Il principe dei mostri
Fujiko Fujio (A) al secolo Motoo Abiko, ha composto con Fujiko F. Fujio ( nome d’arte di Hiroshi Fujimoto), il duo Fujiko Fujio appunto, accoppiata destinata ad entrare nella storia del manga.
Vero e proprio orgoglio nipponico, questo duo godeva di una notorietà invidiabile in Sol levante, specialmente tra la metà degli anni sessanta e la fine degli anni ottanta, quando nelle televisioni giapponesi venivano trasmesse le fortunate serie animate tratte dalle loro opere.
In Italia li abbiamo conosciuti con gli adattamenti animati di “Nino, il mio amico ninja” tratto dal manga “Ninja Hattori-kun”, “Carletto, il principe dei mostri” che sarebbe “Kaibutsu-kun” (l’opera in questione), “Superkid eroe bambino” il cui titolo del manga originale è “Pāman”,
e sopratutto del celebre “Doraemon”, la mascotte del mondo dei manga ed uno dei personaggi in assoluto più amato dai bambini.
Trasposizioni animate da cui spesso i redattori al doppiaggio italiano si prendevano fin troppe licenze, sbizzarrendosi con i nomi. Perman che diventa Superkid, Hattori che diventa Nino e cosi via; problema che non riguardava soltanto gli adattamenti delle opere del duo Fujiko Fujio, ma era relativo a quasi tutte le serie animate giapponesi andate in onda in Italia negli anni 90’, da “Rossana” a “I cavalieri dello zodiaco”, passando per il più eclatante “Holly e Benji” ( tratto da “Captain Tsubasa”) in cui Tsubasa Ozora e Genzō Wakabayashi vennero storpiati in Oliver Hutton e Benji Price, storpiatura questa, che toccò a tutta Europa, da non imputare quindi alla sventata editoria italiana. Con gli anni fortunatamente le cose sono andate migliorando (ora si tende ad avere una maggiore fedeltà verso il prodotto originale).
Ecco dunque che Kaibutsu, personaggio iconico e seminale in terra nipponica, diventa famoso nel bel paese come Carletto, il principe dei mostri.
“Kaibutsu-kun” venne publicato per la prima volta da Shōnen Gahōsha nel lontano 1965, un anno dopo l’esordio assoluto di Fujiko Fujio (A) con “Obake no Q-tarō” e “Hattori-kun” periodo incredibilmente florido per il duo. Eravamo ai primordi del manga, un anno dopo Ikki Kajiwara (“Rocky Joe”, “L’uomo Tigre”) avrebbe creato “La stella dei Giants”, che sarebbe passato agli annali come primo Spokon della storia.
In un epoca in cui chiunque anelasse a diventare Mangaka aveva come massimo modello di riferimento Osamu Tezuka, il duo non faceva eccezione, palesando a più riprese la propria ammirazione verso il Dio dei manga.
Se l’ispirazione grafica a Tezuka è evidente a colpo d’occhio, con un tratto veloce e stilizzato che si rifà palesemente al papà di “Astro Boy” ma in chiave deformed, gli stilemi narrativi dell’accoppiata Fujiko Fujio erano precisi e ricorrenti in tutti i loro fumetti.
La struttura narrativa è circolare, classica per i manga a trama episodica dell’epoca, con un worldbuilding curato capace di mostrarsi poco per volta, non ampio come le opere degli autori che seguiranno, ma ben strutturato, perfettamente in grado di sorreggere i capitoli autoconclusivi.
Il comune denominatore dei manga dei due autori, nonché il loro marchio di fabbrica, risiede nella ripetuta scelta del doppio protagonista,
uno normale ed uno con “poteri speciali”, sempre. Nobita e Doraemon, Ken e Kanzo (Nino nella versione animata italiana) e, ovviamente, Hiroshi e Kaibutsu (nelle nostre tv Carletto).
Curioso pensare che la scelta del doppio protagonista sia legata al fatto che al concepimento delle storie vi siano due autori, entrambi intenti a lasciare la propria firma, ad ogni modo, specialmente nelle opere sopraccitate, il gioco di parti funziona decisamente bene.
Hiroshi è un curioso e fifone bambino orfano accudito dalla sorella, stringe amicizia con il piccolo principe dei mostri Kaibutsu quando quest’ultimo, in compagnia dei suoi tre fedeli seguaci Conte Dracula, Frank (Frankenstein) e Wolf (l’uomo lupo), si trasferisce da Mostrilandia a Tokyo, diventando di fatto il suo vicino di casa.
