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bob71

Volumi letti: 1/1 --- Voto 9,5
Per la gioia degli appassionati lettori di shojo/josei, continua la pubblicazione da parte di J-Pop della Moto Hagio Collection, la pregevole collana dedicata a una delle autrici più influenti della storia del manga. Per la prima volta pubblicata in Italia, Hanshin - La dea dimezzata è una raccolta di racconti scritti e disegnati in diversi momenti della carriera di Moto Hagio, che vanno a formare un piccolo campionario di stili grafici e registri narrativi in cui la poliedrica mangaka si è di volta in volta cimentata, dal fantasy/fantascientifico alla commedia romantica, dall’horror gotico al dramma psicologico, in dodici storie brevi brucianti di emozioni forti.

Hanshin - La dea dimezzata è un’antologia piuttosto eterogenea e le storie non seguono l'ordine cronologico di pubblicazione (che copre un ampio arco dal 1971 al 1998), piuttosto sono raggruppate per periodi e affinità tematiche. Tra le pagine scopriremo autentiche perle di bellezza e originalità, alcune variazioni sul tema che strizzano l'occhio alle opere lunghe della stessa autrice, ed altri piccoli esperimenti un po' meno ispirati ma risolti con classe cristallina e mestiere consumato. Un plausibile trait d’union fra diversi racconti potremmo identificarlo con il tema della complessità delle relazioni familiari, di cui il primo racconto (uno dei più intensi e laceranti dell’intera raccolta) ne fornisce un valido esempio.

Hanshin, pubblicato su Petit Flower nel 1984, narra di due gemelle siamesi affette da una rara patologia: Yucy è di una bellezza radiosa ma soffre di un grave ritardo cognitivo che la costringe a vivere nello stadio mentale di un’eterna bambina; Yudy invece ha un’intelligenza precoce e brillante ma è fisicamente debilitata, il suo aspetto è sgraziato e vive con frustrazione l’inseparabilità da sua sorella che deve sopportare suo malgrado e per la quale inizia a covare un certo rancore. Di fronte alla possibilità di una difficile operazione chirurgica, nasce in Yudy la speranza di una liberazione dal suo fardello, ma dopo la separazione cresce in lei la consapevolezza di quanto sia interdipendente da sua sorella, la cui morte sarà vissuta come la perdita di una parte di sé. Ed è sulla doppia identità (e più in generale sull'ambiguità dell’essere umano) che l’autrice insiste nella sua narrazione sempre poetica ed evocativa che scava a fondo nella psicologia della "dea dimezzata", cadenzata dal suo dolente monologo introspettivo. I disegni mettono in evidenza questa condizione grottesca con il contrasto tra la delicatezza “shojo” di Yucy e la durezza dei tratti di Yudy, un brusco dualismo che rivela due facce di una stessa medaglia.

La fusione tra realtà e fantasia (e tra mondo interiore e mondo esterno) ricorre nel secondo racconto, La bambina iguana pubblicato su Petit Flower nel 1991, che come Hanshin (ma con toni un po’ più leggeri e surreali) parte dalla contrapposizione di due sorelle: una bella, adorabile e amata, l’altra (Rika, la nostra eroina) nonostante sia diligente, vivace e curiosa, è disprezzata da sua madre che ha un'ossessione per i rettili e vede sua figlia con le fattezze di un'iguana sin dal momento della sua nascita. Questo porterà la stessa Rika a percepire sé stessa come un rettile (anche se tutti gli altri la vedono come una ragazza normale) con conseguenti ricadute sull’autostima. Non è difficile per il lettore simpatizzare a prima vista con questo incredibile personaggio che Moto Hagio riesce a caratterizzare meravigliosamente. La percezione distorta/allucinata che i personaggi hanno di sé (espediente che ricorda molto Philip K. Dick) da un lato fornisce un’interessante metafora sulla diversità, dall’altro consente all’autrice di approcciarsi in modo anticonvenzionale a temi come la femminilità, il genere, l'identità. L'esasperata relazione madre/figlia è unidirezionale (con la figura materna che rimane sullo sfondo, quasi senza anima) e viene esplorata in modo psicanalitico. Un conflitto tra amore e rancore, vendetta e perdono, risolto da Moto Hagio con l’espediente onirico/fiabesco e un finale ambiguamente consolatorio che ci lascia con una serie di domande senza risposta.

