In occasione della 26° edizione del Far East Film Festival, la kermesse udinese dedicata al cinema asiatico a tutto tondo, abbiamo avuto la possibilità di partecipare agli incontri organizzati per la stampa con gli autori, registi ed attori di determinate pellicole.
Di seguito Vi proponiamo tre focus in ambito interamente giapponese, sul film vincitore Takano Tofu del regista Mitsuhiro Mihara, nonché sul secondo classificato Confetti di Naoya Fujita, e infine su Bushido di Kazuya Shiraishi.
Ricordiamo che Takano Tofu si è aggiudicato due premi: l’ambito Gelso D’Oro come miglior film decretato dal pubblico, e il Gelso Viola degli utenti di “MymoviesONE”.
Per questa pellicola a Udine è giunto come ospite il regista Mitsuhiro Mihara.
Animeclick: salve, abbiamo avuto il piacere di vedere il suo ultimo film e abbiamo notato come ci siano molti richiami al cinema del maestro Ozu. Il lavoro di questo grande regista del passato come ha influenzato la sua visione artistica per questo progetto? Quali elementi ha cercato di adattare o reinterpretare per creare la sua narrazione così unica?
Mitsuhiro Mihara: diciamo che in pratica io ho girato proprio nello stesso posto dove aveva girato il regista Ozu. Del suo Viaggio a Tokyo (Tokyo Monogatari) rivediamo quindi gli stessi luoghi a Onomichi, persino lo stesso tempio, e così via. Ho voluto usare le stesse location per portare il mio rispetto al grande regista.
Dovete sapere che in Giappone esiste una storica casa di produzione che si chiama Shochiku, che negli anni passati ha realizzato tantissime pellicole e vi rientrano anche quelle del maestro Ozu.
Tantissimi suoi film sono basati su storie di famiglie qualunque, di gente comune e a me, che sono cresciuto guardando sempre questi suoi tipi di film, piacevano davvero tanto. Si ride, si piange, c'è proprio il quotidiano di una famiglia normale; il tutto sempre narrato e descritto molto bene. Direi quindi che non solo il maestro Ozu mi ha dato grande ispirazione, ma una forte influenza penso che derivi proprio dalle produzioni della Shochiku.
Nel suo film Village Photobook (Mura no Shashinshū, pellicola del 2004 che vede sempre per protagonista l'attore Tatsuya Fuji di Takano Tofu, ndr) lei ha trattato l'argomento delle radici, della tradizione, di come approcciarsi al cambiamento anche dei gusti locali e di come mantenerli vivi col tempo. Credo appaia come un elemento molto caro del suo stile cinematografico, dato che l'ha riproposto anche in Takano Tofu. Vorremmo chiederle se possibile che ce ne parlasse un po' di più.
M. Mihara: grazie di aver visto anche Village Photobook, innanzitutto. Tra questi due film in realtà ce n'è un terzo che ho fatto con Tatsuya Fuji: si chiama Flavour of Happiness (Shiawase no Kaori) del 2008, e tratta del tema della cucina con Miki Nakatani come co-protagonista. Questa è la mia trilogia con Fuji realizzata in questi vent'anni.
C'è un'espressione che mi piace molto ed è "Isshi ichido", ovvero "una intenzione, una strada": diciamo che da Village Photobook a Flavour of Happiness e sino a Takano Tofu, ho sempre messo al centro questo protagonista che ha una professione che continua a perfezionare. Dapprima era un fotografo, poi un cuoco e ora è il produttore di tofu, quasi un artigiano di questi mestieri.
Con lui che interpreta questi ruoli, io riesco a descrivere anche la famiglia giapponese, e dunque a concretizzare e realizzare il film che voglio fare.
A: nel suo film è stato affrontato con grande sensibilità e profondità emotiva il tema dei rapporti familiari. Qual è stata l'ispirazione dietro questa storia specifica? E come ha lavorato per rendere così autentica e tangibile l'esperienza dei protagonisti (padre e figlia) sullo schermo?
M. Mihara: anche il regista Ozu molto tratta il della famiglia, soprattutto come rapporto tra padre e figlia. Naturalmente è un tema che mi interessa molto, ma nel mio film questa volta volevo invece accentuare di più le riflessioi sul legame di sangue, perché sì, è vero che sono padre e figlia, però qui non c'è legame di sangue. Pertanto, attraverso il problema del padre che vuole fare sposare la figlia, che ci sia o meno il legame di sangue, come si declina la relazione nella famiglia? A questo volevo rispondere.
Proprio riprendendo l'argomento del portare avanti le tradizioni, e del non essere molto incline al cambiamento, nel film vediamo che appunto il personaggio del protagonista interpretato da Tatsuya Fuji non è molto dedito a vendere il suo tofu altrove o soprattutto avere legami con l'estero o con altre cucine, come nel caso del ristorante italiano. Però lui inizia pian piano a cambiare idea quando viene confrontato con il nuovo compagno della figlia, e quando un giorno vengono i turisti americani che vogliono comprare un'enorme quantità di tofu. Allora lui viene costretto a rapportarsi con gli altri, malgrado la sua testardaggine. Lei dunque ha voluto raccontare l'idea che grazie alla comunicazione, al contatto umano e al relazionarsi con gli altri può nascere un cambiamento?
