Proprio in queste ore, tramite il canale ufficiale di Instagram, Anime Factory ha annunciato che Shinko e la Magia millenaria verrà rilasciato in DVD che Blu-ray a partire dall'8 aprile. Il film diretto da Sunao Katabuchi, regista di “In questo angolo di mondo” e assistente alla regia di “Kiki - Consegne a domicilio” di Hayao Miyazaki, è stato proiettato per la prima volta in Italia durante il Lucca Comics & Games 2019 da Yamato Video.
Di seguito trovate un estratto della nostra recensione curata da zettaiLara, seguito dal cast di doppiatori italiani:
CAST:
Edoardo Benedetti, Fabiola Bittarello, Christian Borromeo, Giovanni Caravaglio, Veronica Cuscusa, Daniele DeLisi, Luca Ghillino, Dario Follis, Carmen Iovine, Giulia Lozi, Alessandro Messina, Sarah Nicolucci, Mirta Pepe, Arianna Polidori, Germana Savo, Serena Sigismondo, Francesca Teresi, Annalisa Usai, Rachele Vaganrelli.
La versione completa della recensione, dove è inoltre presente il dibattito tra il pubblico, Gualtiero Cannarsi e Francesco Nicodemo, potete visionarla cliccando qui.
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Anime Factory
Ci troviamo dunque nella primavera del 1955 a Mitajiri nella prefettura di Yamaguchi: Shinko Aoki ha nove anni ed è cresciuta con le storie del nonno riguardanti la vita di quei luoghi un millennio prima. Ma ci troviamo anche, al contempo, in un epoca remota distante mille anni, di quando la principessina Nagiko Kiyohara viveva in quello stesso villaggio, all'epoca in cui l'area era conosciuta come provincia di Suō con capitale Kokuga. Shinko rivede quei tempi, quella bimba e le sue vicende. Secondo la ragazzina, la propria capacità di vedere nel passato è un potere che le deriva dal ciuffo che si ostina a rimanere ribelle sulla testa e che lei chiama "ghiribizzo", mentre in lingua originale è "mai mai", da cui il riferimento nel titolo.
Frattanto l'amicizia con Kiiko Shimazu, studentessa appena trasferitasi dalla capitale Tokyo, sembra del tutto fuori discussione poiché le due bambine sono diverse come il giorno e la notte: tanto è compita, beneducata ed introversa Kiiko, quanto Shinko non fa mistero della propria esuberanza e del volitivo carattere da maschiaccio. E tuttavia, ambedue paiono trovare della complementarietà l'una nell'altra, e complice anche una scatola di cioccolatini ripieni al whisky, stringeranno un legame che le porterà ad abbeverarsi ed imparare dalle rispettive differenze culturali, crescere insieme, affacciarsi alla vita degli adulti e scoprirne le note dolciamare.
Frattanto l'amicizia con Kiiko Shimazu, studentessa appena trasferitasi dalla capitale Tokyo, sembra del tutto fuori discussione poiché le due bambine sono diverse come il giorno e la notte: tanto è compita, beneducata ed introversa Kiiko, quanto Shinko non fa mistero della propria esuberanza e del volitivo carattere da maschiaccio. E tuttavia, ambedue paiono trovare della complementarietà l'una nell'altra, e complice anche una scatola di cioccolatini ripieni al whisky, stringeranno un legame che le porterà ad abbeverarsi ed imparare dalle rispettive differenze culturali, crescere insieme, affacciarsi alla vita degli adulti e scoprirne le note dolciamare.
Di seguito trovate un estratto della nostra recensione curata da zettaiLara, seguito dal cast di doppiatori italiani:
Prodotto da Mad House e distribuito da Shochiku, il film è arrivato nei cinema giapponesi il 21 novembre 2009 e lì vi è rimasto per un tempo sorprendentemente lungo, pari a sette mesi circa. Per l'Italia ricordiamo invece che la pellicola era giunta in anteprima nazionale doppiata alla più recente edizione del Giffoni Film Festival.
