Suicide Club
Opera di scarso-medio rilievo di Furuya, che incredibilmente cala di livello dopo i suoi immensi capolavori precedenti.
Pur essendo ispirato al coevo film "Jisatsu Circle" del famoso Shion Sono, della profondità di questultimo non mantiene quasi alcunché. Il film di Sono ha inciso le menti di coloro che l'han guardato per il suo parossismo nella critica alla società dei consumi che porta al distaccamento da sé. Più peculiare che oscuro, più sperimentale e thriller che horror, "Jisatsu Circle" è alla fin fine una grande metafora intermezzata da personaggi e siparietti a sé stanti. Furuya, il quale è d'altronde capace di grande profondità, pare aver completamente travisato tutto ciò, tralignando un po'.
Ha preso meramente la componente d'orrore trasformandola in modo un po' più tradizionalista. In Giappone è abbastanza solito trovare il tema dell'anima di un defunto morto in modo violento che si aggira per il mondo reale intervenendo in esso. Furuya ha sostanzialmente adoperato questo topos nipponico inserendolo in una storia d'amicizia fra una ragazza sola ed una ragazza meno sola. È un peccato, secondo me, che il primo tema, quello orrorifico, abbia completamente scavalcato lo slice of life, che ha avuto la possibilità di esplodere e scandire le proprie parole solo nel finale. Rimane il sentore di una mancanza, di un errore da parte dell'Autore, che non è riuscito, a mio modo di vedere, a trarre dall'opera di Sono tutto ciò che sarebbe potuto essere tratto per creare qualcosa di sublime. Abbastanza deludenti anche i tratti. Peccato.
Pur essendo ispirato al coevo film "Jisatsu Circle" del famoso Shion Sono, della profondità di questultimo non mantiene quasi alcunché. Il film di Sono ha inciso le menti di coloro che l'han guardato per il suo parossismo nella critica alla società dei consumi che porta al distaccamento da sé. Più peculiare che oscuro, più sperimentale e thriller che horror, "Jisatsu Circle" è alla fin fine una grande metafora intermezzata da personaggi e siparietti a sé stanti. Furuya, il quale è d'altronde capace di grande profondità, pare aver completamente travisato tutto ciò, tralignando un po'.
Ha preso meramente la componente d'orrore trasformandola in modo un po' più tradizionalista. In Giappone è abbastanza solito trovare il tema dell'anima di un defunto morto in modo violento che si aggira per il mondo reale intervenendo in esso. Furuya ha sostanzialmente adoperato questo topos nipponico inserendolo in una storia d'amicizia fra una ragazza sola ed una ragazza meno sola. È un peccato, secondo me, che il primo tema, quello orrorifico, abbia completamente scavalcato lo slice of life, che ha avuto la possibilità di esplodere e scandire le proprie parole solo nel finale. Rimane il sentore di una mancanza, di un errore da parte dell'Autore, che non è riuscito, a mio modo di vedere, a trarre dall'opera di Sono tutto ciò che sarebbe potuto essere tratto per creare qualcosa di sublime. Abbastanza deludenti anche i tratti. Peccato.
L'odierna industria cinematografica specializzata ha plasmato l'immaginario collettivo dell'horror, tramutandolo in un tripudio di sanguinolenta violenza barbarica, il più delle volte di natura ultraterrena ed aliena senza legami con la nostra quotidianità; una rappresentazione spuria, a cui manca un contesto credibile ed una struttura storica delle vicende attendibile e solida a dare profondità alle vicende narrate. Il risultato è un prodotto che si regge in piedi solamente grazie all'impatto visivo ed a quello emotivo, ma che manca dell'ossatura caratteristica di ogni altro genere di pellicola ed oggetto considerato horror.
"Suicide Club" mi ha colpito perchè ha la profondità che manca alla maggior parte dei suoi simili, che appartengano al mondo cartaceo di romanzi manga e fumetti, o che invece siano trasposizioni visive.
"Suicide Club" avvince soprattutto perchè rappresenta qualcosa di tangibile: nessuna entità eterea, impalpabile ed improbabile nel nostro mondo, ma la consistente e concreta presenza di un male di natura umana. Qualcosa quindi di vero, o quantomeno di verosimile, che prende il posto del paranormale e del fantastico spinto al suo più strenuo confine. E' questo l'elemento che convince di più, che avvince ed impaurisce di più il lettore: che non si parli di qualcosa di alieno e sconosciuto, lontano da noi e per questo incapace di toccarci, bensì di una realtà reale, permettendomi il gioco di parole, terrena, quotidiana.
"Suicide Club" è un prodotto serio e maturo, le sue tematiche e le sue caratteristiche non sono pane per chiunque. Non di meno, però, è un prodotto che prende e colpisce, breve ma intenso, ben strutturato ed orchestrato. Unico neo è lo stile grafico, a tratti minuzioso e dettagliato, a tratti frettoloso e grossolano; se l'autore avesse avuto più tempo a disposizione sono sicuro che oggi si parlerebbe di un'opera davvero a tutto tondo. Ma anche con disegni poco validi, "Suicide Club" resta comunque un manga degno di nota
"Suicide Club" mi ha colpito perchè ha la profondità che manca alla maggior parte dei suoi simili, che appartengano al mondo cartaceo di romanzi manga e fumetti, o che invece siano trasposizioni visive.