Da qui partono una serie di mirabolanti e bizzarre avventure, ricche di azione, divertimento e anche un velato e leggero black humour a dare quel pizzico di pepe ad una storia destinata di fatto ad un publico giovanissimo. In cui il conte Dracula va matto per il succo al pomodoro perché gli è stato proibito di bere sangue.
Si denuncia la discriminazione, si promuove l’uguaglianza e l’integrazione del diverso, ci viene mostrato come umani e mostri possono empatizzare, attraverso storie semplici e dal lato interpretativo sottile, ma in grado di sensibilizzare i più piccoli, merito delle morali immediate ed educative.
Kaibutsu è entrato nel cuore dei bambini grazie ad un carattere piccato e intraprendente, al suo look cool e alle sue epiche pose smorfiose a braccia conserte. Nella prima illustrazione ufficiale apparve di spalle, fu lì che all’autore venne la geniale idea di realizzare un protagonista dal volto mutevole, in grado di assumere qualsiasi sembianza. Da qui potremmo anche desumere che il viso da bambino con cui conosciamo Kaibutsu non sia effettivamente il suo, piuttosto quello con cui decide di mostrarsi, viste anche le mostruose fattezze di suo padre, il re dei mostri. Kaibutsu può inoltre allungare gli arti e ingigantirsi, e attingendo alla forza psicocinetica usare abilità di ogni tipo, come trasformare il suo pugno in un martello o la sua mano in una pistola.
Uno dei punti di forza de “Il principe dei mostri” è senza dubbio l’atmosfera. Nonostante l’opera sia bagnata per intero da quella vena umoristica demenziale tipica dei Kodomo, e miri per la maggiore a intrattenere divertendo, si respira sovente un’ aria piuttosto orrorifica, e, complici anche i personaggi trattati, le tinte risultano dark e macabre, dando vita ad uno splendido contrasto che rende “Kaibutsu-kun” un affresco evocativo e ispirato.
Cinquant’anni dopo, Penny Dreadful metterà insieme su schermo gli stessi personaggi letterari (Conte Dracula, Frankenstein, L’uomo Lupo) aggiungendone diversi e in chiave esplicitamente horror; inscenando un cocktail immaginifico non cosi dissimile nella sua estetica gotica, ma estremamente diverso nei suoi contenuti, ben più seriosi e maturi visto il differente target a cui si rivolge.
L’ispirazione prima de “Il principe dei mostri” è senza dubbio “Kitaro dei cimiteri” del leggendario Shigeru Mizuki, richiamo evidente nelle tinte e nel folklore ma sopratutto nel personaggio di Kaibutsu, palesemente “figlio spirituale” di Kitaro.
Il manga sente il peso degli anni, il character design è minimal e i neofiti potrebbero trovare i disegni vetusti e attempati, oltre che statici nelle scene d’azione, sopratutto se si è abituati a Oh! great e simili. La struttura episodica non aiuta certo la narrativa a far breccia nel cuore dei lettori meno smaliziati abituati ai manga moderni, che troveranno l’opera non al passo coi tempi.
Tuttavia un immaginario a metà tra il grottesco e l’horror, l'umorismo, l’estetica accattivante e lo stiloso protagonista, fanno mantenere a “Il principe dei mostri” la freshness giusta per essere letto ed apprezzato anche ai giorni nostri. Sopratutto da chi non è immune all’effetto nostalgia.
Bello il capitolo finale, un lieto fine da lacrimuccia, che con estrema naturalezza ci mostra come l’amicizia possa andare oltre ogni diversità e distanza.
“Kaibutsu-kun” è un manga tutt’altro che perfetto, a tratti quasi sperimentale, permeato di una ripetività a volte tediosa dettata principalmente dalla mancanza di un’orizzontalità narrativa, ma che, con il suo ammaliante fascino vintage, si consacra tra le opere simbolo di un duo capace di creare alcuni tra i personaggi più iconici della storia del manga. Come il fantasmino Q-tarō, purtroppo mai arrivato in Italia (neanche in versione animata), amatissimo in Giappone. Doraemon, Hattori-kun, Perman, Kaibutsu sono solo alcuni degli eroi originati da un duo divenuto leggenda.
Purtroppo dell’accoppiata Fujiko Fujio di cartaceo in Italia è arrivato ben poco, solo una raccolta di “Doraemon” in 8 Tankōbon (dei 45 originali) edita da Star Comics, e adesso questa selezione di J-pop delle migliori storie de “Il principe dei mostri” raccolta in due volumi (contro i 15 Tankōbon usciti in Giappone) un vero peccato non avere abbastanza materiale per artisti di questo calibro.
