L'ombra venuta dal tempo
Ottimo adattamento di Gou Tanabe di un celebre racconto di Lovecraft.
“L’ombra venuta dal tempo” rappresenta una delle storie più riuscite dello scrittore di Providence e sicuramente non facile da trasporre su carta: la tendenza dell’autore a narrare l’esistenza di mostri cosmici provenienti dall’ignoto e difficilmente rappresentabili ha sempre costituito una sfida ardua per qualsiasi disegnatore, cimentatosi nell’impresa.
Tanabe da questo punto di vista ne esce sicuramente a testa alta: eccellente il design dei mostri protagonisti del racconto, che riempiono la pagina con le loro forme indefinite; il bianco e il nero si mescolano in splash page dal forte impatto visivo, provocando una certa inquietudine, attraverso uno stile di disegno che sembra richiamare più quello europeo rispetto a quello tipicamente nipponico.
Ciò che forse convince di meno sono i volti dei personaggi, tutti molto simili fra di loro.
Per il resto, quello che lascia soddisfatti, oltre alla trasposizione stessa della storia molto rispettosa dell’originale, è l’atmosfera che Tanabe riesce a centrare in pieno: cupa, minacciosa e ansiogena quanto basta per avvincere il lettore fino all’ultima pagina che, come al solito in Lovecraft, non darà risposte definitive.
In conclusione, un ottimo modo per invogliare al recupero di uno dei testi più riusciti di uno dei più grandi scrittori horror di sempre.
“L’ombra venuta dal tempo” rappresenta una delle storie più riuscite dello scrittore di Providence e sicuramente non facile da trasporre su carta: la tendenza dell’autore a narrare l’esistenza di mostri cosmici provenienti dall’ignoto e difficilmente rappresentabili ha sempre costituito una sfida ardua per qualsiasi disegnatore, cimentatosi nell’impresa.
Tanabe da questo punto di vista ne esce sicuramente a testa alta: eccellente il design dei mostri protagonisti del racconto, che riempiono la pagina con le loro forme indefinite; il bianco e il nero si mescolano in splash page dal forte impatto visivo, provocando una certa inquietudine, attraverso uno stile di disegno che sembra richiamare più quello europeo rispetto a quello tipicamente nipponico.
Ciò che forse convince di meno sono i volti dei personaggi, tutti molto simili fra di loro.
Per il resto, quello che lascia soddisfatti, oltre alla trasposizione stessa della storia molto rispettosa dell’originale, è l’atmosfera che Tanabe riesce a centrare in pieno: cupa, minacciosa e ansiogena quanto basta per avvincere il lettore fino all’ultima pagina che, come al solito in Lovecraft, non darà risposte definitive.
In conclusione, un ottimo modo per invogliare al recupero di uno dei testi più riusciti di uno dei più grandi scrittori horror di sempre.