"Suicide Club" avvince soprattutto perchè rappresenta qualcosa di tangibile: nessuna entità eterea, impalpabile ed improbabile nel nostro mondo, ma la consistente e concreta presenza di un male di natura umana. Qualcosa quindi di vero, o quantomeno di verosimile, che prende il posto del paranormale e del fantastico spinto al suo più strenuo confine. E' questo l'elemento che convince di più, che avvince ed impaurisce di più il lettore: che non si parli di qualcosa di alieno e sconosciuto, lontano da noi e per questo incapace di toccarci, bensì di una realtà reale, permettendomi il gioco di parole, terrena, quotidiana.
"Suicide Club" è un prodotto serio e maturo, le sue tematiche e le sue caratteristiche non sono pane per chiunque. Non di meno, però, è un prodotto che prende e colpisce, breve ma intenso, ben strutturato ed orchestrato. Unico neo è lo stile grafico, a tratti minuzioso e dettagliato, a tratti frettoloso e grossolano; se l'autore avesse avuto più tempo a disposizione sono sicuro che oggi si parlerebbe di un'opera davvero a tutto tondo. Ma anche con disegni poco validi, "Suicide Club" resta comunque un manga degno di nota
<b>Attenzione, spoiler</b>
Non credo di esagerare dicendo che molti di noi appassionati di anime, manga, videogames, action figures, cosplay, sushi e quant'altro ci ricordi la splendida terra del Sol Levante, abbiamo sognato di visitare almeno una volta questo paese intriso di storia, cultura, feste, religioni che spesso nella nostra mente ha assunto connotati quasi onirici, adornato qua e là da una buona dose di aspettative e fantasie.
Il Giappone, indubbiamente tappa obbligatoria di chiunque ami viaggiare, le persone, l'arricchire la propria mente, e meta dei sogni di tanti appassionati come me, presenta anche un lato che molti non conoscono, scomodo da trattare.
Con la sua industrializzazione, ricchezza, bellezza, enorme patrimonio culturale, eleganze e tradizioni, questo paese è anche caratterizzato da uno stile di vita frenetico, da una mentalità che non lascia troppo spazio al fallimento, dal bullismo nelle scuole, dal disagio giovanile e tante altre piccole grandi cose, che sommate tra loro gli valgono il tristissimo primato di paese industrializzato col più alto tasso di suicidi al mondo. Non c'è quindi da stupirsi più di tanto se proprio in anime e manga, nati in una società che non ha mai condannato moralmente il gesto estremo, vediamo spesso persone ricorrere al suicidio in caso di perdita di lavoro, incapacità di reggere lo stress e tanti altri motivi. Suicide Club, manga scritto e disegnato da Usamaru Furuya e tratto dal film del 2002 Suicide Circle, facente parte di una trilogia sull'alienazione della società giapponese, tratta proprio di questo argomento, senza sconti o risparmi nella brutalità delle scene.
Il lettore viene ammonito fin da subito, quando ad introdurre l'opera vi è una scena difficile da dimenticare: diverse decine di studentesse, sorridenti e serene, si prendono per mano sotto lo sguardo stupito dei passanti... per gettarsi con estrema naturalezza contro un treno. Tra i cadaveri straziati solo una ragazza si alza, mostrandosi miracolosamente illesa. Il suo nome è Saya Kohta. Minuta, estremamente graziosa, dannata; la ragazza è destinata a far parlare presto di sé. Testimone della sua vita che va lentamente alla rovina, costellata da continui episodi di prostituzione, aborti, foto scandalose vendute per pochi soldi fino al tentativo di suicidio è la giudiziosa amica di una vita, la compagna di classe Kyoko. Ella capisce che qualcosa di oscuro e diabolico inizia a prendere possesso della mente di Saya, una mente che aveva iniziato a vacillare quando l'altra, dopo essersi allontanata dall'amica per pochi mesi a causa di una torbida relazione amorosa, la ritrova parte di uno strano club a cui capo vi è una certa Mitsuko, ragazza dall'aspetto quasi ripugnante ma con un fedele esercito di giovani pronte a seguirle e a farle offerte in denaro per dimostrarle amore e fedeltà. La stessa Mitsuko che spingerà tutte le studentesse a lanciarsi contro al treno. Ma chi si cela veramente dietro questo nome? Perché all'improvviso tutte le ragazze venerano Saya come una sorta di divinità? Qual è l'origine della nuova luce che si riflette nei suoi occhi? E perché, anche lei, ora dice di chiamarsi Mitsuko? Sono tante le domande che assillano la mente di Kyoko, che vorrebbe sinceramente aiutare l'amica. Ed ecco che si fa avanti il terzo, particolare, protagonista di questa storia: il professor Takeuchi, uomo dall'aspetto strambo, che passa quasi tutto il suo tempo libero davanti al pc a spulciare in un sito di voci di corridoio e che vive in una casa misera ed incasinata. Sembra avere la risposta a molte domande ed è proprio in lui che Kyoko troverà un inaspettato amico e confidente.
"Mitsuko" sembra essere una catena maledetta. Nessuno sa quando nacque esattamente la prima Mitsuko, ma ad ogni suicidio di gruppo vi è una superstite la quale, nolente o volente, sembra destinata a perdere il senno e diventare la nuova Mitsuko. Anche la mente di Saya ormai è malata. Quando scopre i due insieme, terrorizzata e arrabbiata da quel tradimento che esiste solo nella sua testa, convinta che di nuovo l'amica l'abbia lasciata per un uomo, giura vendetta ai due, e il professore morirà.
In un finale che lascia aperti molti, forse troppi interrogativi. Una nuova Mitsuko sarà a capo di un altro terribile episodio di suicidio di massa. Ma Kyoko, nuova scontata superstite, sembra differente. Che sia finalmente la fine del terribile Club dei Suicidi? Un finale aperto, libero a varie interpretazioni.
