L'uomo della tundra
Come già visto in Seton e Blanca, ancora una volta Jirō Taniguchi si riconferma un maestro nella rappresentazione di storie incentrate sul rapporto tra l'uomo e una natura di volta in volta selvaggia, misteriosa, mistica, poetica, evocativa, e lo fa splendidamente in L'uomo della tundra, scritto e disegnato a metà degli Anni Duemila sotto forma di sei racconti. Le riassumerò brevemente.
In "Il viaggiatore delle terre ghiacciate" assistiamo all'incontro tra due cercatori d'oro (uno dei quali è il famoso Jack London) e un misterioso uomo delle montagne il cui obiettivo è trovare un leggendario alce bianco. Nel secondo racconto, dal titolo "La bianca terra desolata", due conduttori di cani da slitta dovranno lottare per la loro sopravvivenza affrontando un potente nemico deciso a non desistere facilmente. Nel terzo, intitolato "Verso la montagna", seguiamo la vendetta di un vecchio montanaro nei confronti dell'orso che ha ucciso suo figlio tre anni prima; l'intervento del cane Shiro e uno straordinario "miracolo" della vita concludono questa vicenda particolarmente evocativa. "L'isola di Kayose", ambientata in un'estate alla fine degli Anni Cinquanta, è invece incentrata sul complicato rapporto con il mare di un ragazzino introverso e sulla sua amicizia con una ragazza che cambierà per sempre la sua vita. "Shokaro" è l'unico racconto a non trattare il tema principale della raccolta: qui infatti il protagonista è un giovane mangaka (e sono quasi sicuro si tratti proprio del giovane Taniguchi, in modo analogo a quanto visto in Uno zoo d'inverno) alle prese con un appartamento minuscolo e i suoi bizzarri vicini di casa. L'ultimo racconto, dal titolo "Ritorno al mare" e forse il mio preferito insieme a "Verso la montagna", è il viaggio di un uomo alla scoperta del "cimitero delle balene" attraverso un'esperienza mistica ed enigmatica con la gigantesca megattera Dick.
Taniguchi si destreggia piuttosto bene in queste storie a metà tra Il richiamo della foresta (il romanzo più famoso proprio di Jack London) e Dersu Uzala (pellicola nippo-sovietica girata dal grande Akira Kurosawa e dedicata all'incontro tra un nomade delle steppe siberiane e l'esploratore Arseniev), marchiandole però con il suo tipico tocco intimista e poetico. Per quanto riguarda il lato tecnico, personalmente ho sempre elogiato lo stile di disegno del maestro di Tottori e anche nel caso de L'uomo della tundra non c'è davvero alcuna valida critica che io possa avanzare: il tratto è omogeneo e sebbene i personaggi tendano ad assomigliarsi un po' tutti da un manga all'altro, in realtà lo stile di Taniguchi calza perfettamente alle sue storie, siano esse da lui sceneggiate o anche solo semplicemente disegnate. Oltre alle vignette disposte in modo ordinato, troviamo la consueta cura al dettaglio per gli animali e gli ambienti in cui vivono. L'edizione italiana è pubblicata dalla Coconino Press, che ormai ci ha abituati a un grande formato, a copertine semi-cartonate ruvide e a pagine piuttosto spesse. Comunque, L'uomo della tundra è un'opera gradevole che consiglierei agli amanti della natura e a chi ancora conosce poco o per nulla l'arte di Taniguchi.
In "Il viaggiatore delle terre ghiacciate" assistiamo all'incontro tra due cercatori d'oro (uno dei quali è il famoso Jack London) e un misterioso uomo delle montagne il cui obiettivo è trovare un leggendario alce bianco. Nel secondo racconto, dal titolo "La bianca terra desolata", due conduttori di cani da slitta dovranno lottare per la loro sopravvivenza affrontando un potente nemico deciso a non desistere facilmente. Nel terzo, intitolato "Verso la montagna", seguiamo la vendetta di un vecchio montanaro nei confronti dell'orso che ha ucciso suo figlio tre anni prima; l'intervento del cane Shiro e uno straordinario "miracolo" della vita concludono questa vicenda particolarmente evocativa. "L'isola di Kayose", ambientata in un'estate alla fine degli Anni Cinquanta, è invece incentrata sul complicato rapporto con il mare di un ragazzino introverso e sulla sua amicizia con una ragazza che cambierà per sempre la sua vita. "Shokaro" è l'unico racconto a non trattare il tema principale della raccolta: qui infatti il protagonista è un giovane mangaka (e sono quasi sicuro si tratti proprio del giovane Taniguchi, in modo analogo a quanto visto in Uno zoo d'inverno) alle prese con un appartamento minuscolo e i suoi bizzarri vicini di casa. L'ultimo racconto, dal titolo "Ritorno al mare" e forse il mio preferito insieme a "Verso la montagna", è il viaggio di un uomo alla scoperta del "cimitero delle balene" attraverso un'esperienza mistica ed enigmatica con la gigantesca megattera Dick.
