A volte la vita può riservarci sorprese ed incontri che non ci saremmo mai aspettati e per una serie di coincidenze orchestrate dal destino ci si ritrova a crescere, vivere e lavorare dall'altra parte del mondo.
Se in quest'epoca di globalizzazione non è più così insolito, scoprire la storia di una giovane donna e artista nipponica che alla fine dell'Ottocento dal Giappone si trasferisce in Sicilia fa un certo effetto. Quella che sto per raccontarvi è la vita di O'Tama Kiyohara che per amore dell'arte e di uno scultore parlemitano lasciò il suo paese e si trasferì in Italia.
O'Tama Kiyohara nasce nel 1861 a Shiba, quartiere di Minato a Tokyo, dove il padre è custode del famoso tempio buddista Zōjō-ji. Già da piccolissima, ancora prima di entrare alla scuola elementare, inizia a studiare pittura. Quelli sono gli anni del periodo Meiji (1868-1912) in cui il Giappone si apre all'Occidente dopo secoli di chiusura al mondo esterno. Si avviano rapporti economici e diplomatici con gli Stati Uniti e l’Europa e per questo motivo l'imperatore Mutsuhito decide di invitare dall’Italia tre artisti che fossero in grado di aprire una scuola d’arte e insegnare così i nuovi stili figurativi.
Dall'Accademia milanese di Brera partono così Antonio Fontanesi per la pittura, Giovanni Vincenzo Cappelletti per l’architettura e il palermitano Vincenzo Ragusa per la scultura. I tre daranno vita a Tokyo alla Kobu Bijutsu Gakko. Nel 1878 avviene l'incontro dettato dal destino: all'età di 17 anni O'Tama posa proprio per Ragusa, diventando così la prima giapponese a posare per un artista europeo.
Nel 1882, a 21 anni, decide di partire con la sorella O'Chiyo e il cognato per Palermo, assieme ovviamente a Vincenzo Ragusa che decide di aprire una Scuola Superiore d'Arte Applicata, dove i tre stranieri avrebbero insegnato le tecniche giapponesi di pittura, ricamo e lacca in un vero e proprio scambio culturale.
Nel 1884 O'Tama è nominata direttrice della Sezione femminile della scuola d'arte Museo Artistico Industriale - Scuole Officine (istituto che pur avendo cambiato varie sedi e denominazioni esiste ancora con il nome di Liceo Artistico - Vincenzo Ragusa Otama Kiyohara).
Purtroppo a seguito di varie difficoltà burocratiche gli insegnamenti delle arti orientali sono interrotti; mentre la sorella con il marito torna in Giappone, O'Tama Kiyohara resta a Palermo e nel 1889, divenuta cattolica, sposa Vincenzo Ragusa cambiando il suo nome in Eleonora Ragusa. A contatto con la cultura occidentale, la produzione artistica di O’Tama subisce una trasformazione: dal grafismo sintetico giapponese passa al naturalismo e lavora anche come illustratrice reporter. Sperimenta varie tecniche e vari soggetti, spaziando dalle nature morte al ritratto fino alla decorazione di interni.
Inoltre assieme al marito veicola in Sicilia e In Italia il giapponismo, quella passione per la cultura e l'arte nipponica che tanta importanza sta avendo in Francia in quegli stessi anni.
Nel 1927 muore il marito e i quotidiani giapponesi Osaka Mainichi Shinbun e Tokyo Nichinichi Shinbun la scoprono: saputa la sua storia così particolare pubblicano un romanzo a puntate su di lei, rendendola così famosa in Giappone.
A quel punto i discendenti della sua famiglia la spronano a tornare in patria: una giovanissima pronipote la va a prendere a Palermo e dopo 51 anni O'Tama Kiyohara nel 1933 sbarca a Tokyo. Sebbene ormai parli a malapena giapponese, apre un atelier a Shiba e qui morirà nel 1939. Per suo espresso volere, metà delle sue ceneri sono tumulate nel tempio di famiglia Chōgen-ji, mentre l'altra metà è sepolta nella tomba del marito nel cimitero palermitano dei Rotoli. Come decorazione c'è una colonna sormontata da una colomba, scultura realizzata dallo stesso Ragusa.