M. Mihara: penso che se sono riuscito a descrivere questo tipo di cambiamento attraverso l'attore Tatsuya Fuji è perché gli uomini, tutti noi, non possiamo fare a meno di mutare continuamente. Dobbiamo sempre cambiare, man mano che cambia anche la situazione e il contesto attorno a noi; e quindi, secondo me, proprio con questo protagonista io penso di essere riuscito a descrivere molto bene proprio questo aspetto.
Potrebbe essere che attraverso il film lei abbia cercato anche di raccontare anche un po' la situazione del Giappone di oggi? Nel senso che nel film ci troviamo a Hiroshima, non ci troviamo a Tokyo, dunque in una zona meno turistica. Potrebbe essere anche un modo per affrontare le attuali difficoltà del Giappone moderno tra tradizione e cambiamento, dovuto soprattutto al contatto con l'estero quindi?
M. Mihara: per me girare a Hiroshima questa volta era importante perché, per questo film, nella mia concezione volevo offrire anche il tema della bomba atomica. Quindi non è tanto sulla tradizione, la modernità eccetera, volevo invece fare ricordare che quello è il luogo dove sono state lanciate le bombe, per offrire il massimo rispetto a queste location. E' vero che anche il regista Ozu le ha usate, anche questo è uno dei motivi per cui le ho scelte; ma soprattutto intendevo far ricordare il luogo della bomba atomica.
Lei voleva dunque far riflettere sul tema di Hiroshima in senso allargato, dato che ha lasciato poi i suoi strascichi nel futuro?
M. Mihara: esattamente. Perché la bomba atomica non è una cosa del passato, non è finita, bensì qualcosa che si trascina fino a oggi. Volevo che questo venisse accentuato nel film.
A: oltre al tema appunto della bomba atomica, viene trattato anche quello del sentimento: tra i membri di una famiglia, tra amici, tra uomo e donna. A tal proposito una curiosità: mentre per Haru la relazione si consolida col matrimonio, per il protagonista sembra invece che il suo rapporto con Fumie resti quello di una profonda amicizia, sebbene i sentimenti dei personaggi siano emersi nel corso del film. Per lo meno questo è ciò che abbiamo percepito. Quindi la relazione tra i due è destinata a restare su questi binari separati che non si incontrano? E se sì, come mai questa scelta?
M. Mihara: forse questo è tipicamente, anzi molto, giapponese. Perché a 80 anni suonati penso che ormai tanti di noi non pensino proprio per niente al matrimonio, neanche se qualcuno trovasse eventualmente una compagna. Noi abbiamo proprio la parola di "amici di tè" (Ocha no tomodachi), ovvero noi siamo già contenti di avere questo tipo di amicizia, ovvero di avere sempre qualcuno con cui stare, poter trascorrere il tempo, bevendo un tè o caffè. Quindi, secondo me, il protagonista e Fumie hanno scelto proprio questo, di consolidare questo tipo di amicizia, e non necessariamente appunto pensando al matrimonio.
A: grazie ancora.
M. Mihara: grazie a voi.
La pellicola Confetti ha invece ricevuto il Gelso D'Argento come secondo classificato nel gradimento globale.
Alla rassegna ha presenziato il giovane regista Naoya Fujita, cui abbiamo posto alcune domande.
Animeclick: che tipo di ricerche ha intrapreso per lavorare alla sceneggiatura del film scritta per lei da Suzuyuki Kaneko? Ha riscontrato delle difficoltà?
Naoya Fujita: con Suzuyuki io lavoro da dieci anni circa, assieme a lui ho collaborato per i miei cortometraggi precedenti. Quello che apprezzo molto di lui è che è una persona molto brava a descrivere delle scene, sa come utilizzare le parole e impostare frasi molto divertenti, in un modo che diciamo fa emergere personaggi che diventano così molto simpatici. Lui vuole e riesce a far divertire gli spettatori, mentre io purtroppo ancora non sono così. A tutt'oggi sento di avvertire sempre delle distanze con le persone e nelle relazioni che si instaurano; proprio con lui, invece, riesco a lavorare bene; se c'è una cosa che io non riesco a tirare fuori, lui invece magari la sa esprimere.
Ecco, potremmo dire che forse ci aiutiamo reciprocamente; magari quello che io non riesco a coprire lo copre lui, e quello che non riesce a coprire lui lo copro io. Diciamo che insieme diventiamo un 100%, reciprocamente soddisfacente.
Confetti ~ Trailer completo
Primorski Dnevnik: Io invece scrivo per un giornale di Trieste in lingua slovena, mi chiamo Primorski Dnevnik. Volevamo chiedere quanto di autobiografico lei ha messo in questo film; la storia racconta anche della scuola, ma è un film dove non si vede ad esempio nemmeno una scena di bullismo, e questo mi ha colpito.
Parrebbe quasi una antitesi alla pellicola All about Lily Chou-chou (Riri Shushu no subete, del 2001, ndr) di Shunji Iwai, non so se lo conosce e se l'ha visto. E' proprio una storia di due ragazzi e della loro amicizia fra due ragazzi, tema che in Confetti si risolve bene, mentre nell'altro film va decisamente in altro senso. Volevamo pertanto capire meglio questo aspetto. Sembra proprio che lei abbia vissuto un'infanzia idilliaca a scuola.
N. Fujita: per quanto riguarda l'elemento autobiografico, potrei dire che il carattere di Ken è forse quello cui assomiglio di più. Probabilmente anch'io ero un po' così, volevo rimanere semplicemente in un posto sicuro, non volevo rischiare niente, non mi andava di infrangere le regole. Quindi forse Ken è quello che mi somiglia di più, sì.
