Shachi dell'orizzonte marino Cover“Voi amate il mare, capitano?” “Si! l’amo! Il mare é tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre; il suo respiro é puro e sano; é l’immenso deserto in cui l’uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a se. Il mare non è altro che il veicolo di un’esistenza straordinaria e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l’infinito vivente.
Il mare è il grande serbatoio della natura, è dal mare che il globo è, per così dire, incominciato, e chissà che non finisca in lui. Ivi è la calma suprema. Il mare non appartiene ai despoti. Alla sua superficie essi possono ancora esercitare diritti iniqui e battersi, divorarsi, recarvi tutti gli orrori della terra; ma trenta piedi sotto il suo livello, il loro potere cessa, la loro influenza si estingue, tutta la loro potenza svanisce! Ah! signore, vivete, vivete nel seno del mare! Qui soltanto é indipendenza, qui non riconosco padroni, qui sono libero!”


Queste parole, tratte da “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne, sono forse una delle più celebri esaltazioni del mare, la sterminata ed eterna distesa azzurra che si perde nell’orizzonte e al cui confronto i problemi e gli affanni umani diventano insignificanti.
In molti, in passato, hanno elogiato questo splendido elemento naturale, da Melville a Stevenson, dai poeti greci a romanzieri affascinati a tal punto da ambientarvi favolose avventure.
Anche il fumetto e l’animazione giapponese non sono nuovi all’esaltazione del mare, dei misteri e delle avventure che esso simboleggia. Basti pensare allo splendido Fushigi no umi no Nadia (meglio noto come Il mistero della pietra azzurra) dello studio Gainax, che il mare se lo portava persino nel titolo e che su esso basava un’avventura straordinaria, a Nanatsu no umi no Tico (Un oceano di avventure), poetico meisaku marinaresco della Nippon Animation, o, come esempio più recente, alle mille peripezie navali dei pirati di Eiichiro Oda nel suo blockbuster One Piece.
E’ a quest’ultimo che, in buona parte, si ispira Shachi dell’orizzonte marino (Suiheisen no Shachi) dell’esordiente Kazuki Harumoto, da poco giunto in Italia per Ronin Manga.
E’ la storia del giovane e iperattivo Shachi Tribal, un ragazzo che vive da sempre su un’isola tropicale e che col mare ha un rapporto davvero speciale: è infatti il mare a dargli forza e vigore, e se allontanato dalle acque il giovane perde progressivamente la sua energia.
Fin da piccolo, Shachi ha sempre ascoltato i meravigliosi racconti del padre ormai defunto, che narravano di molteplici sogni, di un’azzurra immensità piena di misteri e delle sirene, meravigliose creature perse tra leggenda e realtà.
Si tratta soltanto di racconti, come li liquida il pragmatico e burbero nonno del ragazzo, o un fondo di verità esiste, fra i molti misteri di quell’oceano blu?
Il destino chiama, e per Shachi arriverà il momento di scoprirlo, partendo per un viaggio che promette incredibili avventure.