Taniguchi si destreggia piuttosto bene in queste storie a metà tra Il richiamo della foresta (il romanzo più famoso proprio di Jack London) e Dersu Uzala (pellicola nippo-sovietica girata dal grande Akira Kurosawa e dedicata all'incontro tra un nomade delle steppe siberiane e l'esploratore Arseniev), marchiandole però con il suo tipico tocco intimista e poetico. Per quanto riguarda il lato tecnico, personalmente ho sempre elogiato lo stile di disegno del maestro di Tottori e anche nel caso de L'uomo della tundra non c'è davvero alcuna valida critica che io possa avanzare: il tratto è omogeneo e sebbene i personaggi tendano ad assomigliarsi un po' tutti da un manga all'altro, in realtà lo stile di Taniguchi calza perfettamente alle sue storie, siano esse da lui sceneggiate o anche solo semplicemente disegnate. Oltre alle vignette disposte in modo ordinato, troviamo la consueta cura al dettaglio per gli animali e gli ambienti in cui vivono. L'edizione italiana è pubblicata dalla Coconino Press, che ormai ci ha abituati a un grande formato, a copertine semi-cartonate ruvide e a pagine piuttosto spesse. Comunque, L'uomo della tundra è un'opera gradevole che consiglierei agli amanti della natura e a chi ancora conosce poco o per nulla l'arte di Taniguchi.
L'uomo della tundra, ovvero "The Ice Wanderer" (quanto è più evocativo il titolo internazionale!) è una raccolta di racconti di Jiro Taniguchi, alcuni dei quali sono ispirati alle opere di Jack London. Io sono un fan di Jack London fin da tenera età e ho letto non poche delle sue opere (Il richiamo della Foresta, Zanna Bianca, Martin Eden, Il Tallone di Ferro, Il vagabondo delle stelle, La sfida, Before Adam, eccetera). Devo dire che la versione della filosofia di Jack London data da Taniguchi non mi ha convinto e che considero questa raccolta come l'opera più debole di Taniguchi, tra le tre o quattro che ho letto. I racconti che hanno a che fare direttamente con le atmosfere di Jack London (le montagne, la neve) sono i primi tre. Purtroppo il legame con London a mio personale parere è solo apparente, di facciata. Io ho sempre visto London come un autore critico dell'uomo (sia politicamente che filosoficamente) e attento al punto di vista dell'animale, non a quello del cacciatore.
I racconti di Taniguchi invece li ho visti (impressione soggettiva) come un'elegia al mito del cacciatore, il "vero" uomo vicino alla natura, la cui vicinanza e il cui eroismo comunque consistono nell'uccidere animali feroci. Questo aspetto si vede soprattutto nel terzo racconto in cui un vecchio cacciatore giapponese riesce finalmente a vendicare il figlio ucciso da un orso. Il secondo racconto è tratto da uno spunto di London e si vede, ma comunque non mi ha appassionato. Il primo racconto presenta uno scontato aspetto misticheggiante (quant'è profonda l'antica saggezza indiana, eh!) che sa tanto di già visto e che non ha riscontro con l'opera di London, almeno per quello che ho letto. I racconti quarto e quinto non hanno nulla a che fare con Jack London e con il resto nella raccolta, non si capisce cosa ci stiano a fare. Ciò detto il quarto racconto è il migliore di tutti: le atmosfere ricordano Quartieri Lontani e il finale a sorpresa molto romantico e ottimista me l'ha fatto amare. Il quinto racconto invece, melanconico e autobiografico, non l'ho capito ed è il peggiore di tutti. L'ultimo racconto tratta del cimitero delle balene. Anche qui ho visto uno scontato misticismo/romanticismo.
Dal punto di vista grafico non c'è nulla da dire: Jiro è un ottimo disegnatore. Il problema è che il suo stile alla francese, statico e panoramico, non è proprio di mio gradimento, non riesco a farmelo piacere. In conclusione il mio voto complessivo è 6.5, grazie a L'isola di Kayose che è l'unico racconto interessante.
I racconti di Taniguchi invece li ho visti (impressione soggettiva) come un'elegia al mito del cacciatore, il "vero" uomo vicino alla natura, la cui vicinanza e il cui eroismo comunque consistono nell'uccidere animali feroci. Questo aspetto si vede soprattutto nel terzo racconto in cui un vecchio cacciatore giapponese riesce finalmente a vendicare il figlio ucciso da un orso. Il secondo racconto è tratto da uno spunto di London e si vede, ma comunque non mi ha appassionato. Il primo racconto presenta uno scontato aspetto misticheggiante (quant'è profonda l'antica saggezza indiana, eh!) che sa tanto di già visto e che non ha riscontro con l'opera di London, almeno per quello che ho letto. I racconti quarto e quinto non hanno nulla a che fare con Jack London e con il resto nella raccolta, non si capisce cosa ci stiano a fare. Ciò detto il quarto racconto è il migliore di tutti: le atmosfere ricordano Quartieri Lontani e il finale a sorpresa molto romantico e ottimista me l'ha fatto amare. Il quinto racconto invece, melanconico e autobiografico, non l'ho capito ed è il peggiore di tutti. L'ultimo racconto tratta del cimitero delle balene. Anche qui ho visto uno scontato misticismo/romanticismo.
Dal punto di vista grafico non c'è nulla da dire: Jiro è un ottimo disegnatore. Il problema è che il suo stile alla francese, statico e panoramico, non è proprio di mio gradimento, non riesco a farmelo piacere. In conclusione il mio voto complessivo è 6.5, grazie a L'isola di Kayose che è l'unico racconto interessante.
Oltre a voluminosi volumi dedicati ad una sola storia (come Blanca, Al tempo di papà o Uno zoo d’inverno) Taniguchi si dedica anche a raccolte di storie brevi collegate tra loro (L’uomo che cammina, Allevare un cane) ma nella sua carriera non possono mancare i classici “One-shot” pubblicati su speciali riviste o come “passatempo” tra una serie e l’altra. L’uomo della Tundra raccoglie così diversi racconti uniti da un'unica ideologia che abbraccia la natura e la sua immutabile legge.
