C'era una volta a Fukagawa, prefettura dell'antica Edo, un negozio di oggetti animati piuttosto kawaii gestito dalla bella Okō e dal pacato Seiji.
I due giovani che incontriamo nell'anime We Rent Tsukumogami si considerano fratelli pur non avendo legami di sangue, e all'interno del negozio Izumoya essi possiedono un piccolo grande tesoro, ovvero una serie di ornamenti ed utensili che affittano ai clienti: giunti loro fra le mani dopo essere passati di proprietario in proprietario e di secolo in secolo, alcuni di questi oggetti sono accomunati dal fatto di essere degli Tsukumogami, che prendono vita ed hanno piena capacità di parola e di giudizio.
Dal pettinino Usagi alla bambola Ohime, dal rotolo da appendere Tsukuyomi al netsuke decorativo Notetsu, fino alla pipa tradizionale giapponese kiseru Goi: nel retrobottega, prima o dopo essere stati prestati, gli Tsukumogami si ritrovano puntualmente a "spettegolare" su ciò che hanno visto nelle dimore e nei negozi presso cui hanno recato diletto alle persone che li hanno presi a noleggio.
Proprio tale chiacchiericcio torna piuttosto utile a Okō e Seiji: è fatto divieto allo Tsukumogami di entrare in relazione diretta con gli esseri umani, e né gli oggetti né i due fratelli violano tale regola. Tuttavia i due giovani sanno che i loro oggetti più cari possono udirli, e proprio così facendo riescono a coniugare tali informazioni con la loro abilità di commercianti, nel riuscire ad individuare di volta in volta l'oggetto che più si adatta alle esigenze dei clienti. Perché chi si rivolge all'Izumoya non vi giunge per affidare Okō e Seiji soltanto una richiesta di noleggio, bensì per chiedere di fatto aiuto volto alla risoluzione di un problema.
Ed ecco che da una confidenza del pettinino Usagi a un passaparola del rotolo Tsukuyomi, si dipanano le soluzioni a piccoli casi "gialli" miscelati a storie più o meno romantiche: di episodio in episodio ci si ritrova a scoprire qualcosa di più sul passato di ciascuno degli Tsukumogami, sulle vicende che hanno portato Okō e Seiji ad aprire un tale tipo di negozio e sul mistero legato ai retroscena, ed infine sui vari personaggi secondari che ruotano attorno alla vita quotidiana dei fratelli.
Tsukumogami Kashimasu è l'adattamento animato in 12 episodi della novel di Megumi Hatakenaka pubblicata in Giappone nel 2007 da Kadokawa.
La serie animata ha fatto invece il suo debutto il 22 luglio 2018 in Giappone per NHK, quindi resa disponibile anche nel nostro Paese grazie a Crunchyroll Italia con il titolo tradotto We Rent Tsukumogami.
Il vero cuore dell'opera che si sviluppa tra il genere soprannaturale e quello del mistero, senza dimenticare una sotto trama romantica, è costituito per l'appunto dagli Tsukumogami.
We Rent Tsukumogami attinge pienamente dalle credenze popolari di un tempo e ripesca dal folklore nipponico un tipo di yokai, ovvero di spirito, che si origina da qualunque utensile che abbia compiuto i cento anni d'età e sia divenuto quindi uno spirito vivo e senziente. "Tsukumogami" significa letteralmente spiriti degli oggetti, delle cose.
Il loro aspetto può variare, ma in genere mantiene una familiarità con l'oggetto da cui sono stati generati; se l'oggetto è stato trattato male, probabilmente una volta divenuto uno Tsukumogami cercherà vendetta, diversamente sarà di bell'aspetto e perlopiù inoffensivo.
Si tratta di oggetti che hanno acquisito un'anima, e ciò è ben diverso dal caso in cui un oggetto qualunque venga posseduto da uno spirito, come si avrà modo di apprendere in uno specifico episodio della serie.
Gli Tsukumogami ci mostrano al tempo stesso l'essenza di una Edo -ovvero Tokyo- che non abbiamo mai conosciuto, vista attraverso gli occhi della quotidianità più pura e semplice.
Anziché infatti utilizzare lo sfondo storico unicamente come ambientazione di storie che poi prendono vita in maniera autonoma e non approfondiscono più di tanto il contesto di fondo, We Rent Tsukumogami ci fa invece entrare nella vita di tutti i giorni nella città di Edo, e diventa in un certo senso anche una serie tutto sommato didattica sotto diversi aspetti.
