviluppati e approfonditi talmente bene che si proverà empatia per ognuno di loro, nessuno escluso, capendo benissimo il perché agiscono in un certo modo.
Vi appassionerete così tanto a ogni protagonista che non vi staccherete da questo drama fino all’ultima puntata!
Inizialmente attratta dal cast, soprattutto dalla eccezionale Kasumi Arimura come protagonista, mi sono ritrovata a guardare una serie che mi ha emozionato puntata dopo puntata; ogni volta ne rivedo un episodio, inoltre, trovo sfaccettature e particolari che non avevo notato prima, rendendo ogni visione sempre interessante.
La storia parla di Hijiri, una giovane insegnante che comincia a lavorare in una scuola di un piccolo paese, lontano dal suo fidanzato. Il rapporto che sembra ormai dover portare a un matrimonio certo, viene incrinato dalla presenza di uno studente che è nella classe assegnata a Hijiri: si chiama Akira e presto si innamorerà della sua insegnante.
Una delle prime caratteristiche che mi ha colpito in questo drama, è la presenza di figure femminili che risultano essere tutti personaggi forti, con una grande personalità, a partire dalla protagonista: una delle scene più belle è quando la vediamo rispondere ai futuri suoceri di non voler lasciare il suo amato lavoro nonostante il matrimonio. Non è la prima volta che vediamo nei drama questa mentalità conservatrice, ma allo stesso tempo attuale, in cui la donna, una volta sposata, deve rinunciare alla sua carriera. Hijiri risponde con educazione e garbo ai genitori del suo fidanzato, ma anche molto fermamente, in quanto lei non vuole essere una casalinga, ma continuare ad essere un’insegnante.
Lei, però, non è il solo e unico esempio. Sempre all’interno dell’istituzione scolastica, abbiamo una preside un po’ in là con l’età, ma capiamo fin da subito che è una donna che ha sempre lavorato, rinunciando anche alla sua vita sentimentale e a un possibile matrimonio per questo.
Anche la mamma del protagonista non è da meno avendo cresciuto da sola un figlio portando avanti un’attività. Nonostante sia la persona che più si oppone alla relazione tra i due protagonisti, non risulta mai sgradevole o troppo dura, ma una semplice mamma che fa di tutto per proteggere suo figlio Akira.
La carrellata si chiude con Yoshida, una donna tosta, forte che non ha paura di esprimere ciò che pensa e che fin dai primi episodi non si vergogna a parlare della sua sessualità, ammettendo di essere bisessuale.
Per quanto riguarda i personaggi maschili non possiamo dire lo stesso: ironicamente, quello più forte e deciso sembra essere proprio Akira, il personaggio più giovane. Lui sa quale è il suo obbiettivo e fa di tutto per raggiungerlo nonostante tutti intorno a lui non facciano altro che scoraggiarlo. E quando deve fare un passo indietro per il bene di Hijiri, è lui quello maturo che cerca di proteggerla in tutti i modi, anche rinunciando a lei.
Questo drama è stato il debutto per l’attore Kenshi Okada che interpreta Akira e io l’ho trovato magistrale. Aveva un compito non proprio semplice, dovendo recitare vari step dell’età di un ragazzo, partendo dai quindici anni, arrivando all’età adulta.
Nei primi episodi è stato magnifico interpretando un ragazzotto difficile che all’inizio non sa nemmeno gestire i sentimenti che prova per la sua insegnante. Non ha filtri, fa e dice tutto quello che gli passa per la testa: critica ad Hijiri di non essere adatta a fare l’insegnante, ma allo stesso tempo dimostra di seguire le sue lezioni con grande interesse e passione. Forse, per un’insegnante che non ha tanta autostima come lei, è proprio questo atteggiamento diretto e questo seguirla con trasporto che fa vacillare i sentimenti della professoressa.
Alcune sono le divergenze con il manga (purtroppo non edito in Italia) dovuto soprattutto al fatto che questo è ancora in corso.
