Kai duan
"Reset" ha rappresentato per me una sopresa. E' la mia prima serie cinese (ho all'attivo lungometraggi e animazioni) e devo riconoscere che mi è sembrato un prodotto di buona fattura al netto di alcune ingenuità e forzature più di trama che di realizzazione.
L'idea di vivere un loop temporale continuo, inizialmente contro la propria volontà, non è sicuramente un elemento originalissimo. Una decina di anni fa al cinema avevo avuto modo di vedere "Edge of Tomorrow - Senza domani" com Tom Cruise e Emily Blunt, e la trama, eccezion fatta per l'ambientazione, segue il medesimo canovaccio: uno dei protagonisti rivive di continuo una sequenza della propria esistenza dopo essere deceduto, tornando indietro nel tempo per poter adottare degli accorgimenti e variare l'esito degli eventi. Il rewind è inizialmente subìto perché incomprensibile e inopinato, ma con il continuo ricorrere dei loop, nel protagonista matura una sempre maggior consapevolezza di come trarre vantaggio dalla situazione per modificare il futuro di cui conosce già il decorso, almeno fino al punto vissuto.
In "Reset" il plot è il medesimo: applicato alla realtà di oggi, con ambientazione in una grande città cinese, due ragazzi si ritrovano coinvolti in un incidente disastroso a bordo di un autobus di città in cui muoiono per l'esplosione del mezzo in collisione con un autocisterna ad un incrocio. Ma con somma sorpresa dei protagonisti, e dello spettatore, i due si ritrovano vivi e vegeti a bordo dello stesso mezzo una decina di minuti prima dell'esplosione a rivivere gli ultimi istanti del viaggio verso la morte.
Passato lo stupore iniziale, i due cominciano a interagire, a solidarizzare e a tentare di capire cosa sta loro accadendo per trovare una soluzione che possa prevenire il disastro che comporta la morte di tutti i passeggeri presenti sull'automezzo. "Reset, o "Kai Duan" (che in cinese dovrebbe significare "inizio"), assume inizialmente le vesti di un fantasy (non mi spingerei a definirlo sci-fi) in cui prevale il senso di disorientamento, dell'incapacità di comprensione di ciò che sta accadendo, e della scoperta lenta e progressiva del fenomeno del loop temporale da parte dei due protagonisti, che pragmaticamente si sforzano di scoprire e capire come evitare che avvenga il disastro, inclusa anche l'umana ed egoistica reazione di scappare e salvarsi, viste le difficoltà di spiegare alle altre persone e alla polizia l'evento del loop temporale.
Tale fase è ben realizzata, forse un po' troppo ripetitiva e a tratti anche un po' noiosa perché (ed ecco un primo limite di sceneggiatura che ho percepito) non fornisce alcuna spiegazione sull'origine del loop temporale: si verifica e basta, soddisfatte certe condizioni (morte o dormendo...). Ci si potrebbe chiedere: perché? Ex post e dopo aver visionato l'intera serie, si potrebbe pensare che il tutto si verifica per un tema quasi "spirituale" legato alla tragedia umana che si trova alla base dell'intera vicenda dell'incidente dell'autobus: il rimorso di non aver risolto un'ingiustizia tanto profonda quanto dolorosa. Un approccio molto orientale che per quanto ho potuto vedere in altre opere cinematografiche, o di animazione, sono legate al mancato passaggio delle anime dei deceduti allo stadio definitivo del nirvana, restando in una sorta di limbo, una terra di mezzo dove si ritrovano anche a interagire in qualche modo con i viventi, fino a quando la causa ostativa non si risolve.
Attenzione, l'interpretazione data all'accadimento del loop temporale è frutto di una mia interpretazione personale: nella serie non ci sono indizi che potrebbero avvalorare tale tesi ed è proprio per questo motivo che il loop temporale, per come è proposto, lascia l'impressione di essere un tema irrisolto.
