Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi ci dedichiamo a titoli slice of life, con A Wind Skimming the River's Surface, Hanasaku Iroha e Poyopoyo Kansatsu nikki.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi ci dedichiamo a titoli slice of life, con A Wind Skimming the River's Surface, Hanasaku Iroha e Poyopoyo Kansatsu nikki.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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La figlia di qualcuno, la moglie di qualcuno, la madre di qualcuno. È passato ormai del tempo da quando le femministe bruciavano i reggiseni nelle piazze rivendicando pari diritti per entrambi i sessi - così tanto, in effetti, che alcune di loro potrebbero essere diventate le nonne di qualcuno -, ma noi donne continuiamo a vivere più vite in una e sempre meno la nostra, al punto da sviluppare quello che alcuni ricercatori hanno definito, in maniera forse un po' indelicata, un cervello multitasking, capace, cioè, di fare più cose contemporaneamente e in maniera egualmente efficiente. Tuttavia - e questo vale anche per gli uomini - a ogni nuovo capitolo della nostra vita corrisponde una versione alternativa, e a un certo punto potremmo voler scoprire cosa sarebbe successo se, in una determinata situazione, ci fosse stato concesso di comportarci in maniera diversa.
Di solito questa curiosità ha origine dal fatto che qualcosa, nell'esistenza che conduciamo attualmente, non ci soddisfa: il luogo dove viviamo, ad esempio, le persone da cui siamo attorniate, il lavoro che facciamo, oppure tutte queste cose insieme. Ma sarà davvero il caso di dare un seguito così tardivo a tutti i "se" che abbiamo disseminato lungo il nostro cammino? E d'altra parte non abbiamo forse il diritto di conoscere la persona che saremmo potuti diventare?
La trentenne Noriko manca dal Giappone da cinque anni. Fin da giovane ha sempre desiderato emanciparsi dalla sua famiglia d'origine, a suo modo di vedere troppo poco ambiziosa, ma una donna felice non si ingozzerebbe in piena notte per poi vomitare tutto quanto in preda ai sensi di colpa, né mentirebbe sul vero motivo che l'ha portata a rimettere piede nella tranquilla Karuizawa dopo tutto questo tempo: non per dare l'opportunità ai genitori di conoscere il nipotino, un delizioso frugoletto di quattro anni, bensì per riflettere su cosa fare della sua vita, arrivata a un punto morto.
L'aria di casa risveglia in lei sentimenti che credeva sopiti, in particolar modo quelli per Hisao, un taciturno apprendista pasticcere. Decide di scoprire che ne è stato di lui, agognando e paventando al tempo stesso il momento in cui lo incontrerà di nuovo.
Tratto dal romanzo "Yamu Tsuki", con cui Kei Yuikawa ha vinto il prestigioso Naoki Prize, "A Wind Skimming The River's Surface" è un cortometraggio indirizzato a un pubblico di donne adulte, che sanno quanto sia difficile tornare indietro man mano che aumentano le porte chiusesi alle loro spalle. Noriko sa di rischiare molto, ma sa anche che potrebbe non sopportare il peso di un ulteriore rimpianto qualora si lasciasse scappare l'occasione di verificare se anche per Hisao il tempo si sia fermato a quando stavano insieme - un amore, il loro, a cui la giovane potrebbe dovere anche più di quanto dica apertamente.
Oltre che nelle parole e nei gesti, l'involontario egoismo che spesso caratterizza questo tipo di persone trova ulteriore modo di esprimersi anche nei fondali appena abbozzati nei quali ella si muove come attraverso un sogno, vedendo tutto ma, all'atto pratico, guardando ben poco. L'intero comparto tecnico, del resto, dà l'impressione di essere impostato in modo da limitarsi a seguirla a distanza per accentuarne la distanza che ha finito per mettere tra il suo vero sé e gli altri. Sia chiaro, tuttavia, che Noriko non è cattiva: è la sua infelicità a renderla una persona peggiore di quella che è in realtà, come in parte dimostra la scelta che compie nel finale.
Per quanto il prodotto risulti godibile anche a uno spettatore diverso per sesso, età e/o trascorsi da quello ideale non penso che qualcuno che non abbia vissuto - se non personalmente almeno da vicino - lo stesso tipo di inquietudine possa apprezzarne la bellezza austera e malinconica allo stesso modo di chi, al contrario, ha una certa familiarità con il tema trattato o ne è semplicemente attratto. Non è colpa di nessuno, né tantomeno rende "A Wind Skimming The River's Surface" meno valido; è tuttavia un dato di fatto che io stessa, con tutta probabilità, non ne sarei rimasta granché impressionata se non fossi in possesso della stessa sensibilità che non tutte le donne sanno di avere e che, pur non rendendoci necessariamente migliori degli uomini, fa vibrare le corde del nostro cuore in maniera completamente diversa.
Di solito questa curiosità ha origine dal fatto che qualcosa, nell'esistenza che conduciamo attualmente, non ci soddisfa: il luogo dove viviamo, ad esempio, le persone da cui siamo attorniate, il lavoro che facciamo, oppure tutte queste cose insieme. Ma sarà davvero il caso di dare un seguito così tardivo a tutti i "se" che abbiamo disseminato lungo il nostro cammino? E d'altra parte non abbiamo forse il diritto di conoscere la persona che saremmo potuti diventare?
