I sacrifici che siamo disposti a fare e gli ideali che danno forma ai nostri passi: sono questi gli elementi che più di qualsiasi altro donano un senso al semplice atto di vivere. C’è chi è nato come figlio dell’amore ma c’è chi è nato come figlio dell’odio, del dolore, con una cicatrice al posto del cuore e un’anima spenta che riesce solo a maledire tutto ciò che tocca. A patto che riesca a toccarlo.
 


Jujutsu Kaisen è l’anime che ha spopolato più di qualunque altro negli ultimi mesi. Trasposizione del manga di Gege Akutami serializzato su Weekly Shonen Jump e pubblicato da noi da Planet Manga, l’anime è disponibile da noi su Crunchyroll. Le animazioni sono curate dallo studio MAPPA, con la regia di Seong Ho Park e la sceneggiatura di Hiroshi Seko. Ricordiamo che l'opera ha vinto sia ai Crunchyroll Awards che ai Neko Awards come Miglior Serie Anime dell’anno passato. È attesa una seconda stagione dell’anime ma nel frattempo è già stato annunciato un lungometraggio che trasporrà il “Volume 0” (un prequel) che sarà trasmesso nella stagione invernale 2022.

 
Vuoto Incommensurabile

Yūji Itadori è ciò che vi aspettate che sia, uno studente all’apparenza normale ma che di normale non ha nulla. Togliamoci subito il dente, perché alla fin fine il “difetto” più lampante di questa serie è che sotto tantissimi aspetti ricalca i concetti basilari di molti battle shonen made in Jump. Sono numerosi i rimandi a diversi classici del passato e questo lo si nota fin da subito, a partire da Itadori stesso che rispetta l’archetipo del protagonista di Jump: tanta sfiga ma un cuore immenso, oltre che capacità innate che si manifestano abbastanza presto.

La sua vita viene stravolta nel momento in cui i suoi compagni del Club di Ricerche dell’Occulto trovano uno strano dito mummificato che si rivela appartenere a Ryōmen Sukuna, una feroce divinità demoniaca con quattro braccia e due volti uccisa migliaia di anni fa da alcuni stregoni; questi ultimi però non riuscirono mai a sbarazzarsi completamente dei suoi resti, che divennero dei feticci demoniaci capaci di attrarre numerose maledizioni e che, se ingeriti, possono aumentare a dismisura la forza demoniaca. In questo modo il protagonista viene introdotto al reale volto del mondo, scoprendo che in Giappone circa 10.000 persone all'anno scompaiono nel nulla e per la maggior parte a causa di maledizioni, ovvero sentimenti negativi accumulati che prendono vita, finendo per essere combattuti dagli stregoni.

Per salvare i suoi compagni di scuola, Yūji ingerirà il dito di Sukuna, diventando tutt’uno con lui e dovendo imparare a convivere con il demonio più pericoloso, un essere orrendo che non si farà scrupoli a rendere misera la sua vita. Il rapporto che si viene a creare tra Yūji e Sukuna è qualcosa che sa di già visto, ma questo non intacca la capacità della serie di mantenere una propria identità e a risaltare come battle shonen moderno: andando oltre una prima lettura superficiale si nota quanto questa opera, sia a livello stilistico che narrativo, spicchi per il suo stile pop e accattivante perfetto per il pubblico di oggi, che vuole andare oltre il semplice confronto “bene contro il male” e vuole personaggi capaci di parlare direttamente con loro e come loro, sia che dicano idiozie o qualcosa di ben più importante, ma ci torneremo in un secondo momento. Certo è che se non siete grandi amanti di un certo genere di manga non sarà questo il titolo che vi farà cambiare idea.
 

Facciamo un passo indietro: il primo a intercettare Yūji è Megumi Fushiguro, un giovane stregone che localizza il dito prima che il suo sigillo venga rimosso. Megumi è una delle pochissime figure di quest’opera che possa esser definita calma e riflessiva, ma non potrà che essere a sua volta travolto dagli eventi; niente paura però, perché la situazione verrà salvata da Satoru Gojō, lo stregone più potente tra tutti, estremamente carismatico e con la battuta pronta, apparentemente incapace di prendere nulla sul serio... ma solo perché gli bastano pochi secondi per risolvere qualsiasi problema.