Nella presentazione al film dello scorso 1 novembre presso il Cinema Astra di Lucca, Gualtiero Cannarsi e il traduttore Francesco Nicodemo hanno fornito agli spettatori pochi elementi, gli stessi che poteva avere il pubblico giapponese all'epoca dell'uscita nei cinema del film. Si tratta del capolavoro del regista Sunao Katabuchi, docente d'arte a Tokyo, che oggi conosciamo soprattutto per la direzione de In questo angolo di mondo (Kono sekai no katasumi ni), ma che è stato in verità assistente di Hayao Miyazaki sin dagli esordi, già dai tempi de Il Fiuto di Sherlock Holmes.
Apprendiamo, inoltre, che Kiki - Consegne a domicilio avrebbe inizialmente dovuto essere diretto da Katabuchi, ma poi Miyazaki intervenne segnalando che avrebbe voluto fare tutto da sé. Katabuchi, anziché essere sdegnato di essere stato estromesso, è rimasto a lavorare al suo fianco come aiuto regista, ed è segnalato nei credits come tale.
In Shinko e la magia millenaria Sunao Katabuchi cura la regia e la sceneggiatura di un soggetto originale altrui, poiché il film è tratto infatti dal libro del 2004 Maimai Shinko (マイマイ新子) di Nobuko Takagi, acclamata scrittrice che ha conseguito in patria il 90° Premio letterario Akutagawa nonché il 35° Premio Tanizaki, e per i suoi contributi è stata inoltre insignita del premio come "bunka kōrōsha", ovvero Personalità dagli Alti Meriti Artistici. A sua volta, il testo originale è una versione romanzata dell'autobiografia della Takagi, nata nella prefettura di Yamaguchi nel sud del Giappone, dov'è ambientata la storia del film.
In questo gioco di continui rimandi siamo in verità solo agli inizi: il film ne è un tripudio, dal momento che la storia è ambientata in un passato collocato su piani temporali diversi, uno dei quali richiama parzialmente il testo letterario Le Note del Guanciale (Makura no Soshi) della poetessa Sei Shōnagon.
Quello di Shinko e la magia millenaria è un percorso complessivamente dai ritmi pacati, che scorre in scioltezza dall'inizio e sino alle ultime battute del film; i personaggi e le loro interazioni sono gradevoli, la storia evolve mescolando abilmente temi e toni, ed a livello visivo la pellicola è piuttosto gratificante.
I diversi piani di lettura su cui gioca l'opera non sono tutti di facile o rapido accesso allo spettatore occidentale medio, che però non si vede pregiudicate le possibilità di gradimento generale del film. Si vede restituita, soprattutto, la sensazione che si tratti di una storia molto giapponese ma dai temi al tempo stesso molto universali, e per ambedue le ragioni sarà difficile giungere alla fine senza uscirne decisamente arricchiti, su molteplici livelli.
L'adattamento in lingua italiana ricorda quello già udito nei film dello Studio Ghibli, benché stavolta in misura meno marcata: il linguaggio utilizzato cerca di rimandare da un lato alle complessità del testo letterario originale della Takagi, senza perderne allo stesso tempo le espressioni dialettali, poste in evidenza perlopiù attraverso volute allungamenti di vocali o sillabe.
A livello di doppiaggio, il lavoro di Chiara Fabiano su Shinko e di Vittoria Bartolomei su Kiiko è molto buono, con voci vivaci che ben esprimono al contempo le differenze caratteriali tra le due bambine; anche il tono annoiato ma volitivo di Nagiko si percepisce piuttosto bene nell'interpretazione di Carolina Gusev, e in generale ognuno dei tanti personaggi che s'incontrano durante la narrazione assume un'adeguata incarnazione in italiano per tramite del proprio doppiatore.
