Potremmo iniziare con una domanda, una di quelle che ci si è posti spesso all'uscita di Final Fantasy XVI: cos'è che rende Final Fantasy, Final Fantasy? Alla stessa maniera, all'uscita di Solar Crown, possiamo chiederci: cos'è che ha reso Test Drive Unlimited così speciale?
 
Una recensione difficile da scrivere

È un quesito importante a cui però probabilmente Nacon e KT Racing hanno fatto fatica a rispondere. In breve infatti, possiamo dire che Test Drive Unlimited: Solar Crown fallisce nell'obbiettivo fondamentale, quello di restituire un legame, un D.N.A., una parvenza di quello che Test Drive ha rappresentato per il genere.
La serie infatti ha una storia pluridecennale, capace di portarci tra strade cittadine ai rally, sino alla 24 Ore di Le Mans, ma è con gli Unlimited che le cose cambiarono drasticamente. Il primo capitolo infatti, farebbe impressione ancora oggi, con l'isola di Oahu (Hawaii) riprodotta in scala 1:1 e che diede i natali a Forza Horizon e The Crew, tanto per citarne due. La car culture era al primo posto, con la possibilità di vivere l'auto a 360° e unico titolo capace di avvicinarsi, almeno per concetto, a Gran Turismo.

Un titolo dedicato ai veri appassionati di motori, una gioia di vivere l'auto ulteriormente arricchita nel secondo capitolo e persa come “lacrime nella pioggia” in Solar Crown. Raccontare l'esperienza del nuovo lavoro di KT Racing potrebbe assumere contorni drammatici, ma cerchiamo di tirarci un po' su.
Ambientato nell'isola di Hong Kong, riprodotta anche questa in scala 1:1, veniamo contattati dalla Radiant, società che gestisce il cosiddetto Solar Crown, un evento in cui scalare gerarchie sociali a suon di lusso sfrenato e auto da sogno. Partirà così una scalata scandita da diverse tipologie di gare e con sullo sfondo uno scontro tra due clan che vivono l'auto in modo diametralmente opposto: status symbol da un lato e passione sfrenata dall'altro. Nulla di tutto questo purtroppo avrà reale importanza.
Partiamo infatti da un punto che molto spesso viene trascurato: il mood. Test Drive Unlimited, come detto, parte da un concetto semplice: la passione per le auto, quasi da "car porn". Pur non raggiungendo le vette di Gran Turismo, Test Drive permetteva al giocatore di vivere l'esperienza “automobile” in modo piuttosto singolare, facendo sentire al giocatore il reale “possesso” del mezzo. Le atmosfere erano inoltre molto leggere, ci si divertiva e anche il comparto artistico accoglieva il giocatore come una calda coperta. Solar Crown è l'esatto opposto, tanto che una delle domande che emergeva durante l'esperienza era se in quel di Nacon e KT abbiano avuto la possibilità di giocare davvero i precedenti capitoli. Tra le strade di Hong Kong si percepisce sin troppa serietà, un contesto grigio esacerbato da un comparto artistico freddo e incapace di trasmettere emozioni. Ci si trova in un racing game generico, immersi in una mappa che, per quanto discretamente variegata, non spinge il giocatore a soffermarsi davanti un panorama, un tramonto o una notte stellata. Si ha quasi la sensazione di guidare in una sala operatoria, dove tutto è sì al posto giusto, ma solo per regole ferree. Non vi è alcun guizzo, alcun estro. È un'ambientazione e basta, in cui si agisce in modo molto meccanico. In poche parole, non è Test Drive.
 