Yūji rimane però una bomba a orologeria; dentro di lui vive un’orribile minaccia per l’umanità ed è quindi obbligato a cambiare vita, entrando nell’Istituto di Arti Occulte di Tokyo per salvaguardare se stesso e il prossimo. Il suo destino è già scritto: dovrà cercare tutte le 20 dita di Sukuna, ingerirle e poi essere ucciso, così da porre fine una volta per tutte alla minaccia che alberga dentro di lui. Gojō sarà il suo sensei e Megumi il suo fidato compagno, ma non sono soli: al cast principale si aggiunge infatti Nobara Kugisaki, una ragazza che viene da un paesino e che ha una forza di spirito tremendamente forte.

Il cast di personaggi è tra i più importanti pregi della storia. L’alchimia all'interno del gruppo principale è esplosiva seppur forse non sfruttata pienamente: saranno infatti poche le occasioni nelle quali potremo vederli tutti insieme in azione. Questo, allo stesso tempo, non si può contare come un difetto insormontabile: ognuno di loro è caratterizzato alla perfezione e, a prescindere dallo spazio che ha a disposizione, riesce a lasciare il suo segno. Uomini e donne pieni di difetti e stranezze ma che si sublimano fino a divenire qualità, rendendo sempre più labile il limite tra protagonisti principali e personaggi secondari. Anche Gojō, dietro la sua benda, nasconde un’anima umana; per quanto siamo portati a illuderci sulla sua reale natura, anche lui ha dei limiti che ci ricordano che nel mondo reale i supereroi non esistono.
 
jujutsu kaisen

Bastano pochi minuti invece a Kento Nanami per entrare nel cuore dei fan col suo disincantato cinismo, mostrandosi una persona, più che personaggio, estremamente reale. Così anche come la già citata Nobara, il profilo più moderno tra tutti, un’eroina che va oltre i canoni del personaggio femminile classico del battle shonen di Jump: il suo monologo nell’episodio 17 (visibile cliccando QUI) sull’importanza di essere sia femminili che forti ci mostra esattamente il tipo di personaggio femminile di cui si ha bisogno al giorno d’oggi. Oltre a lei, anche Maki Zen’in è una donna fantastica sotto ogni punto di vista: entrambe si rivelano essere veri e propri esempi da seguire, per una serie che riesce stare al passo coi tempi grazie a dei personaggi più attuali che mai. Tutti gli altri personaggi meritano una menzione (senza dimenticare gli ottimi seiyū), tra Panda antropomorfi e shotini che sanno dire solo "salmone" e affini, per non parlare del best furendo... ma se ancora non li conoscete lascio a voi il piacere di scoprirli.

In una realtà ormai senza certezze e che si distorce di continuo come se fossimo perennemente sotto l’effetto del Vuoto Incommensurabile di Gojō, è confortante riuscire a trovare un’opera che ci dona personaggi capaci di comprenderci. Lo studio MAPPA ha fatto un lavoro incredibile esaltando lo stile di questa serie, donando maggior spessore a una storia che per via della sua patina avrebbe tenuto lontani più spettatori; un successo simile non sarebbe stato possibile se non fosse stato per tutti questi folli, assurdi, ottimi uomini e donne (...e panda, ok).
 
 
La Maledizione di Essere Umani

Quel che ci rende umani è il semplice atto di esser nati, oppure sono le emozioni? Persi nell’esasperazione della vita ci dà conforto cercare di dare un senso a ogni cosa, per quanto sia un atto effimero. Non voglio perdermi in discorsi simili, ma voglio almeno sottolineare uno dei punti di forza di quest’opera, non abbastanza preso in considerazione nemmeno da chi dice di averla apprezzata. Le Maledizioni nascono come conseguenza di un’ossessione umana, di sentimenti negativi che convergono per qualsiasi motivo in un preciso punto o elemento, prendono vita e continuano la loro esistenza perseguendo un determinato ideale.

Tralasciando ciò che sia giusto o sbagliato, le Maledizioni Jōgo e Mahito (mi azzarderei a dire pure Hanami ma il discorso diventerebbe più complesso) non hanno motivi per non essere definite “umane” se non per le loro caratteristiche biologiche. L’umanità di Jōgo la ritroviamo anche nel modo in cui Gojō lo guarda dall’alto in basso durante il loro scontro, accomunando il sensei più a una divinità arrogante che sbeffeggia con disprezzo una nullità destinata a perire, distanziandoci così dal classico scontro tra bene e male, nella quale è la controparte positiva quella a subire i dileggiamenti di rito per poi soffrire fino a rialzarsi. Dietro a questi atteggiamenti di Satoru ritroviamo l’essenza della vanagloria umana, mentre la disperazione di Jōgo si riflette più facilmente nello spettatore; lui si batte perché ritiene che le Maledizioni siano la “nuova umanità” e che sia tempo che loro popolino la terra uccidendo tutti gli altri… è ovvio che il suo ideale sia orrido, ma quanto è umana la volontà di sfidare Dio?
 

