Dal 6 novembre è disponibile il nuovo libro dell'editore La Torre firmato da Massimo Nicora. 368 pagine che vanno a colmare un grande vuoto a livello informativo su quell'aspetto dell'intrattenimento nipponico tanto importante nel Sol Levante quanto piuttosto sconosciuto da noi: i tokusatsu

Descrizione

Oltre agli anime e ai manga, una delle espressioni artistiche più conosciute della cultura popolare giapponese è quella dei tokusatsu, un genere di serie televisive perlopiù di argomento fantascientifico in cui viene fatto abbondante uso di effetti speciali e di cui qualche esempio è arrivato anche in Italia nei primi anni Ottanta. Si è trattato però soltanto della piccola parte di un fenomeno molto più ricco, articolato e complesso che a tutt’oggi non è stato ancora adeguatamente studiato. Questo libro ne vuole raccontare la storia, i generi, i protagonisti, l’evoluzione e le curiosità, ponendo l’accento non solo sui personaggi più noti al pubblico italiano ma cercando di riscoprire anche quelli legati all’immaginario giapponese. Da Ultraman a Kamen Rider, da Spectreman a Megaloman, da I-Zenborg a Koseidon, il libro ci accompagna in un viaggio nell’età d’oro dei tokusatsu che dagli albori del genere arriva fino agli inizi degli anni Ottanta.


Nota biografica:

Massimo Nicora (Varese, 1972), giornalista, è laureato in Filosofia Teoretica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e si occupa di comunicazione e relazioni con la stampa per conto di importanti aziende nazionali e internazionali, con particolare riguardo ai settori dei videogiochi e del cinema di animazione. È autore dei libri C’era una volta… prima di Mazinga e Goldrake. Storia dei robot giapponesi dalle origini agli anni Settanta (Youcanprint, 2016) e C’era una volta Goldrake. La vera storia del robot giapponese che ha rivoluzionato la TV italiana (La Torre, 2017), la più ricca e documentata ricostruzione dell’affaire Goldrake in Italia.



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Dopo aver letto tutto con grande interesse il suo tomo ho voluto quindi fare qualche domanda all'autore sul suo libro e sull'argomento in generale.

Massimo, come spieghi proprio nell'introduzione a questo libro, una delle espressioni artistiche più conosciute della cultura popolare giapponese dopo i manga e gli anime è proprio tokusatsu. Secondo te perchè?

Come i manga, gli anime e i kaijū eiga (i film di mostri à la Godzilla) anche i tokusatsu sono uno dei mezzi con cui la cultura popolare giapponese ha trovato più facile esplicarsi e manifestarsi. È la potenza delle immagini che riescono a comunicare e trasmettere messaggi meglio e più di tante parole. Inoltre, nel caso specifico dei tokusatsu, c’è un legame specifico e diretto con il teatro giapponese tradizionale, in particolare il kabuki e il bunraku. Dal primo questi telefilm hanno tratto ispirazione principalmente per le scene d’azione e di combattimento che sono caratterizzate da mosse estremamente coreografiche e spettacolari, con pose espressive e ampio ricorso alle arti marziali; dal secondo, invece, hanno mutuato tutta una serie di soluzioni tecniche artigianali collegate per lo più all’arte di muovere burattini e marionette durante gli spettacoli che poi, ulteriormente sviluppate e raffinate, hanno dato origine a quel particolare mix in cui costumi sgargianti si sposano con esplosioni pirotecniche e modellini in scala di città, navi, aerei e mostri di vario genere.

In Italia, a parte qualche eccezione anche famosa, sono arrivati sempre pochi titoli e i tokusatsu in genere sono in buona parte sconosciuti anche ai sedicenti "otaku"nostrani. È questo che ti ha spinto a scrivere questo libro?

Negli ultimi anni c’è stato un grande proliferare di studi su manga, anime e kaijū eiga, mentre i tokusatsu sono sempre rimasti, per così dire, nell’ombra, a torto considerati un genere minore. In realtà si tratta di produzioni non solo molto interessanti, ma che in Giappone hanno un’importanza pari a quella di altre espressioni della cultura pop. Ho ritenuto dunque che fosse il momento giusto per realizzare uno studio ad essi dedicato che rendesse ragione della loro ricchezza e complessità.
Aggiungo inoltre un altro punto che ritengo fondamentale. Penso che i quarantenni di oggi, quelli che hanno vissuto in prima persona il primo boom dell’animazione giapponese in Italia (cui i tokusatsu sono un fenomeno strettamente collegato) abbiano il diritto-dovere di farsi custodi della memoria di quegli anni e debbano adoperarsi, compatibilmente con le loro conoscenze e le loro capacità, per raccontare quel periodo straordinario della storia della televisione italiana e tramandarne il ricordo alle generazioni successive.

Secondo te perchè in Italia non hanno mai davvero attecchito? Sono troppo giapponesi? Sono considerati trash?

