Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Appuntamento nostalgia per chi è cresciuto con l'Anime Night di MTV. A questo giro abbiamo Wolf's Rain, Trigun e Beck.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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8.0/10
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Diciamoci la verità, sono sempre di meno oggi le serie anime che cercano di superare il mero intrattenimento, per ambire a un risultato ancora più difficile da ottenere, quello di comunicare un messaggio, qualcosa di profondo che arrivi alla sfera emozionale dello spettatore; scelta non poco coraggiosa che però ha fatto sì che dagli anni novanta in poi le sceneggiature di non poche serie tv fossero improntate a una maggiore maturità facendo brillare di nuova luce la nostra amata animazione giapponese agli occhi di parecchi di coloro che ne erano detrattori. "Wolf's Rain" del 2003 è forse uno dei pochi titoli dello scorso decennio che possono entrare a pieno merito in questa ristretta cerchia; d'altronde non ci si poteva aspettare di meno dallo staff scelto dalla Bones per la sua realizzazione, praticamente lo stesso che aveva partorito il successo planetario di "Cowboy Bebop"!

"Wolf's Rain" è la drammatica storia di un viaggio sulle tracce che portano, secondo un'antica leggenda, a un paradiso perduto, il Rakuen; a cercarlo sono quattro lupi, l'unica razza a cui sia consentito entrarci, in cerca di salvezza da un mondo in decadenza, sull'orlo del collasso ambientale in cui l'essere umano ha perso ogni stimolo e si limita alla pura sussistenza, mentre una ristretta casta di nobili, coloro che per la loro superbia hanno portato tutto alla fine, cercano di fuggire sfruttando le loro avanzate conoscenze tecnologiche.
"Sia morire che privare della vita non sono cose innaturali; è più innaturale vivere senza avere uno scopo", da queste parole del protagonista Chiba si evince il succo autentico di quello che "Wolf's Rain" secondo me vuole comunicarci, una critica all'andazzo generale dell'umanità, offuscata da desideri di cose futili e contro natura ("Perché gli uomini continuano ad ambire al cielo, anche se sono creature senza ali?"), schiava del consumismo e sempre più senza una vera meta, qualcosa per cui combattere e sperare; il lupo, con il suo orgoglio ma anche con il suo carattere gregario, in cui tutti si aiutano per il soddisfacimento collettivo, è più di un modello da seguire e poco importa se il tanto agognato Paradiso sia reale o meno, la vera felicità sta proprio nel cercarlo.

Non una trama semplice quindi quella elaborata dallo sceneggiatore Keiko Nobumoto, caratterizzata anche da tempi molto lenti - funzionali però alla storia trattata - che potrebbero scoraggiare uno spettatore in cerca di maggiore azione, senza contare l'errore a mio avviso di realizzare ben quattro puntate riassuntive, ridondanza davvero superflua poco prima di un finale che lascia molto di più dell'amaro in bocca. Insuccesso clamoroso? Neanche per sogno. Essere tra i migliori vuol dire anche possedere umiltà, saper correggere il tiro, e tanto hanno fatto i realizzatori di tale opera, completandola con quattro splendidi OAV che riescono nell'arduo impresa non solo di concluderla degnamente, ma anche di valorizzarla rendendola magnifica.

Dal punto di vista grafico, chi ha amato "Cowboy Bebop" non potrà che trovarsi a proprio agio con questa serie, così come per le musiche della bravissima Yoko Kanno, che ho imparato ad apprezzare proprio da questo titolo. "Wolf's Rain" è un'opera che consiglio caldamente di vedere a chi è in cerca di un titolo maturo e di personaggi ricchi di carisma, anche se purtroppo il fallimento della Shin Vision, che deteneva i diritti per la distribuzione in Italia, rende non poco difficile il reperimento dei DVD, ma se vi riuscisse di trovarli allora potrete sentire anche voi una voce dentro che vi dice forte "Dirigiti al Rakuen!".



6.0/10
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Pensavo di trovarmi di fronte a un anime simile a "Samurai Champloo" oppure "Cowboy Bebop", difatti abbiamo dei personaggi ben psicologicamente caratterizzati che percorrono la propria strada, sia nel vero senso della locuzione sia nel significato più intimo, molta azione e, contemporaneamente, molto humour.
Ebbene, purtroppo devo ammettere che le mie speranze sono andate deluse, perché "Trigun" in un qualche modo ha fallito, non so neppure io con certezza il perché. Forse è dovuto un po' alla mediocre, volendo esser buoni, animazione e un po' a un odio personale verso personaggi con il carattere di Vash, di Milly e Meryl. Difatti questo voler essere costantemente buoni, le onnipresenti lagne e via dicendo hanno marchiato "Trigun" di profonda antipatia.