Opera prima del maestro Harumoto, Shachi dell’orizzonte marino non si discosta troppo, a livello grafico e di struttura, dai solchi dello shonen manga tracciati dal già citato One Piece di Eiichiro Oda e da molti suoi colleghi coevi quali Shaman King di Hiroyuki Takei, Toto di Yuko Osada o le opere di Hiro Mashima. I disegni, seppur non troppo originali e simili a quelli degli autori succitati in alcuni tratti, sono puliti e gradevoli all’occhio e dimostrano una gran cura nel tratteggiare ambientazioni da romanzo d’avventura e personaggi variegati nell’aspetto e appartenenti ai classici stereotipi del genere marinaresco quali pescatori, marinai e le creature oceaniche più disparate, da calamari giganti a mastodontici uccelli.
La storia imbastita segue i più classici dettami del genere, mescolando umorismo, avventura, un pizzico di dramma, rapporti familiari travagliati, malavitosi da sconfiggere e una serie di personaggi il cui incontro più o meno fortuito col protagonista servirà ad entrambi (e al lettore) come insegnamento di vita.
Tema principale sarà infatti, oltre al rispetto per il mare e la natura (esemplificato dal protagonista che si fa anello di congiunzione tra l’umanità e questi due elementi), quello della fiducia nel prossimo, sia questo un genitore, un amico, un parente, una creatura non umana o una persona appena conosciuta che potrebbe diventare un prezioso alleato.
Tutto questo, fortunatamente, impreziosito da un’ambientazione esotica e marinaresca di gran fascino, che aiuta a dare una piccola marcia in più ad una storia che altrimenti non avrebbe nulla di più di tante altre e che non può non far sorridere il lettore che è cresciuto a pane e romanzi di Jules Verne o Emilio Salgari.
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Uno dei difetti del manga, tuttavia, risiede proprio nello stesso protagonista Shachi, che risulta un po’ piatto e risente della mancanza di comprimari più interessanti che, interagendo con lui, possano far risaltare le sue buone qualità. La cosa è facilmente spiegabile con la citazione di quello che è il difetto primario di Shachi dell’orizzonte marino, dal quale poi derivano, immancabilmente tutti gli altri: la durata. Il fumetto, infatti, era stato scelto per essere stato serializzato, ma la gioia dell’autore nell’apprendere la notizia si è subito tramutata in dispiacere, in quanto la rivista su cui era in procinto di essere pubblicato avrebbe chiuso di lì a poco. L’editore dunque, come raccontato in appendice del volume, pose il maestro Harumoto innanzi a un aut-aut: tramutare Shachi dell’orizzonte marino in una storia autoconclusiva o non vedere la pubblicazione. Inutile dire che la scelta più ovvia fu la prima, ma questo non si è dimostrato tuttavia essere una garanzia di qualità. A causa, probabilmente, dell’inesperienza dell’autore, Shachi dell’orizzonte marino infatti non sembra essere un volume autoconclusivo, ma un semplice pilot di una serie che, si presume a malincuore, mai verrà realizzata.
Va da sé, dunque, che gli episodi narrati si mostrano, seppur di piacevole lettura, ancora un po’ “grezzi” e non lasciano ancora trasparire in maniera completa il talento dell’autore come invece avrebbero fatto se il viaggio di Shachi fosse continuato mostrandoci innumerevoli altre avventure e incontri, e completando il fine ultimo della storia che qui viene soltanto sfiorato ma non raggiunto.
Non si tratta, intendiamoci, di un brutto fumetto, poiché ha dalla sua come punti di forza la simpatia del tratto e dei pochi personaggi (principalmente comprimari) che vi compaiono nonché un setting di innegabile atmosfera e una scorrevolezza di fondo che permette una facile lettura, ma dispiace parecchio sapere che è in un certo senso incompleto e magari si preferiva una storia con un inizio e una fine più definiti.

Venendo all’edizione italiana, abbiamo un volume solido e compatto con una bella sovraccoperta rigida, ma un po’ troppo caro per quello che offre, considerando anche l’incompletezza (e quindi il relativo, a malincuore, scarso valore) dell’opera, l’assenza di pagine a colori o redazionali che avrebbero impreziosito il volume e diverse vignette interne leggermente tagliate ai bordi.

In conclusione, si può dire che Shachi dell’orizzonte marino sia in un certo senso un’occasione sprecata, o semplicemente l’anteprima di quello che, chissà, in futuro sarà un autore di successo che potrà poi riprendere questa sua piccola storia tanto affascinante quanto sfortunata.
La lettura del volume, eccezion fatta per la delusione dovuta all’incompletezza, rimane comunque abbastanza piacevole e riesce a lasciare diverse sensazioni positive, soprattutto legate all’inconsueta ambientazione marinaresca capace di evocare piacevoli ricordi vacanzieri di avventurose letture infantili. Se ne può dunque consigliare la lettura agli aspiranti marinai o agli appassionati dell’ azzurro “serbatoio della natura”, che troveranno un’opera piacevole e d’atmosfera e non potranno nascondere il grosso sorriso che gli si dipingerà sul volto nel vedere, fra le pagine del manga, un capitano di nave che più classico non si può, con barba, cappello e una grossa pipa, o una suadente sirena.
A malincuore, però, dovranno poi trovarsi ad ammettere che Shachi dall'orizzonte marino sarà ben lungi dall’essere il capolavoro che magari si aspettavano.