Vero e proprio orgoglio nipponico, questo duo godeva di una notorietà invidiabile in Sol levante, specialmente tra la metà degli anni sessanta e la fine degli anni ottanta, quando nelle televisioni giapponesi venivano trasmesse le fortunate serie animate tratte dalle loro opere.
In Italia li abbiamo conosciuti con gli adattamenti animati di “Nino, il mio amico ninja” tratto dal manga “Ninja Hattori-kun”, “Carletto, il principe dei mostri” che sarebbe “Kaibutsu-kun” (l’opera in questione), “Superkid eroe bambino” il cui titolo del manga originale è “Pāman”,
e sopratutto del celebre “Doraemon”, la mascotte del mondo dei manga ed uno dei personaggi in assoluto più amato dai bambini.
Trasposizioni animate da cui spesso i redattori al doppiaggio italiano si prendevano fin troppe licenze, sbizzarrendosi con i nomi. Perman che diventa Superkid, Hattori che diventa Nino e cosi via; problema che non riguardava soltanto gli adattamenti delle opere del duo Fujiko Fujio, ma era relativo a quasi tutte le serie animate giapponesi andate in onda in Italia negli anni 90’, da “Rossana” a “I cavalieri dello zodiaco”, passando per il più eclatante “Holly e Benji” ( tratto da “Captain Tsubasa”) in cui Tsubasa Ozora e Genzō Wakabayashi vennero storpiati in Oliver Hutton e Benji Price, storpiatura questa, che toccò a tutta Europa, da non imputare quindi alla sventata editoria italiana. Con gli anni fortunatamente le cose sono andate migliorando (ora si tende ad avere una maggiore fedeltà verso il prodotto originale).
Ecco dunque che Kaibutsu, personaggio iconico e seminale in terra nipponica, diventa famoso nel bel paese come Carletto, il principe dei mostri.
“Kaibutsu-kun” venne publicato per la prima volta da Shōnen Gahōsha nel lontano 1965, un anno dopo l’esordio assoluto di Fujiko Fujio (A) con “Obake no Q-tarō” e “Hattori-kun” periodo incredibilmente florido per il duo. Eravamo ai primordi del manga, un anno dopo Ikki Kajiwara (“Rocky Joe”, “L’uomo Tigre”) avrebbe creato “La stella dei Giants”, che sarebbe passato agli annali come primo Spokon della storia.
In un epoca in cui chiunque anelasse a diventare Mangaka aveva come massimo modello di riferimento Osamu Tezuka, il duo non faceva eccezione, palesando a più riprese la propria ammirazione verso il Dio dei manga.
Se l’ispirazione grafica a Tezuka è evidente a colpo d’occhio, con un tratto veloce e stilizzato che si rifà palesemente al papà di “Astro Boy” ma in chiave deformed, gli stilemi narrativi dell’accoppiata Fujiko Fujio erano precisi e ricorrenti in tutti i loro fumetti.
La struttura narrativa è circolare, classica per i manga a trama episodica dell’epoca, con un worldbuilding curato capace di mostrarsi poco per volta, non ampio come le opere degli autori che seguiranno, ma ben strutturato, perfettamente in grado di sorreggere i capitoli autoconclusivi.
Il comune denominatore dei manga dei due autori, nonché il loro marchio di fabbrica, risiede nella ripetuta scelta del doppio protagonista,
uno normale ed uno con “poteri speciali”, sempre. Nobita e Doraemon, Ken e Kanzo (Nino nella versione animata italiana) e, ovviamente, Hiroshi e Kaibutsu (nelle nostre tv Carletto).
Curioso pensare che la scelta del doppio protagonista sia legata al fatto che al concepimento delle storie vi siano due autori, entrambi intenti a lasciare la propria firma, ad ogni modo, specialmente nelle opere sopraccitate, il gioco di parti funziona decisamente bene.
Hiroshi è un curioso e fifone bambino orfano accudito dalla sorella, stringe amicizia con il piccolo principe dei mostri Kaibutsu quando quest’ultimo, in compagnia dei suoi tre fedeli seguaci Conte Dracula, Frank (Frankenstein) e Wolf (l’uomo lupo), si trasferisce da Mostrilandia a Tokyo, diventando di fatto il suo vicino di casa.
Da qui partono una serie di mirabolanti e bizzarre avventure, ricche di azione, divertimento e anche un velato e leggero black humour a dare quel pizzico di pepe ad una storia destinata di fatto ad un publico giovanissimo. In cui il conte Dracula va matto per il succo al pomodoro perché gli è stato proibito di bere sangue.