Ci fa capire cosa fossero i netsuke (piccole sculture usate come fermagli) o il kiseru (pipa tradizionale giapponese) e a cosa servissero, talora rivestite di importanti funzioni sociali: perché un incensiere poteva costituire un pegno di fidanzamento, un porta-sigilli divenire motivo di grande agitazione economica e una preziosa pipa finemente intagliata gettare scompiglio in una relazione proibita.
E poi c'è Edo, il nome che Tokyo ha sempre avuto sin dalle sue origini e fino alla Restaurazione Meiji del 1868. Per tramite delle storie ambientate in uno dei suoi quartieri più antichi, We Rent Tsukumogami ha il pregio di offrirne uno spaccato affascinante e non privo di tanti rimandi storici: Edo era una città fatta di canali d'acqua su cui si specchiano salici piangenti e abitazioni di legno, e piagata per questa ragione da continui incendi nei suoi diversi quartieri. E' fatta di commercianti che dopo il lavoro si dedicano ai piaceri delle geisha o delle sale d'intrattenimento, di templi in ogni dove e di impressionanti ponti di legno ad arco, rimossi da sostituti in ferro e pietra quand'è sorta -a fine '800- la necessità di farvi transitare sopra veicoli a cavallo o motorizzati.
Vediamo persino la pratica del funayado, una sorta di "piccola crociera di piacere" dell'epoca, di quando venivano affittate per un breve periodo di tempo delle imbarcazioni per consentire a ricchi proprietari o commercianti benestanti di fare una gita sul fiume assieme ai propri amici e a cortigiane, godendo al tempo stesso di uno splendido panorama fluviale.
Difficile quindi non farsi ammaliare da Edo e dalla sua brulicante frenesia, ed è difficile non sorridere di fronte ai patemi degli Tsukumogami che pur avendo già attraversato i secoli, recano con sé ancora qualche piccola insoddisfazione e complesso personale, che il buon cuore e le abilità di Okō e Seiji cercano prontamente di risolvere in un atto di gratitudine sempre ricambiato.
E' bello infine vedere come in questa serie siano molte le figure femminili, dalla protagonista alle comprimarie, che affiancano ad un aspetto dolce anche un certo grado di severità e soprattutto di forte volontà personale.
We Rent Tsukumogami non è una serie che possa rivaleggiare con altre in termini di innovazione, ritmo o di tematiche presentate, tuttavia sa farsi ben apprezzare per ciò che offre ed è inoltre un'opera validamente costruita grazie all'ottimo comparto tecnico alle spalle e un cast di doppiaggio di tutto rispetto.
Ricordiamo dunque la produzione di TMS Entertainment per lo Studio d'animazione Telecom Animation Film, con la regia di Masahiko Murata (Baby Steps), le belle palette di colori pastello grazie al color design di Ryoko Oka e all'Art Director Natsue Muramoto, e soprattutto il contributo grafico ai personaggi offerto dalla mangaka Lily Hoshino.
Il character design è invero di Miho Yano (Phantasy Star Online 2: The Animation) e Hiromi Yoshinuma (direttore delle animazioni per Naruto Shippuden), ma la mano preliminare della Hoshino fornisce l'impronta grafica dei personaggi e ci regala inoltre bellissime illustrazioni 'end card' in chiusura di ciascun episodio. Episodi che peraltro sono tutti intitolati a sfumature di colori od oggetti di cui apprendiamo il significato durante l'episodio di pertinenza.
Anche la colonna sonora strumentale, curata da Gō Satō e Yasunori Ebina, ci rimanda a suoni tipici del folklore e del teatro giapponese, mentre in chiusura della serie possiamo invece udire la vellutata voce di Mai Kuraki (Detective Conan) in "Koyoi wa Yume wo Misasete" ("Consentimi di fare un sogno stanotte"), che accompagna suggestive vedute di Edo nelle quattro diverse stagioni.
Un netto contrasto tra musica e immagini lo ritroviamo invece nella scelta operata per l'accattivante sigla di apertura: "Get into my Heart" del poliedrico artista Miyavi e cantata dalla batterista e vocalist Kavka Shishido (Too Young to Die, Hiyokko, Kanna-san) è un mix di sonorità tecno-pop ben accostate alle immagini della vita di Edo.