Quattro uomini cercano fortuna nel Klondike nel rigido inverno locale, sperando di anticipare la corsa all’oro che esplode con il clima più mite, ma le risorse cominciano a scarseggiare e non resta che andare a caccia. Tra questi c’è Jack London, un letterario realmente esistito, famoso soprattutto per il romanzo “Il richiamo della foresta”, che viene sorpreso da una tempesta di neve e una fumosa figura lo soccorre parlandogli delle credenze del suo popolo e della figura mistica dell’Alce Bianco.
Si apre con il cameo di un famoso scrittore che si può affiancare a Taniguchi per il legame con le tematiche della natura e della spiritualità della stessa, facendo immergere il lettore nella fredda e misteriosa atmosfera delle lande innevate che spadroneggeranno come ambientazione principale, fatta esclusione per le tre storie finali che si discostano andando da un profondo e freddo oceano a due panorami urbanizzati. Questi ultimi si differenzieranno anche per le tematiche trattate, soprattutto Shokaro, che avrà quel solito sapore autobiografico che permea le storie di Taniguchi che parlano di mangaka e passati malinconici.
La natura è al vera protagonista dei racconti principali, racconti che seppur enormemente differenti a livello di storia vertono tutti in una sola direzione, quella del richiamo della natura che risveglia nell’essere umano l’istinto di sopravvivenza e ammalia da generazioni tutte le creature, tenendole sotto le sue pesanti e crudeli regole: quelle dell’istinto e quella della vita. Spesso la spiritualità di una morte e la sacralità della vita vengono spesso ignorate quando si tratta di animali, ma ancora una volta Taniguchi riesce tramite poche vignette a trasmettere tutto il sentimento e il calore con il quale concepisce e disegna le sue opere, comunicando al lettore le sue ideologie e la sua passione.
Tra queste spiccano senza dubbio le commoventi “Verso la montagna” (il cui protagonista è riportato in copertina) e “Ritorno al mare”, dove il viaggio non è solo rappresentato dal titolo ma è radicato in maniera profonda all’interno dell’animo umano e nell’impalpabile ma denso legame che si crea tra un animale ed un essere umano attraverso il tempo, nel viaggio della vita. I finali, completamente diversi, incorniciano perfettamente tutto ciò che l’opera può dire al lettore.
I disegni di Taniguchi ancora una volta sono il perfetto mezzo che l’autore sfrutta per comunicare con il lettore. Anche se per questo fine è molto più utile l’abilità narrativa, innata nell’autore, senza un comparto grafico curato si potrebbero perdere le sfumature che arricchiscono le sensazioni di un'atmosfera calda e avvolgente, anche se l’opera è ambientata in una fredda e candida distesa di neve.
Le ambientazioni sono sempre curate con immane perizia, dalle montagne rocciose del Klondike alle distese infinite dell’Alaska, compresi i folti boschi del Giappone. Anche le delicate e longilinee distese cittadine della costa giapponese e una Tokyo asfissiante ed in crescita durante il riassetto urbanistico, nate probabilmente dai ricordi del Maestro, possono godere di una cura minuziosa, valorizzata dalle prospettive panoramiche.
Non manca la consona espressività, sia ovviamente negli umani che nelle creature che andranno a fare la loro comparsa nelle storie, come già visto in “Blanca” e “Allevare un cane” Taniguchi riesce a dare emozioni anche al volto di un cane, senza dimenticare l’ira furibonda che trasmette con il ruggito di un orso o il ringhio rabbioso del lupo.
Ultimo ma non meno importante è la bellezza della storia conclusiva, “Ritorno al mare”. Oltre a racchiudere tutte le qualità del disegno di Taniguchi, aggiunge particolari piccoli ma che arricchiscono enormemente la bellezza delle tavole, si tratta di Poesia. Vedere un distesa d’acqua illuminata dai numerosi riverberi creati dai piccoli flutti, dove nel mezzo si staglia in controluce una pinna caudale segnata da cicatrici e morsi, come a monito della lunga vita vissuta, oppure le profondità marine dove la prospettiva inganna e si disperde permettendo al lettore di immergersi accanto a creature maestose ed enormi. Queste sono piccoli capolavori che catturano il lettore, come se l’opera non lo facesse già da sola.
L’edizione Italiana della Coconino Press è di bassa qualità. Il formato grande è il tipico che viene riservato all’autore dalla casa editrice, permette di osservare le tavole del maestro e ammirare ogni singolo tratto, la stampa inoltre è nitida e pulita, tranne qualche retino non perfetto ma nulla di vistoso. Peccato per i numerosi nei, ovvero i ritocchi grafici nelle tavole grossolani e vistosi, una carta paglierina dalle evidenti e pesanti trasparenze, inoltre l’adattamento (che ancora una volta traduce le onomatopee letteralmente) spesso regala testi sbagliati e lascia anche un paio di baloon vuoti, anche se fortunatamente mai nelle fasi importanti.
Dopo vari anni è andata esaurita ed è stata fatta una “Nuova edizione” che con un lieve calo di prezzo non apporta nessuna modifica al tutto, lasciando anche i baloon vuoti e le frasi confusionarie.
Se a tutto questo si rapporta il prezzo, per nulla economico, si può dire che l’edizione scadente e danarosa è il vero difetto dell’opera, che le nega il dovuto valore.