Per quanto riguarda la scuola, invece, in questo film io non volevo appositamente descriverla più di tanto, perché volevo invece offrire il focus al teatro popolare, alla quotidianità dei loro attori e la vita di chi lavora tutt'attorno a questo contesto. Volevo che fossero queste persone al centro della storia, quindi per questo motivo ho cercato di non descrivere molto la scuola, se non per un elemento minimale. Certo, vediamo il rapporto tra i tre ragazzi, ovvero Ken, Yuki e Maya.
Più che altro a me interessava parlare di questa compagnia teatrale, perché comunque anche adesso ci sono delle persone che vivono in questo modo, che ogni mese si spostano, vivono molto poco la scuola e così via. Volevo offrire un'immagine più positiva di questa vita incentrata sul Taishu Engeki, e dunque mostrare la vita dei ragazzi fuori dalla scuola. E' per questo che appunto, come dici tu, non c'è alcun elemento di bullismo né altro, perché non era proprio mia intenzione, ecco.
A: Come è stato scelto il cast e in che modo si è approcciato ai giovani attori protagonisti? Essendo tra l'altro lei stesso piuttosto giovane.
N. Fujita: i tre ragazzi protagonisti (Shion Matsufuji, Jun Saito e Sara Hayama, ndr) sono stati scelti per tramite di una audizione, e ovviamente ce ne sono stati diversi a candidarsi. Qualche volta capita che ragazzi così giovani, che vogliono diventare attori famosi, diventino un po' ruffiani con gli adulti, nei loro atteggiamenti. Invece stavolta, con questi tre ragazzi è stato diverso: sono stati davvero bravi, parlavano delle loro idee e proposte e si confrontavano con me in maniera estremamente sincera, e questo mi ha davvero impressionato. Loro erano proprio bravi, sapevano ben esprimersi a parole ed essere sé stessi, per questa ragione li ho scelti.
Per quanto riguarda invece il nostro rapporto durante la lavorazione del film, io ho sempre cercato di stare molto attento e poter creare per loro un ambiente di lavoro divertente e stimolante. Nel senso che noi ci siamo gestiti un rapporto in grande amicizia, e lo volevo fare perché comunque anche loro sono attori giovani, con un equilibrio emotivo che va su e giù, come un'onda, a seconda delle giornate.
Una volta terminato, un film rimane per sempre; rivedersi nella pellicola a distanza di diverso tempo magari li potrebbe indurre a pensare di non essere molto soddisfatti delle opere realizzate quando erano molto giovani, e non volevo che percepissero questo dentro di loro. Quindi ho cercato sempre di creare un ambiente in cui loro potessero sentire di dare il meglio di sè; è stato davvero molto interessante, molto bello.
P. D.: Intanto prima mi sono dimenticato di complimentarmi per il film, che mi è piaciuto tantissimo. Volevo chiederle se aveva qualche preoccupazione, qualche dubbio o pensiero sul fatto che magari il pubblico italiano potesse non capire o fraintendere il film, che appare immerso nella cultura giapponese, magari interpretandolo in maniera sbagliata.
N. Fujita: sì, in effetti un po' mi preoccupavo per il rapporto tra Ken e Yuki, pensavo che magari per come l'ho descritto io è molto giapponese, dove si tende a tenere sempre una certa distanza; mentre ecco, probabilmente gli italiani non sono così, sono molto più abituati di noi a entrare nelle rispettive vite private, e così via. Invece Ken e Yuki vengono mostrati calmi, ma di quella calma che sottintende diciamo che sotto rimane questa tipica distanza di cui parlavo. E' un tipo di rapporto che per noi è abbastanza normale, ma forse questa parte qui per gli italiani può sembrare una cosa un po' strana o diversa.
A. e P. D.: grazie davvero.
Il Gelso Nero assegnato dalla categoria Black Dragon è andato invece a Bushido di Kazuya Shiraishi, che abbiamo incontrato.
Animeclick: buongiorno. Prima di tutto vorremmo donare questa borsa, col logo del sito web Animeclick, come ricordo per l'intervista. All'interno c'è anche una piccola spilla.
Kazuya Shiraishi: grazie.
A: per quanto riguarda Bushido, il film offre una rielaborazione densa e tesa del cinema dei samurai, con una trama che si concentra sul declino dei valori e sulla risposta di Yanagida attraverso la vendetta. Qual è stata la fonte di ispirazione principale per questo film e cosa l'ha spinta a esplorare il tema della vendetta in modo così intenso?
K. Shiraishi: diciamo nella mia mente c'erano già dei ricordi piuttosto vividi dei jidaigeki, cioè di questi film in costume di samurai del passato. Penso mi siano stati di grande aiuto e di ispirazione nella realizzazione di questo film. Invece, per quello che riguarda la parte della vendetta, potremmo dire che probabilmente quell'aspetto forse si avvicina più a un'ispirazione di tipo western, di quei film dove appunto il protagonista va alla ricerca del proprio nemico fatale. Quindi, ecco, c'è questo elemento del passato e poi ovviamente il fatto di essermi confrontato col mio circondario e le persone attorno a me, per far scaturire un dialogo riguardo a varie idee.
A: a proposito di questo richiamo al passato, il cinema dei samurai ha una storia lunga e ricca di tradizione nella cinematografia giapponese. Ci chiedevamo, in che modo lei sente di aver cercato di portare un contributo suo personale a questo genere?