Nei tokusatsu, più ancora che negli anime, c’è senza dubbio un’impronta più “giapponese”, soprattutto nella realizzazione degli effetti speciali e dei personaggi protagonisti, che può aver rappresentato un ostacolo difficile da superare ai fini della loro esportazione in occidente e quindi in Italia. Va però detto che molte serie fantascientifiche e superomistiche nulla avevano da invidiare per contenuti e coinvolgimento con le più blasonate serie animate nipponiche. Probabilmente il loro minore successo è legato più che altro a scelte di carattere distributivo e al fatto che gli acquirenti delle varie televisioni (sia pubblica che private) preferirono puntare sulle serie animate che, a partire da Heidi e Atlas Ufo Robot, si erano rivelate una vera e propria miniera d’oro, sia sul versante degli ascolti, sia su quello dei giocattoli e del merchandise dedicato.

Quanto ci hai messo a raccogliere tutte le informazioni necessarie e quali sono state le tue fonti?

È difficile calcolare esattamente le tempistiche perché i primi materiali ho iniziato a raccoglierli già durante la stesura del libro dedicato a Goldrake. Indicativamente direi che ci sono voluti almeno tre anni di ricerche in tutto e le fonti consultate e studiate sono prevalentemente americane. Gli Stati Uniti, infatti, soprattutto nell’area compresa tra San Francisco e le Hawaii, sono stati il mercato più ricettivo per questo tipo di produzioni durante gli anni Ottanta.

Nel libro ci spieghi che i tokusatsu iniziano a fare capolino sui palinsesti televisivi del dopoguerra grazie... ai telefilm americani! come?

A partire dalla metà degli anni Cinquanta, due anni dopo l’arrivo nelle sale cinematografiche di Godzilla, la neonata televisione giapponese, che aveva dovuto subire un’improvvisa interruzione a causa della guerra, inizia un percorso di crescita esponenziale che la porta di lì a un decennio a diventare un mezzo di comunicazione apprezzato e diffuso su tutto il territorio, grazie al progressivo abbassamento dei prezzi degli apparecchi televisivi, all’aumento dei canali a disposizione e all’incremento delle ore quotidiane di programmazione. Questa grande crescita, però, si scontra fin da subito con un problema contingente: mancano, infatti, le infrastrutture tecniche per rispondere a una domanda che mese dopo mese sta aumentando sempre di più. In altre parole, c’è l’impellente necessità di reperire materiale con cui riempire i palinsesti nell’attesa che gli studi giapponesi si organizzino per produrre in proprio un numero sufficiente di programmi.
In verità ci sarebbe un’alternativa, ma questa non è al momento percorribile. Gli studi cinematografici, infatti, hanno parecchio materiale nei loro archivi e potrebbero realizzare buoni profitti vendendolo ai vari canali televisivi, ma non è affatto loro intenzione favorire quello che, a ragione, vedono come un pericoloso concorrente. Non resta, dunque, che rivolgersi all’estero e, in particolare, all’industria televisiva americana che è in grado di proporre un ventaglio di prodotti variegato e ben assortito.
In primo luogo si predilige l’acquisto di prodotti per bambini, sia per il loro prezzo più contenuto sia perché il processo di traduzione e localizzazione è più semplice.
In un secondo momento arrivano i telefilm dal vivo e i programmi per un audience più adulto che spesso finiscono per ottenere un apprezzamento anche maggiore rispetto ai prodotti televisivi autoctoni come testimonia, per esempio, il successo ottenuto dal telefilm Adventures of Superman (1952), interpretato da George Reeves e trasmesso su KRT (poi TBS) nel 1958. Circa il 74,2% delle persone davanti a un televisore era sintonizzata sul canale che trasmetteva questo programma, il più visto in assoluto nella storia della TV giapponese Un risultato clamoroso per un prodotto di importazione che si impone grazie a un protagonista carismatico e invincibile, nonché all’utilizzo di molti effetti speciali. Si tratta, insomma, di un vero e proprio esempio di tokusatsu americano che colpisce a tal punto l’immaginazione dei giapponesi da spingerli all’emulazione. Il risultato, infatti, è la realizzazione di nuovi telefilm i cui protagonisti altro non sono che personaggi dai poteri straordinari come Superman.



Quanto deve questo genere di prodotto a un personaggio come Eiji Tsuburaya?

Dovessi esprimermi con un paragone direi che Eiji Tsuburaya rappresenta per i tokusatsu (ma anche per i kaijū eiga) quello che Osamu Tezuka ha rappresentato per la storia del manga e dell’animazione. Tsuburaya è il mago degli effetti speciali che ha dato vita a Godzilla e ad alcune delle serie tokusatsu più famose. Il suo stile e la sua arte hanno lasciato un’impronta indelebile in questo settore che a lui deve moltissimo, se non tutto. August Ragone in un suo bellissimo libro lo definisce, con un intelligente gioco di parole, “master of monsters” e credo che mai definizione sia più azzeccata.