L’uomo della Tundra è il manga che consacra la Natura come sovrana della terra, mostrando le sue infinite sfumature e il modo violento o incredibilmente dolce con cui interagisce tra umani e animali, con risultati spesso sorprendenti. Il simbolo di una vita nata sul finire di uno scontro mortale è l’immagine di un cerchio della vita ambiguo e spesso ingiusto, ma che segue regole ferree che governano tutti gli esseri.
Una raccolta profonda e calda che mostra quant’è ricca e bella l’esistenza.
Quattro uomini cercano fortuna nel Klondike nel rigido inverno locale, sperando di anticipare la corsa all’oro che esplode con il clima più mite, ma le risorse cominciano a scarseggiare e non resta che andare a caccia. Tra questi c’è Jack London, un letterario realmente esistito, famoso soprattutto per il romanzo “Il richiamo della foresta”, che viene sorpreso da una tempesta di neve e una fumosa figura lo soccorre parlandogli delle credenze del suo popolo e della figura mistica dell’Alce Bianco.
Si apre con il cameo di un famoso scrittore che si può affiancare a Taniguchi per il legame con le tematiche della natura e della spiritualità della stessa, facendo immergere il lettore nella fredda e misteriosa atmosfera delle lande innevate che spadroneggeranno come ambientazione principale, fatta esclusione per le tre storie finali che si discostano andando da un profondo e freddo oceano a due panorami urbanizzati. Questi ultimi si differenzieranno anche per le tematiche trattate, soprattutto Shokaro, che avrà quel solito sapore autobiografico che permea le storie di Taniguchi che parlano di mangaka e passati malinconici.
La natura è al vera protagonista dei racconti principali, racconti che seppur enormemente differenti a livello di storia vertono tutti in una sola direzione, quella del richiamo della natura che risveglia nell’essere umano l’istinto di sopravvivenza e ammalia da generazioni tutte le creature, tenendole sotto le sue pesanti e crudeli regole: quelle dell’istinto e quella della vita. Spesso la spiritualità di una morte e la sacralità della vita vengono spesso ignorate quando si tratta di animali, ma ancora una volta Taniguchi riesce tramite poche vignette a trasmettere tutto il sentimento e il calore con il quale concepisce e disegna le sue opere, comunicando al lettore le sue ideologie e la sua passione.
Tra queste spiccano senza dubbio le commoventi “Verso la montagna” (il cui protagonista è riportato in copertina) e “Ritorno al mare”, dove il viaggio non è solo rappresentato dal titolo ma è radicato in maniera profonda all’interno dell’animo umano e nell’impalpabile ma denso legame che si crea tra un animale ed un essere umano attraverso il tempo, nel viaggio della vita. I finali, completamente diversi, incorniciano perfettamente tutto ciò che l’opera può dire al lettore.
I disegni di Taniguchi ancora una volta sono il perfetto mezzo che l’autore sfrutta per comunicare con il lettore. Anche se per questo fine è molto più utile l’abilità narrativa, innata nell’autore, senza un comparto grafico curato si potrebbero perdere le sfumature che arricchiscono le sensazioni di un'atmosfera calda e avvolgente, anche se l’opera è ambientata in una fredda e candida distesa di neve.
Le ambientazioni sono sempre curate con immane perizia, dalle montagne rocciose del Klondike alle distese infinite dell’Alaska, compresi i folti boschi del Giappone. Anche le delicate e longilinee distese cittadine della costa giapponese e una Tokyo asfissiante ed in crescita durante il riassetto urbanistico, nate probabilmente dai ricordi del Maestro, possono godere di una cura minuziosa, valorizzata dalle prospettive panoramiche.
Non manca la consona espressività, sia ovviamente negli umani che nelle creature che andranno a fare la loro comparsa nelle storie, come già visto in “Blanca” e “Allevare un cane” Taniguchi riesce a dare emozioni anche al volto di un cane, senza dimenticare l’ira furibonda che trasmette con il ruggito di un orso o il ringhio rabbioso del lupo.
Ultimo ma non meno importante è la bellezza della storia conclusiva, “Ritorno al mare”. Oltre a racchiudere tutte le qualità del disegno di Taniguchi, aggiunge particolari piccoli ma che arricchiscono enormemente la bellezza delle tavole, si tratta di Poesia. Vedere un distesa d’acqua illuminata dai numerosi riverberi creati dai piccoli flutti, dove nel mezzo si staglia in controluce una pinna caudale segnata da cicatrici e morsi, come a monito della lunga vita vissuta, oppure le profondità marine dove la prospettiva inganna e si disperde permettendo al lettore di immergersi accanto a creature maestose ed enormi. Queste sono piccoli capolavori che catturano il lettore, come se l’opera non lo facesse già da sola.
L’edizione Italiana della Coconino Press è di bassa qualità. Il formato grande è il tipico che viene riservato all’autore dalla casa editrice, permette di osservare le tavole del maestro e ammirare ogni singolo tratto, la stampa inoltre è nitida e pulita, tranne qualche retino non perfetto ma nulla di vistoso. Peccato per i numerosi nei, ovvero i ritocchi grafici nelle tavole grossolani e vistosi, una carta paglierina dalle evidenti e pesanti trasparenze, inoltre l’adattamento (che ancora una volta traduce le onomatopee letteralmente) spesso regala testi sbagliati e lascia anche un paio di baloon vuoti, anche se fortunatamente mai nelle fasi importanti.
Dopo vari anni è andata esaurita ed è stata fatta una “Nuova edizione” che con un lieve calo di prezzo non apporta nessuna modifica al tutto, lasciando anche i baloon vuoti e le frasi confusionarie.
