La mia fuga alcolica - Scappando dalla realtà
Nessun uomo è un’isola: può sembrare una frase fatta, ma nasconde anche un secondo e non leggero significato: che a parlare di sé stessi si finisce, inevitabilmente a parlare anche degli altri, vicini o lontani che siano e non è detto che sia una buona cosa.
Questa è la lezione che la nostra autrice ha imparato dai precedenti volumi e che racconta in questo. Nei primi due episodi della sua autobiografia ha mostrato sé stessa in maniera encomiabile, ma ora ne deve affrontare le conseguenze: i suoi familiari hanno pianto lacrime amare per le sue esternazioni. Ora deve affrontare il passo successivo: trovare un modo per riprendere i contatti con loro, ma anche con sé stessa, dato che il blocco dello scrittore le aveva fatto venire una forte voglia di bere, con risultati devastanti.
La nostra, infatti, ha finito per beccarsi una forte pancreatite, con due mesi di ricovero in ospedale. E l’ospedalizzazione ha le ha offerto molto tempo per pensare, ma anche per conoscere sé stessa. Alla fine di questo lungo cammino, Kabi non potrà non chiedersi se sia effettivamente una mangaka, dato che non riesce a scrivere una storia inventata. Ma finirà con l’accettare sé stessa e ammettere che anche il materiale autobiografico merita rispetto e ha la sua importanza.
La grafica è la stessa, al pari della regia, dei due volumi precedenti e ciò non è un male, visto che la nostra si lamentava di non essere riuscita a far evolvere il tratto. I colori sono bianco, nero e fluo e la commistione, a mio avviso, è gradevole. Certo questo è il terzo volume della trilogia o dovrei dire il quarto, dato che il secondo aveva durata doppia ma, dati i temi più leggeri, l’assenza di elementi lesbo e la brevità, potrebbe essere un ottimo modo per i neofiti per entrare nel mondo di Kabi. Oltre ad essere una grande lezione di onestà intellettuale e introspezione. La lezione, poi, che l’alcolismo possa sempre capitare, anche a chi non ha toccato un bicchiere fino a ventotto anni risulta un motivo sufficiente per leggere il volume e farlo leggere nelle scuole.
Se poi avete letto i due precedenti non potete non leggere questo. Come voto vorrei dare solo 7,5 ma, in premio all’onestà e ai messaggi importanti do 8.
P.s. lettura sconsigliata a chi sia privo d’empatia.
Questa è la lezione che la nostra autrice ha imparato dai precedenti volumi e che racconta in questo. Nei primi due episodi della sua autobiografia ha mostrato sé stessa in maniera encomiabile, ma ora ne deve affrontare le conseguenze: i suoi familiari hanno pianto lacrime amare per le sue esternazioni. Ora deve affrontare il passo successivo: trovare un modo per riprendere i contatti con loro, ma anche con sé stessa, dato che il blocco dello scrittore le aveva fatto venire una forte voglia di bere, con risultati devastanti.
La nostra, infatti, ha finito per beccarsi una forte pancreatite, con due mesi di ricovero in ospedale. E l’ospedalizzazione ha le ha offerto molto tempo per pensare, ma anche per conoscere sé stessa. Alla fine di questo lungo cammino, Kabi non potrà non chiedersi se sia effettivamente una mangaka, dato che non riesce a scrivere una storia inventata. Ma finirà con l’accettare sé stessa e ammettere che anche il materiale autobiografico merita rispetto e ha la sua importanza.
La grafica è la stessa, al pari della regia, dei due volumi precedenti e ciò non è un male, visto che la nostra si lamentava di non essere riuscita a far evolvere il tratto. I colori sono bianco, nero e fluo e la commistione, a mio avviso, è gradevole. Certo questo è il terzo volume della trilogia o dovrei dire il quarto, dato che il secondo aveva durata doppia ma, dati i temi più leggeri, l’assenza di elementi lesbo e la brevità, potrebbe essere un ottimo modo per i neofiti per entrare nel mondo di Kabi. Oltre ad essere una grande lezione di onestà intellettuale e introspezione. La lezione, poi, che l’alcolismo possa sempre capitare, anche a chi non ha toccato un bicchiere fino a ventotto anni risulta un motivo sufficiente per leggere il volume e farlo leggere nelle scuole.
Se poi avete letto i due precedenti non potete non leggere questo. Come voto vorrei dare solo 7,5 ma, in premio all’onestà e ai messaggi importanti do 8.
P.s. lettura sconsigliata a chi sia privo d’empatia.
Come nei suoi lavori precedenti "La mia prima volta, My Lesbian Experience with Loneliness" e "Lettere a me stessa", Kabi Nagata torna a raccontare di sè attraverso l'ennesimo volume autoconclusivo col suo stile inconfondibile.
"La mia fuga Alcolica" è l'ennesima dimostrazione di un talento nascente.
In questo manga l'autrice parla della sua esperienza di ospedalizzazione, durata un paio di mesi, per un ricovero urgente dovuto a una pancreatite acuta causata da un consumo eccessivo di alcol.
Oltre al periodo di degenza in ospedale vengono narrate le vicende che l'hanno portata a diventare un'alcolista: il blocco creativo, la depressione, il senso di inadeguatezza, la solitudine, la vitale esigenza di bere per perdonarsi e dimenticare le brutte esperienze, sono alcune delle intense tematiche trattate, la cui drammaticità stride con il tratto caricaturale dell'autrice e il colore chiaro e positivo del bianco e arancio fluo presente in tutte le pagine, suo segno distintivo (con "Lettere a me stessa" il colore era il rosa chiaro).
