Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a titoli slice of life, con A Wind Skimming the River's Surface, Hanasaku Iroha e Poyopoyo Kansatsu nikki.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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La figlia di qualcuno, la moglie di qualcuno, la madre di qualcuno. È passato ormai del tempo da quando le femministe bruciavano i reggiseni nelle piazze rivendicando pari diritti per entrambi i sessi - così tanto, in effetti, che alcune di loro potrebbero essere diventate le nonne di qualcuno -, ma noi donne continuiamo a vivere più vite in una e sempre meno la nostra, al punto da sviluppare quello che alcuni ricercatori hanno definito, in maniera forse un po' indelicata, un cervello multitasking, capace, cioè, di fare più cose contemporaneamente e in maniera egualmente efficiente. Tuttavia - e questo vale anche per gli uomini - a ogni nuovo capitolo della nostra vita corrisponde una versione alternativa, e a un certo punto potremmo voler scoprire cosa sarebbe successo se, in una determinata situazione, ci fosse stato concesso di comportarci in maniera diversa.
Di solito questa curiosità ha origine dal fatto che qualcosa, nell'esistenza che conduciamo attualmente, non ci soddisfa: il luogo dove viviamo, ad esempio, le persone da cui siamo attorniate, il lavoro che facciamo, oppure tutte queste cose insieme. Ma sarà davvero il caso di dare un seguito così tardivo a tutti i "se" che abbiamo disseminato lungo il nostro cammino? E d'altra parte non abbiamo forse il diritto di conoscere la persona che saremmo potuti diventare?

La trentenne Noriko manca dal Giappone da cinque anni. Fin da giovane ha sempre desiderato emanciparsi dalla sua famiglia d'origine, a suo modo di vedere troppo poco ambiziosa, ma una donna felice non si ingozzerebbe in piena notte per poi vomitare tutto quanto in preda ai sensi di colpa, né mentirebbe sul vero motivo che l'ha portata a rimettere piede nella tranquilla Karuizawa dopo tutto questo tempo: non per dare l'opportunità ai genitori di conoscere il nipotino, un delizioso frugoletto di quattro anni, bensì per riflettere su cosa fare della sua vita, arrivata a un punto morto.
L'aria di casa risveglia in lei sentimenti che credeva sopiti, in particolar modo quelli per Hisao, un taciturno apprendista pasticcere. Decide di scoprire che ne è stato di lui, agognando e paventando al tempo stesso il momento in cui lo incontrerà di nuovo.

Tratto dal romanzo "Yamu Tsuki", con cui Kei Yuikawa ha vinto il prestigioso Naoki Prize, "A Wind Skimming The River's Surface" è un cortometraggio indirizzato a un pubblico di donne adulte, che sanno quanto sia difficile tornare indietro man mano che aumentano le porte chiusesi alle loro spalle. Noriko sa di rischiare molto, ma sa anche che potrebbe non sopportare il peso di un ulteriore rimpianto qualora si lasciasse scappare l'occasione di verificare se anche per Hisao il tempo si sia fermato a quando stavano insieme - un amore, il loro, a cui la giovane potrebbe dovere anche più di quanto dica apertamente.
Oltre che nelle parole e nei gesti, l'involontario egoismo che spesso caratterizza questo tipo di persone trova ulteriore modo di esprimersi anche nei fondali appena abbozzati nei quali ella si muove come attraverso un sogno, vedendo tutto ma, all'atto pratico, guardando ben poco. L'intero comparto tecnico, del resto, dà l'impressione di essere impostato in modo da limitarsi a seguirla a distanza per accentuarne la distanza che ha finito per mettere tra il suo vero sé e gli altri. Sia chiaro, tuttavia, che Noriko non è cattiva: è la sua infelicità a renderla una persona peggiore di quella che è in realtà, come in parte dimostra la scelta che compie nel finale.