Lentamente e inesorabilmente la serie vira in un mystery-thriller-poliziesco con nel finale delle lievi sfumature romance. Il loop temporale, da "protagonista" oggetto di indagine, diventa lo strumento per risolvere il mistero sotteso alla disgrazia, un mistero molto umano e anche molto triste in cui i ruoli di buoni e cattivi non saranno così netti come si vorrebbero far apparire, come del resto accade spesso nella realtà. Sempre evitando di spoilerare la trama, questa fase che porta al finale fin troppo buonista è caratterizzata da buon ritmo e azione facendo assomigliare "Kai Duan" ad un'altro film di produzione hollywoodiana che ho apprezzato: "Speed" con K. Reeves e S. Bullock. In un crescendo di scoperte sempre più accurate di dettagli sulle motivazioni sottese alla tragedia dell'autobus, si arriva alla soluzione finale. Anche in questo caso la serie presta il fianco a qualche critica: alcuni passaggi sono evidentemente forzati. Attenzione: la forzatura non risiede nelle fasi action, che in questo caso sono molto realistiche e prive di sequenza inverosimili per evitare l'incidente, quanto nelle fasi di scoperta dei vari indizi che consentiranno ai due protagonisti, in collaborazione con le forze dell'ordine, di risolvere il caso.
Dal punto di vista tecnico, la serie è pregevole: un giusto mix di action e fasi di indagine e con un ritmo poco orientale, espedienti registici appropriati senza eccessiva spettacolarizzazione e con una cura e realismo coerenti con la produzione. A livello di recitazione i due attori protagonisti riescono a rendere bene gli stati d'animo dei personaggi nelle varie fasi della storia. Onestamente ho preferito l'interpretazione dell'attore He Yun Xiao che impersona il ragazzo protagonista, e quella del capitano della polizia, rispetto all'attrice Shi Qing Li che ho percepito un po' piatta e poco calata nella parte, soprattutto nelle fasi iniziali e nelle scene più action.
"Reset" è la dimostrazione di come le produzioni orientali siano ormai mature da tempo per poter incontrare i gusti "occidentali", mantenendo comunque gli stilemi orientali che tanto vengono apprezzati da chi come me ha un debole per i momenti più introspettivi e "latu sensu" filosofici sulla esistenza, sulla condizione umana, le sue ingiustizie e i relativi rimorsi e rimpianti.
L'idea di vivere un loop temporale continuo, inizialmente contro la propria volontà, non è sicuramente un elemento originalissimo. Una decina di anni fa al cinema avevo avuto modo di vedere "Edge of Tomorrow - Senza domani" com Tom Cruise e Emily Blunt, e la trama, eccezion fatta per l'ambientazione, segue il medesimo canovaccio: uno dei protagonisti rivive di continuo una sequenza della propria esistenza dopo essere deceduto, tornando indietro nel tempo per poter adottare degli accorgimenti e variare l'esito degli eventi. Il rewind è inizialmente subìto perché incomprensibile e inopinato, ma con il continuo ricorrere dei loop, nel protagonista matura una sempre maggior consapevolezza di come trarre vantaggio dalla situazione per modificare il futuro di cui conosce già il decorso, almeno fino al punto vissuto.
In "Reset" il plot è il medesimo: applicato alla realtà di oggi, con ambientazione in una grande città cinese, due ragazzi si ritrovano coinvolti in un incidente disastroso a bordo di un autobus di città in cui muoiono per l'esplosione del mezzo in collisione con un autocisterna ad un incrocio. Ma con somma sorpresa dei protagonisti, e dello spettatore, i due si ritrovano vivi e vegeti a bordo dello stesso mezzo una decina di minuti prima dell'esplosione a rivivere gli ultimi istanti del viaggio verso la morte.
Passato lo stupore iniziale, i due cominciano a interagire, a solidarizzare e a tentare di capire cosa sta loro accadendo per trovare una soluzione che possa prevenire il disastro che comporta la morte di tutti i passeggeri presenti sull'automezzo. "Reset, o "Kai Duan" (che in cinese dovrebbe significare "inizio"), assume inizialmente le vesti di un fantasy (non mi spingerei a definirlo sci-fi) in cui prevale il senso di disorientamento, dell'incapacità di comprensione di ciò che sta accadendo, e della scoperta lenta e progressiva del fenomeno del loop temporale da parte dei due protagonisti, che pragmaticamente si sforzano di scoprire e capire come evitare che avvenga il disastro, inclusa anche l'umana ed egoistica reazione di scappare e salvarsi, viste le difficoltà di spiegare alle altre persone e alla polizia l'evento del loop temporale.