Una piccola parte delle sue opere sono rimaste in Italia, principalmente a Palermo e si trovano in varie collezioni pubbliche e private. La maggior parte erano conservate in Giappone ma sono state distrutte dai bombardamenti su Tokyo durante la seconda guerra mondiale.
Per chi la volesse riscoprire, fino al 6 aprile 2020 è aperta a Palermo a Palazzo Reale la mostra "Migrazione di stili". Promossa dalla Fondazione Federico II, prevede un percorso espositivo di 80 opere tra manufatti, cartoni e tessuti tra cui alcune pregiate carte similpelle (kinkava-gami) e 46 acquerelli.
Fonti consultate:
SiciliaFan
Wikipedia
Se in quest'epoca di globalizzazione non è più così insolito, scoprire la storia di una giovane donna e artista nipponica che alla fine dell'Ottocento dal Giappone si trasferisce in Sicilia fa un certo effetto. Quella che sto per raccontarvi è la vita di O'Tama Kiyohara che per amore dell'arte e di uno scultore parlemitano lasciò il suo paese e si trasferì in Italia.
O'Tama Kiyohara nasce nel 1861 a Shiba, quartiere di Minato a Tokyo, dove il padre è custode del famoso tempio buddista Zōjō-ji. Già da piccolissima, ancora prima di entrare alla scuola elementare, inizia a studiare pittura. Quelli sono gli anni del periodo Meiji (1868-1912) in cui il Giappone si apre all'Occidente dopo secoli di chiusura al mondo esterno. Si avviano rapporti economici e diplomatici con gli Stati Uniti e l’Europa e per questo motivo l'imperatore Mutsuhito decide di invitare dall’Italia tre artisti che fossero in grado di aprire una scuola d’arte e insegnare così i nuovi stili figurativi.
Dall'Accademia milanese di Brera partono così Antonio Fontanesi per la pittura, Giovanni Vincenzo Cappelletti per l’architettura e il palermitano Vincenzo Ragusa per la scultura. I tre daranno vita a Tokyo alla Kobu Bijutsu Gakko. Nel 1878 avviene l'incontro dettato dal destino: all'età di 17 anni O'Tama posa proprio per Ragusa, diventando così la prima giapponese a posare per un artista europeo.
Nel 1882, a 21 anni, decide di partire con la sorella O'Chiyo e il cognato per Palermo, assieme ovviamente a Vincenzo Ragusa che decide di aprire una Scuola Superiore d'Arte Applicata, dove i tre stranieri avrebbero insegnato le tecniche giapponesi di pittura, ricamo e lacca in un vero e proprio scambio culturale.
Nel 1884 O'Tama è nominata direttrice della Sezione femminile della scuola d'arte Museo Artistico Industriale - Scuole Officine (istituto che pur avendo cambiato varie sedi e denominazioni esiste ancora con il nome di Liceo Artistico - Vincenzo Ragusa Otama Kiyohara).
Purtroppo a seguito di varie difficoltà burocratiche gli insegnamenti delle arti orientali sono interrotti; mentre la sorella con il marito torna in Giappone, O'Tama Kiyohara resta a Palermo e nel 1889, divenuta cattolica, sposa Vincenzo Ragusa cambiando il suo nome in Eleonora Ragusa. A contatto con la cultura occidentale, la produzione artistica di O’Tama subisce una trasformazione: dal grafismo sintetico giapponese passa al naturalismo e lavora anche come illustratrice reporter. Sperimenta varie tecniche e vari soggetti, spaziando dalle nature morte al ritratto fino alla decorazione di interni.
Inoltre assieme al marito veicola in Sicilia e In Italia il giapponismo, quella passione per la cultura e l'arte nipponica che tanta importanza sta avendo in Francia in quegli stessi anni.