Si denuncia la discriminazione, si promuove l’uguaglianza e l’integrazione del diverso, ci viene mostrato come umani e mostri possono empatizzare, attraverso storie semplici e dal lato interpretativo sottile, ma in grado di sensibilizzare i più piccoli, merito delle morali immediate ed educative.
Kaibutsu è entrato nel cuore dei bambini grazie ad un carattere piccato e intraprendente, al suo look cool e alle sue epiche pose smorfiose a braccia conserte. Nella prima illustrazione ufficiale apparve di spalle, fu lì che all’autore venne la geniale idea di realizzare un protagonista dal volto mutevole, in grado di assumere qualsiasi sembianza. Da qui potremmo anche desumere che il viso da bambino con cui conosciamo Kaibutsu non sia effettivamente il suo, piuttosto quello con cui decide di mostrarsi, viste anche le mostruose fattezze di suo padre, il re dei mostri. Kaibutsu può inoltre allungare gli arti e ingigantirsi, e attingendo alla forza psicocinetica usare abilità di ogni tipo, come trasformare il suo pugno in un martello o la sua mano in una pistola.
Uno dei punti di forza de “Il principe dei mostri” è senza dubbio l’atmosfera. Nonostante l’opera sia bagnata per intero da quella vena umoristica demenziale tipica dei Kodomo, e miri per la maggiore a intrattenere divertendo, si respira sovente un’ aria piuttosto orrorifica, e, complici anche i personaggi trattati, le tinte risultano dark e macabre, dando vita ad uno splendido contrasto che rende “Kaibutsu-kun” un affresco evocativo e ispirato.
Cinquant’anni dopo, Penny Dreadful metterà insieme su schermo gli stessi personaggi letterari (Conte Dracula, Frankenstein, L’uomo Lupo) aggiungendone diversi e in chiave esplicitamente horror; inscenando un cocktail immaginifico non cosi dissimile nella sua estetica gotica, ma estremamente diverso nei suoi contenuti, ben più seriosi e maturi visto il differente target a cui si rivolge.
L’ispirazione prima de “Il principe dei mostri” è senza dubbio “Kitaro dei cimiteri” del leggendario Shigeru Mizuki, richiamo evidente nelle tinte e nel folklore ma sopratutto nel personaggio di Kaibutsu, palesemente “figlio spirituale” di Kitaro.
Il manga sente il peso degli anni, il character design è minimal e i neofiti potrebbero trovare i disegni vetusti e attempati, oltre che statici nelle scene d’azione, sopratutto se si è abituati a Oh! great e simili. La struttura episodica non aiuta certo la narrativa a far breccia nel cuore dei lettori meno smaliziati abituati ai manga moderni, che troveranno l’opera non al passo coi tempi.
Tuttavia un immaginario a metà tra il grottesco e l’horror, l'umorismo, l’estetica accattivante e lo stiloso protagonista, fanno mantenere a “Il principe dei mostri” la freshness giusta per essere letto ed apprezzato anche ai giorni nostri. Sopratutto da chi non è immune all’effetto nostalgia.
Bello il capitolo finale, un lieto fine da lacrimuccia, che con estrema naturalezza ci mostra come l’amicizia possa andare oltre ogni diversità e distanza.
“Kaibutsu-kun” è un manga tutt’altro che perfetto, a tratti quasi sperimentale, permeato di una ripetività a volte tediosa dettata principalmente dalla mancanza di un’orizzontalità narrativa, ma che, con il suo ammaliante fascino vintage, si consacra tra le opere simbolo di un duo capace di creare alcuni tra i personaggi più iconici della storia del manga. Come il fantasmino Q-tarō, purtroppo mai arrivato in Italia (neanche in versione animata), amatissimo in Giappone. Doraemon, Hattori-kun, Perman, Kaibutsu sono solo alcuni degli eroi originati da un duo divenuto leggenda.
Purtroppo dell’accoppiata Fujiko Fujio di cartaceo in Italia è arrivato ben poco, solo una raccolta di “Doraemon” in 8 Tankōbon (dei 45 originali) edita da Star Comics, e adesso questa selezione di J-pop delle migliori storie de “Il principe dei mostri” raccolta in due volumi (contro i 15 Tankōbon usciti in Giappone) un vero peccato non avere abbastanza materiale per artisti di questo calibro.
"Il principe dei mostri" è un manga che fece il suo debutto sulla rivista "Shonen Gaho" nel 1965, scritto e disegnato dal maestro Fujiko Fujio. In una notte di luna piena Taro Kaibustu decide di trasferirsi e di andare a vivere sulla terra, poiché stanco di vivere nel suo regno circondato solo da mostri, e porterà con sé tre dei suoi simpaticissimi amici i quali lo accompagneranno nelle sue bizzarre avventure.