Se a tutto questo si rapporta il prezzo, per nulla economico, si può dire che l’edizione scadente e danarosa è il vero difetto dell’opera, che le nega il dovuto valore.
L’uomo della Tundra è il manga che consacra la Natura come sovrana della terra, mostrando le sue infinite sfumature e il modo violento o incredibilmente dolce con cui interagisce tra umani e animali, con risultati spesso sorprendenti. Il simbolo di una vita nata sul finire di uno scontro mortale è l’immagine di un cerchio della vita ambiguo e spesso ingiusto, ma che segue regole ferree che governano tutti gli esseri.
Una raccolta profonda e calda che mostra quant’è ricca e bella l’esistenza.
L'uomo della Tundra è una raccolta di racconti ambientati in diverse parti del globo, incentrati sulla natura e sul rapporto tra gli uomini ed essa. I primi tre racconti sono ambientati in luoghi sperduti tra le montagne, dove il clima e la conformazione del territorio rendono difficoltosa la sopravvivenza per l'uomo.
Nel primo racconto, tratto da un'opera di Jack London, vedremo due cercatori d'oro sorpresi da una tempesta di neve durante una battuta di caccia. L'incontro con un cacciatore indigeno salverà loro la vita, facendoli riflettere sulla loro avidità e sulle conseguenze alle quali essa può portare.
Anche il secondo racconto è ambientato in una terra fredda, precisamente l'Alaska. Il viaggio di due uomini per riportare una salma nel paese natio diventa un vero e proprio incubo quando, un branco di lupi, si mette sulla loro pista decimando i cani da slitta.
Nel terzo racconto la vendetta porterà un uomo che ha perso il figlio in uno scontro con un orso, a sfidare nuovamente l'enorme animale.
Il racconto seguente è ambientato su un'isola, ci spostiamo quindi verso ambienti più caldi. Il giovane Takashi non ha mai imparato a nuotare e, ritrovarsi su una barca in mezzo al mare durante una burrasca, lo getterà nel completo panico. Solo vicino alla amica Yae riuscirà a calmarsi.
La quinta storia differisce un poco dalle altre in quanto a tema trattato. Si può dire che Taniguchi abbia posto l'attenzione sullo scorrere del tempo e sull'influenza che questo ha sull'ambiente. Le immagini e le sensazioni che ci trasmette anche il solo camminare per un vecchio corridoio, sono testimonianze di un lontano passato e, questa storia, ce lo conferma. Ma la natura, avrà la meglio sui ricordi?
L'ultimo racconto è la descrizione del lungo viaggio di una balena verso la sua ultima meta. Un biologo marino, spinto dalla passione per i cetacei, la seguirà in questo suo viaggio finale.
La vera protagonista di questi racconti è quindi la natura e,tutta la sua bellezza ci viene mostrata dal maestro attraverso le ottime tavole. I magnifici paesaggi sono disegnati con cura e fanno da cornice ai bellissimi animali che Taniguchi riesce a disegnare in maniera magistrale. Come sempre il maestro ci dona delle tavole pulite e precise, dei volti molto espressivi e una ricchezza di particolari da farci incantare. L'edizione della Coconino Press è massiccia: la copertina ruvida e le pagine del giusto spessore sono rilegate molto bene, e ciò favorisce la lettura. Non vi sono prefazioni, postfazioni né approfondimenti, questo può essere un aspetto negativo per alcuni lettori.
L'unica pecca che ho riscontrato è stata la presenza di alcuni balloons vuoti, cinque o sei in tutto il volume.
A parte questo neo, consiglio il recupero di questo volume perché è veramente un inno alla bellezza della natura. Un'opera profonda da leggere lasciandosi trasportare dalle emozioni. Acquistate "L'uomo della Tundra" senza farvi spaventare dal prezzo che, come per le altre opere del maestro, è abbastanza elevato: non ve ne pentirete.
Nel primo racconto, tratto da un'opera di Jack London, vedremo due cercatori d'oro sorpresi da una tempesta di neve durante una battuta di caccia. L'incontro con un cacciatore indigeno salverà loro la vita, facendoli riflettere sulla loro avidità e sulle conseguenze alle quali essa può portare.
Anche il secondo racconto è ambientato in una terra fredda, precisamente l'Alaska. Il viaggio di due uomini per riportare una salma nel paese natio diventa un vero e proprio incubo quando, un branco di lupi, si mette sulla loro pista decimando i cani da slitta.
Nel terzo racconto la vendetta porterà un uomo che ha perso il figlio in uno scontro con un orso, a sfidare nuovamente l'enorme animale.
Il racconto seguente è ambientato su un'isola, ci spostiamo quindi verso ambienti più caldi. Il giovane Takashi non ha mai imparato a nuotare e, ritrovarsi su una barca in mezzo al mare durante una burrasca, lo getterà nel completo panico. Solo vicino alla amica Yae riuscirà a calmarsi.
La quinta storia differisce un poco dalle altre in quanto a tema trattato. Si può dire che Taniguchi abbia posto l'attenzione sullo scorrere del tempo e sull'influenza che questo ha sull'ambiente. Le immagini e le sensazioni che ci trasmette anche il solo camminare per un vecchio corridoio, sono testimonianze di un lontano passato e, questa storia, ce lo conferma. Ma la natura, avrà la meglio sui ricordi?
