Rai - La leggenda degli eroi delle guerre galattiche
Dopo tante opere con un protagonista femminile, la sua tipica ragazza armata di spada, Joji Manabe nel 1989 decide di promuovere un protagonista maschile e nasce Rai, il protagonista maschile di questo manga.
Diciamo una cosa prima di parlare del manga: Joji Manabe ha fama di portare sfortuna hai suoi editori italiani: quattro su cinque hanno infatti chiuso i battenti, la Granata Press (Outlanders, 1992). la Comic Art (Caravan Kidd, 1997), la Shinvision (con quest’opera 2003) e infine la Free Books (the wild kingdom, 2008). L’unica a sopravvivere è stata la Planet/Panini che aveva proposto Drakuun sul mensile Man-Ga nella seconda metà degli anni ‘90.
Escluso The wild kingdom sono tutte opere precedenti a Rai e sono caratterizzate dalla presenza di donne guerriere in grado di uccidere eserciti di uomini, anche in quest’opera vediamo la presenza di donne forti (le principesse Shimon e Reira, i generali Roha e Dokuganryu Masamune) ma nonostante la loro importanza non mettono in secondo piano i personaggi maschili e devo dire che nei nove volumi che ho letto sono molti ed interessanti.
La storia nei primi tre volumi è iniziata lenta e in alcuni tratti l’ho trovata noiosa, anche subito notato che c’erano riferimenti (in primis le armature e i signori della guerra) al periodo sengoku del Giappone – al quale c’è un chiaro riferimento nel titolo come spiega un redazionale nel primo volume – poi la storia secondo me migliora cambiando però riferimenti storici: non più l’antico Giappone ma l’antica Cina. Non aspettatevi un Kindom di Yasuhisa Hara ma alcune trovate dei personaggi fanno ritenere che hanno pescato con Manabe nello stesso mare storico.
Dal quarto volume in poi tra l’altro le guerre sono più studiate, anche per giustificare la vittoria di Rai che parte in svantaggio come soldati per la conquista delle Galassie.
Purtroppo l’edizione italiana è incompleta arrivando a coprire solo un terzo della serie originale ma è molto ben curata mi dispiace dunque di non sapere il sapere il destino di alcuni personaggi.
Per quel che ho letto il voto potrebbe essere un sette e mezzo che però diventa un sei e mezzo perché inconclusa almeno in Italia.
Diciamo una cosa prima di parlare del manga: Joji Manabe ha fama di portare sfortuna hai suoi editori italiani: quattro su cinque hanno infatti chiuso i battenti, la Granata Press (Outlanders, 1992). la Comic Art (Caravan Kidd, 1997), la Shinvision (con quest’opera 2003) e infine la Free Books (the wild kingdom, 2008). L’unica a sopravvivere è stata la Planet/Panini che aveva proposto Drakuun sul mensile Man-Ga nella seconda metà degli anni ‘90.
Escluso The wild kingdom sono tutte opere precedenti a Rai e sono caratterizzate dalla presenza di donne guerriere in grado di uccidere eserciti di uomini, anche in quest’opera vediamo la presenza di donne forti (le principesse Shimon e Reira, i generali Roha e Dokuganryu Masamune) ma nonostante la loro importanza non mettono in secondo piano i personaggi maschili e devo dire che nei nove volumi che ho letto sono molti ed interessanti.
La storia nei primi tre volumi è iniziata lenta e in alcuni tratti l’ho trovata noiosa, anche subito notato che c’erano riferimenti (in primis le armature e i signori della guerra) al periodo sengoku del Giappone – al quale c’è un chiaro riferimento nel titolo come spiega un redazionale nel primo volume – poi la storia secondo me migliora cambiando però riferimenti storici: non più l’antico Giappone ma l’antica Cina. Non aspettatevi un Kindom di Yasuhisa Hara ma alcune trovate dei personaggi fanno ritenere che hanno pescato con Manabe nello stesso mare storico.
Dal quarto volume in poi tra l’altro le guerre sono più studiate, anche per giustificare la vittoria di Rai che parte in svantaggio come soldati per la conquista delle Galassie.
Purtroppo l’edizione italiana è incompleta arrivando a coprire solo un terzo della serie originale ma è molto ben curata mi dispiace dunque di non sapere il sapere il destino di alcuni personaggi.
Per quel che ho letto il voto potrebbe essere un sette e mezzo che però diventa un sei e mezzo perché inconclusa almeno in Italia.