Hyakumanjou Labyrinth
Reika Kubajima e la sua amica Youko amano i videogiochi, e lavorano come beta testers. La specialità di Reika, e la sua vera passione, è trovare bugs - falle nel sistema che permettano di vincere con poca fatica. Avrà occasione di mettere alla prova le proprie abilità quando, assieme a Youko, si troverà a dovere navigare un misterioso labirinto di tatami, pieno proprio di quei bug che lei tanto ama scovare.
Dopo una vita intera a creare le copertine pù o meno osè del magazine lolicon 'Comic LO', ed una serie di brevi slice-of-life visivamente accattivanti ma di poca sostanza, Takamichi prova finalmente a creare una vera narrazione con 'Hyakumanjou Labyrinth'.
I risultati non sono, purtroppo, buoni quanto le premesse: nel bianco e nero del manga 'tradizionale' il punto di forza di Takamichi - il colore - è ovviamente assente, e così le tavole risultano troppo semplici visivamente, a tratti addirittura traballanti nell'anatomia.
La storia è, essenzialmente, una versione soft di quell'inflazionato filone mistero/azione che ricalca proprio la dinamica di un videogioco: i personaggi si trovano misteriosamente in un ambiente a livelli, che devono navigare superando trappole grazie alle proprie geniali doti. Un canovaccio che può funzionare quando gli si aggiunge vero pathos (vedi 'Kamisama no Iuutori Ni' e cloni), ma che manca di mordente quando a guidare i personaggi è un 'bonaccione' come Takamichi. Abituato a disegnare (molto bene, peraltro) ninfette e ragazzine discinte, non credo abbia la 'cattiveria' necessaria per sostenere una serie di mistero/azione.
Insomma, poco per gli amanti del genere, quasi nulla per gli amanti di Takamichi. La sensazione latente è che, apprezzato questo sforzo, sarebbe meglio tornasse a fare altro.
Dopo una vita intera a creare le copertine pù o meno osè del magazine lolicon 'Comic LO', ed una serie di brevi slice-of-life visivamente accattivanti ma di poca sostanza, Takamichi prova finalmente a creare una vera narrazione con 'Hyakumanjou Labyrinth'.
I risultati non sono, purtroppo, buoni quanto le premesse: nel bianco e nero del manga 'tradizionale' il punto di forza di Takamichi - il colore - è ovviamente assente, e così le tavole risultano troppo semplici visivamente, a tratti addirittura traballanti nell'anatomia.
La storia è, essenzialmente, una versione soft di quell'inflazionato filone mistero/azione che ricalca proprio la dinamica di un videogioco: i personaggi si trovano misteriosamente in un ambiente a livelli, che devono navigare superando trappole grazie alle proprie geniali doti. Un canovaccio che può funzionare quando gli si aggiunge vero pathos (vedi 'Kamisama no Iuutori Ni' e cloni), ma che manca di mordente quando a guidare i personaggi è un 'bonaccione' come Takamichi. Abituato a disegnare (molto bene, peraltro) ninfette e ragazzine discinte, non credo abbia la 'cattiveria' necessaria per sostenere una serie di mistero/azione.
Insomma, poco per gli amanti del genere, quasi nulla per gli amanti di Takamichi. La sensazione latente è che, apprezzato questo sforzo, sarebbe meglio tornasse a fare altro.