K. S.: adesso c'è il problema che in Giappone molti giovani non guardano più i jidaigeki perché, dicono, "sanno di vecchio". C'è un po' questa immagine di qualcosa che appunto ormai non fa più parte della loro realtà. Però io, in questo caso, ho pensato allora che inserendo come protagonista la popstar -nonché attore davvero estremamente brillante- Tsuyoshi Kusanagi (ex idol del gruppo SMAP ndr), ciò sarebbe potuto fungere da sprone anche per la nuova generazione, a vedere il film. Anche per quello che riguarda il look, quindi la parte visiva del film stesso, ho cercato comunque di dargli un flair che fosse abbastanza contemporaneo, di modo che poi i giovani possano dire "ah, ci sono anche dei jidaigeki che sono così innovativi, dopotutto!".
A: la performance degli attori è stata cruciale per la resa di questo film. Ci chiedevamo come fosse stata la sua esperienza nel dirigere il cast e come ha collaborato con gli attori per catturare al meglio l'intensità emotiva dei loro personaggi.
K. S.: innanzitutto non volevo creare un film d'epoca a mo' di Kabuki, cioè con queste rappresentazioni diciamo troppo caricate. Volevo assolutamente che sin dall'inizio ci fosse un senso di realismo e di realtà, che appunto potesse trasparire dalla loro interpretazione. E su questo aspetto abbiamo subito tutti condiviso questa mia volontà.
Poi va detto anche, probabilmente per il fatto che la storia è originata da un racconto del rakugo (forma teatrale tradizionale nipponica, ndr), che nel momento in cui stavamo discutendo e valutando alcune delle potenziali scene, ci siamo resi conto che anche se si trattava di una storia molto vecchia, alcuni degli argomenti erano sempre attuali. Ci dicevamo dunque come non fosse così diverso il passato dal giorno d'oggi, e quindi anche riguardo a questo ci siamo sempre confrontati a livello di opinioni con tutti gli altri attori.
A: lei esplora anche degli abissi sentimentali, dei dilemmi interiori che i vari personaggi hanno. Vorremmo chiederle anche qual è stata la sua strategia per renderli, diciamo, autentici e coinvolgenti, nella rappresentazione delle loro varie sfumature emotive.
K. S.: per riuscire a dare le sfumature di ogni singolo personaggio, ovviamente io stesso mi ero premurato di poter parlare con loro singolarmente; per ciascuna scena abbiamo preso in considerazione, momento per momento, quelli che erano gli elementi importanti da trasmettere.
A: il film presenta una combinazione pazzesca, tra i ritmi riflessivi del gioco del Go e momenti di rabbia esplosiva. Qual è stata la sua visione nell'integrare queste diverse atmosfere nel film e come ha lavorato per mantenere un equilibrio?
K. S.: sì è vero, nel mio film volevo che ci fosse staticità e dinamicità. Per tutto ciò che concerneva l'elemento statico, volevo che fosse un elemento bello, esteticamente bello. Mentre per quello che concerneva l'elemento dinamico, ad esempio appunto le esplosioni di rabbia, volevo che fosse veramente molto forte da questo punto di vista. Siccome comunque si tratta di un jidaigeki, è molto importante che la struttura della storia sia perfettamente orchestrata, e quindi per ciascuna delle scene ho cercato di fare in modo che emergessero come se stessimo rappresentando un quadro.
Nell'insieme, sia per le scene statiche che le scene dinamiche, ecco, ho cercato comunque sempre di fornire questa percezione quasi "da pinacoteca".
A: l'ultima domanda riprende nuovamente il tema della vendetta, che appunto è il tema centrale in Bushido. La vendetta ha implicazioni profonde sia per il protagonista che per coloro che lo circondano, ad esempio anche semplicemente per Okinu (interpretata da Kaya Kiyohara) che ha dovuto diciamo darsi in pegno, per salvarlo. Ci chiedevamo quale fosse il messaggio principale che sperava di comunicare attraverso la narrazione di questa storia, e come ha cercato di trasmettere la complessità dei dilemmi morali ad essa legati.
K. S.: va detto che l'elemento mentale e spirituale dei giapponesi del passato è estremamente diverso da quella che invece è la loro percezione al giorno d'oggi. Per carità, può darsi che anche oggi ci possano essere delle persone che non sono accettate all'interno di un circolo sociale, però a quei tempi lo si percepiva decisamente di più. Tra l'altro io finora, nella mia attività cinematografica, ho sempre descritto soprattutto persone che pensavano solo a se stesse; quindi comunque erano tutti quanti dei film dove appunto i protagonisti e i vari personaggi tendevano a essere più incentrati su se stessi. Invece in questo film la maggior parte dei personaggi cerca di fare qualcosa per gli altri. Ad esempio c'è chi cerca di farlo per il proprio padre, c'è chi cerca la verità, e così via. Hanno tutti delle persone a
cui pensano caramente e che vogliono proteggere, anche a costo di diventare essi stessi delle vittime. E quindi ho pensato che questo potesse essere probabilmente anche un elemento molto bello del cuore dei giapponesi, anche dei tempi passati. Nella società attuale giapponese, che invece per certi aspetti è ben più distorta, ho pensato che forse mostrare un film così avrebbe potuto dare qualche hint, qualche suggerimento per raggiungere magari un po' di felicità.
A: grazie mille per questa intervista. Ci permettiamo infine di chiederle una foto con la nostra borsa.
Vi lasciamo infine alla gallery per il corredo fotografico completo.