Nella presentazione al film dello scorso 1 novembre presso il Cinema Astra di Lucca, Gualtiero Cannarsi e il traduttore Francesco Nicodemo hanno fornito agli spettatori pochi elementi, gli stessi che poteva avere il pubblico giapponese all'epoca dell'uscita nei cinema del film. Si tratta del capolavoro del regista Sunao Katabuchi, docente d'arte a Tokyo, che oggi conosciamo soprattutto per la direzione de In questo angolo di mondo (Kono sekai no katasumi ni), ma che è stato in verità assistente di Hayao Miyazaki sin dagli esordi, già dai tempi de Il Fiuto di Sherlock Holmes.
Apprendiamo, inoltre, che Kiki - Consegne a domicilio avrebbe inizialmente dovuto essere diretto da Katabuchi, ma poi Miyazaki intervenne segnalando che avrebbe voluto fare tutto da sé. Katabuchi, anziché essere sdegnato di essere stato estromesso, è rimasto a lavorare al suo fianco come aiuto regista, ed è segnalato nei credits come tale.
In Shinko e la magia millenaria Sunao Katabuchi cura la regia e la sceneggiatura di un soggetto originale altrui, poiché il film è tratto infatti dal libro del 2004 Maimai Shinko (マイマイ新子) di Nobuko Takagi, acclamata scrittrice che ha conseguito in patria il 90° Premio letterario Akutagawa nonché il 35° Premio Tanizaki, e per i suoi contributi è stata inoltre insignita del premio come "bunka kōrōsha", ovvero Personalità dagli Alti Meriti Artistici. A sua volta, il testo originale è una versione romanzata dell'autobiografia della Takagi, nata nella prefettura di Yamaguchi nel sud del Giappone, dov'è ambientata la storia del film.
In questo gioco di continui rimandi siamo in verità solo agli inizi: il film ne è un tripudio, dal momento che la storia è ambientata in un passato collocato su piani temporali diversi, uno dei quali richiama parzialmente il testo letterario Le Note del Guanciale (Makura no Soshi) della poetessa Sei Shōnagon.
Quello di Shinko e la magia millenaria è un percorso complessivamente dai ritmi pacati, che scorre in scioltezza dall'inizio e sino alle ultime battute del film; i personaggi e le loro interazioni sono gradevoli, la storia evolve mescolando abilmente temi e toni, ed a livello visivo la pellicola è piuttosto gratificante.
I diversi piani di lettura su cui gioca l'opera non sono tutti di facile o rapido accesso allo spettatore occidentale medio, che però non si vede pregiudicate le possibilità di gradimento generale del film. Si vede restituita, soprattutto, la sensazione che si tratti di una storia molto giapponese ma dai temi al tempo stesso molto universali, e per ambedue le ragioni sarà difficile giungere alla fine senza uscirne decisamente arricchiti, su molteplici livelli.
L'adattamento in lingua italiana ricorda quello già udito nei film dello Studio Ghibli, benché stavolta in misura meno marcata: il linguaggio utilizzato cerca di rimandare da un lato alle complessità del testo letterario originale della Takagi, senza perderne allo stesso tempo le espressioni dialettali, poste in evidenza perlopiù attraverso volute allungamenti di vocali o sillabe.
A livello di doppiaggio, il lavoro di Chiara Fabiano su Shinko e di Vittoria Bartolomei su Kiiko è molto buono, con voci vivaci che ben esprimono al contempo le differenze caratteriali tra le due bambine; anche il tono annoiato ma volitivo di Nagiko si percepisce piuttosto bene nell'interpretazione di Carolina Gusev, e in generale ognuno dei tanti personaggi che s'incontrano durante la narrazione assume un'adeguata incarnazione in italiano per tramite del proprio doppiatore.