Kaibutsu è il prostagonista di questa serie, meglio conosciuto qui in Italia come "Carletto il principe dei mostri" è il figlio del Re di Mostrilandia, ed ha vari superpoteri, come allungare le braccia e cambiare volto a suo piacimento, poi c'è Hiroshi che è un bambino orfano il quale vive con la sorella e sarà il suo vicino di casa che inizialmente non sarà proprio felice di conoscere Kaibutsu per via del suo aspetto, ma dopo i primi capitoli diventeranno subito migliori amici, e infine ci sono Frank, Conte Dracula e Wolf; coloro sono i fedeli amici del Principe dei Mostri e faranno da contorno in quest'opera ma risulteranno anche molto simpatici.
Il disegno di Fujiko Fujio è molto semplice e morbido nell'usare il pennino, a volte va fuori il margine o non rappresenta i fondali ma comunque rimane un tratto molto particolare che nel suo piccolo riesce a catturare per bene l'attenzione del lettore, ottimo per quanto riguarda le realizzazzioni di palazzine cittadine e castelli dei vari regni.
Parlando dell'edizione, la J-Pop ci porta un ottimo formato con almeno 240 pagine per entrambi i numeri tra le quali solo le prime due pagine saranno a colori, la carta si presenta bianca e comunque con poca trasparenza, all'interno troveremo onomatopee sia in Giapponese che in Italiano, in tutto al prezzo di 12,00 € l'uno; il formato è fantastico, è stato realizzato in maniera sufficientemente grande tale da farsi leggere in maniera molto comoda, infatti è un manga da 16x21 cm con tanto di sovraccoperta , è davvero un'edizione perfetta a mio parere.
Concludo con il dire che il manga in questione è davvero ben fatto anche perché risulterà molto differente dalla versione animata, l'unica cosa che mi ha fatto storcere un po' il naso è il finale, che a mio avviso poteva essere più dettagliato; ho dato questo voto anche perché è un'opera molto divertente ma che in molti capitoli esporrà temi importanti riguardanti le varie sfumature della vita, sempre in chiave umoristica, lo consiglio a tutti i nostalgici di Carletto e a chi cerca un manga rilassante e simpatico allo stesso tempo.
Voto finale: 8
Kaibutsu è il prostagonista di questa serie, meglio conosciuto qui in Italia come "Carletto il principe dei mostri" è il figlio del Re di Mostrilandia, ed ha vari superpoteri, come allungare le braccia e cambiare volto a suo piacimento, poi c'è Hiroshi che è un bambino orfano il quale vive con la sorella e sarà il suo vicino di casa che inizialmente non sarà proprio felice di conoscere Kaibutsu per via del suo aspetto, ma dopo i primi capitoli diventeranno subito migliori amici, e infine ci sono Frank, Conte Dracula e Wolf; coloro sono i fedeli amici del Principe dei Mostri e faranno da contorno in quest'opera ma risulteranno anche molto simpatici.
Il disegno di Fujiko Fujio è molto semplice e morbido nell'usare il pennino, a volte va fuori il margine o non rappresenta i fondali ma comunque rimane un tratto molto particolare che nel suo piccolo riesce a catturare per bene l'attenzione del lettore, ottimo per quanto riguarda le realizzazzioni di palazzine cittadine e castelli dei vari regni.
Parlando dell'edizione, la J-Pop ci porta un ottimo formato con almeno 240 pagine per entrambi i numeri tra le quali solo le prime due pagine saranno a colori, la carta si presenta bianca e comunque con poca trasparenza, all'interno troveremo onomatopee sia in Giapponese che in Italiano, in tutto al prezzo di 12,00 € l'uno; il formato è fantastico, è stato realizzato in maniera sufficientemente grande tale da farsi leggere in maniera molto comoda, infatti è un manga da 16x21 cm con tanto di sovraccoperta , è davvero un'edizione perfetta a mio parere.
Concludo con il dire che il manga in questione è davvero ben fatto anche perché risulterà molto differente dalla versione animata, l'unica cosa che mi ha fatto storcere un po' il naso è il finale, che a mio avviso poteva essere più dettagliato; ho dato questo voto anche perché è un'opera molto divertente ma che in molti capitoli esporrà temi importanti riguardanti le varie sfumature della vita, sempre in chiave umoristica, lo consiglio a tutti i nostalgici di Carletto e a chi cerca un manga rilassante e simpatico allo stesso tempo.
Voto finale: 8