I gatti del Louvre
«I gatti del Louvre» è un’opera di Taiyō Matsumoto («Tekkonkinkreet», «Ping Pong», «Sunny») composta da due volumi e portata in Italia da JPop con un’edizione curatissima: copertina rigida, carta con il giusto grado di patinatura, il tutto interamente a colori (la colorazione delle tavole è stata affidata da Matsumoto alla francese Isabelle Merlet).
Come anticipato nel titolo il teatro della storia è il museo del Louvre, l’opera si inserisce infatti nella collana “Le Louvre et la bande dessinée” -nata nel 2005- che in Francia è edita congiuntamente da Futuropolis e dal Museo del Louvre e che vede il Museo teatro di storie raccontate prevalentemente da autori francesi, ma non solo (nel catalogo ci sono lavori di Jirō Taniguchi e Naoki Urasawa).
La prima tavola ci presenta uno degli scorci più noti del museo d’arte più visitato al mondo: la sala che ospita la Gioconda, con i turisti accalcati di fronte alla teca di vetro che protegge il dipinto.
In mezzo alla folla che agita telefoni e scatta fotografie c’è Cécile, la protagonista umana della storia, una guida turistica appassionata e un po’ scoraggiata dall’interesse superficiale di molti turisti. Alla terza visita giornaliera, lo sguardo di Cécile coglie, in mezzo al brulicare delle persone, un particolare inaspettato: un gattino, bianco, gli occhio eterocromi...
Inizia così questa storia, scandita da diciotto capitoli i cui titoli nominano ciascuno un segreto diverso. Si parte con “Il segreto della soffitta” che è ovviamente la soffitta in cui sono radunati i “gatti del Louvre”, piccola comunità eterogenea di gatti accudita dal vecchio custode Marcel. Ma sono gatti solo agli occhi umani perché in assenza il loro aspetto non è felino, è invece antropomorfo, anche se dei gatti mantengono baffi, coda e orecchie.
Un racconto -dunque- evocativo e surreale quello di Taiyō Matsumoto; che ritrae con cura le suggestive sale del museo, i suoi corridoi, i suoi quadri, i suoi cortili (inclusa, ovviamente la chiacchieratissima piramide di vetro e metallo) e la vista dai suoi tetti e inserisce elementi onirici, personaggi che hanno la capacità di entrare nei quadri, come Fiocco di Neve -il gattino scorto da Cécile- o come Arietta, la sorella di Marcel che in un quadro (quale sia questo quadro è uno dei “segreti”) è “persa” da cinquanta anni.
Seduce con le immagini delle sale, soprattutto delle sale vuote, ogni visitatore vorrebbe avere il privilegio di poterle percorrere in solitudine, ma lo sguardo dell’autore lo percepiamo inquieto, come inquieti sono i personaggi, umani e felini. Una storia in cui le vicende degli uni e degli altri si intrecciano, in cui si riflette sul mondo e sulla difficoltà di viverci: “questo mondo è freddo e puzzolente”, e ognuno reagisce diversamente alle difficoltà che pone. E ho apprezzato che l’autore fornisca spunti per la riflessione piuttosto che indicare una soluzione “buona per tutti”.
La scelta del colore pieno (che ha una palette pastello), così come il tratto stesso richiamano da vicino la tradizione del fumetto francese, mentre altri elementi, come l’importanza data alle stagioni che scorrono, sono tipici della tradizione giapponese.
Un po’ romanzo di formazione, un po’ celebrazione del Museo, un po’ surrealismo puro questi due volumi mi sono piaciuti molto e li consiglio a chi ama i gatti, Parigi e il Louvre.
Come anticipato nel titolo il teatro della storia è il museo del Louvre, l’opera si inserisce infatti nella collana “Le Louvre et la bande dessinée” -nata nel 2005- che in Francia è edita congiuntamente da Futuropolis e dal Museo del Louvre e che vede il Museo teatro di storie raccontate prevalentemente da autori francesi, ma non solo (nel catalogo ci sono lavori di Jirō Taniguchi e Naoki Urasawa).
La prima tavola ci presenta uno degli scorci più noti del museo d’arte più visitato al mondo: la sala che ospita la Gioconda, con i turisti accalcati di fronte alla teca di vetro che protegge il dipinto.
In mezzo alla folla che agita telefoni e scatta fotografie c’è Cécile, la protagonista umana della storia, una guida turistica appassionata e un po’ scoraggiata dall’interesse superficiale di molti turisti. Alla terza visita giornaliera, lo sguardo di Cécile coglie, in mezzo al brulicare delle persone, un particolare inaspettato: un gattino, bianco, gli occhio eterocromi...
Inizia così questa storia, scandita da diciotto capitoli i cui titoli nominano ciascuno un segreto diverso. Si parte con “Il segreto della soffitta” che è ovviamente la soffitta in cui sono radunati i “gatti del Louvre”, piccola comunità eterogenea di gatti accudita dal vecchio custode Marcel. Ma sono gatti solo agli occhi umani perché in assenza il loro aspetto non è felino, è invece antropomorfo, anche se dei gatti mantengono baffi, coda e orecchie.
Un racconto -dunque- evocativo e surreale quello di Taiyō Matsumoto; che ritrae con cura le suggestive sale del museo, i suoi corridoi, i suoi quadri, i suoi cortili (inclusa, ovviamente la chiacchieratissima piramide di vetro e metallo) e la vista dai suoi tetti e inserisce elementi onirici, personaggi che hanno la capacità di entrare nei quadri, come Fiocco di Neve -il gattino scorto da Cécile- o come Arietta, la sorella di Marcel che in un quadro (quale sia questo quadro è uno dei “segreti”) è “persa” da cinquanta anni.
Seduce con le immagini delle sale, soprattutto delle sale vuote, ogni visitatore vorrebbe avere il privilegio di poterle percorrere in solitudine, ma lo sguardo dell’autore lo percepiamo inquieto, come inquieti sono i personaggi, umani e felini. Una storia in cui le vicende degli uni e degli altri si intrecciano, in cui si riflette sul mondo e sulla difficoltà di viverci: “questo mondo è freddo e puzzolente”, e ognuno reagisce diversamente alle difficoltà che pone. E ho apprezzato che l’autore fornisca spunti per la riflessione piuttosto che indicare una soluzione “buona per tutti”.
La scelta del colore pieno (che ha una palette pastello), così come il tratto stesso richiamano da vicino la tradizione del fumetto francese, mentre altri elementi, come l’importanza data alle stagioni che scorrono, sono tipici della tradizione giapponese.
Un po’ romanzo di formazione, un po’ celebrazione del Museo, un po’ surrealismo puro questi due volumi mi sono piaciuti molto e li consiglio a chi ama i gatti, Parigi e il Louvre.