Tutto diventa ancora più facile da comprendere quando parliamo di Mahito. Il suo aspetto ricorda ben di più quello di un umano, proprio perché è nato dall’odio e dalla paura che gli umani nutrano per i propri simili. Non ha nessun ideale particolarmente complesso, il suo obiettivo è quello di sterminare la razza umana solo perché il suo istinto glielo dice, solo perché il pensiero lo diverte. Vero, può sembrare più distante da quel che intendiamo noi per esseri umani ma forse è solo la filastrocca pregna di retorica che amiamo raccontarci, la nostra storia ci mostra un altro racconto. Mahito è nato dalla "purezza" dell’odio, di sentimenti che possiamo anche definire disgustosi ma che sono veri, reali e soprattutto tangibili. Proprio come se ti toccassero l’anima per poi modificarla.

Jujutsu Kaisen prima di tutto vuole divertire e intrattenere, riuscendoci alla perfezione, ma è essenziale che il lavoro di Akutami venga apprezzato anche per il modo in cui riesce a porre i riflettori sulle imperfezioni dell’essere umano. Ci sarebbe tantissimo da dire sulle influenze culturali che rendono ancora più pregno questo messaggio, come l’importanza data agli “Uteri Maledetti del Dipinto della Morte” di provenienza buddhista, e anche tutto ciò che c’è attorno alla figura degli yokai, come potete ben comprendere da soli.

Sono gli umani o i derivati dagli umani i veri nemici: Yūji dovrà lottare continuamente contro la paura, contro la rabbia, contro l’amore, contro la cieca obbedienza. Jujutsu Kaisen, a mio avviso, non è altro che una storia che vede contrapposte Maledizioni estremamente umane e Umani estremamente maledetti, e non credo che vi sia in realtà alcuna differenza tra loro.
 
 
Give it Back

C’è chi ha amato questo anime per via dei suoi personaggi (e ne ho parlato nel primo capitolo), c’è chi potrebbe averlo amato per il suo messaggio (e ne ho parlato nel secondo capitolo) ma senza dubbio c’è chi lo ha amato perché è fatto magistralmente.

Come abbiamo già detto l’opera è stata curata dallo studio MAPPA, il quale ultimamente si sta proprio superando (e forse non è un bene considerando il lato umano, ma non è questo il luogo per parlarne). Alla regia abbiamo Sunghoo Park, che è riuscito insieme al suo staff a dare quel guizzo in più elevando il materiale originale. Un regista che ama lavorare tuttora alle animazioni chiave delle sue stesse opere e che si è circondato di alcuni dei giovani animatori più promettenti dell’industria dell’animazione, ma anche di uomini che si sono fatti sempre più notare in questi anni come Shingo Yamashita, a cui dobbiamo la bellezza delle opening; ma a tal proposito dovete leggere QUESTO ARTICOLO che io potrei solo citare in modo improprio.

Il character designer è una leggenda come Tadashi Hiramatsu, il quale ha lavorato ad anime come Evangelion e FLCL, solo per citarne due. La sceneggiatura e la series composition sono invece curate da un altro gigante come Hiroshi Seko, che abbiamo potuto apprezzare per Dorohedoro, Mob Psycho 100 II ma anche per la sceneggiatura di un anime audace come Deca-Dence. Questi sono solo alcuni dei nomi che hanno reso possibile quest’anime, ma sono davvero tantissimi gli animatori che sono stati coinvolti e, come ha detto lo stesso regista in un’intervista su Crunchyroll, se un episodio vi è piaciuto particolarmente andate a vedere nei credits chi vi ha lavorato perché dobbiamo tutti tantissimo a questi nomi. Interessante menzionare come anche Akutami sia stato utile nella totalità del progetto, sia perché ha avuto richieste ben precise per quanto riguarda lo staff e il cast ma anche perché ha aiutato lo staff nel rendere al meglio determinate scene, come quelle inerenti all’espansione dei domini.

In ogni caso basta l’ultimo episodio per poter capire la grandezza di questo staff. Ancora tremo.
 