Furuya è un nome conosciuto agli amanti del genere, mentre devo ammettere che questa è per me la prima volta che mi cimento a leggere un suo manga, e l'impressione è stata molto positiva.
Un tratto elegante e raffinato, che esalta la bellezza dei lineamenti asiatici o ne condanna le forme, ed una rappresentazione della morte che deforma senza pietà gli stessi volti aggraziati che vedevamo sorridere nella pagina precedente. Tavole ricche, dove le espressioni e le parole hanno lo stesso valore e la stessa carica emotiva si susseguono, lasciando al lettore la scelta di soffermarsi a pensare o procedere oltre con la lettura. Personaggi complessi, articolati, mostrati nella loro dolcezza e fragilità, senza mai dimenticarne i lati oscuri e crudeli. Una protagonista inquietante, a volte addirittura fastidiosa, devastata interiormente e la cui forte disperazione interiore ci sembra palpabile, difficile da sopportare. Sono molti i punti di forza di Suicide Club, un manga forte, non per tutti, che offre notevoli spunti di riflessione. Un manga dunque la cui lettura è difficile da consigliare, da assaporare con calma ed attenzione, pronti a ricevere una doccia di emozioni sgradevoli ma contrastanti.
Eppure il mio voto non va oltre il sette.
Non ho ancora visto Suicide Circle, il film che ha permesso la realizzazione di questo manga, ma considerando l'importanza e la delicatezza di questa problematica, che miete sempre troppe vittime in particolare nel Sol Levante, mi sarei aspettata un altro tipo di suicidio. La fine della vita a cui ambiscono Saya e il suo club ha più un connotato buddista, dove la morte è il passaggio da una forma di esistenza all'altra. La ricerca di una vita migliore, di spogliarsi del proprio sé per incontrare di nuovo, chi siamo veramente, abbracciare quell'Io perduto di vista e che rende quel dolore incomprensibile a chi non ha mai sofferto fino a d arrivare a toccare il fondo.
Forse perché non sono giapponese, e qua mi scontro coi limiti della mia ignoranza, ma speravo di imbattermi in un suicidio basato su un mal di vivere più concreto, un'interessante panoramica sul disagio giovanile nipponico, mentre il suicidio di Furuya è più simile, con le sue esasperazioni e colpi di scena arricchiti qua e là con un tocco di paranormale, a quello riscontrabile in un film horror.
Non è questo però il motivo che mi ha spinto a non dare un bell'otto a quest'opera, ma l'introduzione, alla metà della storia, di vari enigmi di notevole interesse come la scoperta da parte del professore di un gruppo di discussione dove sembrano partecipare solo le ragazze già defunte o come sia possibile che ad ogni suicidio di massa sopravviva sempre una ragazza la quale diventerà inevitabilmente la nuova Mitsuko, che sono destinati a restare senza una spiegazione. Problema che riscontro anche nel finale. Premettendo che io adoro i finali aperti, dove la fantasia del lettore è l'unico giudice, qua la scarsità di elementi presenta lacune tali che è difficile farsi una vera idea di come le cose siano andate a finire.
Suggestivo e lodevole comunque l'ultimo suicidio.
Ultima piccola pecca è il prezzo. Bella la sovraccopertina ma 7,50 euro per 164 pagine mi sembrano un po' eccessivi. L'edizione italiana è comunque opera della Goen e come tale, di qualità. Peccato che manchi un commento iniziale di Paolo Gattone, molto bravo a riassumere in poche righe il significato delle storie che presenta.
Ancora una volta, Suicide Club non è una manga per tutti. Fa riflettere, si legge tutto sommato piuttosto velocemente e tratta di un argomento molto delicato, tuttavia mi sento di consigliarlo maggiormente a chi cerca una lettura horror, anziché una storia drammatica.
Non credo di esagerare dicendo che molti di noi appassionati di anime, manga, videogames, action figures, cosplay, sushi e quant'altro ci ricordi la splendida terra del Sol Levante, abbiamo sognato di visitare almeno una volta questo paese intriso di storia, cultura, feste, religioni che spesso nella nostra mente ha assunto connotati quasi onirici, adornato qua e là da una buona dose di aspettative e fantasie.
Il Giappone, indubbiamente tappa obbligatoria di chiunque ami viaggiare, le persone, l'arricchire la propria mente, e meta dei sogni di tanti appassionati come me, presenta anche un lato che molti non conoscono, scomodo da trattare.
Con la sua industrializzazione, ricchezza, bellezza, enorme patrimonio culturale, eleganze e tradizioni, questo paese è anche caratterizzato da uno stile di vita frenetico, da una mentalità che non lascia troppo spazio al fallimento, dal bullismo nelle scuole, dal disagio giovanile e tante altre piccole grandi cose, che sommate tra loro gli valgono il tristissimo primato di paese industrializzato col più alto tasso di suicidi al mondo. Non c'è quindi da stupirsi più di tanto se proprio in anime e manga, nati in una società che non ha mai condannato moralmente il gesto estremo, vediamo spesso persone ricorrere al suicidio in caso di perdita di lavoro, incapacità di reggere lo stress e tanti altri motivi. Suicide Club, manga scritto e disegnato da Usamaru Furuya e tratto dal film del 2002 Suicide Circle, facente parte di una trilogia sull'alienazione della società giapponese, tratta proprio di questo argomento, senza sconti o risparmi nella brutalità delle scene.