Il fascino degli Tsukumogami è poi merito anche delle voci attribuite a ciascuno: senza nulla togliere dunque al lavoro svolto da Jun'ya Enoki (Keisuke Tsuji di Tsuredure Children), Mikako Komatsu (Seishirou Tsugumi di Nisekoi) e Takahiro Sakurai (Griamore di The Seven Dealy Sins) rispettivamente su Seiji, Okō e Satarō, ben più impressi rimangono toni e sfumature dei cinque Tsukumogami, un gruppetto molto ben assortito.
Dolcissima e infantile Yuka Iguchi (Hinata Miyake di A Place Further Than the Universe) su Usagi, chiassoso e dialettale Tooru Nara (Rikidō Satō di My Hero Academia) per la figura di Notetsu, profondo e pacato il ruolo di Daisuke Hirakawa (Rei Ryuugazaki di Free! Dive to the Future) su Goi, senza dimenticare Yutaka Nakano (Yukinori Shinohara di Tokyo Ghoul) su Tsukuyomi e Satomi Akesaka (Karuha di Noragami) per la bella Ohime.
I due giovani che incontriamo nell'anime We Rent Tsukumogami si considerano fratelli pur non avendo legami di sangue, e all'interno del negozio Izumoya essi possiedono un piccolo grande tesoro, ovvero una serie di ornamenti ed utensili che affittano ai clienti: giunti loro fra le mani dopo essere passati di proprietario in proprietario e di secolo in secolo, alcuni di questi oggetti sono accomunati dal fatto di essere degli Tsukumogami, che prendono vita ed hanno piena capacità di parola e di giudizio.
Dal pettinino Usagi alla bambola Ohime, dal rotolo da appendere Tsukuyomi al netsuke decorativo Notetsu, fino alla pipa tradizionale giapponese kiseru Goi: nel retrobottega, prima o dopo essere stati prestati, gli Tsukumogami si ritrovano puntualmente a "spettegolare" su ciò che hanno visto nelle dimore e nei negozi presso cui hanno recato diletto alle persone che li hanno presi a noleggio.
Proprio tale chiacchiericcio torna piuttosto utile a Okō e Seiji: è fatto divieto allo Tsukumogami di entrare in relazione diretta con gli esseri umani, e né gli oggetti né i due fratelli violano tale regola. Tuttavia i due giovani sanno che i loro oggetti più cari possono udirli, e proprio così facendo riescono a coniugare tali informazioni con la loro abilità di commercianti, nel riuscire ad individuare di volta in volta l'oggetto che più si adatta alle esigenze dei clienti. Perché chi si rivolge all'Izumoya non vi giunge per affidare Okō e Seiji soltanto una richiesta di noleggio, bensì per chiedere di fatto aiuto volto alla risoluzione di un problema.
Ed ecco che da una confidenza del pettinino Usagi a un passaparola del rotolo Tsukuyomi, si dipanano le soluzioni a piccoli casi "gialli" miscelati a storie più o meno romantiche: di episodio in episodio ci si ritrova a scoprire qualcosa di più sul passato di ciascuno degli Tsukumogami, sulle vicende che hanno portato Okō e Seiji ad aprire un tale tipo di negozio e sul mistero legato ai retroscena, ed infine sui vari personaggi secondari che ruotano attorno alla vita quotidiana dei fratelli.
Tsukumogami Kashimasu è l'adattamento animato in 12 episodi della novel di Megumi Hatakenaka pubblicata in Giappone nel 2007 da Kadokawa.
La serie animata ha fatto invece il suo debutto il 22 luglio 2018 in Giappone per NHK, quindi resa disponibile anche nel nostro Paese grazie a Crunchyroll Italia con il titolo tradotto We Rent Tsukumogami.
Il vero cuore dell'opera che si sviluppa tra il genere soprannaturale e quello del mistero, senza dimenticare una sotto trama romantica, è costituito per l'appunto dagli Tsukumogami.
We Rent Tsukumogami attinge pienamente dalle credenze popolari di un tempo e ripesca dal folklore nipponico un tipo di yokai, ovvero di spirito, che si origina da qualunque utensile che abbia compiuto i cento anni d'età e sia divenuto quindi uno spirito vivo e senziente. "Tsukumogami" significa letteralmente spiriti degli oggetti, delle cose.