Ultraman è sicuramente il titolo più famoso. Cosa ne ha decretato il successo fino dagli anni 60 fino ad oggi? Sappiamo infatti che H. Anno sta per portare sui grandi schermi proprio questo che era un eroe della sua gioventù.

In Giappone Ultraman è una vera icona pop che ha saputo, serie dopo serie, coniugare tradizione e rinnovamento e ottenere un successo duraturo nel tempo. Diversi sono gli elementi che possono aver contribuito al suo successo. È un personaggio che nasce dalla fusione tra un alieno e un umano che ritorna così a nuova vita trasformandosi in un gigante alto 40 metri che, a differenza degli altri supereroi precedenti, può confrontarsi con mostri delle sue stesse dimensioni molti dei quali sono diventati famosi tanto quanto il protagonista. Inoltre non è invincibile, ma ha un tallone d’Achille. Può restare nella sua forma aliena e combattere per un massimo di tre minuti. Un segnale luminoso posto sul suo petto lo avverte quando il tempo sta per scadere, una scelta che rende ogni scontro ancora più coinvolgente e drammatico.

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Da noi il più celebre eroe di quel periodo è forse Megaloman, fortunata coincidenza dovuta al passaggio tv oppure effettivi meriti di un super eroe considerato trash ma ancora oggi ricordato con affetto?

Il successo in Italia di Megaloman è difficile da spiegare in mancanza di dati precisi sulla sua trasmissione. In realtà la serie, dal punto di vista dei contenuti, non risulta all’altezza di altre meglio strutturate e più coinvolgenti. Il personaggio però ha un innegabile carisma con quella sua folta chioma bionda che è un incrocio anacronistico tra una maschera del teatro tradizionale giapponese e la chioma dei musicisti hard-rock famosi negli anni Ottanta. A questo aggiungerei una sigla italiana a dir poco straordinaria che credo abbia non poco contribuito a far entrare questo personaggio nella memoria e nel cuore dei telespettatori.

Meno famosi ma comunque conosciuti sono anche i titoli legati alla trilogia dei dinosauri (Born Free, I-Zenborg e Koseidon) a cui dedichi un intero capitolo. Erano titoli che io stesso ho molto amato. Che ne pensi?

La cosiddetta trilogia dei dinosauri direi che rappresenta la massima espressione della filosofia degli effetti speciali firmata da Tsuburaya con l’impiego di molteplici tecniche, dall’inserimento di sequenze animate ai classici modellini in scala, dall’utilizzo di modelli in plastilina animati a passo uno all’impiego di diorami. Senza poi ovviamente dimenticare la presenza di eroi e mostri giganti.

Capitolo a parte anche per i titoli che utilizzavano marionette, da noi è arrivato X Bomber, un genere che ancora oggi in effetti è utilizzato a volte.

X-Bomber rappresenta la sintesi di due tendenze complementari: da un lato l’incredibile successo di Star Wars e il ritorno in auge delle grandi saghe di fantascienza, dall’altro l’enorme popolarità di Thunderbirds, la serie a marionette prodotta dai coniugi Anderson che ancora oggi può vantare un elevato indice di popolarità in Giappone. L’idea di combinare insieme la space opera rilanciata da Lucas con la tecnica delle marionette portata a un livello di eccellenza dagli Anderson è stata di Kimio Ikeda della Jin Productions che ha voluto coinvolgere celebre mangaka Gō Nagai per la sceneggiatura la caratterizzazione dei personaggi. Non è un caso dunque se vi troviamo anche un robot gigante.

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Massimo il tuo racconto arriva agli anni ottanta. Come vedi oggi invece questa forma di intrattenimento? Pur con il passare degli anni e lo svilupparsi di nuove tecnologie sembra essere rimasta piuttosto fedele a se stessa!

Ovviamente anche in questo caso, come nel settore dell’animazione, assistiamo a un inevitabile progresso tecnologico che ha portato questo genere di produzioni ad un livello che potremo definire più raffinato sul versante degli effetti speciali. Io però resto sempre più legato alle serie classiche che per me possiedono una magia inarrivabile.

Davvero grazie per questa intervista. Come è già successo per il libro di Goldrake, al termine de quale avevi già raccolto in buon parte il materiale per questo ultimo libro, anche ora non sei rimasto con le mani in mano. Di cosa tratterà il tuo prossimo lavoro? Sono davvero curioso!

Credo di poter anticipare che quest’anno, salvo inconvenienti. vedrà la luce la nuova edizione di C’era una volta Goldrake. Si tratta di un lavoro mastodontico di oltre 1.000 pagine che vede l’inserimento di tantissimo nuovo materiale e molte nuove interessantissime interviste. Un lavoro “mostruoso” che farà davvero felici tutti gli appassionati e che conterrà, tra le tante novità, un lunghissimo capitolo dedicato alla storia del giocattolo su licenza Goldrake con retroscena inediti e particolari che vengono finalmente alla luce dopo oltre 40 anni dalla trasmissione.
Dopo Goldrake, invece, inizierò un nuovo viaggio, questa volta in “un mare di stelle”.