Il lettore viene ammonito fin da subito, quando ad introdurre l'opera vi è una scena difficile da dimenticare: diverse decine di studentesse, sorridenti e serene, si prendono per mano sotto lo sguardo stupito dei passanti... per gettarsi con estrema naturalezza contro un treno. Tra i cadaveri straziati solo una ragazza si alza, mostrandosi miracolosamente illesa. Il suo nome è Saya Kohta. Minuta, estremamente graziosa, dannata; la ragazza è destinata a far parlare presto di sé. Testimone della sua vita che va lentamente alla rovina, costellata da continui episodi di prostituzione, aborti, foto scandalose vendute per pochi soldi fino al tentativo di suicidio è la giudiziosa amica di una vita, la compagna di classe Kyoko. Ella capisce che qualcosa di oscuro e diabolico inizia a prendere possesso della mente di Saya, una mente che aveva iniziato a vacillare quando l'altra, dopo essersi allontanata dall'amica per pochi mesi a causa di una torbida relazione amorosa, la ritrova parte di uno strano club a cui capo vi è una certa Mitsuko, ragazza dall'aspetto quasi ripugnante ma con un fedele esercito di giovani pronte a seguirle e a farle offerte in denaro per dimostrarle amore e fedeltà. La stessa Mitsuko che spingerà tutte le studentesse a lanciarsi contro al treno. Ma chi si cela veramente dietro questo nome? Perché all'improvviso tutte le ragazze venerano Saya come una sorta di divinità? Qual è l'origine della nuova luce che si riflette nei suoi occhi? E perché, anche lei, ora dice di chiamarsi Mitsuko? Sono tante le domande che assillano la mente di Kyoko, che vorrebbe sinceramente aiutare l'amica. Ed ecco che si fa avanti il terzo, particolare, protagonista di questa storia: il professor Takeuchi, uomo dall'aspetto strambo, che passa quasi tutto il suo tempo libero davanti al pc a spulciare in un sito di voci di corridoio e che vive in una casa misera ed incasinata. Sembra avere la risposta a molte domande ed è proprio in lui che Kyoko troverà un inaspettato amico e confidente.
"Mitsuko" sembra essere una catena maledetta. Nessuno sa quando nacque esattamente la prima Mitsuko, ma ad ogni suicidio di gruppo vi è una superstite la quale, nolente o volente, sembra destinata a perdere il senno e diventare la nuova Mitsuko. Anche la mente di Saya ormai è malata. Quando scopre i due insieme, terrorizzata e arrabbiata da quel tradimento che esiste solo nella sua testa, convinta che di nuovo l'amica l'abbia lasciata per un uomo, giura vendetta ai due, e il professore morirà.
In un finale che lascia aperti molti, forse troppi interrogativi. Una nuova Mitsuko sarà a capo di un altro terribile episodio di suicidio di massa. Ma Kyoko, nuova scontata superstite, sembra differente. Che sia finalmente la fine del terribile Club dei Suicidi? Un finale aperto, libero a varie interpretazioni.
Furuya è un nome conosciuto agli amanti del genere, mentre devo ammettere che questa è per me la prima volta che mi cimento a leggere un suo manga, e l'impressione è stata molto positiva.
Un tratto elegante e raffinato, che esalta la bellezza dei lineamenti asiatici o ne condanna le forme, ed una rappresentazione della morte che deforma senza pietà gli stessi volti aggraziati che vedevamo sorridere nella pagina precedente. Tavole ricche, dove le espressioni e le parole hanno lo stesso valore e la stessa carica emotiva si susseguono, lasciando al lettore la scelta di soffermarsi a pensare o procedere oltre con la lettura. Personaggi complessi, articolati, mostrati nella loro dolcezza e fragilità, senza mai dimenticarne i lati oscuri e crudeli. Una protagonista inquietante, a volte addirittura fastidiosa, devastata interiormente e la cui forte disperazione interiore ci sembra palpabile, difficile da sopportare. Sono molti i punti di forza di Suicide Club, un manga forte, non per tutti, che offre notevoli spunti di riflessione. Un manga dunque la cui lettura è difficile da consigliare, da assaporare con calma ed attenzione, pronti a ricevere una doccia di emozioni sgradevoli ma contrastanti.
Eppure il mio voto non va oltre il sette.
Non ho ancora visto Suicide Circle, il film che ha permesso la realizzazione di questo manga, ma considerando l'importanza e la delicatezza di questa problematica, che miete sempre troppe vittime in particolare nel Sol Levante, mi sarei aspettata un altro tipo di suicidio. La fine della vita a cui ambiscono Saya e il suo club ha più un connotato buddista, dove la morte è il passaggio da una forma di esistenza all'altra. La ricerca di una vita migliore, di spogliarsi del proprio sé per incontrare di nuovo, chi siamo veramente, abbracciare quell'Io perduto di vista e che rende quel dolore incomprensibile a chi non ha mai sofferto fino a d arrivare a toccare il fondo.
Forse perché non sono giapponese, e qua mi scontro coi limiti della mia ignoranza, ma speravo di imbattermi in un suicidio basato su un mal di vivere più concreto, un'interessante panoramica sul disagio giovanile nipponico, mentre il suicidio di Furuya è più simile, con le sue esasperazioni e colpi di scena arricchiti qua e là con un tocco di paranormale, a quello riscontrabile in un film horror.
Non è questo però il motivo che mi ha spinto a non dare un bell'otto a quest'opera, ma l'introduzione, alla metà della storia, di vari enigmi di notevole interesse come la scoperta da parte del professore di un gruppo di discussione dove sembrano partecipare solo le ragazze già defunte o come sia possibile che ad ogni suicidio di massa sopravviva sempre una ragazza la quale diventerà inevitabilmente la nuova Mitsuko, che sono destinati a restare senza una spiegazione. Problema che riscontro anche nel finale. Premettendo che io adoro i finali aperti, dove la fantasia del lettore è l'unico giudice, qua la scarsità di elementi presenta lacune tali che è difficile farsi una vera idea di come le cose siano andate a finire.