La differenza che mi ha colpito maggiormente non è tanto nella storia, ma nelle inquadrature: nel drama si dà tantissima attenzione ai piccoli gesti. Non sono pochi, infatti, i primi piani di mani che si sfiorano o si accarezzano. Il tocco così diventa un focus importante nella trama, particolare che non si evince nelle vignette dell’opera cartacea.
Questo rende la trama molto tenera e per questo dobbiamo ringraziare l’incredibile lavoro dei registi.
Il tema trattato è un argomento difficile, quasi ostico, ma è affrontato con molta delicatezza e allo stesso tempo con molta serietà: la professoressa è la prima a rendersi conto di star facendo qualcosa contro la “normale” morale della società e cerca in tutti i modi di allontanarsi da questi sentimenti. Anzi, all’inizio Akira è solo un normalissimo studente. Lui si dichiara più volte, ma lei lo rifiuta sempre. Quando Hijiri si rende conto che i suoi sentimenti stanno cambiando, cerca in tutti i modi di prendere distanza dal ragazzo. Non solo perché minorenne; oltre alla legge, infatti, l’etica è uno dei motivi principali per cui i protagonisti non possono stare insieme fin da subito: i pettegolezzi negativi circolano immediatamente e diventano dannosi per la reputazione e la carriera di Hijiri.
"Meet Me After School" non è solo una storia d’amore, ma anche una storia di crescita personale. La protagonista tenta di far coincidere i propri sentimenti con la voglia di diventare un’insegnante e Akira deve crescere e trovare la propria strada.
Tutti i personaggi sono sviluppati e approfonditi talmente bene che si proverà empatia per ognuno di loro, nessuno escluso, capendo benissimo il perché agiscono in un certo modo.
Vi appassionerete così tanto a ogni protagonista che non vi staccherete da questo drama fino all’ultima puntata!
Non avrei pensato, dalla trama, che mi sarei appassionata così tanto a una serie che sembrava non essere particolarmente originale.
Invece. Invece, la costruzione dell'intera storia d'amore risulta essere coerente e rendere giustizia a tutti i personaggi coinvolti.
"Chugakusei Nikki" narra le vicende che coinvolgono l'insegnante Hijiri, lo studente Akira e i personaggi secondari ma comunque importanti del fidanzato Shoutarou e della di lui collega Ritsu. Hijiri è inizialmente un'insegnante di scuola media; molto importante ai fini della comprensione della trama ricordare che le scuole medie e superiori in Giappone durano ciascuna tre anni e coprono complessivamente gli ultimi sei anni di istruzione media/superiore italiana. Quando leggiamo "scuola media" dobbiamo, dunque, ricordare che un secondo anno di scuola media giapponese corrisponde suppergiù a uno di prima liceo italiana.
Con questa necessaria premessa, possiamo partire ad analizzare la storia. Non è esatto che Hijiri inizi spontaneamente a sentirsi attratta da un suo studente, come la trama dell'opera sembra suggerire e come accade in altre opere caratterizzate da differenza di età, ad esempio "Love and Fortune". In "Chugakusei Nikki" accade esattamente il contrario. Per Hijiri, Akira è uno studente come un altro; il ragazzo, invece, nutre fin da subito un forte attaccamento per la protagonista e da quando si convince a muovere il primo passo non fa che dichiararsi, in ogni modo possibile, ottenendo un rifiuto dopo l'altro da una Hijiri che non solo è fidanzata, ma che si rende ben conto di quanto sia inappropriata la situazione. Hijiri cerca di prendere ogni decisione necessaria per mantenere un comportamento professionale e rispettoso, e quando si rende conto di aver iniziato a sviluppare anch'ella dei sentimenti per il ragazzo, decide spontaneamente di allontanarsi. Sarà ancora Akira ad avvicinarla, trascorsi tre anni, e a muovere la maggior parte dei passi in una relazione che non diventa esplicitamente reciproca fino a molto tempo dopo e a seguito di una profonda lotta interiore della protagonista con i suoi sentimenti, forte del desiderio di non voler rinunciare a un lavoro che è sempre stato il suo sogno e in cui si sente realizzata e rispettata. Anche per questo motivo non sono presenti scene esplicite e il comportamento di entrambi i protagonisti è sempre moralmente impeccabile. Molto bella anche la decisione di Hijiri di diventare, dopo il suo trasferimento, un'insegnante di scuola elementare; una scelta che fa riflettere su come la protagonista non abbia voluto rinunciare alla sua vocazione mantenendosi, allo stesso tempo, rispettosa nei confronti delle famiglie nel caso il suo passato fosse venuto a galla.