L'ultimo racconto è la descrizione del lungo viaggio di una balena verso la sua ultima meta. Un biologo marino, spinto dalla passione per i cetacei, la seguirà in questo suo viaggio finale.
La vera protagonista di questi racconti è quindi la natura e,tutta la sua bellezza ci viene mostrata dal maestro attraverso le ottime tavole. I magnifici paesaggi sono disegnati con cura e fanno da cornice ai bellissimi animali che Taniguchi riesce a disegnare in maniera magistrale. Come sempre il maestro ci dona delle tavole pulite e precise, dei volti molto espressivi e una ricchezza di particolari da farci incantare. L'edizione della Coconino Press è massiccia: la copertina ruvida e le pagine del giusto spessore sono rilegate molto bene, e ciò favorisce la lettura. Non vi sono prefazioni, postfazioni né approfondimenti, questo può essere un aspetto negativo per alcuni lettori.
L'unica pecca che ho riscontrato è stata la presenza di alcuni balloons vuoti, cinque o sei in tutto il volume.
A parte questo neo, consiglio il recupero di questo volume perché è veramente un inno alla bellezza della natura. Un'opera profonda da leggere lasciandosi trasportare dalle emozioni. Acquistate "L'uomo della Tundra" senza farvi spaventare dal prezzo che, come per le altre opere del maestro, è abbastanza elevato: non ve ne pentirete.
"L'uomo della tundra" è una raccolta di sei racconti ambientate in vari luoghi della Terra (dall'Alaska al Giappone) e che mostrano il difficile rapporto che lega l'uomo alla natura.
Molto varie le trame e le tematiche: si racconta della difficoltà di convivere con la natura e di "sopravvivere", come nei primi due racconti tratti dalle opere di Jack London (il primo, "Il viaggiatore delle terre ghiacciate", è inedito e riguarda degli appunti trovati in un suo taccuino, il secondo, "La bianca terra desolata", invece è preso dalla prima parte di "Zanna Bianca); oppure si parla di tradizioni e di vendetta di un vecchio giapponese verso un orso che ha ucciso suo figlio, nel terzo racconto "Verso la montagna".
Ma il rapporto tra l'uomo e la natura non è solo negativamente difficile, ma anche sentimentale, come quello che lega una bambina all'isola dove abita e al mare dove nuota ogni giorno ("L'isola di Kayose"), o l'amicizia fra un biologo marino e una balena che lo porterà a rischiare di morire per vedere il cimitero delle balene.
L'unico racconto che non c'entra con il tema della natura è "Shokaro", nome di un'antica pensione dove un aspirante mangaka vive insieme ai suoi strani vicini: questa volta l'Uomo deve vedersela con le antiche tradizioni sopraffatte dall'era moderna. Ma il protagonista, rinchiuso in quella piccola stanza soffocante a disegnare, quando guarda nella finestrella sul soffitto, forse desidera qualcosa di più, la libertà, l'aperto... forse la Natura.
Alla fine l'uomo non deve dimenticare che contrastare e ribellarsi alla Natura non servirà a nulla: convivere e prenderne atto è la soluzione migliore, perchè l'Uomo è egli stesso un animale, un essere vivente nato dalla Natura.
Jiro Taniguchi in questi racconti non fa mai vedere una Natura "cattiva" e "malvagia", ma piuttosto la fa diventare misteriosa, magnifica, stupenda e a volte anche magica, e tutto questo grazie alla sua grafica eccezionale: i disegni sono perfetti e fanno vedere tutta lo splendore "selvaggio" della nostra Terra.
L'edizione della Coconino Press forse è un po' cara, ma il formato grande e la buona stampa fanno apprezzare al massimo i disegni di Taniguchi.
"L'uomo della tundra" è la prima opera che mi ha fatto scoprire Jiro Taniguchi. E ne sono infinitamente felice, perchè questo volume mi ha fatto commuovere più volte: se si è appassionati di fumetto (e non solo giapponese) leggere questo autore è d'obbligo.
Molto varie le trame e le tematiche: si racconta della difficoltà di convivere con la natura e di "sopravvivere", come nei primi due racconti tratti dalle opere di Jack London (il primo, "Il viaggiatore delle terre ghiacciate", è inedito e riguarda degli appunti trovati in un suo taccuino, il secondo, "La bianca terra desolata", invece è preso dalla prima parte di "Zanna Bianca); oppure si parla di tradizioni e di vendetta di un vecchio giapponese verso un orso che ha ucciso suo figlio, nel terzo racconto "Verso la montagna".
Ma il rapporto tra l'uomo e la natura non è solo negativamente difficile, ma anche sentimentale, come quello che lega una bambina all'isola dove abita e al mare dove nuota ogni giorno ("L'isola di Kayose"), o l'amicizia fra un biologo marino e una balena che lo porterà a rischiare di morire per vedere il cimitero delle balene.
L'unico racconto che non c'entra con il tema della natura è "Shokaro", nome di un'antica pensione dove un aspirante mangaka vive insieme ai suoi strani vicini: questa volta l'Uomo deve vedersela con le antiche tradizioni sopraffatte dall'era moderna. Ma il protagonista, rinchiuso in quella piccola stanza soffocante a disegnare, quando guarda nella finestrella sul soffitto, forse desidera qualcosa di più, la libertà, l'aperto... forse la Natura.
Alla fine l'uomo non deve dimenticare che contrastare e ribellarsi alla Natura non servirà a nulla: convivere e prenderne atto è la soluzione migliore, perchè l'Uomo è egli stesso un animale, un essere vivente nato dalla Natura.