Tale fase è ben realizzata, forse un po' troppo ripetitiva e a tratti anche un po' noiosa perché (ed ecco un primo limite di sceneggiatura che ho percepito) non fornisce alcuna spiegazione sull'origine del loop temporale: si verifica e basta, soddisfatte certe condizioni (morte o dormendo...). Ci si potrebbe chiedere: perché? Ex post e dopo aver visionato l'intera serie, si potrebbe pensare che il tutto si verifica per un tema quasi "spirituale" legato alla tragedia umana che si trova alla base dell'intera vicenda dell'incidente dell'autobus: il rimorso di non aver risolto un'ingiustizia tanto profonda quanto dolorosa. Un approccio molto orientale che per quanto ho potuto vedere in altre opere cinematografiche, o di animazione, sono legate al mancato passaggio delle anime dei deceduti allo stadio definitivo del nirvana, restando in una sorta di limbo, una terra di mezzo dove si ritrovano anche a interagire in qualche modo con i viventi, fino a quando la causa ostativa non si risolve.
Attenzione, l'interpretazione data all'accadimento del loop temporale è frutto di una mia interpretazione personale: nella serie non ci sono indizi che potrebbero avvalorare tale tesi ed è proprio per questo motivo che il loop temporale, per come è proposto, lascia l'impressione di essere un tema irrisolto.
Lentamente e inesorabilmente la serie vira in un mystery-thriller-poliziesco con nel finale delle lievi sfumature romance. Il loop temporale, da "protagonista" oggetto di indagine, diventa lo strumento per risolvere il mistero sotteso alla disgrazia, un mistero molto umano e anche molto triste in cui i ruoli di buoni e cattivi non saranno così netti come si vorrebbero far apparire, come del resto accade spesso nella realtà. Sempre evitando di spoilerare la trama, questa fase che porta al finale fin troppo buonista è caratterizzata da buon ritmo e azione facendo assomigliare "Kai Duan" ad un'altro film di produzione hollywoodiana che ho apprezzato: "Speed" con K. Reeves e S. Bullock. In un crescendo di scoperte sempre più accurate di dettagli sulle motivazioni sottese alla tragedia dell'autobus, si arriva alla soluzione finale. Anche in questo caso la serie presta il fianco a qualche critica: alcuni passaggi sono evidentemente forzati. Attenzione: la forzatura non risiede nelle fasi action, che in questo caso sono molto realistiche e prive di sequenza inverosimili per evitare l'incidente, quanto nelle fasi di scoperta dei vari indizi che consentiranno ai due protagonisti, in collaborazione con le forze dell'ordine, di risolvere il caso.
Dal punto di vista tecnico, la serie è pregevole: un giusto mix di action e fasi di indagine e con un ritmo poco orientale, espedienti registici appropriati senza eccessiva spettacolarizzazione e con una cura e realismo coerenti con la produzione. A livello di recitazione i due attori protagonisti riescono a rendere bene gli stati d'animo dei personaggi nelle varie fasi della storia. Onestamente ho preferito l'interpretazione dell'attore He Yun Xiao che impersona il ragazzo protagonista, e quella del capitano della polizia, rispetto all'attrice Shi Qing Li che ho percepito un po' piatta e poco calata nella parte, soprattutto nelle fasi iniziali e nelle scene più action.
"Reset" è la dimostrazione di come le produzioni orientali siano ormai mature da tempo per poter incontrare i gusti "occidentali", mantenendo comunque gli stilemi orientali che tanto vengono apprezzati da chi come me ha un debole per i momenti più introspettivi e "latu sensu" filosofici sulla esistenza, sulla condizione umana, le sue ingiustizie e i relativi rimorsi e rimpianti.