Nel 1927 muore il marito e i quotidiani giapponesi Osaka Mainichi Shinbun e Tokyo Nichinichi Shinbun la scoprono: saputa la sua storia così particolare pubblicano un romanzo a puntate su di lei, rendendola così famosa in Giappone.
A quel punto i discendenti della sua famiglia la spronano a tornare in patria: una giovanissima pronipote la va a prendere a Palermo e dopo 51 anni O'Tama Kiyohara nel 1933 sbarca a Tokyo. Sebbene ormai parli a malapena giapponese, apre un atelier a Shiba e qui morirà nel 1939. Per suo espresso volere, metà delle sue ceneri sono tumulate nel tempio di famiglia Chōgen-ji, mentre l'altra metà è sepolta nella tomba del marito nel cimitero palermitano dei Rotoli. Come decorazione c'è una colonna sormontata da una colomba, scultura realizzata dallo stesso Ragusa.
Una piccola parte delle sue opere sono rimaste in Italia, principalmente a Palermo e si trovano in varie collezioni pubbliche e private. La maggior parte erano conservate in Giappone ma sono state distrutte dai bombardamenti su Tokyo durante la seconda guerra mondiale.
Per chi la volesse riscoprire, fino al 6 aprile 2020 è aperta a Palermo a Palazzo Reale la mostra "Migrazione di stili". Promossa dalla Fondazione Federico II, prevede un percorso espositivo di 80 opere tra manufatti, cartoni e tessuti tra cui alcune pregiate carte similpelle (kinkava-gami) e 46 acquerelli.
Fonti consultate:
SiciliaFan
Wikipedia
Auguro che la mostra sia spettacolare.
Pensate cosa voleva dire a 21 anni andare via dal tuo paese, dalla tua famiglia, in un mondo senza possibilità di comunicazioni immediate, e trasferirti in un posto per te totalmente sconosciuto e diversissimo culturalmente... Decidere di sposarti per amore (e quindi in pratica di non tornare più) e rivedere il tuo paese solo dopo cinquant'anni... Quando praticamente buona parte delle persone che conoscevi sono già morte e tutto intorno a te è cambiato... E morire alle soglie di un'epoca in cui il Giappone era già in guerra con la Cina e di li a pochi anni avrebbe dato il via a Pearl Harbor (che lei non ha fatto in tempo a "vedere", ma il becero militarismo in cui era piombato il suo paese e che ha portato a quello lo ha beccato tutto)
E aggiungo: tutto questo da donna giapponese nel 1800. E all'inizio pure nubile. Che coraggio!
Sempre grazie ad Hachi per queste chicche!
Corretto.
Molto bella davvero. Ci sono un paio di video della Fondazione a lei intitolata su You Tube.
Grazie per avermi fatto conoscere una storia che ignoravo, una storia di coraggio, spirito d'avventura e "romanticismo" d'altri tempi, con tutte le relative connotazioni storico-artistiche. Non si finisce mai di imparare.
...non credo, visto che i giapponesi, tutt'ora, hanno un opinione diversa su di lui, in confronto al dibattito che c'è da noi da 70 anni...
Grazie per aver pubblicizzato questa mostra, purtroppo sta facendo pochi "numeri" anche se gli ingressi sono alti, ma non quanto ci si aspettava. C'è ancora un mesetto, speriamo che le cose cambino.