Suggestivo e lodevole comunque l'ultimo suicidio.
Ultima piccola pecca è il prezzo. Bella la sovraccopertina ma 7,50 euro per 164 pagine mi sembrano un po' eccessivi. L'edizione italiana è comunque opera della Goen e come tale, di qualità. Peccato che manchi un commento iniziale di Paolo Gattone, molto bravo a riassumere in poche righe il significato delle storie che presenta.
Ancora una volta, Suicide Club non è una manga per tutti. Fa riflettere, si legge tutto sommato piuttosto velocemente e tratta di un argomento molto delicato, tuttavia mi sento di consigliarlo maggiormente a chi cerca una lettura horror, anziché una storia drammatica.
Cinquantaquattro studentesse si lanciano simultaneamente sui binari d'una metropolitana di Tokyo. Saya Kohta era con loro, ed è l'unica sopravvissuta al suicidio collettivo. Il tragico evento sconvolge Kyoko, migliore amica di Saya sin dall'infanzia: sarà proprio lei a scoprire cosa si celi dietro alla dilagante follia collettiva, nel tentativo di salvare l'amica dal destino ch'ella stessa sembra volersi riservare.
Interessante sguardo sul lato oscuro e deviato della giovinezza che, purtroppo, non è nulla più d'un semplice sguardo.
Premetto che prima di vedere "Suicide club" di Sion Sono, film da cui è tratto questo manga, il mio voto sarebbe stato un 7. Si potrebbe obiettare dicendo che film e trasposizione sono due opere diverse, ma come si fa a non contare il fatto che, se non fosse mai esistita la pellicola, non sarebbe mai esistito il manga? Quest'ultimo si discosta notevolmente dall'opera originale, ma concettualmente non aggiunge alcunché, e ne perde persino.
Ciò che rende il film un capolavoro è la sua capacità di farsi allegoria dell'alienazione di cui sono vittime non solo i giapponesi ma anche molti altri popoli tecnologicamente avanzati. Il manga abbandona lo stile "corale" e si concentra sulla storia di una singola ragazza e della sua migliore amica. Forse a causa della brevità dell'opera, o dello spunto poco elaborato, il disagio adolescenziale ci viene mostrato e fatto scorrere sulle pagine senza che una vera analisi della vicenda venga compiuta, se non per trovare la causa del comportamento autodistruttivo in traumi del passato, cosa che rende la storia più personale ma meno universale.
Tralasciando la (carente) componente concettuale, i disegni sono curati e alcuni rappresentano incredibilmente bene la disperazione dei personaggi, e lo stile generale è apprezzabile. Ciò non toglie che gran parte di essi sia trascurabile, senza particolari trovate.
I dialoghi sono poco profondi e ragionati: vivono unicamente in funzione dello svolgersi della trama.
Menzione a parte per la bellissima e drammatica sequenza finale, capace di farsi rileggere diverse volte anche solo per coglierne tutti i particolari.
In conclusione, lo consiglio? Sì. È un manga capace di far addentrare il lettore nella fragile psicologia dei giovani senza concedersi censure, seppur abbia le sue pecche.
Interessante sguardo sul lato oscuro e deviato della giovinezza che, purtroppo, non è nulla più d'un semplice sguardo.
Premetto che prima di vedere "Suicide club" di Sion Sono, film da cui è tratto questo manga, il mio voto sarebbe stato un 7. Si potrebbe obiettare dicendo che film e trasposizione sono due opere diverse, ma come si fa a non contare il fatto che, se non fosse mai esistita la pellicola, non sarebbe mai esistito il manga? Quest'ultimo si discosta notevolmente dall'opera originale, ma concettualmente non aggiunge alcunché, e ne perde persino.
Ciò che rende il film un capolavoro è la sua capacità di farsi allegoria dell'alienazione di cui sono vittime non solo i giapponesi ma anche molti altri popoli tecnologicamente avanzati. Il manga abbandona lo stile "corale" e si concentra sulla storia di una singola ragazza e della sua migliore amica. Forse a causa della brevità dell'opera, o dello spunto poco elaborato, il disagio adolescenziale ci viene mostrato e fatto scorrere sulle pagine senza che una vera analisi della vicenda venga compiuta, se non per trovare la causa del comportamento autodistruttivo in traumi del passato, cosa che rende la storia più personale ma meno universale.
Tralasciando la (carente) componente concettuale, i disegni sono curati e alcuni rappresentano incredibilmente bene la disperazione dei personaggi, e lo stile generale è apprezzabile. Ciò non toglie che gran parte di essi sia trascurabile, senza particolari trovate.
I dialoghi sono poco profondi e ragionati: vivono unicamente in funzione dello svolgersi della trama.
Menzione a parte per la bellissima e drammatica sequenza finale, capace di farsi rileggere diverse volte anche solo per coglierne tutti i particolari.
In conclusione, lo consiglio? Sì. È un manga capace di far addentrare il lettore nella fragile psicologia dei giovani senza concedersi censure, seppur abbia le sue pecche.
Un volumetto autoconclusivo con una storia solida, senza che sia una raccolta di brevi racconti, è un evento piuttosto raro in Italia. L'unicità aumenta se tratta tematiche vicine all'horror, come in questo caso.
Disegnato e sceneggiato da Usamaru Furuya, autore che non sempre è riuscito a convincermi, è una trasposizione in manga dell'omonimo film giapponese del 2002. A Furuya venne data un'ampia libertà e, pur partendo dallo stesso incipit, sviluppa poi la trama in modo diverso.