La trentenne Noriko manca dal Giappone da cinque anni. Fin da giovane ha sempre desiderato emanciparsi dalla sua famiglia d'origine, a suo modo di vedere troppo poco ambiziosa, ma una donna felice non si ingozzerebbe in piena notte per poi vomitare tutto quanto in preda ai sensi di colpa, né mentirebbe sul vero motivo che l'ha portata a rimettere piede nella tranquilla Karuizawa dopo tutto questo tempo: non per dare l'opportunità ai genitori di conoscere il nipotino, un delizioso frugoletto di quattro anni, bensì per riflettere su cosa fare della sua vita, arrivata a un punto morto.
L'aria di casa risveglia in lei sentimenti che credeva sopiti, in particolar modo quelli per Hisao, un taciturno apprendista pasticcere. Decide di scoprire che ne è stato di lui, agognando e paventando al tempo stesso il momento in cui lo incontrerà di nuovo.
Tratto dal romanzo "Yamu Tsuki", con cui Kei Yuikawa ha vinto il prestigioso Naoki Prize, "A Wind Skimming The River's Surface" è un cortometraggio indirizzato a un pubblico di donne adulte, che sanno quanto sia difficile tornare indietro man mano che aumentano le porte chiusesi alle loro spalle. Noriko sa di rischiare molto, ma sa anche che potrebbe non sopportare il peso di un ulteriore rimpianto qualora si lasciasse scappare l'occasione di verificare se anche per Hisao il tempo si sia fermato a quando stavano insieme - un amore, il loro, a cui la giovane potrebbe dovere anche più di quanto dica apertamente.
Oltre che nelle parole e nei gesti, l'involontario egoismo che spesso caratterizza questo tipo di persone trova ulteriore modo di esprimersi anche nei fondali appena abbozzati nei quali ella si muove come attraverso un sogno, vedendo tutto ma, all'atto pratico, guardando ben poco. L'intero comparto tecnico, del resto, dà l'impressione di essere impostato in modo da limitarsi a seguirla a distanza per accentuarne la distanza che ha finito per mettere tra il suo vero sé e gli altri. Sia chiaro, tuttavia, che Noriko non è cattiva: è la sua infelicità a renderla una persona peggiore di quella che è in realtà, come in parte dimostra la scelta che compie nel finale.
Per quanto il prodotto risulti godibile anche a uno spettatore diverso per sesso, età e/o trascorsi da quello ideale non penso che qualcuno che non abbia vissuto - se non personalmente almeno da vicino - lo stesso tipo di inquietudine possa apprezzarne la bellezza austera e malinconica allo stesso modo di chi, al contrario, ha una certa familiarità con il tema trattato o ne è semplicemente attratto. Non è colpa di nessuno, né tantomeno rende "A Wind Skimming The River's Surface" meno valido; è tuttavia un dato di fatto che io stessa, con tutta probabilità, non ne sarei rimasta granché impressionata se non fossi in possesso della stessa sensibilità che non tutte le donne sanno di avere e che, pur non rendendoci necessariamente migliori degli uomini, fa vibrare le corde del nostro cuore in maniera completamente diversa.
Hanasaku iroha
5.0/10
Recensione di npepataecozz
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"Hanasaku iroha" è uno di quei titoli che mi spingono a una profonda riflessione su quale sia il ruolo assegnato agli anime ai giorni nostri. All'apparenza ciò che ci viene mostrato è solo un gruppo di comuni ragazzi che lavorano in una pensione e che un po' alla volta ci raccontano le loro aspirazioni, i loro sogni, i loro sentimenti, i loro successi e le loro delusioni; il tutto condito da un fanservice limitato allo stretto indispensabile - anche se indispensabile è una parola grossa -, con bei disegni e con musiche orecchiabili. Insomma, "Hanasaku iroha" a un'analisi superficiale, e ciò indipendentemente dal fatto che la storia raccontata piaccia o meno, sembra un prodotto del tutto innocuo per una qualsiasi tipologia di spettatore. Ma è davvero così? Personalmente ho diversi dubbi in proposito; per capire da dove hanno origine bisogna estendere maggiormente il livello dall'analisi. Partiamo dalla trama.
Costretta dall'irresponsabilità della madre a lasciare Tokyo, dove conduceva una vita tranquilla ma senza grossi stimoli, la giovane Ohana dovrà trasferirsi presso una pensione di un piccolo villaggio gestito da sua nonna. Qui dovrà fare i conti con una realtà molto diversa rispetto a quella vissuta fino a quel momento, fatta di persone all'apparenza fredde e chiuse e di lavoro, tanto lavoro. Ben presto, però, la ragazza riuscirà a conquistare tutti grazie alla sua innata allegria, alla sua testardaggine e alla sua totale abnegazione nel lavoro. Le rimarrà un unico rimpianto: quello di non essere riuscita a confessare il suo amore a Kou, un suo amico d'infanzia che continua a vivere a Tokyo.
Se si esponesse su un grafico il livello del mio gradimento dei singoli episodi, si noterebbero due picchi: uno verso la metà della serie e l'altro in prossimità del finale: è solo in questi episodi, infatti, che la trama si muove veramente e fa vedere o sperare in un'evoluzione più profonda delle relazioni tra i vari protagonisti. Anche contando questi episodi, però, la complessità della trama è ai minimi storici e il tutto sarebbe stato liquidabile in pochissimi episodi. Se questo non accade, invece, è perché negli altri noiosissimi episodi sale in cattedra il vero protagonista di questa serie: la pensione.