La continua ripetizione di un giorno è il massimo della noia, giusto? No, sbagliato. Perché in questo mini-drama di soli 15 episodi da circa 40 minuti non ce ne sono cinque di noia. Anche quando, verso la fine, pare che il ritmo per un paio di puntate rallenti fino a fermarsi, in realtà il coinvolgimento emotivo è tale che non si avverte alcun sintomo di stanchezza.
Si comincia dal primo episodio, decisamente straniante, in cui ci si ritrova su un bus. Una ragazza, seduta accanto ad un ragazzo, improvvisamente lo accusa falsamente di averla palpeggiata e fa una scenata per scendere dal bus con lui, per poi andarsene per la sua strada. Ma, poco dopo, lei viene investita da una moto e finisce all’ospedale mentre lui, che nel frattempo ha preso un taxi, rimane coinvolto nell’esplosione del mezzo da cui sono appena scesi. La polizia indaga, partendo dalla discesa dei due dall’automezzo, immortalata dalle telecamere di sorveglianza. E ben presto scopriamo che quel bus continua ad esplodere ripetutamente, in un continuo loop temporale, qualsiasi cosa la protagonista, e poi il ragazzo, e poi la polizia facciano…
In un crescendo di altissima tensione, con punte da cardiopalma, con pochissimi momenti di sollievo umoristico, ma con la perfetta descrizione dell’urgenza, della paura continua cui i protagonisti sono soggetti, scopriamo a mano a mano i meccanismi di questo circolo vizioso, e le dolorose storie personali degli ignari passeggeri dell’autobus che vi sono intrappolati. Oltre a lottare contro gli sconosciuti che fanno esplodere il mezzo, i due ragazzi devono anche guardarsi dalle onnipresenti telecamere, cercando nel contempo di ottenere l’aiuto della polizia. Lungi dall’essere ripetitivo o noioso, il continuo reiterarsi delle condizioni di partenza, ogni volta sviluppate in modo più o meno diverso, contribuisce a rendere l’atmosfera oppressiva e claustrofobica, lasciando lo spettatore senza fiato, come se stesse correndo con i protagonisti alla ricerca di risposte, soluzioni, vita. Perché il numero delle ripetizioni possibili non è infinito… Il canone in D di Pachelbel, che pure tanto mi affascinava già prima della visione di questo drama, sicuramente non mi uscirà più dalla mente.
Nel proseguire delle vicende l’affiatamento dei due protagonisti aumenta, partendo da una comprensibile sfiducia reciproca fino allo sbocciare di una credibile storia d’amore, con un’ottima chimica fra i due, supportata da una recitazione davvero verosimile, e mai esagerata. In verità l’intero cast recita in maniera ammirevole, senza mai eccedere, pur riuscendo a trasmettere una grande varietà di emozioni.
Non solo il protagonista maschile Bai Jing Ting che, nonostante non abbia ancora 30 anni ha già al suo attivo decine di ruoli in altrettanti film, drama e show televisivi, ci consegna un ottimo ritratto di un giovane sviluppatore di giochi che cerca inutilmente di non farsi coinvolgere in una situazione letale, rimanendovi tuttavia immischiato fisicamente ed emotivamente.
Non solo Zhao Jin Mai, di appena vent’anni e con alle spalle già una sequela infinita di ruoli anche principali risalenti fin dalla tenera età, interpreta alla perfezione il ruolo di una studentessa appassionata e un po’ ingenua, decisa a salvare tutti i passeggeri del bus condannato, dibattendosi contro le infinite difficoltà generate dalla situazione improvvisa e estrema.
Il cast secondario è costellato di attori di fama, che aggiungono peso e spessore al drama. Tra tutti, citiamo Liu Tao, che interpreta la vice capo della stazione di polizia, e che in passato ebbe il ruolo da protagonista nientemeno che in Nirvana in fire, e Liu Yi Jun, capitano della stessa stazione, anche lui già visto in Nirvana in fire e in almeno una cinquantina di altri drama. Ma anche la maggior parte degli altri personaggi, eccetto forse la madre isterica del gattaro, un po’ troppo caricaturale, sono resi mirabilmente, contribuendo non poco alla riuscita della serie.