Il loro aspetto può variare, ma in genere mantiene una familiarità con l'oggetto da cui sono stati generati; se l'oggetto è stato trattato male, probabilmente una volta divenuto uno Tsukumogami cercherà vendetta, diversamente sarà di bell'aspetto e perlopiù inoffensivo.
Si tratta di oggetti che hanno acquisito un'anima, e ciò è ben diverso dal caso in cui un oggetto qualunque venga posseduto da uno spirito, come si avrà modo di apprendere in uno specifico episodio della serie.
Gli Tsukumogami ci mostrano al tempo stesso l'essenza di una Edo -ovvero Tokyo- che non abbiamo mai conosciuto, vista attraverso gli occhi della quotidianità più pura e semplice.
Anziché infatti utilizzare lo sfondo storico unicamente come ambientazione di storie che poi prendono vita in maniera autonoma e non approfondiscono più di tanto il contesto di fondo, We Rent Tsukumogami ci fa invece entrare nella vita di tutti i giorni nella città di Edo, e diventa in un certo senso anche una serie tutto sommato didattica sotto diversi aspetti.
Ci fa capire cosa fossero i netsuke (piccole sculture usate come fermagli) o il kiseru (pipa tradizionale giapponese) e a cosa servissero, talora rivestite di importanti funzioni sociali: perché un incensiere poteva costituire un pegno di fidanzamento, un porta-sigilli divenire motivo di grande agitazione economica e una preziosa pipa finemente intagliata gettare scompiglio in una relazione proibita.
E poi c'è Edo, il nome che Tokyo ha sempre avuto sin dalle sue origini e fino alla Restaurazione Meiji del 1868. Per tramite delle storie ambientate in uno dei suoi quartieri più antichi, We Rent Tsukumogami ha il pregio di offrirne uno spaccato affascinante e non privo di tanti rimandi storici: Edo era una città fatta di canali d'acqua su cui si specchiano salici piangenti e abitazioni di legno, e piagata per questa ragione da continui incendi nei suoi diversi quartieri. E' fatta di commercianti che dopo il lavoro si dedicano ai piaceri delle geisha o delle sale d'intrattenimento, di templi in ogni dove e di impressionanti ponti di legno ad arco, rimossi da sostituti in ferro e pietra quand'è sorta -a fine '800- la necessità di farvi transitare sopra veicoli a cavallo o motorizzati.
Vediamo persino la pratica del funayado, una sorta di "piccola crociera di piacere" dell'epoca, di quando venivano affittate per un breve periodo di tempo delle imbarcazioni per consentire a ricchi proprietari o commercianti benestanti di fare una gita sul fiume assieme ai propri amici e a cortigiane, godendo al tempo stesso di uno splendido panorama fluviale.
Difficile quindi non farsi ammaliare da Edo e dalla sua brulicante frenesia, ed è difficile non sorridere di fronte ai patemi degli Tsukumogami che pur avendo già attraversato i secoli, recano con sé ancora qualche piccola insoddisfazione e complesso personale, che il buon cuore e le abilità di Okō e Seiji cercano prontamente di risolvere in un atto di gratitudine sempre ricambiato.
E' bello infine vedere come in questa serie siano molte le figure femminili, dalla protagonista alle comprimarie, che affiancano ad un aspetto dolce anche un certo grado di severità e soprattutto di forte volontà personale.
We Rent Tsukumogami non è una serie che possa rivaleggiare con altre in termini di innovazione, ritmo o di tematiche presentate, tuttavia sa farsi ben apprezzare per ciò che offre ed è inoltre un'opera validamente costruita grazie all'ottimo comparto tecnico alle spalle e un cast di doppiaggio di tutto rispetto.
Ricordiamo dunque la produzione di TMS Entertainment per lo Studio d'animazione Telecom Animation Film, con la regia di Masahiko Murata (Baby Steps), le belle palette di colori pastello grazie al color design di Ryoko Oka e all'Art Director Natsue Muramoto, e soprattutto il contributo grafico ai personaggi offerto dalla mangaka Lily Hoshino.