A mio avviso la trama fin qui raccontata è solo un contorno nella mente dell'autore rispetto a quello che è il suo reale obiettivo: descrivere l'attività di un albergo tradizionale e il duro lavoro che occorre per gestirlo. Ma, ed è qui il punto cruciale, nessuno dei protagonisti si lamenta mai della stanchezza, degli orari impossibili, della quasi totale assenza di una vita sociale al di fuori delle quattro mura della pensione; anzi, all'opposto, essi amano incondizionatamente e acriticamente il loro lavoro, impegnandosi ancor più duramente per salvare questa specie di "prigione dorata" nei momenti di difficoltà.
Anche a me, in passato, è capitato di lavorare in strutture e con mansioni che mi piacevano tantissimo, e se c'era bisogno di trattenersi qualche ora in più a causa di necessità impellenti non mi tiravo affatto indietro. Ma qui parliamo di qualcosa di profondamente diverso: quest'anime è un prodotto di propaganda puro e semplice. E' uno di quei titoli che io definisco "educativi" (e non nell'accezione positiva del termine), con i quali si vuole tramandare alle nuove generazioni concetti come "lavorare 24 ore al giorno è divertente", "la mia casa è il mio posto di lavoro", "i miei ricordi migliori e i miei migliori amici sono legati al mio lavoro", "la tradizione vince sempre contro il modernismo", eccetera, eccetera. Per il resto la trama è così scarna da cadere quasi immediatamente nello spoiler nel tentativo di raccontarla.
Di fronte a questa convinzione di base, tutto il resto passa in secondo piano. E mi chiedo se è davvero questa la direzione in cui si sta cercando di indirizzare il mondo degli anime: intrattenimento basato su una storia gradevole (come in questo caso) o zeppa di riferimenti sessuali (come in altri casi) per attirare un'utenza a cui propinare modelli di vita tradizionali da imitare. Se così fosse non potrei aspettarmi davvero nulla di buono dal futuro.
So di andare controcorrente, ma non assegnerò un voto positivo a quest'anime, e ciò per due motivi: uno perché è troppo evidente l'elemento propagandistico - elemento che non è presente solo qui, ma in "Hanasaku iroha" si esagera - e due perché la trama è troppo scarna per essere quella di un anime di ventisei episodi.
Costretta dall'irresponsabilità della madre a lasciare Tokyo, dove conduceva una vita tranquilla ma senza grossi stimoli, la giovane Ohana dovrà trasferirsi presso una pensione di un piccolo villaggio gestito da sua nonna. Qui dovrà fare i conti con una realtà molto diversa rispetto a quella vissuta fino a quel momento, fatta di persone all'apparenza fredde e chiuse e di lavoro, tanto lavoro. Ben presto, però, la ragazza riuscirà a conquistare tutti grazie alla sua innata allegria, alla sua testardaggine e alla sua totale abnegazione nel lavoro. Le rimarrà un unico rimpianto: quello di non essere riuscita a confessare il suo amore a Kou, un suo amico d'infanzia che continua a vivere a Tokyo.
Se si esponesse su un grafico il livello del mio gradimento dei singoli episodi, si noterebbero due picchi: uno verso la metà della serie e l'altro in prossimità del finale: è solo in questi episodi, infatti, che la trama si muove veramente e fa vedere o sperare in un'evoluzione più profonda delle relazioni tra i vari protagonisti. Anche contando questi episodi, però, la complessità della trama è ai minimi storici e il tutto sarebbe stato liquidabile in pochissimi episodi. Se questo non accade, invece, è perché negli altri noiosissimi episodi sale in cattedra il vero protagonista di questa serie: la pensione.
A mio avviso la trama fin qui raccontata è solo un contorno nella mente dell'autore rispetto a quello che è il suo reale obiettivo: descrivere l'attività di un albergo tradizionale e il duro lavoro che occorre per gestirlo. Ma, ed è qui il punto cruciale, nessuno dei protagonisti si lamenta mai della stanchezza, degli orari impossibili, della quasi totale assenza di una vita sociale al di fuori delle quattro mura della pensione; anzi, all'opposto, essi amano incondizionatamente e acriticamente il loro lavoro, impegnandosi ancor più duramente per salvare questa specie di "prigione dorata" nei momenti di difficoltà.
Anche a me, in passato, è capitato di lavorare in strutture e con mansioni che mi piacevano tantissimo, e se c'era bisogno di trattenersi qualche ora in più a causa di necessità impellenti non mi tiravo affatto indietro. Ma qui parliamo di qualcosa di profondamente diverso: quest'anime è un prodotto di propaganda puro e semplice. E' uno di quei titoli che io definisco "educativi" (e non nell'accezione positiva del termine), con i quali si vuole tramandare alle nuove generazioni concetti come "lavorare 24 ore al giorno è divertente", "la mia casa è il mio posto di lavoro", "i miei ricordi migliori e i miei migliori amici sono legati al mio lavoro", "la tradizione vince sempre contro il modernismo", eccetera, eccetera. Per il resto la trama è così scarna da cadere quasi immediatamente nello spoiler nel tentativo di raccontarla.
