Si può coniugare intrattenimento e cultura? Fare in modo di appassionare ma allo stesso tempo insegnare qualcosa di nuovo? Pur essendo una sfida non da poco, la risposta è che si può fare e Golden Kamui ne è un esempio calzante.
In esso azione, cultura e Storia si uniscono per farci scoprire uno dei popoli più affascinanti e sconosciuti del Giappone, cioè gli Ainu, popolazione autoctona dell'Hokkaido.
Il manga di Satoru Noda tratta le vicende di Seiji Sugimoto, ex soldato d'élite, detto l'Immortale, che dopo essere sopravvissuto ad uno degli episodi più sanguinosi della guerra Russo-Giapponese, attraversa l'arcipelago alla ricerca di un’enorme quantità d’oro, destinata alla vedova del suo migliore amico ucciso in battaglia. Ad accompagnarlo Ashirpa, una ragazza Ainu che vuole vendicare la morte del padre. Sembra che la chiave per arrivare al tesoro sia una leggendaria mappa tatuata sul corpo di un gruppo di prigionieri, ma la cosa fa gola anche a bande di criminali e ad un reparto scelto dell’Esercito Imperale Giapponese.
 

Il primo volume è ovviamente finalizzato a porre le premesse della storia e ad introdurre i personaggi, a farci scoprire quel poco che basta del loro passato per farci capire le loro motivazioni, il perché delle loro azioni. In tutto questo, sono sapientemente distribuite informazioni su uno dei luoghi più selvaggi del Giappone, lo Hokkaido, e sul popolo Ainu che abita le sue terre, contraddistinte da un clima estremo e una natura ostile all’uomo. La particolarità è che non c'è mai un tono didascalico, ma è tutto ben amalgamato.

Il personaggio di Ashirpa è il fulcro attraverso il quale scopriamo le caratteristiche di un popolo la cui origine resta un mistero, sebbene l'ipotesi più accreditata affermi che sono quello che resta dei Jomon-jin, i cacciatori che abitavano in Giappone nel periodo denominato appunto Jomon (14.500 aC - 300 dC).
 

La prima cosa che salta agli occhi è l'abbigliamento della ragazza, così poco nipponico: gli abiti tradizionali ainu infatti differiscono molto dal kimono. Inoltre uomini e donne hanno l'abitudine di portare i capelli lunghi fino alle spalle e le donne, per far capire di essere entrate nell'età adulta, si fanno un particolare tatuaggio attorno alla bocca. Infatti in una scena del fumetto un uomo capisce che Ashirpa è ancora adolescente proprio perché non ha ancora questo segno distintivo.
 

In questo primo volume è poi ben evidenziato lo stretto legame tra il popolo degli Ainu e la natura: Ashirpa conosce profondamente il territorio in cui vive, sa come cacciare ma anche come muoversi all'interno di foreste e paesaggi innevati.
Essendo cacciatori e agricoltori (utensili comuni erano arco, frecce e lance avvelenate), per un Ainu tutto ciò era la normalità: la loro dieta infatti comprendeva principalmente cervi, orsi, conigli, volpi, salmone e vari ortaggi.
 

In tutti i gesti di Ashirpa però si nota un profondo rispetto per l'ambiente in cui vive: ciò non deve sorprendere perché gli Ainu nascono animisti, quindi credono che ogni cosa sia abitata da una divinità o spirito detto Kamuy (l'equivalente del nipponico Kami). Uno dei più importanti è Kim-un Kamuy cioè il dio Orso o della montagna, considerato il capo di tutti gli dei.
Per questo esisteva una particolare tradizione chiamata Lotame che prevedeva il prendere con sè un cucciolo di orso, allevarlo come se fosse un figlio e quindi, raggiunta la maggiore età, sacrificarlo al fine di rilasciare il suo kamui e permettergli di ritornare nel mondo degli spiriti.
 

Un'altra caratteristica che si evidenzia è la lingua: Ashirpa quando parla con Sugimoto, usa spesso termini propri della sua lingua. Infatti, pur assomigliando nei suoni al giapponese, in realtà la lingua degli Ainu è un linguaggio a se stante; come il giapponese, è una lingua SOV (soggetto, oggetto, verbo) e usa anch'essa le cinque vocali a, i, u, e ed o. La differenza risiede invece nelle consonanti che sono solo dodici, escludendo d, b, g dal giapponese; inoltre le vocali non sono mai allungate e l'Ainu non distingue tra più consonanti, come b e p, e in questo è più simile al Coreano.
 

Il vero problema è che ad oggi sembra che siano solo 15 le persone che parlano la lingua Ainu da sempre ed ovviamente sono tutte oltre i sessant'anni. Ciò la rende "a rischio estinzione" e questo è dovuto soprattutto al fatto che essa non ha una forma scritta. E' stata tramandata oralmente di generazione in generazione e questo ha certamente ostacolato la capacità degli Ainu di preservare la loro lingua dopo che è stato bandita.
Perché il problema è che se fino al periodo Tokugawa (1600-1868) gli Ainu, pur entrando in contatto con il popolo giapponese, riuscirono a mantenere in una certa misura la loro cultura e il loro stile di vita, durante la restaurazione Meiji, nel 1899 il Giappone iniziò la riforma per adeguarsi agli standard occidentali e il governo decise di annettere l'isola settentrionale di Hokkaido e promulgare una legge che limitava le attività culturali proprie degli Ainu.
 

In altre parole, furono spogliati della loro terra, degli usi e costumi e della loro lingua, per assimilare quella giapponese e unificarsi al resto del paese, che cercava di uscire dall'isolamento durato diversi secoli. Questa legge fu revocata solo nel 1997 e anche se da quel momento in poi il popolo Ainu ha potuto riprendere le sue usanze, il danno ormai era stato fatto e difficilmente sarà riparabile.
Quindi ben vengano opere come questa, che pongono l'accento su una cultura e un popolo che sta cercando sempre più di affermare la propria identità. Un mezzo come un manga può essere uno strumento fondamentale per far conoscere un pezzo di storia anche alle persone più giovani senza annoiare.
 

Dal punto di vista grafico, il tratto è pulito, le tavole semplici ma curate ed attente al realismo, a volte anche molto crude nel raccontare la violenza della guerra o la spietatezza della natura. L'impaginazione ricorda certo fumetto occidentale di bonelliana memoria.
Ci troviamo quindi di fronte ad un titolo che può interessare chi cerca qualcosa di diverso dal solito, pur restando nell'ambito dell'intrattenimento ma di qualità: non per niente il comitato organizzatore del Manga Taisho Award (Cartoon Grand Prize) lo ha decretato come vincitore della IX edizione con un totale di 91 punti. Serializzato dal 2014 sulla rivista Shuukan Young Jump, l’opera è stata nominata anche al premio Tezuka Osamu Cultural Prize sempre nel 2016.
Da segnalare che la casa editrice J-Pop, che ha portato il titolo in Italia, ha proposto per il primo volume due copertine, una classica e una variant.