Sia le 2 opening che le 2 ending meritano di essere menzionate a parte, anche oltre il fantastico lavoro tecnico. Kaikai Kitan di Eve non sarà diventata iconica come Gurenge di LiSA (forse l’unico traguardo che Jujutsu Kaisen sembra non riuscire a strappare a Demon Slayer) ma non può non essere considerata tra gli elementi cardine della serie. A partire dal suo ritmo incalzante ma soprattutto grazie al suo testo, capace di portarci diritti nel cuore della serie, descrivendoci in modo accurato le sensazioni che prova Itadori, parlandoci del demone che alberga dentro al suo cuore e che nonostante ciò cerca di rimanere aggrappato alla propria umanità. Le immagini che si susseguono ci parlano di un “futuro maledetto” ma anche della consapevolezza che un immenso e perpetuo dolore non potrà cancellare quanto il mondo necessiti di lui. Ricordiamo anche una piccola chicca: l’opening cita verso la fine il quadro Le Déjeuner sur l'herbe di Manet, con sempre più personaggi che riempiono la scena ad ogni episodio. Non pochi hanno invece preferito la prima ending, Lost in Paradise di Ali con Aklo; non c’è granché da dire sui contenuti di per sé, ma è sicuramente un immenso piacere per gli occhi e per le orecchie.

Molto più enigmatica invece la seconda opening, Vivid Vice dei Who-ya Extended, connessa alla prima per questo senso di ciclicità, pienissima di riferimenti a eventi (e a personaggi!) che nell’anime nemmeno ci sono, ma del resto non sono spoiler se non puoi comprenderli. Gatto con un occhio solo, ti aspetto.

L'ultima ending è Give it Back dei Cö Shu Nie (uno dei miei gruppi musicali preferiti ormai da anni). Questa canzone rappresenta un dolcissimo e caldo addio a quei momenti spensierati, dei quali possiamo solo dire "vi prego, ridateceli". Non ci resta che vederli insieme a Yūji da dietro uno schermo, seppure i video che ha girato sembrino come sbiaditi. Non ci resta che rimanere immobili con lui, come in quel momento in cui tutto sembra fermarsi e lui non può far altro che fissare i suoi amici da lontano, per poi raggiungerli in posti che in realtà sono vuoti e riempiti solo dai suoi ricordi, come quei sorrisi che tutti rivorremmo indietro.

Segnalo infine la bellissima soundtrack dell’opera, composta da Hiroaki Tsutsumi, Yoshimasa Terui e Alisa Okehazama, con canzoni di Paranom, Aztech, Kasper, Chica, Che Lingo, RIN, Steve Memmolo e Masato Hayakawa. I due dischi sono presenti su Spotify, iTunes, You Tube Music, Apple Music e Amazon Music (al momento in cui sto scrivendo non sono presenti ma per un problema temporaneo).
 

È vero, Jujutsu Kaisen non ha rivoluzionato nulla, non ha inventato nulla, non ha creato nulla di nuovo. Jujutsu Kaisen però è limpido, ti dice cosa vuole, ti dice di continuo chi è, ti mostra quanto è capace di amare le opere che lo hanno preceduto ma anche quanta voglia ha di avere la sua identità, di essere al passo coi tempi, di comprendere i suoi lettori e di farsi capire da loro. L’anime in questo è stato anche migliore del manga: con l’aiuto di animazioni e musiche incredibili è riuscito a rendere universale un linguaggio a volte acerbo, a volte troppo adolescenziale ma comunque sempre purissimo.

Se vi chiedete per quale motivo abbia avuto questo immenso successo è, sì, perché è perfetto per coloro che amano un certo tipo di opere, ma anche perché è una serie che non ha paura di essere se stessa e di andare oltre aspettative e canoni preimpostati. D'altro canto ha invece dato a molti spettatori esattamente quel che cercavano: non solo eroi o semplice retorica, ma persone reali che sappiano essere idiote, soffrire e mostrarci il peso, anzi, la maledizione di essere umani.

Un umano non può sfuggire da questo estremo senso di solitudine che gli attanaglia il cuore. Non può che cercare e ricercare ancora quegli attimi di gioia che ha provato, sperando che tornino ancora e ancora. Gli umani vogliono illudersi di avere ragione, di essere tutti così unici ma senza smettere di cercare qualcosa che possa unirli a degli sconosciuti. Jujutsu Kaisen parla più di ogni altra cosa di persone che cercano di non essere sole; Nobara con le sue sedie da riempire, Megumi che cerca qualcuno che lo stringa forte mentre attende il ritorno di chi ama, Itadori che sacrifica il suo cuore e la sua anima per il sorriso di chi ha accanto.

La nostra Maledizione è quella di essere condannati ad un'eterna ricerca della felicità che forse non sarà mai proficua... ma se c'è una cosa, una sola, che può distinguerci da vere Maledizioni è che noi abbiamo il potere di sognare.