Di fronte a questa convinzione di base, tutto il resto passa in secondo piano. E mi chiedo se è davvero questa la direzione in cui si sta cercando di indirizzare il mondo degli anime: intrattenimento basato su una storia gradevole (come in questo caso) o zeppa di riferimenti sessuali (come in altri casi) per attirare un'utenza a cui propinare modelli di vita tradizionali da imitare. Se così fosse non potrei aspettarmi davvero nulla di buono dal futuro.
So di andare controcorrente, ma non assegnerò un voto positivo a quest'anime, e ciò per due motivi: uno perché è troppo evidente l'elemento propagandistico - elemento che non è presente solo qui, ma in "Hanasaku iroha" si esagera - e due perché la trama è troppo scarna per essere quella di un anime di ventisei episodi.
Poyopoyo Kansatsu nikki
8.0/10
Facciamo un quiz. Che cos'é tutto tondo, di colore giallo e dalla consistenza morbida? Può essere un melone? Una palla da basketball? Ma certo che no, si tratta di Poyo, un gattone perfettamente rotondo dalla vocina adorabile che conquista immediatamente il cuore della spensierata Moe, una donna ventiduenne che decide di portarlo a casa dopo che l'ha scambiato per un cuscino a cui appoggiarsi. Così Poyo, il cui suono richiama a qualcosa di balzellante come il nostro boing, diventa l'animale domestico della famiglia Saitou, composta oltre a Moe da suo fratello più giovane di nome Hide e dal loro padre Shigeru, un uomo rigido ma dal cuore d'oro.
Questa serie la affianco spesso a "Chii's sweet home", sia per la sua "carineria" sia per la durata degli episodi che spaziano tra i due e i tre minuti. Gli episodi sono tanti, ma appunto durano poco, il che è un bene perché in fondo "Poyopoyo Kansatsu Nikki" appartiene a quelle commedie che si basano su gag veloci per intrattenere. La semplicità della trama funziona alla grande, offrendo uno spettacolo sempre piacevole nonché appagante. Non ci sarà neppure un momento di noia, né di pesantezza. Gli sketch sono spiritosi e chiunque può apprezzarli, bambini e adulti, proprietari o non di animali domestici.
L'anime presenta anche un cast simpatico, benché poco vario, di personaggi che contribuiscono alla fluidità della narrazione. Moe, essendo la proprietaria di Poyo, è quella che ha più visibilità, tuttavia le gag sono ben riuscite anche quando la scena si sposta sulle vicende del fratello adolescente, tipico studente un po' scorbutico con cui Poyo litiga solitamente, creando delle situazioni davvero esilaranti. Kouta e Maki, compagni di classe del ragazzo, hanno delle piccole parti che li rendono comunque amabili, specie Maki, la quale è innamorata segretamente di Hide ed è la padrona di un cane grande e grosso.
Attenzione però, Poyo non è l'unico gatto della serie, a fargli compagnia c'è Kubo, un gatto nero fin troppo energico che si affeziona subito al nostro pigro e tondo protagonista. Quanto alla coppia di vicini, sono quelli che mi hanno convinta di meno, ma in qualche modo riescono a divertire, soprattutto lei e la sua fobia di tutti gli esseri viventi esclusi gli umani.
Passando al comparto tecnico, la grafica non è di certo eccezionale poiché i disegni e le animazioni sono minime, ma va bene, è quanto basta per proseguire la visione. Malgrado ciò, personalmente ho trovato adatto il chara in forma chibi e i colori luminosi, trasmettono calore e tanta, tanta allegria. Purtroppo i doppiatori non sono sempre all'altezza, a parte Ikue Otani che è bravissima a prestare la sua zuccherosa voce a Poyo. Ciò che rimane in testa è l'opening, niente di quadrato o rettangolo, solo immagini circolari e di festosità, con l'aggiunta di quella canzoncina dolce, frizzante e "nyaaa!".
Consigliato ai gattofili e alle persone a cui piacciono le cose carine in generale, guardando Poyopoyo anche chi ha avuto una brutta giornata tornerà all'improvviso di buon umore. Otto.
Questa serie la affianco spesso a "Chii's sweet home", sia per la sua "carineria" sia per la durata degli episodi che spaziano tra i due e i tre minuti. Gli episodi sono tanti, ma appunto durano poco, il che è un bene perché in fondo "Poyopoyo Kansatsu Nikki" appartiene a quelle commedie che si basano su gag veloci per intrattenere. La semplicità della trama funziona alla grande, offrendo uno spettacolo sempre piacevole nonché appagante. Non ci sarà neppure un momento di noia, né di pesantezza. Gli sketch sono spiritosi e chiunque può apprezzarli, bambini e adulti, proprietari o non di animali domestici.
L'anime presenta anche un cast simpatico, benché poco vario, di personaggi che contribuiscono alla fluidità della narrazione. Moe, essendo la proprietaria di Poyo, è quella che ha più visibilità, tuttavia le gag sono ben riuscite anche quando la scena si sposta sulle vicende del fratello adolescente, tipico studente un po' scorbutico con cui Poyo litiga solitamente, creando delle situazioni davvero esilaranti. Kouta e Maki, compagni di classe del ragazzo, hanno delle piccole parti che li rendono comunque amabili, specie Maki, la quale è innamorata segretamente di Hide ed è la padrona di un cane grande e grosso.
