03.11.2012
Un manga in tre volumi, di genere soprannaturale/horror. Sostanzialmente, parla di fantasmi e di come rimangano attaccati al mondo dei vivi, spesso causando loro minacce mortali.
Il detective protagonista Reiji Akiba in principio sembra una specie di tenente Colombo, ma quando impugna la sua fida pistola-spirito Kagutsuchi, si trasforma in un giustiziere divino e diventa perfino bello. La potenza dei giusti… Peraltro, non lo vediamo mai essere pagato per i suoi servigi, e la domanda sorge spontanea: come si mantiene? Però bisogna riconoscere che il suo lavoro lo svolge bene: sono innumerevoli le anime perse che accompagna alla pace dell'eterno riposo, salvando nel contempo i vivi da una brutta sorte.
Pare che ci sia una gran dovizia di fantasmi, in Giappone, e che molti siano cattivi e vendicativi, o forse, ai fini della vicenda, sono più interessanti. O, anche, si tratta di povere anime perdute e spaventate, abbandonate dalla vita in modo violento, ma non ancora accolte dalla pace della morte. Sono storie dell'orrore, quindi ci vengono mostrate situazioni a volte anche piuttosto morbose, ma non più di quelle che ci ammanniscono all'ora di cena durante il TG, o sui portali dei telefonici ogni volta che controlliamo la casella di posta online, purtroppo.
Un punto debole di quest'opera è costituito dal fatto che sia costituito da brevi storie autoconclusive, tutto sommato abbastanza ripetitive: ci presentano l'anomalia, per così dire, abbiamo i canonici cinque minuti di paura, sbuca dal nulla il detective spara-fantasmi, e tutto è bene quel che finisce bene. Sembra di vedere Kenshin che castiga immancabilmente il cattivone di turno col lato smussato della spada. Alcune storie sono migliori di altre, più o meno commoventi, più o meno sanguinose, ma è il massimo della varietà che si riesce ad avere.
Potrebbe anche essere piacevole, se durasse un solo volume, ma ce ne sono tre, e alla lunga ci si stufa. Io un po' già lo ero prima della fine del primo libro, anche se il suo ultimo capitolo (visibility) ci racconta, più o meno, come Reiji abbia cominciato a vedere i fantasmi, lui che era diventato cieco, e sia venuto in possesso della sua magica pistola. Il primo capitolo del terzo volume ci riporta poi alla sua infanzia, quando ancora non aveva riacquistato la vista, in un susseguirsi di bozzetti bianchi su fondo nero che raccontano una storia da cavare il fiato. Può anche darsi che sia di facile effetto, ma non si può negare che faccia effetto, almeno fino al finale dell'episodio, che sinceramente non condivido, anche perché devia decisamente da quello che finora era stato il modus operandi del detective, su basi che trovo illogiche, trattandosi di lui. La storia, eccezionalmente, continua in un secondo capitolo e ha strascichi anche nei successivi, pur senza costituire un arco narrativo.
Bisogna poi aggiungere che, trattandosi sempre di episodi autoconclusivi, non si assiste ad un significativo approfondimento psicologico di nessun personaggio, anche perché l'unico protagonista degno di questo nome è sempre lui, il detective. Lo vediamo agire, capiamo, almeno in parte, il motivo per cui agisce, ma rimane sempre piuttosto bidimensionale, se non addirittura monodimensionale.
Ma quello che fa veramente infuriare è che questo manga non possieda un finale. Termina l'ultimo episodio autoconclusivo, e pure il manga!
C'è un'avvertenza che ci informa di come il terzo sia l'ultimo volume di “MAIL”, ma le avventure di Akiba Reiji continuino nel quarto volume di "The kurosagi corpse delivery service", che l'autore ha realizzato in collaborazione con un altro sensei. Beh, sono educata, quindi evito di commentare. Tra l'altro, potrebbe trattarsi di una sola ospitata, non si capisce bene. Si tratterebbe del capitolo tredici che in questo manga manca.
Alla fine di ogni volume troviamo inoltre alcune pagine di dissertazione sulla nascita della lingua scritta giapponese, traduzione degli effetti sonori del volume e di alcune iscrizioni e alcuni piccoli spaccati di vita quotidiana giapponese. Una trattazione molto, molto stimolante, dove apprendiamo, ad esempio, che i giapponesi sono obbligati per legge a scrivere il proprio cognome in kanji, ma che non hanno lo stesso obbligo per il nome proprio, o che devono pagare un contributo mensile per la TV statale, ma che non esiste multa per chi non paga: solo l'assillo dell'incaricato alla riscossione che suona alla porta. È poi interessante scoprire come gli effetti sonori, resi in giapponese, siano molto, molto diversi da quelli americani, cui siamo tutti così abituati, ma non per questo meno descrittivi, anzi.
Ad ogni modo, è un'opera che ho letto volentieri, pur coi suoi difetti. È stata certamente aiutata da un disegno che direi adatto a ciò che descrive: linee molto nette, pochi chiaroscuri, fondali che ci sono quando servono, e che fanno il loro lavoro onestamente. I vari personaggi che si avvicendano nei capitoli sono abbastanza diversi l'uno dall'altro, cosa sicuramente encomiabile. Quello che salta all'occhio, alla fine della lettura, è che, stranamente o meno, le persone aggredite dai fantasmi sono sempre donne. Non ricordo di aver visto un solo uomo, anche se potrei sbagliarmi: si tratterebbe comunque di una stragrande maggioranza femminile. Lascio alla sensibilità di ognuno il commento su questa scelta dell'autore.