Soli in un mondo vuoto

Non aiuta nemmeno il comparto tecnico. Su YouTube si sprecano i video dei disastri accaduti all'interno di Solar Crown e benché la situazione sia un po' migliorata, proprio non ci siamo. Tralasciando la resa generale di Hong Kong, le auto sono il vero problema: la modellazione è infatti povera, con una mole poligonale semplicemente non sufficiente. Lo si nota soprattutto negli spigoli e nelle zone arrotondate e in un titolo in cui il dettaglio è tutto, il risultato lascia un po' a desiderare. Ma i problemi sono altri: caricamenti delle texture di natura biblica, pop-up e pop-in che influenzano l'esperienza (ad esempio la comparsa o scomparsa del traffico durante la gara), compenetrazioni, problemi di salvataggio e disconnessioni. Già, perché anche il nuovo Test Drive appartiene alla categoria dei M.O.O.R, Massively Open Online Racing, in parole povere, è always online. Questo non è mai stato un problema nei capitoli precedenti e in oltre opere simili, ma in Solar Crown la situazione è alquanto particolare. Prima di tutto perché ogni gara diviene una piccola lobby in cui attendere giocatori e dunque, per forza di cose bisogna attendere più del necessario. Secondo punto, non ci sono giocatori online: il lancio di Solar Crown è stato disastroso, con circa 5000 giocatori come picco. Fare una gara online è impensabile ma quando ci si riesce, nemmeno riesce a partire. Un disastro su tutta la linea.

La questione è ancora più grave se si pensa che alcuni eventi è possibile portarli al termine solo online con altri utenti e ovviamente, è letteralmente impossibile sfidare altri giocatori in brevi gare. Ma torniamo nuovamente alle auto, quelle che dovrebbero essere le vere protagoniste del titolo. Abbiamo già parlato della loro resa ma in realtà esiste qualcosa di peggiore: in Solar Crown le auto sono semplici strumenti per portare a compimento le competizioni, non parte dell'esperienza. È un elemento sottile, e quello che distingue in un certo qual modo Gran Turismo dagli altri racing game. Come detto più volte, Test Drive è prima di tutto un titolo dedicato agli amanti dei motori, in cui l'automobile è il fulcro dell'intera esperienza ma soprattutto è essa stessa esperienza. Il possesso, l'acquisto, il guidare una nuova auto, aprirne eventualmente il tettuccio, è quanto di più simile a un Second Life a quattro ruote. Gli eventi si portano a termine sì, ma lo si fa con la propria auto, non grazie a. È appunto una differenza sottile ed è quello che manca davvero a Solar Crown, divenuto un racing game come tutti gli altri senza avere qualcosa di davvero suo.
 
Una feature di gameplay

La struttura di gioco infatti è molto classica, con una discreta varietà di gare, suddivise tra sterrato e strada. All'interno della mappa troviamo insomma tutto ciò che ha contraddistinto i racing game open world negli ultimi vent'anni, con circuiti e tracciati volendo ben studiati ma che lasciano trasparire altri problemi. Non vi sono ad esempio reali attività secondarie, qualcosa in grado di far staccare il giocatore da una monotonia di fondo fatto di sole gare. Nemmeno lo “scontro” tra le due fazioni è sfruttato a dovere, rimanendo come orpello per colorare in modo diverso le stesse identiche gare. Manca in qualche modo una certa “gioia”, il divertirsi assieme gli sviluppatori. Solar Crow ha avuto enormi problemi di sviluppo: il lavoro KT sarebbe dovuto arrivare infatti nel 2022 e nonostante ulteriori due anni di lavoro, il risultato non è dei migliori. E credeteci, in qualche modo, la fatica, la pesantezza del lavoro, lo stress, traspaiono parecchio giocando a questo titolo, nonostante la presenza di Alain Jarniou, il director originale della serie. La sensazione è quella di trovarsi in un racing game stanco, quasi come un Metal Gear Solid 4 in cui Kojima non ne poteva più del franchise da lui creato.