Fonti consultate:
Si ringrazia mxcol per l'intervista e parte del corredo fotografico, nonché l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità
Di seguito Vi proponiamo tre focus in ambito interamente giapponese, sul film vincitore Takano Tofu del regista Mitsuhiro Mihara, nonché sul secondo classificato Confetti di Naoya Fujita, e infine su Bushido di Kazuya Shiraishi.
Ricordiamo che Takano Tofu si è aggiudicato due premi: l’ambito Gelso D’Oro come miglior film decretato dal pubblico, e il Gelso Viola degli utenti di “MymoviesONE”.
Per questa pellicola a Udine è giunto come ospite il regista Mitsuhiro Mihara.
Takano Tofu ~ Trailer completo
Animeclick: salve, abbiamo avuto il piacere di vedere il suo ultimo film e abbiamo notato come ci siano molti richiami al cinema del maestro Ozu. Il lavoro di questo grande regista del passato come ha influenzato la sua visione artistica per questo progetto? Quali elementi ha cercato di adattare o reinterpretare per creare la sua narrazione così unica?
Mitsuhiro Mihara: diciamo che in pratica io ho girato proprio nello stesso posto dove aveva girato il regista Ozu. Del suo Viaggio a Tokyo (Tokyo Monogatari) rivediamo quindi gli stessi luoghi a Onomichi, persino lo stesso tempio, e così via. Ho voluto usare le stesse location per portare il mio rispetto al grande regista.
Dovete sapere che in Giappone esiste una storica casa di produzione che si chiama Shochiku, che negli anni passati ha realizzato tantissime pellicole e vi rientrano anche quelle del maestro Ozu.
Tantissimi suoi film sono basati su storie di famiglie qualunque, di gente comune e a me, che sono cresciuto guardando sempre questi suoi tipi di film, piacevano davvero tanto. Si ride, si piange, c'è proprio il quotidiano di una famiglia normale; il tutto sempre narrato e descritto molto bene. Direi quindi che non solo il maestro Ozu mi ha dato grande ispirazione, ma una forte influenza penso che derivi proprio dalle produzioni della Shochiku.
Nel suo film Village Photobook (Mura no Shashinshū, pellicola del 2004 che vede sempre per protagonista l'attore Tatsuya Fuji di Takano Tofu, ndr) lei ha trattato l'argomento delle radici, della tradizione, di come approcciarsi al cambiamento anche dei gusti locali e di come mantenerli vivi col tempo. Credo appaia come un elemento molto caro del suo stile cinematografico, dato che l'ha riproposto anche in Takano Tofu. Vorremmo chiederle se possibile che ce ne parlasse un po' di più.
M. Mihara: grazie di aver visto anche Village Photobook, innanzitutto. Tra questi due film in realtà ce n'è un terzo che ho fatto con Tatsuya Fuji: si chiama Flavour of Happiness (Shiawase no Kaori) del 2008, e tratta del tema della cucina con Miki Nakatani come co-protagonista. Questa è la mia trilogia con Fuji realizzata in questi vent'anni.
C'è un'espressione che mi piace molto ed è "Isshi ichido", ovvero "una intenzione, una strada": diciamo che da Village Photobook a Flavour of Happiness e sino a Takano Tofu, ho sempre messo al centro questo protagonista che ha una professione che continua a perfezionare. Dapprima era un fotografo, poi un cuoco e ora è il produttore di tofu, quasi un artigiano di questi mestieri.
Con lui che interpreta questi ruoli, io riesco a descrivere anche la famiglia giapponese, e dunque a concretizzare e realizzare il film che voglio fare.
A: nel suo film è stato affrontato con grande sensibilità e profondità emotiva il tema dei rapporti familiari. Qual è stata l'ispirazione dietro questa storia specifica? E come ha lavorato per rendere così autentica e tangibile l'esperienza dei protagonisti (padre e figlia) sullo schermo?
M. Mihara: anche il regista Ozu molto tratta il della famiglia, soprattutto come rapporto tra padre e figlia. Naturalmente è un tema che mi interessa molto, ma nel mio film questa volta volevo invece accentuare di più le riflessioi sul legame di sangue, perché sì, è vero che sono padre e figlia, però qui non c'è legame di sangue. Pertanto, attraverso il problema del padre che vuole fare sposare la figlia, che ci sia o meno il legame di sangue, come si declina la relazione nella famiglia? A questo volevo rispondere.
Proprio riprendendo l'argomento del portare avanti le tradizioni, e del non essere molto incline al cambiamento, nel film vediamo che appunto il personaggio del protagonista interpretato da Tatsuya Fuji non è molto dedito a vendere il suo tofu altrove o soprattutto avere legami con l'estero o con altre cucine, come nel caso del ristorante italiano. Però lui inizia pian piano a cambiare idea quando viene confrontato con il nuovo compagno della figlia, e quando un giorno vengono i turisti americani che vogliono comprare un'enorme quantità di tofu. Allora lui viene costretto a rapportarsi con gli altri, malgrado la sua testardaggine. Lei dunque ha voluto raccontare l'idea che grazie alla comunicazione, al contatto umano e al relazionarsi con gli altri può nascere un cambiamento?
M. Mihara: penso che se sono riuscito a descrivere questo tipo di cambiamento attraverso l'attore Tatsuya Fuji è perché gli uomini, tutti noi, non possiamo fare a meno di mutare continuamente. Dobbiamo sempre cambiare, man mano che cambia anche la situazione e il contesto attorno a noi; e quindi, secondo me, proprio con questo protagonista io penso di essere riuscito a descrivere molto bene proprio questo aspetto.