CAST:
- AOKI SHINKO – Chiara Fabiano
- SHIMAZU KIIKO – Vittoria Bartolomei
- AOKI KOUTARO – Luca Biagini
- AOKI NAGAKO – Benedetta Ponticelli
- AOKI MITSUKO – Anita Ferraro
- AOKI HATSUE – Barbara Castracane
- AOKI TOUSUKE – Edoardo Stoppacciaro
- SIGNOR SUZUKI – Massimiliano Virgilii
- SIGNOR SHIMAZU – Raffaele Carpentieri
- KIYOHARA NAGIKO – Carolina Gusev
- KIYOHARA NO MOTOSUKE – Silvio Anselmo
- TATARA KEN – Pierluigi Astore
- SHICHIRO – Leonardo Caneva
- SENKO – Agnese Marteddu
- MADRE DI SENKO – Tiziana Martello
- SUZUKI TATSUYOSHI – Riccardo Suarez
- MARUKI SHIGERU – Mattia Fabiano
- MITSURU – Tito Marteddu
- TACHIKAWA IPPEI – Diego Follega
- HITOSHI – Vittorio Thermes
- YOSHIOKA KIMIKO – Luna Iansante
- MAESTRA MURAKAMI HIDZURU – Rossa Caputo
- MAESTRO HANADA – Nicola Braile
- SIGNOR FUJIIWARA – Gaetano Lizzio
- ARCHEOLOGO – Gianluca Solombrino
- SIGNOR EJIMA – Mauro Magliozzi
- SIGNOR YOSHIMURA – Guido Sagliocca
- BOSS YAKUZA – Stefano Thermes
- BIONDA DEL BAR CALIFORNIA – Cristina Poccardi
Edoardo Benedetti, Fabiola Bittarello, Christian Borromeo, Giovanni Caravaglio, Veronica Cuscusa, Daniele DeLisi, Luca Ghillino, Dario Follis, Carmen Iovine, Giulia Lozi, Alessandro Messina, Sarah Nicolucci, Mirta Pepe, Arianna Polidori, Germana Savo, Serena Sigismondo, Francesca Teresi, Annalisa Usai, Rachele Vaganrelli.
La versione completa della recensione, dove è inoltre presente il dibattito tra il pubblico, Gualtiero Cannarsi e Francesco Nicodemo, potete visionarla cliccando qui.
Fonte Consultata:
Anime Factory
PS: cmq devo dire che nell'ultimo anno ho cambiato molto idea sul tuo lavoro, però continuo a pensare che tu sia troppo estremista su certe cose, e qualche modifica per rendere il lavoro meno impacciato dovresti e potresti farla
Ps: l'ultima cosa, non so come mai, ma ho avuto più volte l'impressione che una certa azienda quando ti assuma poi lo faccia apposta a creare un putiferio attorno al tuo nome... Nascondono il tuo nome pur essendo scritto da anni e in più posti che eri stato tu a farlo, fanno quei trailer prendendo le parti che probabilmente sono più controverse del film, anche quando sono alle strette non prendono mai una posizione netta... io a lavorare insieme a certa gente mi sentirei quanto meno a disagio
Il tuo pensiero è legittimo, così come è legittimissimo esprimerlo in una maniera educata e sensata come questa. Le preferenze personali sono personali. Per di più, credo sia sicuramente vero che io sono alquanto "ortodosso" nella mia idea di adattamento. Forse anche "estremista" come dici tu. C'è da dire che, contrariamente a quanti molti dicono, la "resa" cambia (eccome) a seconda dell'originale di partenza, ovvero del suo contenuto linguistico e narrativo e stilistico originale. Questo vale a dire che una comune "ortodossia" di fedeltà si declina a seconda delle differenze degli originali a cui si applica, ovvero "se si è ligi e fedeli, i conti tornano". Se ne discuteva anche ora sul Pchan, è un tema che non tramonta mai, ma quello che ho spesso ribadito è che il concetto di "diversificazione" si declina in vari ordini di grandezza: un primo ordine di "permanenza" è la comunanza linguistica di opere tutte giapponesi, dentro al quale ordine vi è un sotto-ordine di "variazione" di autori, dentro ai quali sotto-ordini vi sono sotto-sotto-ordini di variazioni di opere, e così via, di personaggi, di scene, eccetera.