Attenzione però, Poyo non è l'unico gatto della serie, a fargli compagnia c'è Kubo, un gatto nero fin troppo energico che si affeziona subito al nostro pigro e tondo protagonista. Quanto alla coppia di vicini, sono quelli che mi hanno convinta di meno, ma in qualche modo riescono a divertire, soprattutto lei e la sua fobia di tutti gli esseri viventi esclusi gli umani.
Passando al comparto tecnico, la grafica non è di certo eccezionale poiché i disegni e le animazioni sono minime, ma va bene, è quanto basta per proseguire la visione. Malgrado ciò, personalmente ho trovato adatto il chara in forma chibi e i colori luminosi, trasmettono calore e tanta, tanta allegria. Purtroppo i doppiatori non sono sempre all'altezza, a parte Ikue Otani che è bravissima a prestare la sua zuccherosa voce a Poyo. Ciò che rimane in testa è l'opening, niente di quadrato o rettangolo, solo immagini circolari e di festosità, con l'aggiunta di quella canzoncina dolce, frizzante e "nyaaa!".
Consigliato ai gattofili e alle persone a cui piacciono le cose carine in generale, guardando Poyopoyo anche chi ha avuto una brutta giornata tornerà all'improvviso di buon umore. Otto.
Complimenti a tutti!
una cosa sola non comprendo. apparte il salvataggio del tizio che si finge scrittore di successo... dove c'è la tizia con l'abito bagnato,perche gettatasi in mare per salvarlo, che va bhe alla faccia del fanservice... non si vede un accidente!! per il resto riferimenti sessuali e fan service non ce ne sta manco a piangere... bho !! un anime in cui i 26 episodi servono tutti altro che! anzi ci hanno fatto pure il film con la storia della madre di ohana per farcelo capire meglio... perciò episodi contorno, mha!! non ne ho visti.
Era abbastanza simpatico anche per chi, come me, non ama particolarmente i gatti.
A piacermi poco era il formato degli episodi da circa 3 minuti ciascuno ma probabilmente (prima o poi) lo porterò a termine
Non ci vedo nulla di propagandistico o uno spot del lavoro 24 h su 24 ma invero un semplice percorso di crescita di una ragazza che in città non trovava molti stimoli...certo c'è un certo gusto a preferire il "era meglio una volta" ma lo stesso finale della serie dimostra che i tempi vanno avanti e che dal passato possiamo si imparare a diventare adulti ma rimane appunto "passato".
Seguendo la logica di questa recensione allora pure Silver Spoon, che mostra la vita di campagna e il grande sacrificio di chi ci lavora, è da 5?
A mio avviso non ci vedo nulla di male in un messaggio che dice "ok anche se nn ho combinato mai nulla di buono mi impegnerò di più per far riuscire le cose"...
"Hanasaku Iroha" è a mio parere un ottimo slice of life, assolutamente non noioso, che nella quotidianità del lavoro nella pensione ben descrive il cambiamento di prospettiva della protagonista, e l'evoluzione dei rapporti con le sue compagne di "fatiche" e con l'austera nonna. E' un percorso di crescita, non ho trovato episodi inutili, anzi, descrivere a piccoli passi il lento mutare delle relazioni rende il tutto molto credibile. Se devo fare qualche critica, forse il rapporto tra Ohana e Kou è un po' troppo idealizzato, e, in generale, le situazioni sono spesso edulcorate. Ma mi sento di consigliarlo assolutamente.
Gli altri due non mi interessano particolarmente.
Ohana si trova catapultata, a causa dell'immaturità della madre, in un ambiente che le risulta all'inizio del tutto alieno, fatto di fatica e abnegazione ovvero la gestione di una stazione termale (tanto amate dai nipponici) dove l'ospitalità è considerato un concetto più che sacro; venendo in contatto con tutte le persone che vi lavorano, tutte con obbiettivi e sogni ben consolidati, Ohana si trova a dover fare una profonda riflessione su sè stessa e tutto ciò la porta ad una crescita personale che, possiamo dire, la porta alla consapevolezza dell'età adulta.
Ora se il recensore si è solo soffermato sull'ambientazione e in particolare sul duro lavoro che si cela dietro la gestione di una onsen ( anche di un qualsiasi albergo di vacanza ) questo andrebbe a spiegare quanto ha scritto che, quindi, risulta parto di una visione estremamente superficiale e pregiudizievole: anche, ad esempio, in Romagna ci si fa un culo a tarallo negli alberghi...ma allora questo è male? Direi di no! Sà da faticà pè campà!
Hanasaku Iroha non è un capolavoro ma un ottimo slice of life che in più dà spunti di riflessione e spesso dona anche attimi di poesia.
I personaggi "secondari" sono dei più disparati e tutti ben caratterizzati.
L'animazione è più che valida e tutto queste concorre ad un personale 8.
Il primo è una piccola perla. Non certamente un capolavoro ma quello che cerca di trasmettere lo trasmette molto bene.
"Hanasaku iroha" è un lavoro atipico per uno slice of life ma assolutamente godibile e ben sopra la sufficienza, a mio parere.