Potrebbe essere che attraverso il film lei abbia cercato anche di raccontare anche un po' la situazione del Giappone di oggi? Nel senso che nel film ci troviamo a Hiroshima, non ci troviamo a Tokyo, dunque in una zona meno turistica. Potrebbe essere anche un modo per affrontare le attuali difficoltà del Giappone moderno tra tradizione e cambiamento, dovuto soprattutto al contatto con l'estero quindi?
M. Mihara: per me girare a Hiroshima questa volta era importante perché, per questo film, nella mia concezione volevo offrire anche il tema della bomba atomica. Quindi non è tanto sulla tradizione, la modernità eccetera, volevo invece fare ricordare che quello è il luogo dove sono state lanciate le bombe, per offrire il massimo rispetto a queste location. E' vero che anche il regista Ozu le ha usate, anche questo è uno dei motivi per cui le ho scelte; ma soprattutto intendevo far ricordare il luogo della bomba atomica.
Lei voleva dunque far riflettere sul tema di Hiroshima in senso allargato, dato che ha lasciato poi i suoi strascichi nel futuro?
M. Mihara: esattamente. Perché la bomba atomica non è una cosa del passato, non è finita, bensì qualcosa che si trascina fino a oggi. Volevo che questo venisse accentuato nel film.
A: oltre al tema appunto della bomba atomica, viene trattato anche quello del sentimento: tra i membri di una famiglia, tra amici, tra uomo e donna. A tal proposito una curiosità: mentre per Haru la relazione si consolida col matrimonio, per il protagonista sembra invece che il suo rapporto con Fumie resti quello di una profonda amicizia, sebbene i sentimenti dei personaggi siano emersi nel corso del film. Per lo meno questo è ciò che abbiamo percepito. Quindi la relazione tra i due è destinata a restare su questi binari separati che non si incontrano? E se sì, come mai questa scelta?
M. Mihara: forse questo è tipicamente, anzi molto, giapponese. Perché a 80 anni suonati penso che ormai tanti di noi non pensino proprio per niente al matrimonio, neanche se qualcuno trovasse eventualmente una compagna. Noi abbiamo proprio la parola di "amici di tè" (Ocha no tomodachi), ovvero noi siamo già contenti di avere questo tipo di amicizia, ovvero di avere sempre qualcuno con cui stare, poter trascorrere il tempo, bevendo un tè o caffè. Quindi, secondo me, il protagonista e Fumie hanno scelto proprio questo, di consolidare questo tipo di amicizia, e non necessariamente appunto pensando al matrimonio.
A: grazie ancora.
M. Mihara: grazie a voi.
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La pellicola Confetti ha invece ricevuto il Gelso D'Argento come secondo classificato nel gradimento globale.
Alla rassegna ha presenziato il giovane regista Naoya Fujita, cui abbiamo posto alcune domande.
Animeclick: che tipo di ricerche ha intrapreso per lavorare alla sceneggiatura del film scritta per lei da Suzuyuki Kaneko? Ha riscontrato delle difficoltà?
Naoya Fujita: con Suzuyuki io lavoro da dieci anni circa, assieme a lui ho collaborato per i miei cortometraggi precedenti. Quello che apprezzo molto di lui è che è una persona molto brava a descrivere delle scene, sa come utilizzare le parole e impostare frasi molto divertenti, in un modo che diciamo fa emergere personaggi che diventano così molto simpatici. Lui vuole e riesce a far divertire gli spettatori, mentre io purtroppo ancora non sono così. A tutt'oggi sento di avvertire sempre delle distanze con le persone e nelle relazioni che si instaurano; proprio con lui, invece, riesco a lavorare bene; se c'è una cosa che io non riesco a tirare fuori, lui invece magari la sa esprimere.
Ecco, potremmo dire che forse ci aiutiamo reciprocamente; magari quello che io non riesco a coprire lo copre lui, e quello che non riesce a coprire lui lo copro io. Diciamo che insieme diventiamo un 100%, reciprocamente soddisfacente.
Confetti ~ Trailer completo
Parrebbe quasi una antitesi alla pellicola All about Lily Chou-chou (Riri Shushu no subete, del 2001, ndr) di Shunji Iwai, non so se lo conosce e se l'ha visto. E' proprio una storia di due ragazzi e della loro amicizia fra due ragazzi, tema che in Confetti si risolve bene, mentre nell'altro film va decisamente in altro senso. Volevamo pertanto capire meglio questo aspetto. Sembra proprio che lei abbia vissuto un'infanzia idilliaca a scuola.
N. Fujita: per quanto riguarda l'elemento autobiografico, potrei dire che il carattere di Ken è forse quello cui assomiglio di più. Probabilmente anch'io ero un po' così, volevo rimanere semplicemente in un posto sicuro, non volevo rischiare niente, non mi andava di infrangere le regole. Quindi forse Ken è quello che mi somiglia di più, sì.
Per quanto riguarda la scuola, invece, in questo film io non volevo appositamente descriverla più di tanto, perché volevo invece offrire il focus al teatro popolare, alla quotidianità dei loro attori e la vita di chi lavora tutt'attorno a questo contesto. Volevo che fossero queste persone al centro della storia, quindi per questo motivo ho cercato di non descrivere molto la scuola, se non per un elemento minimale. Certo, vediamo il rapporto tra i tre ragazzi, ovvero Ken, Yuki e Maya.