Il character design è invero di Miho Yano (Phantasy Star Online 2: The Animation) e Hiromi Yoshinuma (direttore delle animazioni per Naruto Shippuden), ma la mano preliminare della Hoshino fornisce l'impronta grafica dei personaggi e ci regala inoltre bellissime illustrazioni 'end card' in chiusura di ciascun episodio. Episodi che peraltro sono tutti intitolati a sfumature di colori od oggetti di cui apprendiamo il significato durante l'episodio di pertinenza.
Anche la colonna sonora strumentale, curata da Gō Satō e Yasunori Ebina, ci rimanda a suoni tipici del folklore e del teatro giapponese, mentre in chiusura della serie possiamo invece udire la vellutata voce di Mai Kuraki (Detective Conan) in "Koyoi wa Yume wo Misasete" ("Consentimi di fare un sogno stanotte"), che accompagna suggestive vedute di Edo nelle quattro diverse stagioni.
Un netto contrasto tra musica e immagini lo ritroviamo invece nella scelta operata per l'accattivante sigla di apertura: "Get into my Heart" del poliedrico artista Miyavi e cantata dalla batterista e vocalist Kavka Shishido (Too Young to Die, Hiyokko, Kanna-san) è un mix di sonorità tecno-pop ben accostate alle immagini della vita di Edo.
Il fascino degli Tsukumogami è poi merito anche delle voci attribuite a ciascuno: senza nulla togliere dunque al lavoro svolto da Jun'ya Enoki (Keisuke Tsuji di Tsuredure Children), Mikako Komatsu (Seishirou Tsugumi di Nisekoi) e Takahiro Sakurai (Griamore di The Seven Dealy Sins) rispettivamente su Seiji, Okō e Satarō, ben più impressi rimangono toni e sfumature dei cinque Tsukumogami, un gruppetto molto ben assortito.
Dolcissima e infantile Yuka Iguchi (Hinata Miyake di A Place Further Than the Universe) su Usagi, chiassoso e dialettale Tooru Nara (Rikidō Satō di My Hero Academia) per la figura di Notetsu, profondo e pacato il ruolo di Daisuke Hirakawa (Rei Ryuugazaki di Free! Dive to the Future) su Goi, senza dimenticare Yutaka Nakano (Yukinori Shinohara di Tokyo Ghoul) su Tsukuyomi e Satomi Akesaka (Karuha di Noragami) per la bella Ohime.
We Rent Tsukumogami è in buona sostanza una serie non esuberante ma sufficientemente fresca, non rocambolesca ma nemmeno priva di adeguati momenti di pathos.
E' una serie carina e leggera, da vedere senza farsi aspettative seppur accorgendosi che aspettative è facile cumularne proprio proseguendo nella visione, e non si rimarrà affatto delusi.
Un po' per il loro aspetto "da cartone animato nel cartone animato", un po' per le missioni sulla falsariga di detective cui sono talvolta chiamati, e di certo anche per le loro riunioni che mescolano pettegolezzi e ricordi, gli Tsukumogami fanno breccia con destrezza nello spettatore; a fine serie è difficile quindi non essersi affezionati al loro movimentato tran tran quotidiano. Difficile non desiderare di volerci trasportare, anche se solo per poco tempo, in quella lontana, misteriosa ed affascinante Tokyo che fu.
E' una serie carina e leggera, da vedere senza farsi aspettative seppur accorgendosi che aspettative è facile cumularne proprio proseguendo nella visione, e non si rimarrà affatto delusi.
Un po' per il loro aspetto "da cartone animato nel cartone animato", un po' per le missioni sulla falsariga di detective cui sono talvolta chiamati, e di certo anche per le loro riunioni che mescolano pettegolezzi e ricordi, gli Tsukumogami fanno breccia con destrezza nello spettatore; a fine serie è difficile quindi non essersi affezionati al loro movimentato tran tran quotidiano. Difficile non desiderare di volerci trasportare, anche se solo per poco tempo, in quella lontana, misteriosa ed affascinante Tokyo che fu.
Pro
- Buoni protagonisti e comprimari. Su tutti gli Tsukumogami
- Tante curiosità sul folklore nipponico
- Ambientazione storica interessante
- Ottime musiche, dalle theme song alle BGM
- Molteplici sotto trame, sia misteriosa che romantica
Contro
- Tratto grafico a volte incostante
- Alcuni episodi un po' "lentini"
Me la segno e ...la "pila" cresce...