Facciamo una premessa: lo slice of life è un genere che mi piace moltissimo. Ne ho visti davvero tantissimi in questi anni per cui posso dire con relativa certezza che quello di cui parlo in questa recensione non è una peculiarità di questo anime (se fosse stato così probabilmente non mi sarebbe piaciuto lo stesso ma ne avrei parlato in termini diversi) ma, a mio avviso, in questo esso raggiunge livelli che personalmente ho ritenuto intollerabili.
Partiamo da considerazioni generali e poi andiamo nello specifico.
La domanda che mi pongo è: la mentalità del ragazzo giapponese è davvero quella descritta in questi anime? La domanda è pertinente in quanto slice of life vuol dire letteralmente "spaccato della vita quotidiana" in cui il realismo svolge un ruolo fondamentale. Se la risposta è sì, beh allora il mio giudizio è basato su preconcetti di tipo occidentale e il mio disappunto parte da una visione occidentale della vita. Ovviamente non sono un esperto di società giapponese ma ciò che ho potuto constatare finora mi fa propendere per il no. Probabilmente il giovane giapponese viene abituato a lavorare tanto sin da giovane, e su questo non ci piove; ma ci mette davvero tutto questo entusiasmo? Ribadisco il mio no: il tasso di suicidi è altissimo, ricordo qualche indagine di qualche anno fa sul forte tasso di ULCERA fra la popolazione studentesca. E se io sono felice di fare una cosa non mi suicido, e credo non mi venga nemmeno l'ulcera così giovane.
Quindi supponiamo che i ritmi siano davvero quelli: si può dire che questo modello renda felici i giovani giapponesi? La risposta merita perlomeno una discussione più approfondita di quanto possiamo fare noi in questo luogo. Però la domanda che successivamente mi viene in mente è la seguente: ma se esiste almeno un minimo dubbio che questo modello porti con se dei problemi sociali (quelli citati da me sono i più appariscenti ma ce ne sono alti) perchè vengono proposti di continuo anime in cui esso viene esaltato proponendo personaggi felici di spaccarsi la schiena 365 giorni all'anno 24 ore su 24 e non appaiono mai elementi che rappresentino invece il disagio giovanile di fronte a tutto questo (che dati alla mano è una certezza?). Manzoni, parlando dell'infanzia della monaca di Monza, diceva che i genitori continuavano a regalarle bambole di monache e religiose al fine di spingerla alla scelta da loro desiderata. Secondo me è un pò quello che accade con questi anime. Se poi qualcuno ha un idea diversa son pronto a discuterne.
Andiamo nello specifico: non sono io ma addirittura la stessa Ohana in un passo dell'anime ad affermare che la vera protagonista di tutto era la pensione. Quanto detto in linea generale si rispecchia perfettamente in questo anime, dove una ragazzina si appassiona per il lavoro in un modo a mio avviso inconcepibile, dove i protagonisti non hanno una vita sociale fuori dalla pensione o che cmq non viene raccontata perchè poco importante, dove pur essendoci un minimo di trama (che quella che ho letto in altri commenti) è la cultura del superlavoro, dell'onore e della tradizione ad avere sempre la maggior importanza. Quindi iscrivo questo anime in quelli che io definisco "educativi" in senso negativo e resto perplesso.
Ora questa è l'idea che mi sono fatto guardando davvero tantissimi titoli di questo tipo. Aspetto repliche, ovviamente, ritengo questo argomento di grandissima importanza.
Buone feste fatte a tutti!
Che si tratti di un cinema, di un vecchio albergo o della nave del pianista sull'oceano.....in occidente come in oriente.
Ok la vicenda è edulcorata ma d'altronde è una serie spensierata alla tari tari, mica Rainbow e affini....Ohana all'inizio ha difficoltà ad ambientarsi alla nuova realtà, si aspetta che essere la nipote della padrona riesca a farle svoltare la vita e invece si deve guadagnare il pane, all'inizio non è felice ma non può tornare indietro perchè non ha nulla e allora le vie è quella di farsela piacere.
Scoprirà poi che quello che fa gli piace e la rende fiera di se, si appassiona a quello che fa....
Ripeto, io continuo a non vederci niente di male pur non idolatrando il Giappone e conoscendo bene la vita dei salaryman e l'enorme competitività a cui già dalle scuoleelementari sono sottoposti gli studenti nipponici ma...qui ci vedo quello che ti ho descritto sopra niente di più niente di meno
Sarà che non li guardi?
Uno è arrivato anche nel simulcast italiano, e si chiama Gin no Saji.
Ma forse il problema è che tu confondi il disagio provocato dal sistema scolastico con lo spaccarsi il culo.
Sono due cose diverse, uno è derivato dall'importanza di prepararsi una buona scuola, andare in un buona università, e dalle pressioni eccessive che simili aspettative spesso provocano in ragazzi che dovrebbero pensare sempre e solo allo studio.
Il faticare è tutta un'altra questione, e in ogni caso il disagio non è solo provocato dalla quantità di lavoro ma anche dalla tipologia dello stesso (anche qui Gin no Saji volendo dà spaccati interessanti su lavori che richiedono un impegno in ore nettamente superiore alla norma, ma così è).
Tornando ad Hanasaku bene o male le protagoniste sono studentesse che lavorano part-time il pomeriggio, considerando lo studio e il lavoro non c'è da stupirsi che non abbiano tempo per andarsi a svagare.