Un manga in tre volumi, di genere soprannaturale/horror. Sostanzialmente, parla di fantasmi e di come rimangano attaccati al mondo dei vivi, spesso causando loro minacce mortali.
Il detective protagonista Reiji Akiba in principio sembra una specie di tenente Colombo, ma quando impugna la sua fida pistola-spirito Kagutsuchi, si trasforma in un giustiziere divino e diventa perfino bello. La potenza dei giusti… Peraltro, non lo vediamo mai essere pagato per i suoi servigi, e la domanda sorge spontanea: come si mantiene? Però bisogna riconoscere che il suo lavoro lo svolge bene: sono innumerevoli le anime perse che accompagna alla pace dell'eterno riposo, salvando nel contempo i vivi da una brutta sorte.
Pare che ci sia una gran dovizia di fantasmi, in Giappone, e che molti siano cattivi e vendicativi, o forse, ai fini della vicenda, sono più interessanti. O, anche, si tratta di povere anime perdute e spaventate, abbandonate dalla vita in modo violento, ma non ancora accolte dalla pace della morte. Sono storie dell'orrore, quindi ci vengono mostrate situazioni a volte anche piuttosto morbose, ma non più di quelle che ci ammanniscono all'ora di cena durante il TG, o sui portali dei telefonici ogni volta che controlliamo la casella di posta online, purtroppo.
Un punto debole di quest'opera è costituito dal fatto che sia costituito da brevi storie autoconclusive, tutto sommato abbastanza ripetitive: ci presentano l'anomalia, per così dire, abbiamo i canonici cinque minuti di paura, sbuca dal nulla il detective spara-fantasmi, e tutto è bene quel che finisce bene. Sembra di vedere Kenshin che castiga immancabilmente il cattivone di turno col lato smussato della spada. Alcune storie sono migliori di altre, più o meno commoventi, più o meno sanguinose, ma è il massimo della varietà che si riesce ad avere.
Potrebbe anche essere piacevole, se durasse un solo volume, ma ce ne sono tre, e alla lunga ci si stufa. Io un po' già lo ero prima della fine del primo libro, anche se il suo ultimo capitolo (visibility) ci racconta, più o meno, come Reiji abbia cominciato a vedere i fantasmi, lui che era diventato cieco, e sia venuto in possesso della sua magica pistola. Il primo capitolo del terzo volume ci riporta poi alla sua infanzia, quando ancora non aveva riacquistato la vista, in un susseguirsi di bozzetti bianchi su fondo nero che raccontano una storia da cavare il fiato. Può anche darsi che sia di facile effetto, ma non si può negare che faccia effetto, almeno fino al finale dell'episodio, che sinceramente non condivido, anche perché devia decisamente da quello che finora era stato il modus operandi del detective, su basi che trovo illogiche, trattandosi di lui. La storia, eccezionalmente, continua in un secondo capitolo e ha strascichi anche nei successivi, pur senza costituire un arco narrativo.
Bisogna poi aggiungere che, trattandosi sempre di episodi autoconclusivi, non si assiste ad un significativo approfondimento psicologico di nessun personaggio, anche perché l'unico protagonista degno di questo nome è sempre lui, il detective. Lo vediamo agire, capiamo, almeno in parte, il motivo per cui agisce, ma rimane sempre piuttosto bidimensionale, se non addirittura monodimensionale.
Ma quello che fa veramente infuriare è che questo manga non possieda un finale. Termina l'ultimo episodio autoconclusivo, e pure il manga!
C'è un'avvertenza che ci informa di come il terzo sia l'ultimo volume di “MAIL”, ma le avventure di Akiba Reiji continuino nel quarto volume di "The kurosagi corpse delivery service", che l'autore ha realizzato in collaborazione con un altro sensei. Beh, sono educata, quindi evito di commentare. Tra l'altro, potrebbe trattarsi di una sola ospitata, non si capisce bene. Si tratterebbe del capitolo tredici che in questo manga manca.
Alla fine di ogni volume troviamo inoltre alcune pagine di dissertazione sulla nascita della lingua scritta giapponese, traduzione degli effetti sonori del volume e di alcune iscrizioni e alcuni piccoli spaccati di vita quotidiana giapponese. Una trattazione molto, molto stimolante, dove apprendiamo, ad esempio, che i giapponesi sono obbligati per legge a scrivere il proprio cognome in kanji, ma che non hanno lo stesso obbligo per il nome proprio, o che devono pagare un contributo mensile per la TV statale, ma che non esiste multa per chi non paga: solo l'assillo dell'incaricato alla riscossione che suona alla porta. È poi interessante scoprire come gli effetti sonori, resi in giapponese, siano molto, molto diversi da quelli americani, cui siamo tutti così abituati, ma non per questo meno descrittivi, anzi.
Ad ogni modo, è un'opera che ho letto volentieri, pur coi suoi difetti. È stata certamente aiutata da un disegno che direi adatto a ciò che descrive: linee molto nette, pochi chiaroscuri, fondali che ci sono quando servono, e che fanno il loro lavoro onestamente. I vari personaggi che si avvicendano nei capitoli sono abbastanza diversi l'uno dall'altro, cosa sicuramente encomiabile. Quello che salta all'occhio, alla fine della lettura, è che, stranamente o meno, le persone aggredite dai fantasmi sono sempre donne. Non ricordo di aver visto un solo uomo, anche se potrei sbagliarmi: si tratterebbe comunque di una stragrande maggioranza femminile. Lascio alla sensibilità di ognuno il commento su questa scelta dell'autore.