Il mio giudizio tuttavia è un po' meno positivo perché la serie è stata gradevole, soprattutto per come mostra Edo e i suoi abitanti e per gli tsukumogami che erano molto carucci. I due protagonisti però mi hanno detto davvero poco, tanto che delle loro vicende personali non mi importava e ho di gran lunga preferito le vicende e le storie d'amore dei personaggi secondari. Le ultime puntate poi le ho trovate abbastanza noiose. In totale per me è stato sufficiente, non mi pento di averlo guardato ma non lo ricorderò da qui all'eternità.
Personalmente sono due gli elementi che mi hanno fatto affezionare a questa serie. Il primo è l'ambientazione storica, che non è solo uno sfondo di fronte a cui si svolgono le vicende, ma qualcosa di vivo, di avvolgente, che si respira in ogni istante attraverso la quotidianità dei personaggi. E il secondo sono proprio gli tsukumogami. Ho sempre avuto un debole per queste creature del folklore giapponese, ma in questo caso, tra il loro buffo entusiasmo e il modo curioso (e pure un po' poetico) di comunicare con i protagonisti, mi sono subito rimasti impressi. Da quando ho visto il primo episodio, ogni volta che devo ricapitolare qualcosa per schiarirmi le idee mi viene in mente il becco di Goi
La trama che unisce gli episodi invece ci ha messo un po' a catturare la mia attenzione. La storia di Suou non mi ha preso molto all'inizio, ammetto di aver trovato diversi momenti piuttosto lenti. Però una volta arrivato alla fine mi rendo conto che ha dato alla serie un tocco in più. Se gli episodi fossero stati completamente autoconclusivi probabilmente a un certo punto mi sarei annoiato. Questo legame tra i vari misteri invece mi ha aiutato a mantenere sempre accesa una scintilla di curiosità tra un episodio e l'altro, fino a un finale che porta con sé un senso davvero piacevole di conclusione.
Nel complesso, anche se adoro le sue atmosfere eleganti e pacate, riconosco che non è un anime imperdibile e non saprei nemmeno se consigliarlo o no. Però non merita di passare sotto silenzio come è successo. Spero proprio che leggendo questa recensione qualche persona in più si incuriosisca abbastanza da volergli dare un'occhiata
A tratti è un po' lento, tipico della struttura episodica che lo contraddistingue, però c'è quella certa faccenda che mantiene viva la curiosità e, unita al brio degli tsukumogami, impedisce che la noia prenda il sopravvento.
Credo che rientri perfettamente in quella categoria di anime che meriterebbero qualche visualizzazione in più! Lo abbiamo visto davvero in pochi, eppure è una visione gradevole e, a mio avviso, anche rilassante.
Personalmente nemmeno pensavo di volerci spendere delle parole extra, in fondo ci sono altre serie che mi sono piaciute come e più di questa per le quali non ho saputo scrivere o commentare alcunché. Forse proprio perché questo anime non è imperdibile, ma riserva dei piccoli tocchi "di classe", ho poi riflettuto sul fatto che sarebbe stato bello parlarne evidenziandone appunto questi aspetti. L'ambientazione o i piccoli 'dossier' sui vari oggetti (tsukumogami), alla fin fine non sarebbero i veri protagonisti, eppure per me lo sono stati forse più dei personaggi 'umani', sia dei principali che dei comprimari XD
Come ho scritto anche sopra, mi ha davvero colpito come in ogni episodio si "raccontasse di Edo," mi pareva quasi di spaparanzarmi sul divano e di vedere un episodio di "Quark Giappone" animato; mano a mano che proseguivo con gli episodi, li trovavo sempre più rilassanti...
Senza contare che in materia di tsukumogami dovevo ammettere la mia totale ignoranza, sono stata contenta di apprenderne così molto, molto di più! (ammetto anche di aver sviluppato un debole per Goi, il signor riassunto ♥)
Non avrei saputo esprimerlo meglio
Condivido in toto questo passaggio, che forse è precisamente ciò che mi ha spinto a scrivere la recensione, alla fine ^^
Serie che ho visto perché attratto dal tema "folkloristico-sovrannaturale" e che tutto sommato ho gradito. Personaggi simpatici, discreto il mix che spazia da episodi vagamente mistery a quelli da commedia sentimentale degli equivoci; purtroppo le manca un po' di mordente.
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