L'opera si apre in un modo abbastanza forte: un gran numero di ragazze si getta, tenendosi per mano, sotto un treno. Di queste, miracolosamente, una sopravvive, al contrario di quanto accade nella versione originale cinematografica. I media e l'opinione pubblica si interrogano sul gesto, ma intanto la ragazza sopravvissuta è sempre più strana e inizia a fare proseliti tra le sue coetanee, tanto che qualcuno intravede il rischio che la tragedia possa ripetersi. Tutto questo mostrato visto dagli occhi di una sua amica, che fortunatamente sembra immune alla follia che circonda molte altre ragazze della sua età.
Graficamente molto convincente e ben disegnato, come accennavo propone una tematica difficile in una spazio piuttosto limitato. Il risultato finale l'ho trovato buono, convincente e coinvolgente, seppur non esente da qualche sbavatura. In primis i personaggi hanno poco spazio e sembrano guidati in modo frettoloso ad una conclusione che, comunque sia, sebbene un po' la prevedessi, ho trovato convincente e inquietante. Le due protagoniste non riescono pertanto a convincermi in pieno, soprattutto nella svolta finale, un po' forzata. In secondo luogo mi sarebbe piaciuta qualche pagina in più e più attenzione su alcuni passaggi, la vera dimensione delle vicende narrate secondo me sarebbe stata due volumetti. Si tratta comunque di due difetti che ritengo alla fine di poco conto, sono stato ben più positivamente sorpreso della resa di alcuni tavole, presentate graficamente in modo eccelso e abbinate e dei testi che aumentavano il senso di inquietudine che sono in grado di trasmettere. Denotano non solo un'ottima capacità di disegno, ma anche un'abilità sopra la media nella loro fase di progettazione e ideazione. Aiutano poi ad aggiungere quell'elemento soprannaturale latente che da sempre mi affascina, senza spiegare le cose fino in fondo, mantenendo un velo di mistero che sarà compito di chi sta leggendo provare a interpretare. Il finale gioca appunto su questo e lascia la scrittura della parola fine al lettore, se deciderà che di vera fine si tratti.
Questa volta mi trovo a fare i complimenti a Usamaru Furuya: Suicide Club è un volumetto che ho trovato realizzato in modo intelligente, artisticamente valido e appassionante.
Visto che si specula su una tematica difficile forse il manga potrebbe urtare la sensibilità di alcuni, per cui consiglio un po' di cautela nell'approcciarlo.
Disegnato e sceneggiato da Usamaru Furuya, autore che non sempre è riuscito a convincermi, è una trasposizione in manga dell'omonimo film giapponese del 2002. A Furuya venne data un'ampia libertà e, pur partendo dallo stesso incipit, sviluppa poi la trama in modo diverso.
L'opera si apre in un modo abbastanza forte: un gran numero di ragazze si getta, tenendosi per mano, sotto un treno. Di queste, miracolosamente, una sopravvive, al contrario di quanto accade nella versione originale cinematografica. I media e l'opinione pubblica si interrogano sul gesto, ma intanto la ragazza sopravvissuta è sempre più strana e inizia a fare proseliti tra le sue coetanee, tanto che qualcuno intravede il rischio che la tragedia possa ripetersi. Tutto questo mostrato visto dagli occhi di una sua amica, che fortunatamente sembra immune alla follia che circonda molte altre ragazze della sua età.
Graficamente molto convincente e ben disegnato, come accennavo propone una tematica difficile in una spazio piuttosto limitato. Il risultato finale l'ho trovato buono, convincente e coinvolgente, seppur non esente da qualche sbavatura. In primis i personaggi hanno poco spazio e sembrano guidati in modo frettoloso ad una conclusione che, comunque sia, sebbene un po' la prevedessi, ho trovato convincente e inquietante. Le due protagoniste non riescono pertanto a convincermi in pieno, soprattutto nella svolta finale, un po' forzata. In secondo luogo mi sarebbe piaciuta qualche pagina in più e più attenzione su alcuni passaggi, la vera dimensione delle vicende narrate secondo me sarebbe stata due volumetti. Si tratta comunque di due difetti che ritengo alla fine di poco conto, sono stato ben più positivamente sorpreso della resa di alcuni tavole, presentate graficamente in modo eccelso e abbinate e dei testi che aumentavano il senso di inquietudine che sono in grado di trasmettere. Denotano non solo un'ottima capacità di disegno, ma anche un'abilità sopra la media nella loro fase di progettazione e ideazione. Aiutano poi ad aggiungere quell'elemento soprannaturale latente che da sempre mi affascina, senza spiegare le cose fino in fondo, mantenendo un velo di mistero che sarà compito di chi sta leggendo provare a interpretare. Il finale gioca appunto su questo e lascia la scrittura della parola fine al lettore, se deciderà che di vera fine si tratti.
Questa volta mi trovo a fare i complimenti a Usamaru Furuya: Suicide Club è un volumetto che ho trovato realizzato in modo intelligente, artisticamente valido e appassionante.
Visto che si specula su una tematica difficile forse il manga potrebbe urtare la sensibilità di alcuni, per cui consiglio un po' di cautela nell'approcciarlo.
Suicide Club è l'adattamento manga del film omonimo scritto e diretto da Sion Sono. Usamaru Furuya ne è l'autore. Protagonista assoluto è il suicidio inteso come forma liberatoria da una vita ritenuta causa di dolore e sofferenza.