Non solo della coppia principale, ma anche di molti dei passeggeri del bus conosciamo via via le vicende, il che contribuisce non poco a dar loro spessore, evitando di relegarli a semplici figure di cartone destinate a bruciare nel prossimo loop.
E’ soprattutto apprezzabile che, oltre a mantenere alta la tensione praticamente per tutte le puntate, vengano delineate chiaramente, e seguite, le leggi che governano il susseguirsi dei vari loop e il modo per interromperli. L’unica mancanza in proposito è che non ci viene spiegato come e perché i protagonisti vi si siano ritrovati invischiati. Voglio credere e spero che sia perché intendono farne una seconda stagione, possibilmente con gli stessi attori, ma credo sarà difficile: la serie è un adattamento del romanzo Kai Duan di Qi Dao Jun, che ha anche partecipato alla sceneggiatura. Peraltro, gira voce che esista una seconda coppia intrappolata in un loop parallelo, che non viene mostrata in quest'opera, quindi non è escluso che uno spin off non venga mai realizzato. Difficile a dirsi, quando in Cina, nonostante alcune opere siano ricevute benissimo, le trilogie si fermano magari alla prima serie e rimangono poi lettera morta.
Il tutto è aiutato da un’ottima cinematografia, attenta e non avara di momenti spettacolari. Pur non trattandosi di un colossal, non si tratta nemmeno di una produzione a budget completamente risicato. Quello che hanno risparmiato nei costumi (trattandosi di continue ripetizioni, i vestiti cambiano poco) lo hanno sicuramente investito in altri comparti. Il commento musicale è piacevole e attinente alle scene e, soprattutto, vanta My Only , una canzone cantata dal magnifico Zhou Shen: un nome, una garanzia.
In sunto, un drama adrenalinico che non pecca in coerenza, magnificamente interpretato, con un finale che non deluderà gli spettatori, lasciando un buon sapore in bocca e una distinta sensazione di vuoto allo stomaco, sintomo inequivocabile dell’inizio di una potente crisi di astinenza.
Vale la pena citare che questa serie si posiziona attualmente al nono posto in base alle votazioni degli utenti, con un punteggio di 9,1, su Mydramalist e, su Rakuten Viki, ha raccolto uno stratosferico 9,7. Non male.
Si comincia dal primo episodio, decisamente straniante, in cui ci si ritrova su un bus. Una ragazza, seduta accanto ad un ragazzo, improvvisamente lo accusa falsamente di averla palpeggiata e fa una scenata per scendere dal bus con lui, per poi andarsene per la sua strada. Ma, poco dopo, lei viene investita da una moto e finisce all’ospedale mentre lui, che nel frattempo ha preso un taxi, rimane coinvolto nell’esplosione del mezzo da cui sono appena scesi. La polizia indaga, partendo dalla discesa dei due dall’automezzo, immortalata dalle telecamere di sorveglianza. E ben presto scopriamo che quel bus continua ad esplodere ripetutamente, in un continuo loop temporale, qualsiasi cosa la protagonista, e poi il ragazzo, e poi la polizia facciano…
In un crescendo di altissima tensione, con punte da cardiopalma, con pochissimi momenti di sollievo umoristico, ma con la perfetta descrizione dell’urgenza, della paura continua cui i protagonisti sono soggetti, scopriamo a mano a mano i meccanismi di questo circolo vizioso, e le dolorose storie personali degli ignari passeggeri dell’autobus che vi sono intrappolati. Oltre a lottare contro gli sconosciuti che fanno esplodere il mezzo, i due ragazzi devono anche guardarsi dalle onnipresenti telecamere, cercando nel contempo di ottenere l’aiuto della polizia. Lungi dall’essere ripetitivo o noioso, il continuo reiterarsi delle condizioni di partenza, ogni volta sviluppate in modo più o meno diverso, contribuisce a rendere l’atmosfera oppressiva e claustrofobica, lasciando lo spettatore senza fiato, come se stesse correndo con i protagonisti alla ricerca di risposte, soluzioni, vita. Perché il numero delle ripetizioni possibili non è infinito… Il canone in D di Pachelbel, che pure tanto mi affascinava già prima della visione di questo drama, sicuramente non mi uscirà più dalla mente.