Con riguardo ai personaggi, la caratterizzazione di ciascuno è ben costruita e convincente. L'impulsività di Akira, il suo non ponderare le conseguenze, sono del tutto coerenti con l'età anagrafica del protagonista e rendono evidente la spaccatura tra la spensieratezza con cui il ragazzo si affaccia alla possibilità di una relazione con la propria insegnante e le preoccupazioni, pienamente giustificate, di Hijiri, che egli non riesce a comprendere non avendo ancora sufficiente esperienza del mondo. Proprio di questo si renderà conto nell'ultimo episodio, e questa nuova consapevolezza lo porterà alla decisione che sceglie di intraprendere per il bene di Hijiri. L'affetto che i due provano l'uno per l'altro resisterà in ogni caso alla lontananza, dimostrando definitivamente allo spettatore la sincerità dei sentimenti provati dai due protagonisti.
Shoutorou e Ritsu giocano un ruolo importante nella vicenda, dapprima come fidanzato e rivale in amore della protagonista, in seguito come confidenti e appoggio per i personaggi principali. Positivi entrambi e molto ben caratterizzati, hanno un proprio percorso romantico complesso e profondo che è particolarmente interessante da seguire; molto spontanea l'introduzione di Ritsu come bisessuale, con una naturalezza che qualunque storia con personaggi LGBTQ+ dovrebbe possedere.
Ottima cinematografia, grande recitazione, unico difetto risulta complessivamente essere la lentezza con cui si sviluppa la vicenda da metà fino al penultimo episodio, con molte scene che per quanto interessanti avrebbero potuto essere tagliate o sviluppate più velocemente.
La storia presenta caratteristiche simili a "Majo no Jouken" ("Forbidden Love", 1999), ma con personaggi dalla caratterizzazione completamente diversa, con cui è più facile identificarsi e dalle motivazioni meglio sviluppate e giustificate. In particolare, mentre in "Majo no Jouken" la madre del ragazzo è un personaggio controverso e molto equivoco, in "Chugakusei Nikki" è impossibile non empatizzare con la madre di Akira, una donna affettuosa e sincera la cui unica preoccupazione è proteggere il figlio ed evitare che egli occorra negli stessi errori compiuti da lei in passato. In generale, comunque, la visione di questo drama è consigliata a chiunque abbia apprezzato il suddetto - e viceversa.
Una storia profonda, sincera, altamente consigliata anche agli scettici del genere.
Invece. Invece, la costruzione dell'intera storia d'amore risulta essere coerente e rendere giustizia a tutti i personaggi coinvolti.
"Chugakusei Nikki" narra le vicende che coinvolgono l'insegnante Hijiri, lo studente Akira e i personaggi secondari ma comunque importanti del fidanzato Shoutarou e della di lui collega Ritsu. Hijiri è inizialmente un'insegnante di scuola media; molto importante ai fini della comprensione della trama ricordare che le scuole medie e superiori in Giappone durano ciascuna tre anni e coprono complessivamente gli ultimi sei anni di istruzione media/superiore italiana. Quando leggiamo "scuola media" dobbiamo, dunque, ricordare che un secondo anno di scuola media giapponese corrisponde suppergiù a uno di prima liceo italiana.