Jiro Taniguchi in questi racconti non fa mai vedere una Natura "cattiva" e "malvagia", ma piuttosto la fa diventare misteriosa, magnifica, stupenda e a volte anche magica, e tutto questo grazie alla sua grafica eccezionale: i disegni sono perfetti e fanno vedere tutta lo splendore "selvaggio" della nostra Terra.
L'edizione della Coconino Press forse è un po' cara, ma il formato grande e la buona stampa fanno apprezzare al massimo i disegni di Taniguchi.
"L'uomo della tundra" è la prima opera che mi ha fatto scoprire Jiro Taniguchi. E ne sono infinitamente felice, perchè questo volume mi ha fatto commuovere più volte: se si è appassionati di fumetto (e non solo giapponese) leggere questo autore è d'obbligo.
Leggere i manga di Jiro Taniguchi è sempre un'esperienza estremamente particolare, che risveglia nel lettore sensazioni che nemmeno sapeva di poter provare. L'uomo della tundra non fa eccezione e si dimostra veramente un prodotto eccezionale, una di quelle storie che solo i grandi maestri sanno regalarci.
Il tema portante di questa raccolta di racconti è il rapporto tra l'uomo e la natura, visto nei suoi aspetti più diversi e sfaccettati. La montagna e la caccia sono il teatro dei primi tre racconti.
Nel primo, un duo di avventurieri, inseguendo un leggendario alce sulle montagne dell'Alaska, incontra un vecchio e sapiente cacciatore indigeno che darà loro importantissime lezioni di vita.
Il secondo narra l'avventura di due amici che, percorrendo le montagne per dar sepoltura a un gentiluomo defunto, si ritrovano, da soli, a combattere contro le fiere selvagge.
Il terzo è ambientato invece in Giappone, tra le cime dei monti Ou, nella prefettura di Akita, e ci presenta un vecchio e stanco cacciatore di orsi e del rapporto che lo lega al suo cane da caccia e fedele compagno.
I due racconti centrali differiscono invece dal tema montano sinora presentato sin dal titolo dell'opera, e ci narrano la storia di due ragazzini, dei loro sentimenti, delle loro vacanze estive al mare e dell'incontaminata isola che essi decidono di visitare, e quella di uno studente che vive in un dormitorio assai tradizionale, in perfetto contrasto con quelli più moderni, e depositario di antiche sensazioni ormai dimenticate.
A concludere il volume, un nuovo cambio d'ambientazione. Stavolta, lontani dalle montagne, dalla neve e dalle tundre, Taniguchi ci porta in mare aperto, raccontandoci di un biologo marino e dell'osservazione delle balene.
Le diverse trame e ambientazioni dei racconti forse rendono il tutto un po' frammentario, e ci sono racconti meglio riusciti di altri, ma non è difficile individuare il filo conduttore che lega tutte le varie storie.
Come quasi sempre accade nelle storie di Jiro Taniguchi, anche stavolta è il mondo, il vero protagonista, prima ancora che l'uomo.
Ancora una volta, rimaniamo sorpresi e da Taniguchi ci facciamo incantare. Jiro Taniguchi è infatti un mago, è un artista dalla sensibilità straordinaria, che guarda il mondo e lo ama, e che questo amore vuole e riesce a trasmetterlo a noi che leggiamo le sue opere.
L'uomo della tundra non fa eccezione e ci dipingerà, con grande trasporto, splendidi paesaggi innevati, sterminati oceani blu e personaggi straordinari, vecchi saggi depositari di un'ancestrale spiritualità e giovani uomini che questi sentimenti invece devono ancora scoprirli, e lo faranno nel corso delle storie, rimanendo soggiogati dalla bellezza di quella natura che loro stessi avevano tentato, invano, di soggiogare.
L'uomo della tundra appare un po' frammentario e neppure troppo originale, dato che vi troviamo rimandi a opere precedenti (come "In una Lontana Città" nell'episodio dell'isola) o successive (i primi tre racconti, in fondo, possono esser considerati come un banco di prova per il successivo e più ampio Seton) dello stesso autore o di altri (il terzo episodio ricorda molto i personaggi, le ambientazioni e le atmosfere di Ginga Nagareboshi Gin di Yoshihiro Takahashi). Eppure, probabilmente questo è un sentimento che proveranno soltanto i fans più sfegatati dell'autore, e sarà comunque l'impressione di un momento, che non comprometterà la godibilità dell'opera.
Sfido chiunque a non lasciarsi incantare dal realismo e dalla pulizia dei disegni, dalla sapiente rappresentazione dei volti, dalla spettacolarità dei paesaggi, nonchè dalla grande epica evocataci dalla maggior parte dei racconti. Leggendo queste storie ognuno di noi, indistintamente, sognerà di trovarsi lì, nell'innevato Klondike, su un'isola incontaminata o nella profondità degli oceani, e ci renderemo conto allora della grande magia che Taniguchi avrà operato su di noi, poiché luoghi così belli non sono frutto della fantasia dell'autore, ma sono semplicemente il mondo in cui viviamo e che noi, accecati dalle nostre vite di tutti i giorni, non avevamo mai notato.
Allora, ci renderemo conto di aver iniziato a sognare, di avere gli occhi umidi e che qualche lacrima di commozione, magari, avrà bagnato il volume... che la magia è riuscita, ancora una volta, e che non vedremo l'ora di farci incantare nuovamente.