Per quanto il prodotto risulti godibile anche a uno spettatore diverso per sesso, età e/o trascorsi da quello ideale non penso che qualcuno che non abbia vissuto - se non personalmente almeno da vicino - lo stesso tipo di inquietudine possa apprezzarne la bellezza austera e malinconica allo stesso modo di chi, al contrario, ha una certa familiarità con il tema trattato o ne è semplicemente attratto. Non è colpa di nessuno, né tantomeno rende "A Wind Skimming The River's Surface" meno valido; è tuttavia un dato di fatto che io stessa, con tutta probabilità, non ne sarei rimasta granché impressionata se non fossi in possesso della stessa sensibilità che non tutte le donne sanno di avere e che, pur non rendendoci necessariamente migliori degli uomini, fa vibrare le corde del nostro cuore in maniera completamente diversa.



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"Hanasaku iroha" è uno di quei titoli che mi spingono a una profonda riflessione su quale sia il ruolo assegnato agli anime ai giorni nostri. All'apparenza ciò che ci viene mostrato è solo un gruppo di comuni ragazzi che lavorano in una pensione e che un po' alla volta ci raccontano le loro aspirazioni, i loro sogni, i loro sentimenti, i loro successi e le loro delusioni; il tutto condito da un fanservice limitato allo stretto indispensabile - anche se indispensabile è una parola grossa -, con bei disegni e con musiche orecchiabili. Insomma, "Hanasaku iroha" a un'analisi superficiale, e ciò indipendentemente dal fatto che la storia raccontata piaccia o meno, sembra un prodotto del tutto innocuo per una qualsiasi tipologia di spettatore. Ma è davvero così? Personalmente ho diversi dubbi in proposito; per capire da dove hanno origine bisogna estendere maggiormente il livello dall'analisi. Partiamo dalla trama.

Costretta dall'irresponsabilità della madre a lasciare Tokyo, dove conduceva una vita tranquilla ma senza grossi stimoli, la giovane Ohana dovrà trasferirsi presso una pensione di un piccolo villaggio gestito da sua nonna. Qui dovrà fare i conti con una realtà molto diversa rispetto a quella vissuta fino a quel momento, fatta di persone all'apparenza fredde e chiuse e di lavoro, tanto lavoro. Ben presto, però, la ragazza riuscirà a conquistare tutti grazie alla sua innata allegria, alla sua testardaggine e alla sua totale abnegazione nel lavoro. Le rimarrà un unico rimpianto: quello di non essere riuscita a confessare il suo amore a Kou, un suo amico d'infanzia che continua a vivere a Tokyo.
Se si esponesse su un grafico il livello del mio gradimento dei singoli episodi, si noterebbero due picchi: uno verso la metà della serie e l'altro in prossimità del finale: è solo in questi episodi, infatti, che la trama si muove veramente e fa vedere o sperare in un'evoluzione più profonda delle relazioni tra i vari protagonisti. Anche contando questi episodi, però, la complessità della trama è ai minimi storici e il tutto sarebbe stato liquidabile in pochissimi episodi. Se questo non accade, invece, è perché negli altri noiosissimi episodi sale in cattedra il vero protagonista di questa serie: la pensione.

A mio avviso la trama fin qui raccontata è solo un contorno nella mente dell'autore rispetto a quello che è il suo reale obiettivo: descrivere l'attività di un albergo tradizionale e il duro lavoro che occorre per gestirlo. Ma, ed è qui il punto cruciale, nessuno dei protagonisti si lamenta mai della stanchezza, degli orari impossibili, della quasi totale assenza di una vita sociale al di fuori delle quattro mura della pensione; anzi, all'opposto, essi amano incondizionatamente e acriticamente il loro lavoro, impegnandosi ancor più duramente per salvare questa specie di "prigione dorata" nei momenti di difficoltà.

Anche a me, in passato, è capitato di lavorare in strutture e con mansioni che mi piacevano tantissimo, e se c'era bisogno di trattenersi qualche ora in più a causa di necessità impellenti non mi tiravo affatto indietro. Ma qui parliamo di qualcosa di profondamente diverso: quest'anime è un prodotto di propaganda puro e semplice. E' uno di quei titoli che io definisco "educativi" (e non nell'accezione positiva del termine), con i quali si vuole tramandare alle nuove generazioni concetti come "lavorare 24 ore al giorno è divertente", "la mia casa è il mio posto di lavoro", "i miei ricordi migliori e i miei migliori amici sono legati al mio lavoro", "la tradizione vince sempre contro il modernismo", eccetera, eccetera. Per il resto la trama è così scarna da cadere quasi immediatamente nello spoiler nel tentativo di raccontarla.