Con questa necessaria premessa, possiamo partire ad analizzare la storia. Non è esatto che Hijiri inizi spontaneamente a sentirsi attratta da un suo studente, come la trama dell'opera sembra suggerire e come accade in altre opere caratterizzate da differenza di età, ad esempio "Love and Fortune". In "Chugakusei Nikki" accade esattamente il contrario. Per Hijiri, Akira è uno studente come un altro; il ragazzo, invece, nutre fin da subito un forte attaccamento per la protagonista e da quando si convince a muovere il primo passo non fa che dichiararsi, in ogni modo possibile, ottenendo un rifiuto dopo l'altro da una Hijiri che non solo è fidanzata, ma che si rende ben conto di quanto sia inappropriata la situazione. Hijiri cerca di prendere ogni decisione necessaria per mantenere un comportamento professionale e rispettoso, e quando si rende conto di aver iniziato a sviluppare anch'ella dei sentimenti per il ragazzo, decide spontaneamente di allontanarsi. Sarà ancora Akira ad avvicinarla, trascorsi tre anni, e a muovere la maggior parte dei passi in una relazione che non diventa esplicitamente reciproca fino a molto tempo dopo e a seguito di una profonda lotta interiore della protagonista con i suoi sentimenti, forte del desiderio di non voler rinunciare a un lavoro che è sempre stato il suo sogno e in cui si sente realizzata e rispettata. Anche per questo motivo non sono presenti scene esplicite e il comportamento di entrambi i protagonisti è sempre moralmente impeccabile. Molto bella anche la decisione di Hijiri di diventare, dopo il suo trasferimento, un'insegnante di scuola elementare; una scelta che fa riflettere su come la protagonista non abbia voluto rinunciare alla sua vocazione mantenendosi, allo stesso tempo, rispettosa nei confronti delle famiglie nel caso il suo passato fosse venuto a galla.
Con riguardo ai personaggi, la caratterizzazione di ciascuno è ben costruita e convincente. L'impulsività di Akira, il suo non ponderare le conseguenze, sono del tutto coerenti con l'età anagrafica del protagonista e rendono evidente la spaccatura tra la spensieratezza con cui il ragazzo si affaccia alla possibilità di una relazione con la propria insegnante e le preoccupazioni, pienamente giustificate, di Hijiri, che egli non riesce a comprendere non avendo ancora sufficiente esperienza del mondo. Proprio di questo si renderà conto nell'ultimo episodio, e questa nuova consapevolezza lo porterà alla decisione che sceglie di intraprendere per il bene di Hijiri. L'affetto che i due provano l'uno per l'altro resisterà in ogni caso alla lontananza, dimostrando definitivamente allo spettatore la sincerità dei sentimenti provati dai due protagonisti.
Shoutorou e Ritsu giocano un ruolo importante nella vicenda, dapprima come fidanzato e rivale in amore della protagonista, in seguito come confidenti e appoggio per i personaggi principali. Positivi entrambi e molto ben caratterizzati, hanno un proprio percorso romantico complesso e profondo che è particolarmente interessante da seguire; molto spontanea l'introduzione di Ritsu come bisessuale, con una naturalezza che qualunque storia con personaggi LGBTQ+ dovrebbe possedere.
Ottima cinematografia, grande recitazione, unico difetto risulta complessivamente essere la lentezza con cui si sviluppa la vicenda da metà fino al penultimo episodio, con molte scene che per quanto interessanti avrebbero potuto essere tagliate o sviluppate più velocemente.
La storia presenta caratteristiche simili a "Majo no Jouken" ("Forbidden Love", 1999), ma con personaggi dalla caratterizzazione completamente diversa, con cui è più facile identificarsi e dalle motivazioni meglio sviluppate e giustificate. In particolare, mentre in "Majo no Jouken" la madre del ragazzo è un personaggio controverso e molto equivoco, in "Chugakusei Nikki" è impossibile non empatizzare con la madre di Akira, una donna affettuosa e sincera la cui unica preoccupazione è proteggere il figlio ed evitare che egli occorra negli stessi errori compiuti da lei in passato. In generale, comunque, la visione di questo drama è consigliata a chiunque abbia apprezzato il suddetto - e viceversa.
Una storia profonda, sincera, altamente consigliata anche agli scettici del genere.