Sul fatto di "nascondere il mio nome", non so se ci sia stata dell'intenzione. Da un lato è vero che il putiferio sollevatosi su "Evaflix", pur sempre una tempesta in un bicchiere, ha generato fastidi e imbarazzi a vari editori. Nessuno ama essere bersaglio di azioni coordinate di bullismo digitale, altra attività ai limiti del legale. Dall'altro è pur vero che esistono persone onestamente maldestre. Inoltre, è reale che proprio con il lungo, lungo lavoro di Shinko, che ha coinvolto e ri-coinvolto molti collaboratori sempre più stretti intorno a una visione del nostro lavoro, abbiamo intesto fondare il duttile e multiforme "gruppo di lavoro" chiamato GAMILAX, che si occupa di varie cose, ma sempre con una ben chiara mentalità. E infatti poi anche a Lucca ho presentato il film, col mio nome annunciato e a cartello, e c'era il valente traduttore Francesco Nicodemo accanto a me. Che ci fossero anche delle guardie giurate disposte –a mia insaputa!– per la mia sicurezza personale dall'organizzazione fieristica è stato invece il segno definitivo di quanto una certa campagna dell'odio fosse sfuggita di mano. Ma anche questa è evidenza per altri luoghi di discussione.
Infine, quanto al famoso "primo trailer", trovo anche io che non fosse particolarmente felice, ma in questo caso so per certo che era stato creato con totale amore e comprensione per il prodotto. La comprensione delle cose specifiche è una cosa particolare: chi l'ha acquisita fatica a immagine lo stato mentale di chi ancora non ce l'ha, e giuro che questa non è una provocazione. Perché vale per tutti, me compreso, forse per primo.
Ogni promessa è una promessa è un debito. Trovato quel che dicevo, era un post fatto qui su AC e poi ri-postato altrove, lo riposto qui:
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Buongiorno, saluto tutti i partecipanti alla discussione.
Mi permetto di inserirmi nella stessa per due ragioni puntuali.
La prima è certamente quella di rivolgere pubblicamente i miei più vivi ed entusiasti complimenti a zettaiLara per il suo articolo. L'avevo già fatto privatamente tramite il webmaster, ma ripensandoci è doveroso farlo in pubblico. Questo perché scrivendo un articolo documentato, approfondito, denso di informazioni opportune e corrette ma altresì mai compiaciuto qui l'autrice ha proposto un testo che definire "recensione" è in effetti riduttivo, e che mi pare fare davvero scuola per il giornalismo di settore. Dovrebbe farla, secondo me. Dunque ancora una volta: un complimento all'autrice, uno spunto di riflessione per i lettori.
La seconda ragione ragione del mio intervento è la necessita di dirimere su un punto che appare qui controverso: "camerata degli arditi". La spiegazione che si è fatta dal palco del cinema a Lucca per questa scelta di adattamento è stata stringata per le ristrettezze di tempo giù correttamente riportate da altri in questo stresso thread. In più, mi pare che in questo caso l'articolo abbia frainteso un po' quanto spiegato, forse per mio torto di poca chiarezza.
I termini in questione sono in effetti due: "camerata" e "arditi".
In primis un po' di contesto, perché la decontestualizzazione non giova mai alla comprensione: siamo alla fine del film, Shinko sta congedando definitivamente l'amico Tatsuyoshi, l'amico cupo che si apre solo sul finale dopo la sua elaborazione di tragici eventi. Tatsuyoshi esprime volitivamente l'intenzione di andare a crescere e vivere per diventare un padre migliore di quanto il suo non fosse stato con lui. Shinko approva, ma nel suo commovente congedo ricorda a Tatsuyoshi di ricordarsi di fare appieno il bambino prima di diventare adulto, e per questo, chiosa infine salutandolo emotivamente e marcatamente come "camerata degli arditi".
Il concetto di "arditi" era stato già presentato e introdotto nel film non una, ma due volte.