Di fronte a questa convinzione di base, tutto il resto passa in secondo piano. E mi chiedo se è davvero questa la direzione in cui si sta cercando di indirizzare il mondo degli anime: intrattenimento basato su una storia gradevole (come in questo caso) o zeppa di riferimenti sessuali (come in altri casi) per attirare un'utenza a cui propinare modelli di vita tradizionali da imitare. Se così fosse non potrei aspettarmi davvero nulla di buono dal futuro.
So di andare controcorrente, ma non assegnerò un voto positivo a quest'anime, e ciò per due motivi: uno perché è troppo evidente l'elemento propagandistico - elemento che non è presente solo qui, ma in "Hanasaku iroha" si esagera - e due perché la trama è troppo scarna per essere quella di un anime di ventisei episodi.



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Facciamo un quiz. Che cos'é tutto tondo, di colore giallo e dalla consistenza morbida? Può essere un melone? Una palla da basketball? Ma certo che no, si tratta di Poyo, un gattone perfettamente rotondo dalla vocina adorabile che conquista immediatamente il cuore della spensierata Moe, una donna ventiduenne che decide di portarlo a casa dopo che l'ha scambiato per un cuscino a cui appoggiarsi. Così Poyo, il cui suono richiama a qualcosa di balzellante come il nostro boing, diventa l'animale domestico della famiglia Saitou, composta oltre a Moe da suo fratello più giovane di nome Hide e dal loro padre Shigeru, un uomo rigido ma dal cuore d'oro.

Questa serie la affianco spesso a "Chii's sweet home", sia per la sua "carineria" sia per la durata degli episodi che spaziano tra i due e i tre minuti. Gli episodi sono tanti, ma appunto durano poco, il che è un bene perché in fondo "Poyopoyo Kansatsu Nikki" appartiene a quelle commedie che si basano su gag veloci per intrattenere. La semplicità della trama funziona alla grande, offrendo uno spettacolo sempre piacevole nonché appagante. Non ci sarà neppure un momento di noia, né di pesantezza. Gli sketch sono spiritosi e chiunque può apprezzarli, bambini e adulti, proprietari o non di animali domestici.

L'anime presenta anche un cast simpatico, benché poco vario, di personaggi che contribuiscono alla fluidità della narrazione. Moe, essendo la proprietaria di Poyo, è quella che ha più visibilità, tuttavia le gag sono ben riuscite anche quando la scena si sposta sulle vicende del fratello adolescente, tipico studente un po' scorbutico con cui Poyo litiga solitamente, creando delle situazioni davvero esilaranti. Kouta e Maki, compagni di classe del ragazzo, hanno delle piccole parti che li rendono comunque amabili, specie Maki, la quale è innamorata segretamente di Hide ed è la padrona di un cane grande e grosso.
Attenzione però, Poyo non è l'unico gatto della serie, a fargli compagnia c'è Kubo, un gatto nero fin troppo energico che si affeziona subito al nostro pigro e tondo protagonista. Quanto alla coppia di vicini, sono quelli che mi hanno convinta di meno, ma in qualche modo riescono a divertire, soprattutto lei e la sua fobia di tutti gli esseri viventi esclusi gli umani.

Passando al comparto tecnico, la grafica non è di certo eccezionale poiché i disegni e le animazioni sono minime, ma va bene, è quanto basta per proseguire la visione. Malgrado ciò, personalmente ho trovato adatto il chara in forma chibi e i colori luminosi, trasmettono calore e tanta, tanta allegria. Purtroppo i doppiatori non sono sempre all'altezza, a parte Ikue Otani che è bravissima a prestare la sua zuccherosa voce a Poyo. Ciò che rimane in testa è l'opening, niente di quadrato o rettangolo, solo immagini circolari e di festosità, con l'aggiunta di quella canzoncina dolce, frizzante e "nyaaa!".

Consigliato ai gattofili e alle persone a cui piacciono le cose carine in generale, guardando Poyopoyo anche chi ha avuto una brutta giornata tornerà all'improvviso di buon umore. Otto.