In "La mia fuga alcolica" Nagata spiega che coi precedenti lavori autobiografici pubblicati aveva fatto piangere i suoi genitori e non in senso buono perciò, durante la degenza in ospedale, cercò di portare avanti un progetto legato a una fiction totalmente inventata decidendo inizialmente di non puntare più sulle autobiografie. La cosa interessante è che, nonostante il suo impegno (dovuto ai sensi di colpa) e alle numerose revisioni da parte del suo editor, nessuna casa editrice è convinta della pubblicazione. Presto Nagata capirà che raccontare di se stessa non solo porta a pubblicazioni e vendite, ma soprattutto l'aiuterà a prendere maggiore consapevolezza di quanto le è accaduto e che non c'è nulla di imbarazzante o vergognoso nel mostrarsi per come si è, cosa che inizialmente la tormentava.
Infatti i suoi lavori hanno ricevuto numerosi premi internazionali, come lei stessa scrive, quando era in ospedale il suo editor le comunicò che l'edizione inglese de "La mia prima volta" aveva vinto il premio come miglior manga al "Harvey Awards".
Devo dire che infatti tutte le opere di Nagata, in quanto autobiografiche, sono incredibili per profondità psicologica, estrema sincerità nel narrare la solitudine e la depressione, e un lieve tratto di ironia in una lettura spesso straziante e triste.
Per molti versi mi ha ricordato il magnifico "Diario della mia scomparsa" del compianto Hideo Azuma.
La J-Pop ha fatto un'ottima edizione di grande qualità, come sempre.
Specifico che non è una lettura per tutti: se si riesce ad empatizzare anche poco con le sue esperienze di vita la lettura può diventare pesante e difficile da continuare, soprattutto con la precedente opera "Lettere a me stessa".
Tuttavia io consiglio assolutamente questo manga a tutti perché è un pezzo di vita interessante e intenso.
Chiarisco anche che questo volume per me è tra i più leggeri da lei pubblicati, quindi a mio parere può essere letto come prima lettura per tastare questa autrice, quindi compratelo!
E se vi piacerà, consiglio di leggete le precedenti opere di Kabi Nagata, non ve ne pentirete.
"La mia fuga Alcolica" è l'ennesima dimostrazione di un talento nascente.
In questo manga l'autrice parla della sua esperienza di ospedalizzazione, durata un paio di mesi, per un ricovero urgente dovuto a una pancreatite acuta causata da un consumo eccessivo di alcol.
Oltre al periodo di degenza in ospedale vengono narrate le vicende che l'hanno portata a diventare un'alcolista: il blocco creativo, la depressione, il senso di inadeguatezza, la solitudine, la vitale esigenza di bere per perdonarsi e dimenticare le brutte esperienze, sono alcune delle intense tematiche trattate, la cui drammaticità stride con il tratto caricaturale dell'autrice e il colore chiaro e positivo del bianco e arancio fluo presente in tutte le pagine, suo segno distintivo (con "Lettere a me stessa" il colore era il rosa chiaro).
In "La mia fuga alcolica" Nagata spiega che coi precedenti lavori autobiografici pubblicati aveva fatto piangere i suoi genitori e non in senso buono perciò, durante la degenza in ospedale, cercò di portare avanti un progetto legato a una fiction totalmente inventata decidendo inizialmente di non puntare più sulle autobiografie. La cosa interessante è che, nonostante il suo impegno (dovuto ai sensi di colpa) e alle numerose revisioni da parte del suo editor, nessuna casa editrice è convinta della pubblicazione. Presto Nagata capirà che raccontare di se stessa non solo porta a pubblicazioni e vendite, ma soprattutto l'aiuterà a prendere maggiore consapevolezza di quanto le è accaduto e che non c'è nulla di imbarazzante o vergognoso nel mostrarsi per come si è, cosa che inizialmente la tormentava.
Infatti i suoi lavori hanno ricevuto numerosi premi internazionali, come lei stessa scrive, quando era in ospedale il suo editor le comunicò che l'edizione inglese de "La mia prima volta" aveva vinto il premio come miglior manga al "Harvey Awards".
Devo dire che infatti tutte le opere di Nagata, in quanto autobiografiche, sono incredibili per profondità psicologica, estrema sincerità nel narrare la solitudine e la depressione, e un lieve tratto di ironia in una lettura spesso straziante e triste.
Per molti versi mi ha ricordato il magnifico "Diario della mia scomparsa" del compianto Hideo Azuma.
La J-Pop ha fatto un'ottima edizione di grande qualità, come sempre.
Specifico che non è una lettura per tutti: se si riesce ad empatizzare anche poco con le sue esperienze di vita la lettura può diventare pesante e difficile da continuare, soprattutto con la precedente opera "Lettere a me stessa".
Tuttavia io consiglio assolutamente questo manga a tutti perché è un pezzo di vita interessante e intenso.
Chiarisco anche che questo volume per me è tra i più leggeri da lei pubblicati, quindi a mio parere può essere letto come prima lettura per tastare questa autrice, quindi compratelo!
E se vi piacerà, consiglio di leggete le precedenti opere di Kabi Nagata, non ve ne pentirete.