Nel proseguire delle vicende l’affiatamento dei due protagonisti aumenta, partendo da una comprensibile sfiducia reciproca fino allo sbocciare di una credibile storia d’amore, con un’ottima chimica fra i due, supportata da una recitazione davvero verosimile, e mai esagerata. In verità l’intero cast recita in maniera ammirevole, senza mai eccedere, pur riuscendo a trasmettere una grande varietà di emozioni.
Non solo il protagonista maschile Bai Jing Ting che, nonostante non abbia ancora 30 anni ha già al suo attivo decine di ruoli in altrettanti film, drama e show televisivi, ci consegna un ottimo ritratto di un giovane sviluppatore di giochi che cerca inutilmente di non farsi coinvolgere in una situazione letale, rimanendovi tuttavia immischiato fisicamente ed emotivamente.
Non solo Zhao Jin Mai, di appena vent’anni e con alle spalle già una sequela infinita di ruoli anche principali risalenti fin dalla tenera età, interpreta alla perfezione il ruolo di una studentessa appassionata e un po’ ingenua, decisa a salvare tutti i passeggeri del bus condannato, dibattendosi contro le infinite difficoltà generate dalla situazione improvvisa e estrema.
Il cast secondario è costellato di attori di fama, che aggiungono peso e spessore al drama. Tra tutti, citiamo Liu Tao, che interpreta la vice capo della stazione di polizia, e che in passato ebbe il ruolo da protagonista nientemeno che in Nirvana in fire, e Liu Yi Jun, capitano della stessa stazione, anche lui già visto in Nirvana in fire e in almeno una cinquantina di altri drama. Ma anche la maggior parte degli altri personaggi, eccetto forse la madre isterica del gattaro, un po’ troppo caricaturale, sono resi mirabilmente, contribuendo non poco alla riuscita della serie.
Non solo della coppia principale, ma anche di molti dei passeggeri del bus conosciamo via via le vicende, il che contribuisce non poco a dar loro spessore, evitando di relegarli a semplici figure di cartone destinate a bruciare nel prossimo loop.
E’ soprattutto apprezzabile che, oltre a mantenere alta la tensione praticamente per tutte le puntate, vengano delineate chiaramente, e seguite, le leggi che governano il susseguirsi dei vari loop e il modo per interromperli. L’unica mancanza in proposito è che non ci viene spiegato come e perché i protagonisti vi si siano ritrovati invischiati. Voglio credere e spero che sia perché intendono farne una seconda stagione, possibilmente con gli stessi attori, ma credo sarà difficile: la serie è un adattamento del romanzo Kai Duan di Qi Dao Jun, che ha anche partecipato alla sceneggiatura. Peraltro, gira voce che esista una seconda coppia intrappolata in un loop parallelo, che non viene mostrata in quest'opera, quindi non è escluso che uno spin off non venga mai realizzato. Difficile a dirsi, quando in Cina, nonostante alcune opere siano ricevute benissimo, le trilogie si fermano magari alla prima serie e rimangono poi lettera morta.
Il tutto è aiutato da un’ottima cinematografia, attenta e non avara di momenti spettacolari. Pur non trattandosi di un colossal, non si tratta nemmeno di una produzione a budget completamente risicato. Quello che hanno risparmiato nei costumi (trattandosi di continue ripetizioni, i vestiti cambiano poco) lo hanno sicuramente investito in altri comparti. Il commento musicale è piacevole e attinente alle scene e, soprattutto, vanta My Only , una canzone cantata dal magnifico Zhou Shen: un nome, una garanzia.
In sunto, un drama adrenalinico che non pecca in coerenza, magnificamente interpretato, con un finale che non deluderà gli spettatori, lasciando un buon sapore in bocca e una distinta sensazione di vuoto allo stomaco, sintomo inequivocabile dell’inizio di una potente crisi di astinenza.
Vale la pena citare che questa serie si posiziona attualmente al nono posto in base alle votazioni degli utenti, con un punteggio di 9,1, su Mydramalist e, su Rakuten Viki, ha raccolto uno stratosferico 9,7. Non male.