Più che altro a me interessava parlare di questa compagnia teatrale, perché comunque anche adesso ci sono delle persone che vivono in questo modo, che ogni mese si spostano, vivono molto poco la scuola e così via. Volevo offrire un'immagine più positiva di questa vita incentrata sul Taishu Engeki, e dunque mostrare la vita dei ragazzi fuori dalla scuola. E' per questo che appunto, come dici tu, non c'è alcun elemento di bullismo né altro, perché non era proprio mia intenzione, ecco.
A: Come è stato scelto il cast e in che modo si è approcciato ai giovani attori protagonisti? Essendo tra l'altro lei stesso piuttosto giovane.
N. Fujita: i tre ragazzi protagonisti (Shion Matsufuji, Jun Saito e Sara Hayama, ndr) sono stati scelti per tramite di una audizione, e ovviamente ce ne sono stati diversi a candidarsi. Qualche volta capita che ragazzi così giovani, che vogliono diventare attori famosi, diventino un po' ruffiani con gli adulti, nei loro atteggiamenti. Invece stavolta, con questi tre ragazzi è stato diverso: sono stati davvero bravi, parlavano delle loro idee e proposte e si confrontavano con me in maniera estremamente sincera, e questo mi ha davvero impressionato. Loro erano proprio bravi, sapevano ben esprimersi a parole ed essere sé stessi, per questa ragione li ho scelti.
Per quanto riguarda invece il nostro rapporto durante la lavorazione del film, io ho sempre cercato di stare molto attento e poter creare per loro un ambiente di lavoro divertente e stimolante. Nel senso che noi ci siamo gestiti un rapporto in grande amicizia, e lo volevo fare perché comunque anche loro sono attori giovani, con un equilibrio emotivo che va su e giù, come un'onda, a seconda delle giornate.
Una volta terminato, un film rimane per sempre; rivedersi nella pellicola a distanza di diverso tempo magari li potrebbe indurre a pensare di non essere molto soddisfatti delle opere realizzate quando erano molto giovani, e non volevo che percepissero questo dentro di loro. Quindi ho cercato sempre di creare un ambiente in cui loro potessero sentire di dare il meglio di sè; è stato davvero molto interessante, molto bello.
P. D.: Intanto prima mi sono dimenticato di complimentarmi per il film, che mi è piaciuto tantissimo. Volevo chiederle se aveva qualche preoccupazione, qualche dubbio o pensiero sul fatto che magari il pubblico italiano potesse non capire o fraintendere il film, che appare immerso nella cultura giapponese, magari interpretandolo in maniera sbagliata.
N. Fujita: sì, in effetti un po' mi preoccupavo per il rapporto tra Ken e Yuki, pensavo che magari per come l'ho descritto io è molto giapponese, dove si tende a tenere sempre una certa distanza; mentre ecco, probabilmente gli italiani non sono così, sono molto più abituati di noi a entrare nelle rispettive vite private, e così via. Invece Ken e Yuki vengono mostrati calmi, ma di quella calma che sottintende diciamo che sotto rimane questa tipica distanza di cui parlavo. E' un tipo di rapporto che per noi è abbastanza normale, ma forse questa parte qui per gli italiani può sembrare una cosa un po' strana o diversa.
A. e P. D.: grazie davvero.
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Il Gelso Nero assegnato dalla categoria Black Dragon è andato invece a Bushido di Kazuya Shiraishi, che abbiamo incontrato.
Bushido ~ Trailer completo
Animeclick: buongiorno. Prima di tutto vorremmo donare questa borsa, col logo del sito web Animeclick, come ricordo per l'intervista. All'interno c'è anche una piccola spilla.
Kazuya Shiraishi: grazie.
A: per quanto riguarda Bushido, il film offre una rielaborazione densa e tesa del cinema dei samurai, con una trama che si concentra sul declino dei valori e sulla risposta di Yanagida attraverso la vendetta. Qual è stata la fonte di ispirazione principale per questo film e cosa l'ha spinta a esplorare il tema della vendetta in modo così intenso?
K. Shiraishi: diciamo nella mia mente c'erano già dei ricordi piuttosto vividi dei jidaigeki, cioè di questi film in costume di samurai del passato. Penso mi siano stati di grande aiuto e di ispirazione nella realizzazione di questo film. Invece, per quello che riguarda la parte della vendetta, potremmo dire che probabilmente quell'aspetto forse si avvicina più a un'ispirazione di tipo western, di quei film dove appunto il protagonista va alla ricerca del proprio nemico fatale. Quindi, ecco, c'è questo elemento del passato e poi ovviamente il fatto di essermi confrontato col mio circondario e le persone attorno a me, per far scaturire un dialogo riguardo a varie idee.
A: a proposito di questo richiamo al passato, il cinema dei samurai ha una storia lunga e ricca di tradizione nella cinematografia giapponese. Ci chiedevamo, in che modo lei sente di aver cercato di portare un contributo suo personale a questo genere?
K. S.: adesso c'è il problema che in Giappone molti giovani non guardano più i jidaigeki perché, dicono, "sanno di vecchio". C'è un po' questa immagine di qualcosa che appunto ormai non fa più parte della loro realtà. Però io, in questo caso, ho pensato allora che inserendo come protagonista la popstar -nonché attore davvero estremamente brillante- Tsuyoshi Kusanagi (ex idol del gruppo SMAP ndr), ciò sarebbe potuto fungere da sprone anche per la nuova generazione, a vedere il film. Anche per quello che riguarda il look, quindi la parte visiva del film stesso, ho cercato comunque di dargli un flair che fosse abbastanza contemporaneo, di modo che poi i giovani possano dire "ah, ci sono anche dei jidaigeki che sono così innovativi, dopotutto!".