Paradossalmente personaggi come Legato, Knives e Wolfwood mi sono sembrati molto più interessanti: i primi due perché riuscivano a soddisfare egregiamente la mia misantropia; l'ultimo perché è l'unico a essere il più umano, il più verosimile perché multiforme e variegato, tanto che la sua dipartita è forse realmente l'unico picco emotivo della serie.
A parte un personale odio verso i personaggi principali, ho trovato anche una certa mancanza di fluidità nella serie in generale. Anche in "Samurai Champloo" o in "Cowboy Bebop" - ho sempre la spinta a far paragone con queste due serie - sostanzialmente si parla di episodi autoconclusivi o comunque abbastanza solitari, ma la trama, l'ambientazione e lo spirito di fondo si sentono sempre. In "Trigun", invece, seppur lo spirito e l'ironia generale sono sempre presenti e piacevoli, ho percepito la mancanza di una vera trama, sia nei primi episodi, quando realmente non si sapeva alcunché di nulla relativamente al mondo che osservavo, sia in quelli successivi, quando venivano dati solo accenni, quasi intuitivi, alla storia presente dietro il palcoscenico. Anche se nelle ultime puntate la storia diviene più chiara e più presente, ho sempre ritenuto che si badasse troppo allo scontro, a Vash stesso e alle sue paranoie e alle paranoie di chi lo circondava.

Purtroppo, anche il finale non è affatto accettabile. Dai pochi "hint" che vengono dati si presuppone uno scontro epico, che, invece, confluisce in un 26° episodio in cui il flashback dura più della vera battaglia tra i due biondi.
Un vero peccato, L'anime è sufficiente solo grazie ai primi episodi e grazie alle numerose gag presenti fino a un certo punto della serie.



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Quello che qui recensisco è uno di quei pochi titoli che siano stati capaci di ampliare enormemente il mio interesse, non solo nei confronti dell'animazione giapponese, ma dell'attuale immaginario nipponico stesso, e per giunta d'incuneare le mie prime esperienze musicali in un'attiva elaborazione di gruppo: considerazioni strettamente personali ma, insomma, scusate se è poco.
Tralasciando la 'storia della mia vita', spendiamo qualche parola su quest'anime. BECK è un prodotto che ha riscosso molto successo in Italia. Merito di Dynit, responsabile sia della sua prima messa in onda su Mtv nel 2006 (negli ormai lontani 'tempi d'oro' dell'Anime Night) e di repliche a suo seguito, sia di avere distribuito l'originale versione cartacea, realizzata da Harold Sakuishi.

Sullo sfondo di un Giappone urbano contemporaneo, pienamente valorizzato dalla splendida regia di Osamu Kobayashi, ricca di primi piani e inquadrature che si trattengono anche sui particolari minori dello scenario, si racconta, da un lato, uno spaccato di vita adolescenziale di un comune gruppo di amici appassionati di musica, dall'altro, la realizzazione di un sogno: la formazione e poi la scalata al successo dei Mongolian Chop Squad, giovane band indipendente, chiaramente ispirata a mostri del rapcore quali i Rage Against the Machine o i primi Red Hot Chili Peppers. Principale intermediario del binomio vita-musica è Yukio 'Koyuki' Tanaka, timido quattordicenne che, dopo una serie d'incontri fortuiti (e fortunati), a partire da quella con Ryusuke e il suo buffo cane Beck, ma soprattutto quello con le sei corde, riuscirà a prendere maggiore confidenza con se stesso e la gente che gli è intorno - sì, detto così, ricorda un certo pilota di robot, e in effetti la somiglianza esiste.

Per quanto il proseguimento della trama sia contrassegnato da un'escalation di eventi non sempre adeguati a un contesto realistico plausibile, il livello d'intrattenimento e 'l'effetto attesa' non saranno mai sviliti, grazie a un funzionale mix d'ingredienti tipici dei teen drama, dello humor nipponico e della pop-rock culture. C'è da aggiungere poi un fattore determinante nella riuscita dell'empatia tra spettatori e personaggi: per qualsiasi appassionato di musica rock, meglio ancora se alle prese con uno strumento musicale, Beck garantirà un incentivo estremamente maggiore a immedesimarsi nelle vicende. E la stessa cura per le scenografie, la dettagliata riproduzione di strumenti originali nonché il realismo delle performance di ogni componente, alimenteranno per ogni intenditore l'attrazione verso questa serie.
Mongolian Chop Squad ha tutte le carte in regola per lasciare impressa una splendida esperienza, ed è sicuramente da rinomare tra le opere più fresche e giovanili della sua generazione.