Nella prima, infantile, sono i ragazzini che giocando a fare gli avventurieri senza paura (che si avventurano in una caverna che si dice essere un covo di briganti. Giocano a fare il corpo d'armata sprezzante del pericolo, enfatizzando il loro "spirito cameratesco".
In seguito, e questo è un caso reale, quando si racconterà a Shinko del gesto realmente eroico del padre di Tatsuyoshi, un poliziotto che si era messo a capo di una squadra di volontari che stanarono un vero delinquente asserragliatosi, Shinko dirà ammirata "dei veri arditi!"
Sul termine arditi, dunque: in giapponese si tratta di una termine composto che identifica le squadre militari che facevano "attacchi suicidi", ma non nel senso dell'attacco speciale dei caccia Zero (quello che vien erroneamente chiamato talvolta "kamikaze"). Credo che in inglese si chiamino "suicide squad": non squadre votate al suicidio volontario, ma disposte al probabile sacrificio connaturato ad azioni dall'altissimo livello di rischio. Nella storia d'Italia è esistita l'arma degli Arditi, invero una specialità dell'Arma della Fanteria del Regio Esercito durante la Prima Guerra Mondiale, le cui caratteristiche sono assai sovrapponibili al concetto che andavo esplicando per il termine giapponese. Quello che abbiamo inteso è che in Shinko non si parli degli Arditi, ma di arditi, ovvero i ragazzini facciano giocoso riferimento al termine comune del nel senso di "sprezzanti del pericolo". Certo dei bambini giapponesi nel dopoguerra non potrebbero essere membri di un corpo militare italiano storico, né conoscerlo. Abbiamo pensato, e personalmente ancora credo, che l'assonanza fosse fortuita e d'uopo, anche nella necessità di usare una sola parola, tipicamente un sostantivo participio, perché specie la battuta finale di Shinko richiede grande brevità.
Per l'uso di "camerata", invece, la questione è più semplice: come detto, i bambini giocavano a 9immaginarsi come una squadra d'armata, forte di giocoso cameratismo. Sarebbe stato impensabile utilizzare "compagno d'arme" o "commilitone", in quanto il riferimento alla realtà militare, di guerra, sarebbe stato troppo diretto e spiccato. per contro, sull'uso di "camerata":
http://www.treccani.it/vocabolario/camerata2_(Sinonimi-e-Contrari)
1. (milit.) [compagno di armi o di studi in collegio] ≈ commilitone, compagno.
come si nota il PRIMO significato è quello per noi corretto.
Specificatamente a una critica mossa a Lucca proprio dal webmaster di questo sito:
http://www.treccani.it/vocabolario/camerata2
si nota che il riferimento all'uso del termine assai in voga in epoca fascista non è che una specificazione del significato generale, tanto quanto per "compagno" in ambito comunista, o oserei dire "cittadino" in riferimento ad altre frange politiche.
Senza dubbio la storia ci propone specificazioni diacroniche e diafasiche di termini comuni, ma in genere non è che gli usi particolari sovrascrivano o cancellino o anche solo arrivino a sovrastare l'uso comune.
Specie nella autoesplicatività di un'opera audiovisiva. In questo caso, abbiamo dei bambini giapponesi nel dopoguerra che parlano del loro giocoso "gruppo di arditi". Non è plausibile irretirsi per una parola in sé, salvo essersi completamente estraniati dall'opera che si ha dinanzi agli occhi, come di certo accade leggendo una decontestualizzazione di una frase riportata in Internet, certo, ma come non credo dovrebbe accadere nell'immersività di una visione cinematografica.
Ringraziando per l'attenzione, e scusandomi per i refusi di cui avrò disseminato un testo scritto sempre troppo in fretta ed estemporaneamente,
g.c.
Visto che mi hai citato, posso dirti che resto dell'idea che camerata degli arditi sia stata una scelta "ardita". Come dici te si potevano virare su altri termini che non fossero così marcatemente "nostalgici" e legati a tutt'altro contesto almeno per lo spettatore italiano che sta fruendo di questo prodotto, e fare in modo che non ci fosse quel senso di straniamento che in realtà in questa particolare opera non c'era stato.