Tutto inizia col suicidio plateale di cinquantaquattro ragazze che si lanciano, tenendosi per mano, sotto un treno in arrivo nella metropolitana di Shinjuku. Miracolosamente una ragazza rimane illesa. Questa ragazza era succube della leader del gruppo suicida, una certo Mitsuko, e ne emulerà le gesta formando un nuovo gruppo con le stesse tendenze suicide... In tutto questo l'amica d'infanzia della protagonista cercherà di salvarla da questa situazione arrivando a un finale del tutto inaspettato e con una rivelazione agghiacciante.
Chi vive in una società occidentale, tipo quella europea, non si rende conto del perché possano succedere eventi di una tale gravità. Bisogna addentrarsi nella società e nella storia giapponese per poter cercare di capire il motivo che porta tante persone a scegliere un gesto così estremo e rinunciare alla propria vita. Sion Sono nel suo film mette il punto esclamativo sull'alienazione della società giapponese, inteso come incapacità di adattarsi alle moderne società industriali. E' indubbio che gli esiti della seconda guerra mondiale e il periodo del dopoguerra hanno fortemente influenzato, spesso negativamente, la popolazione giapponese; lo spettro delle due bombe atomiche nonché la corsa al capitalismo sfrenato degli anni '50/'60 hanno generato dei veri e propri mostri dal comportamento asociale, spesso sociopatico, e deleterio. E l'avvento di internet ha peggiorato ulteriormente le cose.
Queste ragazze hanno in comune storie difficili da sopportare: si vedono brutte ed escluse, si sentono sole e incomprese, oppure hanno alle spalle una famiglia in cui non vivono serene. Accomunate da una vita che non le rende felici, ma anzi provoca quotidianamente dolore e sofferenza, vedono nella Mitsuko di turno una sorta di Messia (vedasi la scena della crocifissione) venuto per redimere i soggetti più deboli della società e per guarire chi si sente ferito dalla vita. Poco importa a queste ragazze se il prezzo da pagare è rinunciare a questa stessa vita che, seppur non è vivibile in questo stato, può esserlo in futuro se cambiata e migliorata.
Come mezzo di comunicazione si affidano a Internet. Un misterioso sito funge allo scopo di riunire questi teenager allo sbando e di organizzare eventi infausti. L'uso di internet ha il poco piacevole pregio di invogliare l'egocentrismo e l'arroganza degli utenti (basti citare l'attualissimo Facebook); ecco spiegata la necessità di questi gesti plateali e di massa. E' un po' come se volessero gridare al mondo la loro presenza e la grande importanza del loro gesto, come se volessero punire la società privandola della loro presenza.
Graficamente Furuya ha adottato uno stile essenziale e stilizzato ma dal sicuro impatto visivo. Ci sono alcune tavole veramente inquietanti (o quelle delle studentesse che si sono suicidate o quelle dove l'amica di infanzia vede immagini spaventose).
E' uno dei migliori horror che io abbia letto senza considerare la luce che getta su una parte oscura e malata della società giapponese. Consigliatissimo a chi cerca una lettura adulta, impegnata e disturbante (e che non molli la lettura per alcuni disegni dai toni fortissimi).
Tutto inizia col suicidio plateale di cinquantaquattro ragazze che si lanciano, tenendosi per mano, sotto un treno in arrivo nella metropolitana di Shinjuku. Miracolosamente una ragazza rimane illesa. Questa ragazza era succube della leader del gruppo suicida, una certo Mitsuko, e ne emulerà le gesta formando un nuovo gruppo con le stesse tendenze suicide... In tutto questo l'amica d'infanzia della protagonista cercherà di salvarla da questa situazione arrivando a un finale del tutto inaspettato e con una rivelazione agghiacciante.
Chi vive in una società occidentale, tipo quella europea, non si rende conto del perché possano succedere eventi di una tale gravità. Bisogna addentrarsi nella società e nella storia giapponese per poter cercare di capire il motivo che porta tante persone a scegliere un gesto così estremo e rinunciare alla propria vita. Sion Sono nel suo film mette il punto esclamativo sull'alienazione della società giapponese, inteso come incapacità di adattarsi alle moderne società industriali. E' indubbio che gli esiti della seconda guerra mondiale e il periodo del dopoguerra hanno fortemente influenzato, spesso negativamente, la popolazione giapponese; lo spettro delle due bombe atomiche nonché la corsa al capitalismo sfrenato degli anni '50/'60 hanno generato dei veri e propri mostri dal comportamento asociale, spesso sociopatico, e deleterio. E l'avvento di internet ha peggiorato ulteriormente le cose.
Queste ragazze hanno in comune storie difficili da sopportare: si vedono brutte ed escluse, si sentono sole e incomprese, oppure hanno alle spalle una famiglia in cui non vivono serene. Accomunate da una vita che non le rende felici, ma anzi provoca quotidianamente dolore e sofferenza, vedono nella Mitsuko di turno una sorta di Messia (vedasi la scena della crocifissione) venuto per redimere i soggetti più deboli della società e per guarire chi si sente ferito dalla vita. Poco importa a queste ragazze se il prezzo da pagare è rinunciare a questa stessa vita che, seppur non è vivibile in questo stato, può esserlo in futuro se cambiata e migliorata.
Come mezzo di comunicazione si affidano a Internet. Un misterioso sito funge allo scopo di riunire questi teenager allo sbando e di organizzare eventi infausti. L'uso di internet ha il poco piacevole pregio di invogliare l'egocentrismo e l'arroganza degli utenti (basti citare l'attualissimo Facebook); ecco spiegata la necessità di questi gesti plateali e di massa. E' un po' come se volessero gridare al mondo la loro presenza e la grande importanza del loro gesto, come se volessero punire la società privandola della loro presenza.