Ma d'altronde mi pare che molte di esse abbiano un obiettivo ad esempio Nako guadagna soldi da portare in famiglia mentre Minko vuole diventare cuoca e vuole imparare al più presto il mestiere.
Ma d'altronde l'ambientazione è quella, ed è ovvio che i personaggi principali lavorino (se è un problema tanto valeva non iniziarlo nemmeno l'anime, invece di lamentarsi a posteriori).
D'altronde non mancano nemmeno esempi di ragazze che non hanno voglia di impegnarsi a tal modo, si può prendere ad esempio Yuina o anche le stagionali alla pensione dove vanno in gita al mare.
Salendo un po' più sul generale a me Hanasaku e il Kissuiso mi danno un po l'idea di qualcosa di molto diverso dalla nostra realtà italiana (e probabilmente anche dalla realtà moderna giapponese), è un luogo fatto sì di tradizioni, obblighi e fatica, ma è anche una micro-famiglia, dove non ci sono cameriere che vengono e vanno e dove ognuno è disposto ad aiutarsi a vicenda.
E non ci vedo mire educative dietro.
Ironic non so cosa c'entri il pianista sull'oceano. Tra l'altro "Novecento" è pure il mio avatar su facebook e stiamo parlando di cose ben diverse: lui non è che vuole salvare la nave, non vuole scendere perchè ha sempre vissuto lì e il mondo esterna lo terrorizza. E' materiale per psichiatri non ha nulla a che vedere con l'argomento in questione. Quante volte abbiamo sentito questa storia? Se guardiamo la cinematografia occidentale devi farmi un esempio perchè a me di simili non ne vengono. Ce ne saranno ovviamente, ma non ci ho mai visto tutta questa abnegazione a tempo indeterminato. Se intendi gli anime, si l'abbiamo vista e rivista. Troppe volte. Per cui o mi dici che è così pure nella realtà oppure mi spieghi perchè ci viene raccontata tutte queste volte sta megaballa.
Mega, abbi pazienza, ma io non ho ben capito cosa vuoi dire. Mi hai fatto il riassunto della trama e non vedo come dovrei risponderti. E' esatta, è quella. Quanto alla storia della fioritura alla fine dell'anime vediamo personaggi che sono fioriti, come dici tu. Ma questo non significa un bel niente. Non è la fioritura che contesto ma il modo di coltivare la pianta: questi ci dicono che solo ultraconcimando la pianta si otterrà un bel fiore. Non ce l'ho in particolare con questo anime (che ha avuto 5 e non 4 o addirittura 1, e quindi certe cose le ho viste anch'io) dico solo che certi concetti che PER ME sono di pura propaganda sono ormai ripetuti in continuazione ed in quest'anime più che altrove.
Chibi di anime di contestazione ce ne sono, lo so benissimo. Lo saprei anche se non ne avessi visto nessuno, perchè è fisiologico in una cultura non sottoposta a vincoli di dittatura. Non è questo il punto.
Perdonami se cito parti del tuo discorso per rispondere al resto.
1.
"Tornando ad Hanasaku bene o male le protagoniste sono studentesse che lavorano part-time il pomeriggio, considerando lo studio e il lavoro non c'è da stupirsi che non abbiano tempo per andarsi a svagare."
Ti ricordo che questo dovrebbe essere un prodotto d'intrattenimento. Cosa c'è di interessante in tutto questo? Perchè queste stesse situazioni potenzialmente non interessanti ai fini dell'intrattenimento vengono riproposte in continuazione?
2.
"Ma d'altronde mi pare che molte di esse abbiano un obiettivo ad esempio Nako guadagna soldi da portare in famiglia mentre Minko vuole diventare cuoca e vuole imparare al più presto il mestiere."
Va benissimo tutto questo. Ma questo dovrebbe essere lo sfondo in cui si svolge una storia non LA STORIA.
3.
"Ma d'altronde l'ambientazione è quella, ed è ovvio che i personaggi principali lavorino (se è un problema tanto valeva non iniziarlo nemmeno l'anime, invece di lamentarsi a posteriori)."
Ma se non guardo qualcosa che che è brutto come faccio poi a dire che secondo me è brutto?
4.
"Salendo un po' più sul generale a me Hanasaku e il Kissuiso mi danno un po l'idea di qualcosa di molto diverso dalla nostra realtà italiana (e probabilmente anche dalla realtà moderna giapponese), è un luogo fatto sì di tradizioni, obblighi e fatica, ma è anche una micro-famiglia, dove non ci sono cameriere che vengono e vanno e dove ognuno è disposto ad aiutarsi a vicenda.
E non ci vedo mire educative dietro."
Sarei d'accordo con te se questo anime fosse una mosca bianca. Ma ne ho visti davvero troppi per non avere almeno il sospetto che tutto questo non sia esattamente casuale. Sento in continuazione ragazze che dicono "mi diverte cucinare o fare le pulizie", nessuno che sbuffa all'arrivo dell'ennesimo festival scolastico (che, per capirci io vedrei benissimo anche in Italia) ma tutti entusiasti e tutti pronti a rimboccarsi le maniche, perfino calciatori capaci di fare tiri impossibili se si allenano giorno e notte. La mia idea è che la cultura che vogliono inculcare alle giovani menti sia questa; il lavoro diverte, il lavoro paga, il lavoro è la mia vita. Io non sono d'accordo ma non è questo il punto; che sta cosa sia giusta o sbagliata non spetta a me dirlo. Dico solo che si sta cominciando ad esagerare dato che questi dovrebbero essere prodotti di puro intrattenimento; vedere ste cose comincia a non divertirmi più. E ciò spiega il mio voto basso.