Il tema dell’aborto è al centro della commedia sentimentale Imitando gli angeli, pubblicato su Petit Flower nel 1984, in cui la studentessa universitaria Tsugiko, colta dalla disperazione, tenta di togliersi la vita con i sonniferi, ma viene salvata da Shiro, un uomo che la ospita e la aiuta a riprendersi. Pian piano la ragazza riassapora la gioia di vivere proprio grazie al suo salvatore, che però si scoprirà essere il suo nuovo professore di biologia. Rispetto ai precedenti il racconto è scritto in modo più convenzionale con una premessa, uno sviluppo e un ben assestato colpo di scena finale. Moto Hagio si concentra nella sua sublime arte di evocare sentimenti di squisita malinconia e il dramma di Tsugiko finisce per assumere i contorni di una vera e propria crisi mistica, con ardite speculazioni a cavallo tra scienza e religione. Meticolosa nel delineare le dinamiche psicologiche fra i personaggi, le si perdonano alcuni eccessi melodrammatici.

I legami familiari tornano centrali nella commedia romantica giovanile La medicina per andare a scuola, pubblicato su Big Gold nel 1994. La storia, disegnata con i toni del grottesco e del surreale, narra dei turbamenti del giovane Katsumi, alle prese con la sua prima storia d’amore e al contempo con la separazione dei genitori. Moto Hagio riflette in modo sottile (a volte un po’ amaro) sulle conseguenze di una separazione e stigmatizza con graffiante ironia il ruolo ingessato della casalinga nella società giapponese (in questo caso interpretato dalla madre di Katsumi).

La visione sarcastica e quantomai critica del ruolo tradizionale della donna giapponese, vincolata ai pregiudizi e alle sovrastrutture culturali, è ancora più evidente in Sole pomeridiano, pubblicato su Big Gold nel 1994, un delicato racconto che narra di una donna di mezza età (Shoko), devota madre di famiglia, che si invaghisce di un uomo molto più giovane di lei. Complici un corso di cucina, i voli della fantasia e un risvegliato slancio passionale, Shoko finirà per mettere in dubbio il senso stesso della sua vita matrimoniale. Sarà proprio il recuperato rapporto con la sua giovane figlia, a sua volta innamorata dello stesso uomo, a farle ritrovare la bussola (non senza qualche rimpianto) della “retta via”. Ancora una volta l’autrice ci regala un meraviglioso ritratto femminile, complesso e credibile nella sua introspezione.

Con Il falso re, pubblicato su Petit Flower nel 1984, una delle storie più anticonvenzionali della raccolta, siamo nei territori del fantasy e seguiamo le peregrinazioni, lungo un deserto da Mille e una notte, di due uomini dai tratti diametralmente opposti (un giovane viaggiatore di aspetto angelico e un vecchio mendicante cieco e avvizzito). Attraverso una fitta schermaglia di dialoghi e rivelazioni reciproche i due imbastiscono un lungo, estenuante duello psicologico fino al tragico colpo di scena finale. Si tratta di una cupa storia di vendetta tutta al maschile che stride con i racconti precedenti e vede l’autrice destreggiarsi con una maggiore libertà creativa sia nel tratto di disegno che nella composizione delle tavole, mutuando i costumi e l’ambientazione dall’universo di Marginal, quasi una variazione sul tema.

La serra, pubblicato su Seventeen nel 1975 e scritto da Ikumi Ikeda, è un racconto dark sulla falsariga tragica dell’opera più lunga dello stesso periodo Il cuore di Thomas. La storia d’amore tra due ragazzi, ritrovatisi fratellastri dopo il matrimonio dei rispettivi genitori, è ambientata negli Stati Uniti in un passato non ben definito. Josephat è un giovane di buona famiglia che aspira a diventare scrittore, Lange è un bel ragazzo biondo di tre anni più giovane. Dopo un’iniziale titubanza, complice un’estate trascorsa spensieratamente nella villa di famiglia, i due diventano sempre più intimi fino a quando non si avventurano all’interno di una vecchia casa abbandonata e infestata da una presenza tanto affascinante quanto inquietante. L’horror gotico a tinte rosa che avevamo imparato a conoscere con Il clan dei Poe qui viene riproposto in una storia intrigante e sensuale che introduce il tema dell'amore omosessuale (inedito per l’epoca in un manga destinato al pubblico femminile) senza mai scadere nel vouyerismo, mentre sul piano dei disegni si nota uno stile dal tratto sinuoso, fresco e straripante della personalità dell’artista.

Marine, scritto da Takako Imazako e pubblicato su Seventeen nel 1977, racconta la storia di Abe Reimann, ragazzo orfano di umili origini che, grazie al duro lavoro e alla determinazione, riesce a rinfrancarsi dall’opprimente famiglia che lo ha adottato imponendosi nel mondo del tennis, sport aristocratico per eccellenza. La forza del ragazzo sembra provenire dal sentimento che prova per Marine una ragazza dagli occhi azzurri, bellissima e misteriosa, che Abe incontra sin da bambino e che lo accompagna nei momenti più importanti della sua vita. Dramma sentimentale, parabola sportiva e riscatto sociale si fondono in una struggente favola surreale intrisa di slanci poetici e languido romanticismo.