Graficamente Furuya ha adottato uno stile essenziale e stilizzato ma dal sicuro impatto visivo. Ci sono alcune tavole veramente inquietanti (o quelle delle studentesse che si sono suicidate o quelle dove l'amica di infanzia vede immagini spaventose).
E' uno dei migliori horror che io abbia letto senza considerare la luce che getta su una parte oscura e malata della società giapponese. Consigliatissimo a chi cerca una lettura adulta, impegnata e disturbante (e che non molli la lettura per alcuni disegni dai toni fortissimi).
Jitatsu Circle è un volume unico disegnato e scritto da Usamaru Furuya. La trama è molto atipica, e infatti il manga è consigliato ad un pubblico adulto e maturo, e soprattutto poco impressionabile.
In Giappone nasce una moda molto macabra, quella di formare circoli di sole ragazze che soffrono perché sole, incomprese, esteticamente non proprio belle, oppure disagiate per qualche motivo, che invece di mettere a confronto i loro problemi e sentire più leggero il flagello dei proprio dolori, si ritrovano tutte in questo club dove fanno del Dolore una religione e della vita una nemica terribile che è eliminabile tramite un unico folle gesto: il suicidio di gruppo.
Peccato che quando il gruppo di studentesse si getta sotto al metropolitana, una di loro, senza motivo apparente, rimane viva e quasi illesa. Da lei nascerà una scia di sangue e di orribili morti, raccontate attraverso la gente che la conosce, soprattutto attraverso una amica che aveva prima dei tempi dei Circolo dei Suicidi, e attraverso di lei.
<b>[Attenzione, spoiler!]</b>
La protagonista (che ora non ricordo come si chiama avendo letto il manga almeno un anno fa) diventerà una specie di incarnazione divina dove rifugiarsi quando ci si sente soli, tristi e abbandonati, e si trasformerà in una guida verso la morte, come era stata per lei la precedente "direttrice" del club. La storia si conclude con un agghiacciante e tremenda verità: quasi per uno scherzo del destino per ogni gruppo di ragazze che si suicida c'è sempre una che sopravvive e che mantiene aperto il circolo.
<b>[Fine spoiler.]</b>
I disegni sono curati, terribilmente curati, soprattutto in dettagli particolarmente spaventosi, come i corpi delle ragazze nella metropolitana, i tagli delle lesioni auto inflitte dalle ragazze, e anche la raffigurazione della ragazza come un Gesù che muore in croce.
Diciamo che è un manga forte, non adatto a stomaci delicati e assolutamente sconsigliato a chi legge shojo e storielle irreali. Questo manga spinge molto a pensare quanto la follia della gente, le corruzioni di questo secolo e la perversione umana distruggano la vita delle persone senza nemmeno che esse se ne rendano conto. Si vede come Internet, uno strumento che in pochissimo tempo collega tutto il mondo a notizie di ogni tipo, può anche essere un mezzo terribile. Soprattutto si vede un volto del Giappone terribile, fatto anche di questi fatti di cronaca nera pesanti e alle volte anche difficili da spiegarsi.
Consigliato solo a chi ha voglia di riflettere un po' e di impegnarsi in una lettura seria, e soprattutto, ripeto, non di stomaco leggero o di facile impressionabilità.
In Giappone nasce una moda molto macabra, quella di formare circoli di sole ragazze che soffrono perché sole, incomprese, esteticamente non proprio belle, oppure disagiate per qualche motivo, che invece di mettere a confronto i loro problemi e sentire più leggero il flagello dei proprio dolori, si ritrovano tutte in questo club dove fanno del Dolore una religione e della vita una nemica terribile che è eliminabile tramite un unico folle gesto: il suicidio di gruppo.
Peccato che quando il gruppo di studentesse si getta sotto al metropolitana, una di loro, senza motivo apparente, rimane viva e quasi illesa. Da lei nascerà una scia di sangue e di orribili morti, raccontate attraverso la gente che la conosce, soprattutto attraverso una amica che aveva prima dei tempi dei Circolo dei Suicidi, e attraverso di lei.
<b>[Attenzione, spoiler!]</b>
La protagonista (che ora non ricordo come si chiama avendo letto il manga almeno un anno fa) diventerà una specie di incarnazione divina dove rifugiarsi quando ci si sente soli, tristi e abbandonati, e si trasformerà in una guida verso la morte, come era stata per lei la precedente "direttrice" del club. La storia si conclude con un agghiacciante e tremenda verità: quasi per uno scherzo del destino per ogni gruppo di ragazze che si suicida c'è sempre una che sopravvive e che mantiene aperto il circolo.
<b>[Fine spoiler.]</b>
I disegni sono curati, terribilmente curati, soprattutto in dettagli particolarmente spaventosi, come i corpi delle ragazze nella metropolitana, i tagli delle lesioni auto inflitte dalle ragazze, e anche la raffigurazione della ragazza come un Gesù che muore in croce.
Diciamo che è un manga forte, non adatto a stomaci delicati e assolutamente sconsigliato a chi legge shojo e storielle irreali. Questo manga spinge molto a pensare quanto la follia della gente, le corruzioni di questo secolo e la perversione umana distruggano la vita delle persone senza nemmeno che esse se ne rendano conto. Si vede come Internet, uno strumento che in pochissimo tempo collega tutto il mondo a notizie di ogni tipo, può anche essere un mezzo terribile. Soprattutto si vede un volto del Giappone terribile, fatto anche di questi fatti di cronaca nera pesanti e alle volte anche difficili da spiegarsi.
Consigliato solo a chi ha voglia di riflettere un po' e di impegnarsi in una lettura seria, e soprattutto, ripeto, non di stomaco leggero o di facile impressionabilità.