Uhm...questa ricostruzione mi lascia un po' perplesso. Andiamo con ordine: nel 1867 diventa imperatore Mutsuhito (imperatore Meiji); nel 1868 viene abolito lo shogunato ed inizia la "restaurazione Meiji". Viene emanato un decreto sulla forma di governo (seitai) e gli organi centrali vengono riorganizzati con il nome di Dajōkan. Edo diventa Tōkyō. Nel 1871 vengono distinti tre organi (Seiin - Ufficio Centrale - , Uin - Ufficio di destra - e Sain - Ufficio di sinistra - ). In particolare, il primo organo aveva il compito di assistere l'imperatore nella direzione generale degli affari di stato. Parte la missione Iwakura (durante la quale fanno conoscenza e amicizia Hirobumi Itō e il conte Alessandro Fè d'Ostiani). Nel 1875 vengono aboliti Uin e Sain e viene istituito il Genrōin (Senato) con funzione legislativa.(Tutto questo per dire che non e' che si occupasse di tutto l'imperatore). Nel frattempo era molto diffusa la presenza di 御雇い外國人 Oyatoi Gaikokujin (stranieri a servizio). Nel 1875 erano 527 per una retribuzione complessiva di 1,4 milioni di yen (pari a circa il 2% dell'intera spesa statale). Nel novembre del 1876 viene fondata la Scuola di Belle Arti (di cui sopra), forse su suggerimento del conte Alessandro Fè d'Ostiani (inviato straordinario e ministro plenipotenziario italiano, ambasciatore in Giappone dal 1870 (?) al 1877. Sempre Alessandro Fè d'Ostiani consiglia di invitare a Tokyo proprio artisti italiani per insegnarvi, insistendo con il ministro dei lavori pubblici e suo amico Hirobumi Itō e con il sottosegretario ai lavori pubblici Yōzō Yamao. Probabilmente si deve concretamente a questi ultimi e non all'imperatore Mutsuhito l'invito rivolto a Fontanesi, Ragusa e Cappelleti. Qui in inglese i termini del contratto stipulato da Ragusa e negoziato con Masataka Kawase che era 工部少輔 (se ho capito bene, una specie di assistente del Ministro dell'Industria): The Contract signed by Ragusa and Mr. Masataka Kawase, then Japanese minister to Rome, consisted of ten items of which the most important were, in short, as follows:
"Item 1--That Mr. Ragusa as a teacher of sculpture shall teach the art of carving of mask, animal, flower and fruit. His teaching locality is subject to change at the order of the authorities. The term of contract is three years.
Item 2--That Mr. Ragusa will sail for Tokyo within three months after the date of writing.
Item 3--That Mr. Ragusa will carry out his duties under the guidance of his superior regardless of whether he is a Japanese or a foreigner.
Item 4--That Mr. Ragusa will not engage in any commercial business while he is employed by the government.
Item 6--That Mr. Ragusa will be paid Yen 3,330 a year in monthly installments.
Item 8--Living facilities and medical care will be supplied by the government during his term of contract.
Item 10--The government reserves the right to break the contract should Mr. Ragusa's behaviour be found to be illegal or immoral."
E qui qualche altro dettaglio sulla scuola: https://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_tecnica_di_belle_arti_di_Tokyo
Gli scambi culturali, come in questo caso, sono fondamentali per lo sviluppo dell’arte.
Se non erro dovrebbe essere ancora in corso a Milano, forse al Mudec, una mostra sul giapponismo.
Grazie mille per questo interessantissimo articolo!
Anzitutto questo, un servizio sulla mostra. SI parla anche del viaggio di Ragusa in Giappone
E qui un ampio servizio proprio della Fondazione.
Purtroppo anche il luogo, Rovigo, non aiuta, essendo un po' fuori mano. Non sto criticando eh, sto solo dicendo che, a parità di esposizione, un luogo un po' più vivace sicuramente avrebbe dato numeri migliori.
Hai assolutamente ragione, inutile negarlo. Tra l'altro anche se si trova in centro storico la zona è lontanina dalla stazione se si viene da fuori e non si sa dove andare e in città i mezzi pubblici sono quasi inesistenti... questo ha scoraggiato tantissime persone.
Sono andato ieri a Rovigo e non ci vuole tanto per arrivarci, sono circa 15 min e 1km a piedi, basta vedere google maps. Il palazzo Roverella è vicino a piazza, dove ogni anno viene fatto Rovigo Comics. Certo che Rovigo non gode una reputazione monumentale, però senza grandi pretese è una città da scoprire. Ovviamente chi si trova nelle vicinanze di Rovigo, tipo Ferrara o Padova, non ha problemi per arrivare.
La mostra è stata molto bella e la consiglio a tutti.
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