Perdonatemi se a volte sono stato poco chiaro mi sa che è proprio ora di andare a dormire
cmq dai, non ti è piaciuto e sei stufo di vedere queste cose...ti sconsiglio Silver Spoon a sto punto
Non mi sembra che il caso di "Hanasaku Iroha" sia più eclatante di tanti altri.
Non è che deve piacerti o interessarti per forza, io ci ho trovato spunti interessanti, tu no, pacifico, questo però non è sintomo di malafede da parte degli autori di Hanasaku Iroha (che poi sembra che invece di inserire contenuti interessanti abbiano fatto "apologia del lavoro duro")
Non è quello il discorso, se parti prevenuto verso un certo tipo di produzione che esalta il lavoro al posto dello svago è ovvio che se ti vai a vedere un anime dove la maggior parte delle protagoniste vivono all'interno dello stesso posto di lavoro magari potrebbe anche non piacerti...
Poi è giusto che tu possa volerlo vedere, ma se metà della recensione è composta dalla tua critica ad un certo modo di scrivere storie allora qualcosa non quadra.
Mah, non ci vedo niente di così scandaloso.
Partiamo però da un punto importante, il lavoro paga (nello sport se non lavori non diventerai mai nessuno, in questo le produzioni animate sullo sport ribadiscono solo l'ovvio) e il lavoro è parte fondamentale della vita di ogni persona (basterebbe citare il primo articolo della nostra costituzione).
Anche se ci fosse un secondo fine educativo quindi non ci vedrei proprio nulla di male in questo, non mi pare ci sia niente di negativo e la produzione giapponese è comunque piena di storie fantastiche, personaggi frivoli interessati solo all'altro sesso o a passioni futili.
Invero trovo molto più preoccupante le troppe produzioni accondiscendenti verso otaku e simili (le critiche alla categoria non si possono fare perché sono loro che comprano), filone abbastanza diseducativo e, se ci pensi bene, in completa contrapposizione con quello che tanto critichi.
E lo trovo molto più preoccupante anche vista la situazione sociale ed economica del giappone, con una massa di freeter enorme che azzoppa l'economia e contribuisce alla diminuzione delle nascite.
E per mettere i puntini sulle i non è nemmeno vero che manchino le critiche ai festival scolastici, ci sono nmila anime dove la classe dei protagonisti non sa scegliere cosa fare per il festival e tira fuori la prima scemata, o dove per il festival lavorano quattro gatti e tutti gli altri se ne sbattono allegramente ecc ecc.
La tua francamente mi pare una semplificazione esagerata, ci sono anime di un certo tipo e anime di tipo opposto, se poi la tua critica deriva dal fatto che certe produzioni sono aliene nel panorama italiano allora ok, ma tra avere medici/preti/salcazzo detective o giovani rimbambiti stile romanzi di Moccia e avere gente che si impegna io preferisco di gran lunga i secondi visto che tanto entrambe le produzioni non mi pare che rispecchino granché la realtà.
Mega continui ad essere difficilmente decifrabile. Se ho ben capito la tua critica parte dal fatto che io sia partito prevenuto verso un genere che non mi piace. Peccato che il 99% degli anime che vedo (e sono tanti) siano slice of life, e che avevo cominciato questo anime con grandi aspettative. Tra tutti, credimi, sono il meno prevenuto sul genere; le mie sono solo osservazioni su un anime del genere che prediligo che non m'è piaciuto e ne ho spiegato i motivi.
Quando un anime non m'interessa lo droppo ed è il caso -caro ironic- di silver spoon che ho abbandonato per fulminea rottura di scatole. Ma lì i motivi sono diversi e non so dirti se possiamo mettere i due anime sullo stesso piano.
Chibi io non parlo di complotti e di malafede, ci mancherebbe. Per il discorso dell'essere prevenuto, ti rimando alla risposta data a mega: il 99% dei titoli che guardo sono slice of life. Concordo sull'ultima parte. Anche da noi succede la stessa cosa: siamo pieni di produzioni smielate che danno un'immagine della realtà assolutamente buonista e aliena dalla realtà. Ma il fine di un don matteo, ad esempio, è quello di propagandare, dietro un poliziesco, la morale cristiana.
Ora come da noi la cultura dominante (senza nessun complotto) cerca di tramandare dei valori che si stanno (a volte giustamente) perdendo, allo stesso modo lì in giappone si cerca di tramandare un determinato modello di gioventù in crisi. E in america si cerca di far passare quei film in cui l'america è il paese buono, che salva il mondo ecc ecc. In tutti e tre i casi è un qualcosa che a me non piace e che non giudico artisticamente valido.
Mi piace lo slice of life giapponese ma dato che in questo anime secondo me (ma anche secondo Ohana) il vero protagonista è la pensione e non le persone, il mio giudizio è negativo. Passo e chiudo.
Non ci saranno repliche.
Il terzo sul gatto mi interesserebbe... ^^
Complimenti ai 3 recensori !!
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