Malgrado il prezzo un po' ostico (ma che è ampiamente giustificato dalla splendida edizione italiana), L'uomo della Tundra si rivela un ottimo prodotto, da divorare, leggere, bagnare di lacrime e regalare ad amici e a genitori un po' ostici che pensano che "manga" sia uguale a "pornografia" o a "fumetto per bambini".
E sì, di fronte alle sensazioni che sarà riuscito a regalarci, lo perdoniamo il buon vecchio Taniguchi, che in fondo riesce sempre a farci emozionare qualsiasi cosa disegni.
Promosso a pieni voti.
Ci si vede al prossimo spettacolo, Taniguchi-sensei!
Il tema portante di questa raccolta di racconti è il rapporto tra l'uomo e la natura, visto nei suoi aspetti più diversi e sfaccettati. La montagna e la caccia sono il teatro dei primi tre racconti.
Nel primo, un duo di avventurieri, inseguendo un leggendario alce sulle montagne dell'Alaska, incontra un vecchio e sapiente cacciatore indigeno che darà loro importantissime lezioni di vita.
Il secondo narra l'avventura di due amici che, percorrendo le montagne per dar sepoltura a un gentiluomo defunto, si ritrovano, da soli, a combattere contro le fiere selvagge.
Il terzo è ambientato invece in Giappone, tra le cime dei monti Ou, nella prefettura di Akita, e ci presenta un vecchio e stanco cacciatore di orsi e del rapporto che lo lega al suo cane da caccia e fedele compagno.
I due racconti centrali differiscono invece dal tema montano sinora presentato sin dal titolo dell'opera, e ci narrano la storia di due ragazzini, dei loro sentimenti, delle loro vacanze estive al mare e dell'incontaminata isola che essi decidono di visitare, e quella di uno studente che vive in un dormitorio assai tradizionale, in perfetto contrasto con quelli più moderni, e depositario di antiche sensazioni ormai dimenticate.
A concludere il volume, un nuovo cambio d'ambientazione. Stavolta, lontani dalle montagne, dalla neve e dalle tundre, Taniguchi ci porta in mare aperto, raccontandoci di un biologo marino e dell'osservazione delle balene.
Le diverse trame e ambientazioni dei racconti forse rendono il tutto un po' frammentario, e ci sono racconti meglio riusciti di altri, ma non è difficile individuare il filo conduttore che lega tutte le varie storie.
Come quasi sempre accade nelle storie di Jiro Taniguchi, anche stavolta è il mondo, il vero protagonista, prima ancora che l'uomo.
Ancora una volta, rimaniamo sorpresi e da Taniguchi ci facciamo incantare. Jiro Taniguchi è infatti un mago, è un artista dalla sensibilità straordinaria, che guarda il mondo e lo ama, e che questo amore vuole e riesce a trasmetterlo a noi che leggiamo le sue opere.
L'uomo della tundra non fa eccezione e ci dipingerà, con grande trasporto, splendidi paesaggi innevati, sterminati oceani blu e personaggi straordinari, vecchi saggi depositari di un'ancestrale spiritualità e giovani uomini che questi sentimenti invece devono ancora scoprirli, e lo faranno nel corso delle storie, rimanendo soggiogati dalla bellezza di quella natura che loro stessi avevano tentato, invano, di soggiogare.
L'uomo della tundra appare un po' frammentario e neppure troppo originale, dato che vi troviamo rimandi a opere precedenti (come "In una Lontana Città" nell'episodio dell'isola) o successive (i primi tre racconti, in fondo, possono esser considerati come un banco di prova per il successivo e più ampio Seton) dello stesso autore o di altri (il terzo episodio ricorda molto i personaggi, le ambientazioni e le atmosfere di Ginga Nagareboshi Gin di Yoshihiro Takahashi). Eppure, probabilmente questo è un sentimento che proveranno soltanto i fans più sfegatati dell'autore, e sarà comunque l'impressione di un momento, che non comprometterà la godibilità dell'opera.
Sfido chiunque a non lasciarsi incantare dal realismo e dalla pulizia dei disegni, dalla sapiente rappresentazione dei volti, dalla spettacolarità dei paesaggi, nonchè dalla grande epica evocataci dalla maggior parte dei racconti. Leggendo queste storie ognuno di noi, indistintamente, sognerà di trovarsi lì, nell'innevato Klondike, su un'isola incontaminata o nella profondità degli oceani, e ci renderemo conto allora della grande magia che Taniguchi avrà operato su di noi, poiché luoghi così belli non sono frutto della fantasia dell'autore, ma sono semplicemente il mondo in cui viviamo e che noi, accecati dalle nostre vite di tutti i giorni, non avevamo mai notato.
Allora, ci renderemo conto di aver iniziato a sognare, di avere gli occhi umidi e che qualche lacrima di commozione, magari, avrà bagnato il volume... che la magia è riuscita, ancora una volta, e che non vedremo l'ora di farci incantare nuovamente.
Malgrado il prezzo un po' ostico (ma che è ampiamente giustificato dalla splendida edizione italiana), L'uomo della Tundra si rivela un ottimo prodotto, da divorare, leggere, bagnare di lacrime e regalare ad amici e a genitori un po' ostici che pensano che "manga" sia uguale a "pornografia" o a "fumetto per bambini".
E sì, di fronte alle sensazioni che sarà riuscito a regalarci, lo perdoniamo il buon vecchio Taniguchi, che in fondo riesce sempre a farci emozionare qualsiasi cosa disegni.
Promosso a pieni voti.
Ci si vede al prossimo spettacolo, Taniguchi-sensei!