Credo che tu lo sappia bene, da persona colta e intelligente quale sei, quindi in tutta sincerità il pensiero che sia stato messo li un po' a mo di provocazione verso gli haters che citavi non nego che mi ha sfiorato ..ma questo non potrò saperlo mai
1) non vedo opzioni migliori,
2) non trovo quei termini "nostalgici" di nulla se non in una erroneamente polarizzata percezione dello spettatore, come attestato da un rilevante dizionario nazionale nei link che ho sottoposto ("camerata": primo significato del tutto neutro, "arditi": significato generico e specifico alla Prima Guerra Mondiale).
Esiste un contesto. È ovvio che quando Ferrarin saluta Marco Pagot dicendo "Addio, camerata!" il riferimento storico italianistico c'è. Qui il contesto della storia e delle scene e dei personaggi è tutt'altro.
Naturalmente tutto questo mio ragionamento NON scredita la tua onesta percezione, e non è che questa tua percezione per me non valga nulla: la ricevo, la registro, la ricordo - perché è una cosa che esiste ed è sincera. Il mio ragionamento è solo la ragione dietro alla mia scelta, che come tale può essere condivisa o meno, e ovviamente può essere criticata, come tu legittimamente hai fatto.
Non ho mai inteso nessuna provocazione in un nessun mio lavoro. Cerco di evitarli nelle conversazioni "personali" come questa, figurarsi se mi permetterei di mettere intenti simili in un testo di adattamento di un'opera altrui, mi taglierei piuttosto le mani.
Anche talune delle mie scelte più ardite (ancora, è una coincidenza, non è una provocazione) sono sempre state il frutto di riflessione e scelte molto molto ponderate, in genere condotte non in solitaria ma in dialogo con traduttori e/o consulenti. Nel caso specifico, ci abbiamo pensato a lungo e lasciato fino all'ultimo la locuzione "evidenziata" in caso ci fosse venuta un'idea migliore, ovvero corretta, calzante, sufficientemente breve e meno associabile a qualsiasi cosa "italianistica". Non ce n'è venuta alcuna, e questo comunque risale a prima dell'uscita di Evangelion su Netflix e a tutto il putiferio che ne seguì.
Per me sei sempre benvenuto a intavolare qualsiasi dialogo.
camerata² s. m. [dallo sp. camarada] (pl. -i). - 1. (milit.) [compagno di armi o di studi in collegio] ≈ commilitone, compagno. ↓ amico, collega, socio. 2. (anche f.) (polit., stor.) [appellativo degli iscritti al partito fascista] ≈ camicia nera, fascista.
camerata2 s. m. [dallo spagn. camarada masch.; cfr. la voce prec.] (pl. -i). – Compagno d’arme, commilitone, o compagno di studî in un collegio. In passato, ha indicato anche chi militava in una stessa organizzazione politica; in partic., è stato il nome con cui si designavano gli iscritti al partito fascista (con questo senso era usato anche al femminile), e permane tuttora come appellativo degli esponenti dell’estrema destra.
Durante la seconda guerra mondiale vennero costituiti il Battaglione speciale arditi, il Reggimento arditi e anche alcune unità dell'aeronautica.
Le varie unità di arditi furono attive specialmente in Nordafrica, in Sicilia e a Roma, e molti dopo il '43 passarono alla RSI.
Ancora oggi esiste una associazione Arditi d'Italia che a Predappio il 28 ottobre di ogni anno organizza manifestazioni in ricordo della Marcia su Roma e ogni 28 aprile commemorazioni della morte di Benito Mussolini.
Sono precisazioni a riguardo dei termini "camerata" e "arditi", dei quali si parlava in un post qui sopra, che ho ritenuto giusto e corretto aggiungere per poter dare un'informazione più vera e completa in merito all'argomento.
https://www.amazon.it/Shinko-Millenaria-Edizione-Limitata-Booklet/dp/B08X8FF8MW
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