A: la performance degli attori è stata cruciale per la resa di questo film. Ci chiedevamo come fosse stata la sua esperienza nel dirigere il cast e come ha collaborato con gli attori per catturare al meglio l'intensità emotiva dei loro personaggi.
K. S.: innanzitutto non volevo creare un film d'epoca a mo' di Kabuki, cioè con queste rappresentazioni diciamo troppo caricate. Volevo assolutamente che sin dall'inizio ci fosse un senso di realismo e di realtà, che appunto potesse trasparire dalla loro interpretazione. E su questo aspetto abbiamo subito tutti condiviso questa mia volontà.
Poi va detto anche, probabilmente per il fatto che la storia è originata da un racconto del rakugo (forma teatrale tradizionale nipponica, ndr), che nel momento in cui stavamo discutendo e valutando alcune delle potenziali scene, ci siamo resi conto che anche se si trattava di una storia molto vecchia, alcuni degli argomenti erano sempre attuali. Ci dicevamo dunque come non fosse così diverso il passato dal giorno d'oggi, e quindi anche riguardo a questo ci siamo sempre confrontati a livello di opinioni con tutti gli altri attori.
A: lei esplora anche degli abissi sentimentali, dei dilemmi interiori che i vari personaggi hanno. Vorremmo chiederle anche qual è stata la sua strategia per renderli, diciamo, autentici e coinvolgenti, nella rappresentazione delle loro varie sfumature emotive.
K. S.: per riuscire a dare le sfumature di ogni singolo personaggio, ovviamente io stesso mi ero premurato di poter parlare con loro singolarmente; per ciascuna scena abbiamo preso in considerazione, momento per momento, quelli che erano gli elementi importanti da trasmettere.
A: il film presenta una combinazione pazzesca, tra i ritmi riflessivi del gioco del Go e momenti di rabbia esplosiva. Qual è stata la sua visione nell'integrare queste diverse atmosfere nel film e come ha lavorato per mantenere un equilibrio?
K. S.: sì è vero, nel mio film volevo che ci fosse staticità e dinamicità. Per tutto ciò che concerneva l'elemento statico, volevo che fosse un elemento bello, esteticamente bello. Mentre per quello che concerneva l'elemento dinamico, ad esempio appunto le esplosioni di rabbia, volevo che fosse veramente molto forte da questo punto di vista. Siccome comunque si tratta di un jidaigeki, è molto importante che la struttura della storia sia perfettamente orchestrata, e quindi per ciascuna delle scene ho cercato di fare in modo che emergessero come se stessimo rappresentando un quadro.
Nell'insieme, sia per le scene statiche che le scene dinamiche, ecco, ho cercato comunque sempre di fornire questa percezione quasi "da pinacoteca".
A: l'ultima domanda riprende nuovamente il tema della vendetta, che appunto è il tema centrale in Bushido. La vendetta ha implicazioni profonde sia per il protagonista che per coloro che lo circondano, ad esempio anche semplicemente per Okinu (interpretata da Kaya Kiyohara) che ha dovuto diciamo darsi in pegno, per salvarlo. Ci chiedevamo quale fosse il messaggio principale che sperava di comunicare attraverso la narrazione di questa storia, e come ha cercato di trasmettere la complessità dei dilemmi morali ad essa legati.
K. S.: va detto che l'elemento mentale e spirituale dei giapponesi del passato è estremamente diverso da quella che invece è la loro percezione al giorno d'oggi. Per carità, può darsi che anche oggi ci possano essere delle persone che non sono accettate all'interno di un circolo sociale, però a quei tempi lo si percepiva decisamente di più. Tra l'altro io finora, nella mia attività cinematografica, ho sempre descritto soprattutto persone che pensavano solo a se stesse; quindi comunque erano tutti quanti dei film dove appunto i protagonisti e i vari personaggi tendevano a essere più incentrati su se stessi. Invece in questo film la maggior parte dei personaggi cerca di fare qualcosa per gli altri. Ad esempio c'è chi cerca di farlo per il proprio padre, c'è chi cerca la verità, e così via. Hanno tutti delle persone a
cui pensano caramente e che vogliono proteggere, anche a costo di diventare essi stessi delle vittime. E quindi ho pensato che questo potesse essere probabilmente anche un elemento molto bello del cuore dei giapponesi, anche dei tempi passati. Nella società attuale giapponese, che invece per certi aspetti è ben più distorta, ho pensato che forse mostrare un film così avrebbe potuto dare qualche hint, qualche suggerimento per raggiungere magari un po' di felicità.
A: grazie mille per questa intervista. Ci permettiamo infine di chiederle una foto con la nostra borsa.
Vi lasciamo infine alla gallery per il corredo fotografico completo.
Fonti consultate:
Si ringrazia mxcol per l'intervista e parte del corredo fotografico, nonché l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità
Spero un giorno di riuscire a recuperare questo film.
Le borsette e le spillette sono sempre bellissime e tanto apprezzate. Foto uniche ♥️
...E così mi sono spiegata quella forte sensazione "tipo Ozu" di Takano tofu
Gli altri due spero di riuscire prima o poi a recuperarli
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