Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime La malinconia di Haruhi Suzumiya e Ore Twintails ni narimasu e il manga Gigantomachia.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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"Ore, Twintails ni Narimasu!" è una di quelle serie in cui il nome è indirettamente proporzionale al valore dell'opera. In questo caso non è proprio così lungo, ma neanche tanto corto. Detto ciò, potrei anche concludere la recensione, perché, seppur divertente, tale anime non è riuscito, a mio parere, nel compito di appassionare e coinvolgere lo spettatore. Dodici episodi nella media sufficienti, che mantengono comunque un tono piatto e poco accattivante, pieno di combattimenti anche carini, ma che non fanno altro che aumentare il dispiacere per una serie che poteva sicuramente dare di più.
Uscito nella stagione autunno-inverno del 2014, corrisponde alla classica impostazione di anime di combattimento/azione, scolastico, ecchi/harem.

Souji è un ragazzo alquanto particolare, perché, nella sua apparente normalità, nasconde (neanche più di tanto) una perversione per i codini. Li adora, anzi li venera, e non può che adorare qualsiasi ragazza che sceglie di mostrare al mondo tale acconciatura. Fatto sta che Aika, sua amica d'infanzia e, come al solito, innamorata di lui, ha deciso fin da piccola di accudire dei bellissimi codini così da poter impressionare Souji. Cosa che gli riesce ben poco.
Ma non perdiamoci in quisquiglie, anche perché il mondo è in pericolo e c'è un urgente bisogno di eroi. Lo dice la bella e misteriosa Thouars (già il nome è una sicurezza), una ragazza proveniente da un altro pianeta e dotata di tecnologie fuori dal comune. Purtroppo non è Doraemon, ma riesce comunque a donare a Souji uno strano braccialetto, grazie al quale può affrontare con sicurezza gli alieni che, proprio in quel momento, stavano imperversando sulla Terra. Ma cosa vorranno mai queste misteriose creature? Semplice, impossessarsi dell'amore umano per i codini. Eh?
Tranquilli, anche io ho avuto la stessa reazione. Impressionato oltremodo da una motivazione così stupida da apparire eroica. Souji decide ovviamente di schierarsi dalla parte del bene e distruggere gli invasori. Il potere datogli da Thouars lo trasformerà in un combattente formidabile, anche se, più che eroe, è meglio classificarlo come eroina. Perché il braccialetto gli concede una forza strabiliante, che però ha un'unica controindicazione: lo muta in una piccola ragazzina dai lunghi capelli vermigli, ovviamente raccolti in due lunghe codine.

Questo è in sintesi l'esordio di una serie che, in linea generale, manterrà sempre un tono piuttosto comico-demenziale. È vero che, tra i vari protagonisti, si inserirà ben presto un leggero sospiro di sentimentalismo, ma verrà irrimediabilmente messo a tacere. Ed io che mi aspettavo una battaglia tra Akira ed Erina (un'altra amica di Souji) per accaparrarsi il cuore del nostro protagonista. Niente... solo codini. Codini ovunque, fino allo sfinimento.
I personaggi, seppur simpatici, mantengono profili molto bassi, assolutamente non in grado di conquistare il cuore dello spettatore. Classici e scontati, personaggi visti e rivisti, che non mostrano alcuna crescita nel corso della serie. L'unico picco di drammaticità avviene nelle ultime puntate, quando Souji sembra passare una sorta di crisi esistenziale (tranquilli, nulla di che).
Anche il nemico, se così possiamo definirlo, è assolutamente sottotono. Una massa costante di alieni che atterrano uno dopo l'altro sulla Terra e che vengono ripetutamente sconfitti dall'eroe di turno. Insomma, l'antagonista dovrebbe avere la stessa caratura del protagonista, ma in questo caso il discorso vale in negativo.

La grafica è leggera, ma piacevole: colori limpidi e chiari. Anche se, ad essere onesti, in alcuni momenti si possono riscontrare alcune imperfezioni nei disegni dei personaggi; niente di rivelante, ma, sommato al resto, contribuisce certamente a diminuire il valore della serie.
Carine le musiche, soprattutto durante i combattimenti. Proprio questi sono a mio avviso il vero pregio di "Ore, Twintails ni Narimasu!", perché, a mio avviso, mostrano un'eccellente realizzazione, sia da punto delle varie mosse utilizzate sia per la velocità e la dinamica degli scontri. Peccato per le motivazioni fin troppo oscene.

Dunque che dire? Una serie da non prendere seriamente, divertente, leggermente demenziale, ma niente di più. Il finale è assolutamente aperto e, nonostante un climax ascendente che si può riscontrare nell'ultimo arco dell'anime, non si può reputare così emozionante da invogliare alla visione di una seconda stagione.
È un peccato, anche perché ci puntavo molto su quest'opera, non in grado di superare la mera sufficienza.