L’elaborazione del lutto è il filo rosso che collega i tre racconti seguenti. In Catarsis, pubblicato su Petit Flower nel 1992, seguiamo le inquietudini del giovane Yuji alle prese con una grave depressione dopo la morte improvvisa della sua amica del cuore. La sua crisi è alimentata dalle aspettative di carriera degli asfissianti e possessivi genitori, convinti che soffra del cosiddetto male di maggio, la crisi che colpisce i giovani nel momento del ritorno alle attività scolastiche (o lavorative) in linea con i ritmi giapponesi. Solo grazie all’aiuto di Tomo, aspirante psicoterapeuta, Yuji riuscirà a superare il suo trauma e a far tornare il sereno nella sua vita. In questo racconto, uno dei pochi della raccolta in cui non c’è traccia di elementi fantasy o surreali, l’autrice torna a mettere in scena gli psicodrammi familiari e i gap generazionali, ponendo l’accento critico sul modello di famiglia tradizionale imposto dalla società nipponica, e rivelando una rabbiosa rivolta contro le figure genitoriali (e l'autorità degli adulti in generale) che minaccia costantemente di sfociare nella violenza (non solo psicologica).

Ne Il bambino torna a casa (il racconto più recente, del 1998) una famiglia deve affrontare la morte del figlio minore. Il lutto ha un effetto diverso sui vari membri, con l’adolescente Hideaki (nelle sue idiosincrasie ricalcato sul protagonista del racconto precedente) che fugge di casa e con sua madre che continua a vedere il bambino nella vita di tutti i giorni, mentre il padre è (forse volutamente) un personaggio piatto e incolore. Si tratta di un commovente squarcio di vita, venato di realismo magico, che riflette sul dolore e l’accettazione del lutto.

Lo yukata cucito da Sayo, pubblicato su Shojo Comic nel 1971, è invece il racconto più datato ed è incentrato su una ragazza di quattordici anni che sta cucendo uno yukata per i festeggiamenti dell'Odon usando il tessuto che sua madre le aveva comprato prima di morire, sull'onda dei ricordi infantili e dei momenti felici trascorsi insieme. Un racconto introspettivo, tenero e nostalgico disegnato con la consueta grazia e leggerezza del tratto dell’autrice che qui si mostra ancora un po' acerbo ma già perfettamente sicuro e disinvolto nella composizione delle tavole.

Nell’ultimo fulmineo racconto, L’amico K., pubblicato su Grapefruit nel 1985, Moto Hagio comprime in poche pagine, tutte disegnate con ritmiche vignette orizzontali, i pensieri del protagonista (io narrante) che ritornano con rimorso ai momenti della turbolenta relazione con l’enigmatico e solitario antagonista (K. per l'appunto), che il narratore aveva preso di mira ai tempi della scuola: le invidie, le derisioni, le meschinità sono ripercorse in un lungo flashback con un finale aperto e volutamente irrisolto. Un esercizio di stile da parte dell’autrice che dimostra di saper manipolare la narrazione in qualsiasi formato.

L’edizione J-Pop Manga di Hanshin – La dea dimezzata si presenta con la consueta cura dedicata alla benemerita collana Moto Hagio Collection. Si tratta di un bel volume in formato 15x21 con sovraccoperta e frontespizi a colori al prezzo di 15,00€. La traduzione è affidata a Valentina Vignola.

Pioniera del Gruppo 24, in oltre cinquant’anni di carriera Moto Hagio ha spaziato tra i generi creando storie profonde e drammatiche come non si erano mai viste prima. L’antologia Hanshin - La dea dimezzata rappresenta un buon esempio della sua arte che travalica la definizione stessa di shojo/josei e offre molto di più del semplice intrattenimento fumettistico. Questi racconti esplorano temi complessi (lutto, aborto, depressione, famiglie disfunzionali, questioni di genere) attraverso trame elaborate che mantengono il lettore con il fiato sospeso sul vasto panorama emotivo dei suoi personaggi. Consigliato non solo agli amanti di manga shojo/josei e agli estimatori delle opere lunghe di Moto Hagio (che qui troveranno un ottimo saggio della sua abilità nel racconto breve), ma a tutti gli appassionati lettori che volessero approcciarsi per la prima volta a quest’autrice indispensabile.