Altro punto è l'IA. Non solo il traffico presente in strada è a tratti schizofrenico, in gara le cose si fanno addirittura tragicomiche. Sembra che le auto pilotate dall'intelligenza artificiale non abbiano reale percezione del circuito sulla quale stanno gareggiando, sbagliando strada, colpendo qualunque ostacolo, rimanendo bloccate, andando in testacoda senza un reale motivo. Inizialmente è sorprendente: è bello vedere piloti digitali in grado di commettere errori, restituendo un po' di realismo in un certo senso. Ma quando si prosegue e si arriva alle gare sullo sterrato, be', “abbiamo visto cose che non potete immaginare”. Le auto semplicemente non stanno in strada: molto spesso è capitato di vincere gare semplicemente guidando con un minimo di criterio, mentre i concorrenti finivano in burroni o chissà dove. E questo non capita a un'auto su otto, ma a cinque/sei contemporaneamente. Insomma, non un bello spettacolo.
Ma c'è di più. C'è un altro elemento che spesso viene trascurato nei racing game e che qui assume contorni particolari. Ogni racing game che si rispetti possiede la cosiddetta “auto copertina”, un'auto speciale, magari appena uscita e in esclusiva per quel gioco. Forza Horizon 5 (qui la recensione) ha la AMG One, The Crew Motorfest la Lamborghini Revuelto, Forza Motorsport (qui la recensione) la Corvette Stingray. E Solar Crown? Nessuna. Essendo che il titolo sarebbe dovuto uscire nel 2022, l'intero parco auto è fermo al 2021. Non vi è nessuna auto particolare in esclusiva e non vi è nessun ultimo ritrovato tecnologico degli ultimi anni. Anche il roster delle vetture è decisamente mal assortito e lo si nota molto con le auto fuoristrada, pieno di SUV e con un auto incredibilmente superiore a tutte le altre e scelta obbligata se si vuol vincere. Non si capisce il criterio con cui le gare vengono composte, trovandosi nello schieramento e contemporaneamente Mercedes SLK e una Citroen 2CV. Il parco auto non è povero, ma manca di amalgama: esistono parecchie supercar, hypercar, sportscar come giusto che sia, ma una manciata di utilitarie che mal si sposano l'una con l'altra e che soprattutto non sfruttano adeguatamente (nel bene e nel male) le proprie caratteristiche. La velocità dell'Alfa MiTo è semplicemente inspiegabile.
 
Editor da rivedere

È tutto da buttare quindi? Be', il modello di guida almeno funziona. I WRC di Kylotonn erano a tratti delle perle da questo punto di vista e benché ci si trovi nel bel mezzo di un simcade, la massa delle vetture e il loro trasferimento di carico è ben rappresentato anche se la fisica degli urti lascia un po' a desiderare. Effettivamente, si può giocare in modo simile ai primi Gran Turismo, in cui sfruttare muretti e avversari per non perdere velocità in curva. Magari è una feature nostalgica, magari no. Tuttavia, Solar Crown premia una guida pulita, con i detriti e ostacoli lungo il tragitto che fanno perdere molta velocità. Gli urti frontali vanno dunque evitati e questo porta a essere molto concentrati se si vuol vincere. Quando l'IA infatti non impazzisce, Solar Crow è piacevole da guidare e per nulla semplice, anche con l'auto messa a punto. Purtroppo si assiste anche un “effetto elastico” spesso marcato ma se pensiamo solo al comportamento dell'auto in pista, possiamo dire che il lavoro di KT è discreto. La massa della vettura influenza infatti bene frenata e accelerazione, cosa a cui bisogna abituarsi un attimo, assieme al fatto che a Hong Kong, si guida a destra. Le auto risultano discretamente differenziate ma se c'è una cosa in cui Solar Crown eccelle, è la telecamera e il motion blur. Puntata verso il punto di fuga, il senso di velocità trasmesso è tra i migliori su piazza, aiutato ovviamente anche dalla velocità di caricamento dei nuovi SSD. Sia dall'interno della vettura che dalla visuale esterna si hanno dunque ottimi feedback, in fase di sterzata con un buon movimento laterale della camera, nei movimenti verticali e nel focus che cambia appunto in base alla velocità. In questo il motion blur, mai invasivo, aiuta parecchio ed è sicuramente uno dei migliori utilizzi su piazza.
Dal punto di vista sonoro invece, si ritorna al punto di partenza, con una piattezza di fondo che fatica a restituire l'”anima” delle vetture. Chiosa con il sistema di personalizzazione, impresentabile nel 2024 e incredibilmente limitato.
 
Un'immagine che conta come mille parole

 
Test Drive Unlimited: Solar Crown di “unlimited” ha solo il nome. Purtroppo il lavoro di Kylotonn fallisce nel restituire le sensazioni offerte da franchise originale, con le auto che diventano meri strumenti e non compagne di viaggio. Con una struttura decisamente classica e un'ambientazione mal sfruttata, la noia è dietro l'angolo, interrotta solo da un comparto tecnico datato e pieno di problemi. Nonostante un discreto modello di guida dunque, ll ritorno di Test Drive Unlimited è dunque rimandato a data da destinarsi.