Voto finale: 6



5.0/10
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"Gigantomachia" è un manga di un solo volume, scritto e disegnato da Kentaro Miura, famoso autore dell'ormai storico "Berserk".
Anziché dedicarsi a continuare, per non dire concludere, la sua opera più famosa, il bravo Miura realizza invece un volume unico sui giganti perché come ha detto lui, ad un certo punto gli è venuta l'ispirazione per una storia sui giganti.
Di sicuro non c'entra affatto che in Giappone e nel resto del mondo "Shingeki no Kyojin - L'attacco dei Giganti" abbia avuto un successo strepitoso. No, sicuramente no…

Tornando a questo "Gigantomachia", abbiamo una storia ambientata in un lontano futuro, dove sulla Terra a causa di alcune catastrofi ambientali, la vita si è evoluta in nuove forme e gli umani non sono più la specie dominante.
In questo ambiente, viaggiano Delos e Prome. Il primo un ragazzo muscoloso dal cuore d'oro, l'altra all'apparenza una graziosa bambina, dotata di misteriosi poteri. I due si imbattono in una tribù di uomini coleotteri e vengono catturati. Ben presto però, tutti dovranno fare i conti con un misterioso gigante, arrivato ad attaccare il villaggio degli uomini coleotteri.

Per quel che riguarda la storia in sé, a me è sembrata solo appena discreta. L'inizio in quasi medias res, senza spiegazione alcuna sul mondo e sulla situazione in cui i protagonisti si trovano, funziona abbastanza bene, ma già quando compaiono gli uomini coleotteri, tutta la vicenda inizia a perdere d'interesse. Troppo tempo speso a spiegare chi sono gli abitanti di questa tribù e perché si comportano a quel modo con Delos e Prome.
Le cose si fanno un po' più interessanti con la comparsa del gigante, ma poi iniziano le scopiazzature da "Shingeki no Kyojin" (non scrivo cosa, ma riguarda il potere del protagonista, chi conosce il manga capirà a cosa mi riferisco), e dopo un breve combattimento, è tutto finito. La storia non ha nemmeno un vero finale, finendo per sembrare solo una sorta di pilota per quella che potrebbe essere una serie dato che da quel dicono i personaggi alla fine, il loro viaggio sarà ancora lungo.

I personaggi però sono interessanti e ben caratterizzati. I due protagonisti hanno personalità e anche in poche pagine riescono a lasciare il segno con i loro dialoghi e modi di fare o pensare, Delos in particolare. Sono simpatiche anche le maliziose gag con Prome. Non si può dire invece lo stesso degli altri comprimari, che visto anche il numero esiguo di pagine fanno solo da mere comparse.

Oltre a questo, rimangono gli splendidi disegni di Miura e dei suoi assistenti. Le tavole sono davvero belle da vedere, specialmente alcune doppie pagine verso la fine. Il design di mostri e creature non sfigura di fronte a quello dei mostri di "Berserk" e sembrano venuti fuori dagli stessi sogni o incubi. È da segnalare che il volume in Italia è stato pubblicato in due formati: standard e maxi (lo stesso della collana "Maximum Berserk" ). Per apprezzare ancora di più i disegni, è ideale comprare il volume nella versione in maxi formato, mentre se siete interessati solo alla storia o al mero collezionismo in quanto fan dell'autore, il volume in formato standard è più che sufficiente.

Due parole solo sul titolo: "Gigantomachia" è la parola con cui viene definita la guerra tra Giganti e divinità dell'Olimpo raccontata nella mitologia greca. Purtroppo il titolo è ingannevole, dato che a parte in alcuni dialoghi, che lasciano presagire sviluppi futuri che non ci saranno (sempre che Miura non decida di proseguire) la storia non è in alcun modo legata agli eventi del mito.

In breve dunque, il volume è consigliato quasi solamente ai fan dell'autore e dei suoi disegni in particolare perché è davvero molto ben illustrato. La storia invece non convince completamente ma essendo solo un volume unico rimane comunque una lettura sufficientemente gradevole.



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Il 2006 è stato un anno spartiacque per l'animazione giapponese. A suo modo, "Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" è stata un'opera influente nella storia dell'animazione, in grado di rappresentare una nuova generazione di otaku ben diversa da quella cresciuta con "Evangelion" e decisamente agli antipodi rispetto alla storica avanguardia formata dagli ormai decrepiti ragazzi dello studio Nue, ovvero Hideaki Anno, Shoji Kawamori, Toshiki Hirano e soci. Con questo anime prende definitivamente piede il concetto attuale di moe, del quale i primi vagiti - trascurando il lolicon ideato da Hideo Azuma ed esploso nei primi anni ottanta, che a tutti gli effetti rappresenta l'antesignano più vecchio di questa corrente stilistica - erano già comparsi nella seconda metà degli anni novanta, epoca nella quale la messa in onda in fascia serale di "Evangelion" aveva definitivamente canonizzato la cultura otaku. "Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" in un certo senso ricorda i pucciosi deliri nonsense delle opere strettamente moe di quel periodo, "Di Gi Charat" in primis, e nondimeno li aggiorna con un nuovo design più curato e attento ai dettagli, uno dei tanti tratti caratteristici di uno stile che in seguito verrà abusato e ripetuto fino alla nausea: "Lucky Star", K-On!" et similia porteranno avanti quanto inaugurato da "Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" nel peggiore dei modi possibili, elevando il moe a uno dei paradigmi predominanti del loro media di riferimento. Commercialmente si passa quindi dalla produzione di modellini di mecha alla vendita di figure di personaggi femminili: la via di mezzo indubbiamente è stata "Evangelion", che a suo modo era in parte moe e in parte robotico, ovviamente secondo i canoni della sua epoca (il suddetto tuttavia ha fatto vendere più figure di Asuka e Rei che modellini di unità Eva, il che è tutto dire). Pertanto, per motivi commerciali, l'attenzione dello spettatore viene definitivamente spostata verso i personaggi: non servono più dei robot che si fanno la guerra, non serve più una trama, non servono più melodrammi e contenuti impegnati. L'importante è che l'otaku si "innamori" di un determinato personaggio femminile, pertanto un'ambientazione scolastica e qualche riflessione intellettualoide sono delle cose più che sufficienti a fare da contorno a un vuoto pneumatico in cui si muovono varie ragazze estremamente pucciose e kawaii, nonché sessualizzate secondo i dettami del caratteristico vedo/non vedo che tanto stimola le fantasie erotiche maschili.

"Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" è quindi una "commedia scolastica" in cui non succede praticamente nulla o quasi: ogni fatto è soltanto un pretesto per mostrare la protagonista - la quale incarna perfettamente il topos della tsundere - intenta a toccare, svestire e rivestire la ragazzina più pucciosa, frignona e moe di tutte, oppure a dilettarsi in altre inezie talvolta ridicole e caricaturali, ma comunque dense di un particolare coolness factor a base di colori sgargianti, totem, eventi banali e feticci - il supercomputer che deve monitorare l'insulsa dea annoiata che dà il nome alla serie, le entità integrate di dati (nome che 'fa figo' e non impegna), il bishounen dotato di poteri soprannaturali, il concerto pop, la gita al mare, la viaggiatrice temporale che casca nel solito paradosso - anche lui cliché - e così via. C'è veramente poco da dire: i personaggi incarnano degli irremovibili luoghi comuni e ovviamente non maturano affatto, in quanto le vere priorità dell'opera sono gli aspetti grafici e gli elementi moe dei suddetti.

E' da notare come l'anime in un certo senso cerchi di elevarsi a qualcosa di più ambizioso: il protagonista Kyon è completamente diverso dai personaggi che lo circondano: egli pensa come un otaku e vive tutte le assurdità tipiche del suo mondo apaticamente, passivamente, prigioniero di un'eterna estate che concettualmente rimanda - o meglio, scimmiotta - il ben più sostanziale "Beautiful Dreamer" di Mamoru Oshii. Kyon è un disincantato, cinico e molliccio figlio della postmodernità, imprigionato nella sua eterna adolescenza: uno dei tanti Urashima Tarou dell'animazione giapponese tutta. Il fatto ch'egli esperimenti la noia portata dal suo stesso mondo conferisce a "Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" una dignità che i suoi successori non avranno, anche se c'è da sottolineare che l'ampia varietà di spunti forniti dall'opera non vengono mai coronati in modo efficace e introspettivo, ma lasciati per strada a favore della commercialità e di un sensazionalismo vano e fine a sé stesso.

Tecnicamente, nulla da eccepire: le animazioni sono ben curate e la regia, sebbene sia abbastanza standardizzata, talvolta si abbandona a qualche gradevole sperimentalismo visivo a base di citazioni e giochi di prospettiva. Le musiche non sono particolarmente memorabili, ma in fondo un'opera completamente priva di spessore e pathos non ha bisogno di chissà quale sottolineatura musicale atta a infondere vita in determinate scene che necessitano di essere evidenziate. Detto ciò, sia ben inteso che ci sono vari modi di non far succedere nulla: in fondo i film di Michelangelo Antonioni si basano su una trama quasi inesistente, così come tanti anime giapponesi di indubbia qualità. Il punto è che nel momento in cui i cliché vengono narcisisticamente portati all'estremo, svuotando l'opera delle sue potenzialità e sottomettendola completamente al soddisfacimento egotistico del suo pubblico di riferimento, ciò che rimane è un deserto a dir poco rattristante, in cui quelle che erano delle ottime opportunità artistiche si sono trasformate in dei penosi feticci da ammirare, consumare e riporre nel cassetto una volta che saranno passati di moda.

In conclusione, a parer mio anche questa pietra miliare della cultura otaku ormai ha fatto il suo tempo. La prossima generazione di consumatori non sarà più formata dai vari Kyon benestanti, annoiati e indolenti, che vivono le cose più paradossali e strampalate con indifferenza, ma dai chuunibyou, dei veri e propri malati di mente il cui unico scopo è l'alienazione totale dalla realtà. Quando l'animazione giapponese passerà nelle loro mani, anche i più ferventi detrattori del moe arriveranno a rivalutare il qui presente "Suzumiya Haruhi no Yuuutsu" come un qualcosa di profondo e sensazionale. E questo è abbastanza inquietante.